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Autore: Miss Demy    01/07/2011    26 recensioni
New York City. La città che non dorme mai. Forse perchè è proprio di notte che si accendono le luci del Moonlight.
Un incontro improvviso, un ritrovarsi in un luogo inaspettato.
In una città, dove l'amore è solo una leggenda metropolitana, vengono meno le certezze del bel Marzio Chiba, crolla il suo Mondo e se ne crea uno nuovo, uno migliore.
Dal cap.2:
- Nessuno parlava, riuscii a sentire il suono della cintura che veniva slacciata. Non poteva essere. Seiya voleva…
Non riuscivo neanche a pensarlo, figuriamoci a dirlo.
Non mi importava delle conseguenze, aprii la porta, o meglio, ci provai.
Purtroppo era chiusa a chiave. Disperazione. Ma perché? Non la conoscevo, non sapevo nulla di lei. Eppure il cuore mi batteva forte se ripensavo al suo sguardo e alla sua dolcezza di quella maledetta-santa mattina.
“Seiya, apri questa porta. Subito. Muoviti!” ripetevo, battendo pugni sulla porta, facendo intendere che avrei continuato finché non mi avesse lasciato entrare.
Il mio respiro si faceva sempre più affannato, la mano iniziava a farmi male. Non mi importava però. Io dovevo proteggerla.

Dal cap.11
-Guardavo l'Upper East Side e mi sembrava di osservarla per la prima volta.
Quella magia che si era appena creata all'interno della stanza, con lei tra le mie braccia e Lei stretta a me, così da poter udire il suo cuore battere all'impazzata sulla mia schiena mi fece riflettere sul fatto che; bastava davvero poco, era sufficiente soltanto l'affetto e l'amore delle persone amate per rendere felice un uomo.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Moonlight'
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Cap. 17: Saluti finali


Sdraiato sulle calde lenzuola, ero rimasto immobile, pensieroso, a guardare un punto ben preciso del soffitto, mentre il palmo della mano sosteneva la mia nuca e l’altro scivolava tra i lunghi fili di seta dorata perdendosi tra le tante ciocche.
Se è vero che il silenzio a volte è d’oro, altre invece può essere pesante, fastidioso, troppo rumoroso.
E Lei questo lo sapeva bene.
Percepivo il suo sguardo sul mio viso; poggiata con la guancia sul mio petto, attendeva un mio qualsiasi movimento, anche quello più impercettibile; solo quando l’attesa divenne insostenibile, lentamente iniziò ad accarezzare il mio braccio provocandomi dei brividi e un po’ di solletico.
 
“Sei ancora arrabbiato con me, non è vero?” chiese con voce fioca e dispiaciuta, come se ne fosse consapevole.
Sospirai, rimanendo a guardare l’angolo del cornicione, e ciò la rammaricò; si coprì portando il piumone all’altezza del petto e si mise seduta inclinando la testa in modo da incontrare i miei occhi assenti.
“Marzio, ti prego, rispondi, non mi hai ancora perdonata?” Il tono divenne più alto, la sua insistenza era chiaramente leggibile dai suoi occhi.
 “Non parliamone più, okay?” mi limitai a rispondere; volevo soltanto lasciarmi tutto alle spalle, non riprendere di nuovo l’argomento. Dopo tutto ciò che, come un uragano inaspettato, era arrivato nella mia vita travolgendomi nel suo vortice, volevo soltanto pensare al futuro, al mio futuro con Lei in cui le incomprensioni sarebbero diminuite e la fiducia aumentata.
 
“Non mi hai risposto.” I suoi occhi erano ancora fissi sui miei, un po’ delusi, così come lo era la sua voce.
Credeva che aver fatto l’amore avesse cancellato tutto ciò che era successo. O forse ci aveva sperato. Ma io non riuscivo a dimenticare la fiducia che mi aveva negato, così come non potevo cancellare la notte precedente passata da solo a dannarmi per il comportamento di Taiki e la reazione di Bunny; si erano verificati troppi eventi, troppo vicini tra loro, concatenati e, associati all’ansia accumulata in quei giorni per paura di non riuscire a salvare Lei, avevano fatto degenerare la situazione.
Una vera e propria reazione a catena.
Anche se era stato fantastico, pieno di passione e di desiderio, il sesso non aveva passato una gomma invisibile sulla situazione. Non per me.
Con la mano libera portò all’indietro la frangia che presto le ricadde di nuovo sulla fronte, simile a un insieme di corti fili d’oro spettinati e ribelli. Faceva sempre quel gesto nervoso quando non sapeva cosa fare, credo pensasse le avrebbe suggerito la risposta alle sue domande e alle sue perplessità.
“Per favore, c’è una cosa che mi tortura il cervello, devo sapere” continuò imperterrita. “Perché quando ti ho chiesto il motivo del tuo atteggiamento non mi hai detto del contratto per il libro di Lady Amy?”
“Il libro è mio, sono io l’autore” la corressi immediatamente con un pizzico di gelosia per ciò che era mio, soltanto mio.
Sospirò sempre più nervosa mentre la sua pazienza stava per superare l’invisibile limite di sopportazione.
“Dai, hai capito che intendevo, non cambiare discorso, per favore.”
 
Avvicinai  la mano libera alla sua schiena nuda e la spinsi verso di me facendola sdraiare.
Voltata sul fianco, non smetteva di fissarmi con occhi simili a quelli di una bambina che finalmente avrebbe saputo la verità sui misteri della vita; mi girai nella sua direzione e guardandola, mentre con una mano stringeva l’angolo del cuscino, risposi:
“Avevo paura.”
 Aggrottò la fronte ma rimase in silenzio aspettando che continuassi.
“Quando andai da Taiki per chiedergli di aiutarmi firmando il contratto con Lady Amy, lui inizialmente mi disse che era fuori discussione.” Le accarezzai il braccio scoperto e ripresi: “Avevo paura che anche dopo averti presentata a lui avesse potuto rifiutare l’accordo.” Sorrisi notando la sua espressione colma di sensi di colpa.
“Avevo paura che se te lo avessi detto, poi, in caso di un suo rifiuto, ci saresti rimasta male.” Una pausa, il tempo di scostarle alcune ciocche dal collo, e: “Non volevo illuderti. A modo mio volevo proteggerti.”
Tutta l’impazienza, la curiosità impressa nel suo viso e accentuata dai suoi gesti agitati, lasciò posto un lieve sorriso malinconico; chiuse gli occhi e, facendomi poggiare la schiena al materasso, fece aderire il suo corpo caldo al mio.
“Fatti abbracciare, amore mio; abbracciami” sussurrò come una carezza sul mio collo mentre aumentava la pressione fra i nostri corpi caldi.
La strinsi forte, quasi da toglierle il respiro, tanto da perdermi nel suo odore, un odore mischiato al mio, più intenso, unico, nostro.
“Mi sa che il fatto di non aver potuto tirare fuori il mio lato aggressivo con Taiki mi ha reso peggiore con te.”
“Non importa. Non importa più.”
“Sappi che per me è molto difficile fidarmi delle persone ma d’ora in poi cercherò di fidarmi di te, sempre” sussurrò prima di suggellare quella promessa con un dolce bacio sulle mie labbra.
“Non voglio litigare mai più con te, Marzio, voglio soltanto amarti” riprese prima di unire nuovamente le sue labbra alle mie; quella volta non le lasciai andare, le intrappolai per un bacio più intenso, più profondo mentre le mie braccia creavano una X sulla sua schiena.
La mia lingua accarezzò le sue labbra gonfie per poi incontrare la sua; capii che neanche io avrei voluto litigare con colei che amavo e, anche se ciò sarebbe stato inevitabile prima o poi, realizzai che, come prima cosa, avrei dovuto essere più maturo e spiegarle le mie ragioni invece di farla impazzire nel vano tentativo di capire cosa mi aveva spinto a un tale comportamento.
A modo mio avevo voluto proteggerla. A modo mio, appunto. Ma ormai c’era Lei nella mia vita, non potevo più fare a modo mio. Dovevo crescere.   
E così, la feci rigirare sul letto sentendo il suo sorriso sfociare in una risata, la sua risata, quella che mi regalava quando era felice e percepiva la nostra complicità crescere.
Lei, Bunny, quella ragazza che fino a poco prima sembrava così aggressiva e adirata, che aveva sfogato su di me il tuo rancore, in quel momento sembrava soltanto piccola e indifesa sotto il mio corpo imponente; era ritornata ad essere la ragazza dolce e ingenua di cui mi ero innamorato e per cui avevo messo in discussione le mie certezze; in quel momento capii che la avevo perdonata sul serio, che non avrei dovuto pretendere che una ragazza conosciuta solo dieci giorni addietro e con una storia difficile alle spalle potesse fidarsi di me anche quando veniva palpata sotto i miei occhi indifferenti. Rivalutai le mie ragioni. E le sue.
 
“Ti amo, sappi che è davvero tutto okay tra di noi” dichiarai seriamente.
“Grazie Marzio, mi spiace che sia andata così; avresti meritato un ringraziamento e un comportamento diverso dopo tutto quello che hai fatto per me.”
“Non importa” affermai scuotendo la testa, “adesso voglio pensare al futuro, alla nostra felicità.” Accarezzai le sue labbra con l’indice e le dissi, fiero di me: “Te l’avevo detto che ti avrei tirato fuori dal Moonlight.”
I suoi occhi brillarono, riuscii a scorgere una lacrima sull’angolo del suo occhio mentre annuì con un impercettibile sorriso sulle labbra; era felice, commossa, forse persino incredula che avrei realmente fatto l’impossibile per Lei.
Cercai di cambiare discorso, lasciandomi una volta e per tutte quell’episodio alle spalle. “Bunny, dovresti firmarmi una liberatoria per poter parlare di te e della tua storia nel libro.”
“Certo” annuì, “a proposito, devo andare a riprendere le mie cose e lasciare la stanza. Dovrei anche parlare con Lady Amy e ridarle le chiavi del Moonlight.”
Mi scostai da Lei riportandomi sdraiato su un fianco ascoltando quello che, dalla sua espressione, sembrava un discorso serio.
“Ti andrebbe di accompagnarmi?” continuò, “Dopo dovrei andare da Morea; devo parlarle.” 
“Tutto quello che vuoi, amore mio; posso sapere di cosa devi parlarle?” chiesi intrecciando le mie dita alle sue.
“Devo chiederle se può riprendermi a lavorare allo Jupiter; adesso che Usa sta per avere il trapianto, credo che i soldi basteranno dato che ho ancora qualcosa da parte, in caso contrario, cercherò qualche altra cosa.”
Le sorrisi, felice di vederla così positiva, e Lei riprese: “Lei guarirà, vero, Marzio?” stringendo l’angolo del cuscino sempre di più.
Avrei tanto voluto dirle che Usa sarebbe guarita, che il trapianto sarebbe andato bene e che presto l’incubo sarebbe finito e, anche se le sue paure erano le mie, risposi:
“Guarirà, lei guarirà” cercando di convincerla e di auto convincermi”; poi un’idea mi giunse istintivamente, forse anche per rasserenarla, “quando uscirà dall’ospedale, le farò trovare la stanza degli ospiti piena di tanti peluches e poster dei suoi personaggi preferiti.”
Un sorriso malinconico nacque sulle sue labbra. “La prossima settimana inizieranno a prepararla per il trapianto” mi disse prima di ridacchiare nervosamente, “per fortuna che mi faranno stare con lei tutto il tempo in camera sterile”.
“Amore, presto tutto questo finirà” la rincuorai avvertendo la sua paura prima di schioccarle un bacio sulla fronte e strofinare la mia mano sulla sua schiena, “anche se non ti nascondo che mi mancherai tanto.”
Mi donò uno sguardo pieno di luce, più eloquente di mille parole;
“Ci sentiremo tutti i giorni, e mi racconterai tutto” le sussurrai all’orecchio, “dai, adesso, però, alziamoci, andiamo al Moonlight per l’ultima volta!” 
 
 
Parcheggiai la mia Audi A3, che tiravo fuori raramente, dato il caos della City che spesso mi invogliava a preferire di camminare a piedi o prendere il taxi, sotto l’insegna spenta del Moonlight. Scendendo dall’auto rossa metallizzata, Bunny svoltò l’angolo e salì la rampa di scale di ferro con molta velocità, tenendosi al poggia mano e voltandosi ogni tanto indietro verso di me.
“Dai, su, sbrigati!” mi esortava divertita, come una bambina che stava per ricevere un regalo di compleanno, mentre notava la mia titubanza.
“Sicura che non vuoi che ti aspetti qui?” le chiesi aggrottando la fronte. Il freddo pungente sbatteva sul mio viso paralizzando i muscoli facciali; nonostante tutto, avrei preferito rimanere lì fuori che entrare con Lei. Mi sentivo a disagio, provavo una strana sensazione dentro di me. Il motivo ben preciso non lo conoscevo neppure io, ad essere onesto, però era una sensazione soffocante. Avevo spesso frequentato quel locale; conoscevo le ragazze, sia ballerine che intrattenitrici.
 
Il Moonlight eraun luogo in cui entrare e trovare il piacere dei sensi grazie a tante ragazze che si muovevano sinuosamente, in mini abiti, scatenando le fantasie più perverse che un uomo potesse mai osare fare;
il Moonlight erala passione che si avvertiva, mentre l’adrenalina nasceva nel corpo e faceva bollire il sangue dentro le vene, alla vista delle curve mozzafiato e degli sguardi ammiccanti che tutte le ragazze più belle di NYC dedicavano ai clienti.
Il Moonlight erasoddisfazione sapendo che non c’era bisogno di parlare, di chiedere; un solo incrocio di occhi bramosi e ogni desiderio carnale veniva appagato.
Il Moonlight eraun locale magico: si entrava per soddisfare i sensi e qualche volta, come nel mio caso, si trovava l’Amore.
Assurdo, vero? Beh, no se la Città è NYC!
 
“Su pigrone, sbrigati” esclamò con occhi entusiasti mentre una nuvola di fumo usciva dalla sua bocca, “qui si congela!”
E così, seguendo la sua volontà, a piccoli passi salii le scale per poi trovarmi all’interno del Moonlight, riscaldato dal suo calore contrastante col freddo della City.
Entrammo nella stanza di Bunny; l’odore di chiuso rendeva l’aria soffocante in quella camera buia e grigia; Lei sospirò profondamente, colma di ricordi tristi, prima di andare ad alzare la tapparella e aprire la finestra dalla quale entrò una ventata d’aria fresca, oltre a un raggio di luce che irradiò d’arancio l’interno.
La mia sensazione di disagio e di imbarazzo lasciò presto spazio a una di amara malinconia; mentre Bunny apriva le ante dell’armadio e tirava fuori i suoi abiti riempiendo alcune valigie, per un attimo mi guardai attorno; fu così vivido dentro di me il momento in cui ero entrato per la prima volta in quella camera, pieno di una strana agitazione, proteggendola da Seiya e avvolgendola nel mio abbraccio confortante e rassicurante; fu davanti ai miei occhi l’immagine di Lei che mi diceva di non cercarla più mentre piangeva sdraiata sul suo letto, tutta bagnata per via della doccia.
Istintivamente, le andai dietro, stringendola forte, come se ancora non mi sembrasse vero che tutti quei momenti fossero ormai soltanto un lontano ricordo.
 
“Hey” ridacchiò sorpresa voltando il viso indietro verso me, “cosa c’è, amore?”
Scossi semplicemente la testa, allentando la presa e abbassandomi per aprire alcuni cassetti del comò, “Dai, ti aiuto, voglio andare via da qui il prima possibile!”
Tirai fuori i suoi pigiami e la sua biancheria intima, infilandola dentro le valigie senza curarmi di piegarli; volevo solo accelerare i tempi e lasciare quel bordello. Aprendo due ante del mobile, notai uno scatolo di cartone marrone sigillato.
“È tuo questo?” chiesi tirandolo fuori e avvertendo quanto fosse pesante.
Gettò d’istinto i vestiti, che aveva in mano, sul letto, avvicinandosi a me e prendendo lo scatolo in mano, come se al suo interno vi fosse un tesoro prezioso, mentre annuiva con tristezza.
“È tutto ciò che mi resta della mia famiglia” spiegò con dolcezza mantenendo lo sguardo sullo scatolone, “ci sono gli album con le foto della mia famiglia e tutti i ricordi dei miei.”
Lo posò con cura per terra, sfiorando con le dita lo scotch che sigillava il pacco; “Da quando mi sono trasferita qui, non l’ho mai aperto” sussurrò incrociando i miei occhi prima di accennare un triste sorriso, “non riesco ancora a guardare le foto dei miei.”
La raggiunsi, prendendo la sua mano e baciandola come si bacia una principessa, perché lei era quello per me: la mia Princess.
“C’è tempo; quando sarai pronta le guarderai” le sorrisi accarezzandole la guancia, “non c’è fretta.”
 
La cosa di cui mi rendevo perfettamente conto era che io parlavo, mi riempivo la bocca di belle parole piene di conforto ma, in fondo, che ne sapevo io della sofferenza? Io non sapevo cosa significasse svegliarsi al mattino e dover affrontare le giornate da soli, senza un abbraccio, una parola d’affetto, ma, al contrario, dovendo combattere le avversità e superarle da soli. Non comprendevo cosa si potesse lontanamente provare sapendo di non rivedere mai più le persone più importanti della propria vita, quanto dolore si potesse avvertire al cuore alla vista di immagini che ritraevano momenti di vita serena, dopo che quelli stessi momenti sarebbero divenuti soltanto ricordi sempre più lontani. Però, anche se fossero risultate stupide frasi fatte, le parole di amore e conforto, erano le uniche che io avessi potuto donarle, rendendole vere e sincere grazie al  mio amore per Lei.
 
Non ci volle molto tempo per riempire le valigie con le uniche cose che restavano della sua vita: pochi vestiti, biancheria, oggetti tenuti nascosti all’interno dei mobili per rendere impersonale quella stanza da lavoro.
Quando Bunny andò ad abbassare nuovamente la tapparella, il buio che pervase la camera, fu così confortante che, con un sospiro di sollievo, lasciai uscire la strana ansia che quella camera aveva il potere di mettermi addosso. Richiusi la porta alle nostre spalle e ci avviammo lungo il corridoio che presto ci condusse davanti allo studio di Lady Amy.
Lei bussò alla porta sorridendomi, contenta; attendemmo un suo permesso ad entrare, però, stranamente, la donna dal caschetto blu venne direttamente ad aprire.
Quando ci vide, non sembrò per nulla sorpresa, in fondo aspettava che Bunny lasciasse la stanza.
“Ti aspetto qui fuori” la informai facendo un cenno con la testa, invitandola ad entrare senza di me; non ebbe il tempo di rispondere che la Mistress, indietreggiando, ridacchiò:
“Su, Chiba, non sia timido” mentre tornò a sedersi sulla sua poltrona, dietro alla scrivania, “entri pure, socio!”
Bunny mi guardò titubante prima di entrare tenendo le mani basse, giunte a tenere la sua borsa, e io la seguii, prendendo posto su una delle due poltrone di fronte a Lady Moonlight, come soleva chiamarla Mister Taiki.
In quel momento, come per magia, Lady Amy, mostrò un sorriso così luminoso e spontaneo che le sue iridi turchesi sembrarono riflettere le sfumature dell’Oceano baciato dai raggi del sole. “Allora, signorina, hai visto che il Principe Azzurro è venuto a salvarti?” E la cosa bella era che le sue parole non avevano, per la prima volta, nulla di ironico o presuntuoso; la ragazza dai capelli blu, aveva mostrato il suo lato umano, quello che non poteva mostrare quando si copriva con le vesti – talvolta ingombranti – di Mistress di bordello. Poggiò i gomiti sulla scrivania, continuando a guardare Bunny negli occhi, come se volesse farle capire che lei non era più Lady Amy, la sua datrice di lavoro, la sua salvatrice dalla fame e alla quale dover ubbidire; era semplicemente Amy, una giovane ragazza di venticinque anni che nel profondo del cuore desiderava poter parlare normalmente con le altre ragazze, da amica, e non da manager da rispettare.
Bunny sorrise di rimando accennando un con la testa, mentre le sue gote si coloravano di un rosso pallido. “Lady Amy, io devo ringraziarla” iniziò, “le devo molto per tutto ciò che ha fatto per me, anche per aver accettato di lasciarmi andare.” La dolcezza con la quale aveva pronunciato quelle parole, tenendo un pugno all’altezza del cuore, fece allargare il sorriso sulle labbra lucide della ragazza. “Beh, diciamo che è andata bene a tutti e tre!” ironizzò con una risata che la riponeva sul suo gradino di donna d’affari.
“Queste sono le chiavi del Moonlight” continuò Lei posando sulla scrivania un portachiavi, con un ciondolo a forma di stella gialla, al quale era inserita una chiave argentata.
Amy non rispose, si limitò ad annuire e, lasciando posto sul suo viso a un’espressione leggermente dispiaciuta, affermò: “Lo sai Bunny, tu mi sei sempre piaciuta” mentre accavallava le gambe e poggiava il gomito al bracciolo della sua poltrona, “sei brava, sei onesta e hai un gran cuore che ti ha spinta fin qui nonostante il Moonlight non facesse per te.”
 
Lasciai uscire un leggero sorriso fatto di consapevolezza, riconsiderando Amy in meglio e capendo quanto fosse sensibile e vera, ma soprattutto dispiacendomi che questo suo lato dovesse essere spesso oscurato.
 
“E io ho sempre apprezzato e stimato lei, per la fiducia che mi ha dato nonostante non avessi esperienza” rispose Bunny portando in avanti il busto, “e per avermi dato la possibilità di lasciare il night club nonostante il contratto. Grazie mille.”
“Beh, ci rivedremo presto, ora che io e Chiba siamo soci in affari” rispose con tono freddo, ma io avevo ormai capito, e i suoi occhi lo confermavano, che il suo era soltanto un modo per mantenere quel distacco che doveva imporsi, forse per non lasciarsi andare troppo ai sentimentalismi.
Si alzò per accompagnarci alla porta mentre Bunny annuiva, credo che per Lei fosse importante saper di avere qualcuno che la stimasse e che, andando via dal Moonlight, non avrebbe perso del tutto i contatti con lei.
“A presto, allora, Lady Amy” le rispose sulla soglia della stanza, abbassando il capo, prima di voltarsi verso l’uscita del locale.
 
Stavo per aprire la porta d’ingresso che essa fu aperta dall’esterno, impedendomi di abbassare la maniglia; un sussulto uscì d’istinto dalla bocca di Bunny che indietreggiò con il pacco in mano. Lasciai cadere le due valigie a terra, guardando quegli occhi rossi davanti a me con una tale rabbia e disprezzo e scorgendovi dentro, invece, soltanto curiosità, la stessa curiosità che donò al suo volto ambrato un’espressione enigmatica, simile a un mix di invidia e dispiacere. Abbassando lo sguardo verso le due valigie, si rivolse a Bunny, incrociando i suoi occhi ardenti come le fiamme dell’Inferno a quelli che racchiudevano il cielo di primavera. “Te ne vai?” domandò con stupore; credo che ciò che le dispiacesse fosse il fatto che ci fossi io con Lei; Sydia odiava la concorrenza, avrebbe fatto i salti di gioia in un’altra occasione, sapendo che una delle Moonlight dancers stesse abbandonando il campo di guerra, in cui gli stessi soldati son in lotta fra loro.
“Togliti dai piedi, Sydia” mi intromisi senza dare a Bunny la possibilità di rispondere, “ringrazia il fatto che non sia un uomo” continuai quasi ringhiando, ricordando ciò che aveva fatto a Bunny, a come mi aveva ricattato e come l’aveva ridotta per pura gelosia e invidia.
La mia risposta la stupì, mosse le labbra senza riuscire a dire nulla, per la prima volta la vidi in difficoltà; tutta la sicurezza in se stessa, la sua consapevolezza di avere potere era svanita, dissolta, lasciando posto a una fragilità percepibile dai suoi occhi improvvisamente tristi.
“Sì, vado via, Sydia.” Bunny ruppe quel silenzio pesante che si era creato; la sua voce era nervosa, emanava tensione, “non mi vedrai più in giro, sarai contenta.” Fece una pausa, poi, inaspettatamente, mi stupì.
“E io sarò più felice di te” aggiunse con un sorrisetto vendicativo, come se per la prima volta potesse essere libera di parlare, di sfogarsi, di esternare ciò che il suo cuore provava senza paura delle ripercussioni, “e lo devo a te” continuò sempre più sicura di ciò che diceva, “perché se non fosse stato per il tuo gesto meschino e infame, io sarei ancora qui, senza Marzio, invece di andare a vivere con l’uomo che amo e che mi ama.”
Pazzesco! Con disinvoltura e un’apparente gentilezza, era riuscita a far pentire Sydia in un modo che probabilmente, con la violenza o con sgarbo, non avrebbe sortito lo stesso effetto.
“E ora levati e facci passare!” ordinò infine alzando il tono della voce.
La ragazza dai capelli scuri come l’ebano, rimase in silenzio, senza proferire parola, spiazzata da quell’atteggiamento inaspettato di Bunny, che, fin a quel momento, aveva soltanto subìto. Poggiò la schiena alla parete, permettendo a Lei di uscire dal locale; io, invece, persi qualche istante, il tempo di riprendere le valigie, e fu così che lei ne approfittò; si avvicinò a me e con il fuoco che ardeva nei suoi occhi e la voglia di una vita diversa, migliore, che non avrebbe avuto mai e che avrebbe sempre invidiato a Lei, sussurrò:
“Parli, parli, però so io come godevi con me, sotto di me…”
Una risata divertita e piena di stupore mi uscì spontanea; scossi la testa e avvicinando il mio viso al suo, tanto da poter sentire il suo respiro affannato, risposi: “Mai quanto ho goduto qualche istante fa.”
La lasciai lì, a rimuginare su tutto ciò che era accaduto, a pensare che nella vita la violenza e la cattiveria, talvolta, più che un danno a chi le riceve, sono un dono; uno strano, incredibile dono a chi, come Bunny, meritava la felicità.
Non le lasciai il tempo per controbattere, non mi interessava; aprii la porta ritrovandomi  subito fuori, accanto a Lei che mi sorrideva soddisfatta.
Le feci l’occhiolino sorridendo di rimando, fiero di Lei, iniziando a scendere le scale; l’aria fredda e pungente avvolgeva i nostri corpi che pian piano cercavano di adattarsi alla temperatura, mentre fiocchi di neve cominciarono ad abbandonare il cielo grigio della City e ad apparire sempre più vicini, fino ad accarezzare i nostri volti e a imbiancare le strade di Manhattan.
Non ci voltammo più indietro mentre raggiungevamo l’auto.
Il Moonlight era appena diventato soltanto un vecchio ricordo.

 
Il punto dell’autrice
 
Non so da dove iniziare: dunque, credo sia doveroso iniziare chiedendo scusa a tutti i miei carissimi lettori che hanno aspettato questo capitolo da ormai mesi. Mi spiace tanto e mi spiace ancora di più sapendo che sicuramente ne sarete rimasti delusi.
Come sapete ho in corso La melodia del cuore e Listen to your heart e quindi i ritardi son dovuti all’aggiornamento di queste due ff.
Il capitolo si conclude così, con il Moonlight che viene definitivamente abbandonato e con un piccolo richiamo all’anime, in cui Sailor Moon combatte contro i nemici senza violenza, solo con le parole, ovviamente nel caso di Sydia è un po’ diverso, però mi piaceva mantenere in Lei la bontà che l’anime le ha dato.
Il prossimo sarà l’ultimo capitolo che lascerà la traccia per Moonlight 2.
Spero veramente che il capitolo, anche se in parte, possa essere stato da voi gradito. Ci tengo ai vostri commenti quindi, anche se negativa, lasciatemi una recensione con tutto ciò che ne pensate a riguardo.
Come sempre ringrazio tutti coloro che mi seguono con affetto e che mi danno la voglia di continuare a scrivere cercando di regalarvi capitoli sempre migliori (questo fa eccezione, lo so :D).
Se vi va, in attesa del capitolo finale, qui potrete leggere la shot
Moonlight - La Rinascita  che si colloca alla fine di questo capitolo, prima del cap 18.  
Un bacione e a presto!

Demy

 


   
 
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