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Autore: Shatzy    02/07/2011    9 recensioni
"Di cosa sanno le labbra dei ragazzi?"
Cinque volte in cui Kurt non riesce a trovare alcun sapore sulle labbra di Blaine e una in cui ci riesce.
[Klaine]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ultimo capitolo :) Grazie mille a chi ha seguito questa storia fino alla fine (soprattutto a chi invece di studiare per gli esami era qui a leggere =P).
E grazie ancora a Roby per il betaggio ultraveloce e a Lucia, santa donna, che non so se leggerà mai ma che ringrazio lo stesso per ovvi motivi, e perché ora ho capito che scrivere su commissione mi leva la fatica di pensare all'idea di base, e visto che sono pigra questa cosa mi piace parecchio.




6.

A volte si svegliava all’improvviso durante la notte, e ci metteva qualche secondo prima di mettere a fuoco dove si trovasse, rilasciando un respiro che non sapeva di star trattenendo; a volte appena prima di addormentarsi stringeva forte la mano di Blaine, e la teneva contro il suo petto fino alla mattina seguente. A volte semplicemente aveva paura. Paura che stesse vivendo uno dei suoi sogni ricorrenti di adolescente, e che appena avesse aperto gli occhi si sarebbe ritrovato a dover affrontare un’altra giornata qualsiasi in quel terribile liceo di quella terribile città sperduta in Ohio, ricominciando tutto da capo.
Per questo si ritrovava spesso a fissare in silenzio scene del genere dalla porta della camera, braccia incrociate al petto, fianco poggiato contro lo stipite e un sorriso aperto sulle labbra.
“Per quanto pensi ancora di rimanere lì a guardarmi senza far niente?” gli disse Blaine, senza sollevare lo sguardo da ciò che stava facendo. Sembrava sempre sapere dove fosse Kurt, anche se non lo vedeva, anche se non lo sentiva.
L’altro infatti sospirò per poi avvicinarglisi. Si sedette sul divano accanto al marito, sbirciando oltre il suo braccio. “Sta bene?” chiese, apprensivo.
Blaine sbuffò divertito. “Certo che sta bene. Sta benissimo. Non è mai stata meglio” assicurò, lasciando che poggiasse il mento sulla sua spalla. “Potevi dormire ancora un po’, ormai dovresti fidarti. Non l’ho più fatta cadere” lo prese in giro, aggiungendo subito uno “Scherzavo!” notando l’occhiataccia di Kurt.
Tornò quindi a quel piccolo esserino avvolto in una calda copertina rosa tra le sue braccia. La loro bambina. Elizabeth. Due mesi e un cappellino giallo con i ponpon sulla testa – perché quest’anno è di moda e s’intona perfettamente con il colore rosa della sua culla. A volte Blaine pensava che Kurt sarebbe seriamente impazzito nel riempire il guardaroba dello loro figlia. Be’, non che lui fosse da meno.
“Lasciamela tenere un po’” si lamentò, posando una mano sul gomito di Blaine per spostarlo leggermente e avere una visuale migliore.
“Sta bevendo il suo latte, Kurt, è già complicato tenere lei con un braccio con la paura di farle male e il biberon con l’altra mano in equilibrio precario senza che anche tu mi faccia pressione” chiarì.
L’altro rise, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia. “Rilassati, amore, se faranno un’audizione per il papà migliore del quartiere il secondo posto ce l’hai assicurato” tentò di tranquillizzarlo. “Perché ovviamente il primo è il mio” evidenziò, mentre Blaine alzava gli occhi al soffitto.
Kurt poi si accoccolò meglio contro la sua spalla, continuando a guardare la bimba finire il suo pasto. “Non pensi che mi somigli?” sussurrò. “Quello è sicuramente il mio naso. E quelle sono sicuramente le tue orecchie, Blaine. Ci somiglia!” esultò, fiero della sua scoperta.
Blaine ridacchiò, posando il biberon quasi vuoto sul pavimento e stringendosi al petto la figlia. “Kurt, temo sia del tutto impossibile, anche solo per sbaglio. Si chiama eredità genetica, e non ha la nostra” lo prese in giro.
Kurt mise il broncio, dandogli una pacca non tanto amorevole sul braccio. “Lo so. Ma penso ci somigli lo stesso” s’impuntò, e la risata sincera dell’altro era un chiaro segno che gli dava ragione. “È bellissima”  commentò un attimo dopo, allungando un braccio fino ad accarezzarle piano una guancia.
“Assolutamente”.
“È la cosa più bella che potesse capitare nella nostra vita” ammise, continuando a guardare la bambina mentre si addormentava contro il petto di uno dei suoi due papà.
Blaine si scostò lentamente solo per poterlo guardare meglio negli occhi. “La seconda” gli disse, fissandolo eloquentemente e sorridendogli, facendolo arrossire – e lo sapeva che flirtare in quel modo era il suo punto debole.
“La seconda” ripeté allora Kurt, ancora leggermente imbarazzato, protendendosi verso il suo viso e sfiorandogli le labbra con le proprie.
Non che Blaine si lasciò sfuggire l’occasione, ricambiando più che volentieri il bacio, facendo maggiore pressione e rimanendo lì, fermo contro quella bocca che amava, respirando la sua aria contro la sua pelle, per poi tentare di approfondire il contatto; ma quando sentì il sorriso di Kurt aprirsi sotto le sue labbra si allontanò, guardandolo con un broncio adorabile. “Che c’è di così divertente?”
E l’altro evitò di pensare ai riccioli ribelli che scendevano scomposti sulla fronte di Blaine dopo una notte probabilmente insonne, o alla tuta grigia dell’università che più volte gli aveva rimproverato di buttare, ora sporca di latte su una manica e chissà che altro sulla spalla opposta, o a quello sguardo profondo che gli riservava – a lui, e a lui soltanto – fin dalla prima volta, fin da Teenage Dream cantata alla Dalton, ma che perdeva tutto il suo fascino se si teneva tra le braccia una bambina che aveva appena avvertito di aver digerito bene.
“Le tue labbra…” rispose soltanto Kurt.
“Che hanno?”
“Sanno di latte” ammise, e si lasciò andare a una sonora risata – non tanto sonora, per non svegliare la figlia – notando il rossore improvviso sulle guance di Blaine.
L’altro infatti spostò subito lo sguardo, tentando di nascondere l’imbarazzo. “Dovevo pur essere sicuro di cosa farle mangiare”.
“Blaine” lo riprese, respirando e calmandosi dalle risate. “Basta che senti la temperatura del latte sulla pelle del polso, non c’è bisogno di berlo”.
“Volevo assicurarmi che fosse buono!” rispose piccato. “Se le vengono altri mal di pancia rimani tu sveglio tutta la notte con lei” s’infervorò, stringendo le labbra ed evitando ancora di guardarlo.
“Va bene, va bene” accordò, stringendosi ancora di più a lui e poggiando di nuovo la testa sulla sua spalla.
Rimasero così per qualche minuto, guardando solo il lento respirare della bambina, i suoi pugni chiusi, le guance paffute, quella carnagione rosea che lasciava intravedere le vene, e si ritrovarono a fantasticare su come sarebbe stata, su che carattere avrebbe avuto, sul suo musical preferito, su come poteva essere la sua voce, su che canzoni avrebbe cantato per loro dopo cena, sul colore dei suoi occhi, sul tono della sua risata, e stranamente solo su una cosa erano entrambi d’accordo: sarebbe stata bellissima. Perché era loro. E tutto ciò che era loro era bellissimo.
“Mercedes ha detto che sarebbe passata stasera e temeva che Rachel si sarebbe aggregata, come sempre, ma stavolta non ho intenzione di far entrare in casa mia, né tantomeno nel guardaroba firmato di mia figlia, qualsiasi capo d’abbigliamento regalatoci da quella maniaca dei vestiti fuori moda. A proposito di stranezze, se Wes e David si ripresentano di nuovo insieme ad un orario improponibile come le sei del mattino comincerò a credere che ci nascondano qualcosa, e non mi importa nulla del volo che hanno dovuto prendere per farci una sorpresa e del fuso orario. Oh, e mio padre e Carole saranno a pranzo da noi questo fine settimana, sto pensando di sfruttare il libro di cucina francese che mi hai regalato lo scorso mese, e-”
“Ti amo”.
Blaine lo aveva guardato negli occhi con quello sguardo sincero che lo faceva sciogliere ancora dopo tutti quegli anni, anche con i capelli spettinati, la maglia sporca e la bambina tra le braccia.
Certe cose non sarebbero mai cambiate, ed erano proprio quelle a fargli credere che tutto ciò che avevano costruito non era un sogno, e che non si sarebbe mai più risvegliato adolescente, in Ohio, lontano da Blaine. Non era più possibile.
E per questo sorrise.
“Ti amo anche io”.


FINE







Nota finale: ero molto indecisa sul nome della bimba. Ho passato in rassegna tutti i musical citati da Kurt, ma niente. Wicked ha nomi troppo strani, mentre RENT ha un perfetto Angel - che adoro - ma... ehm... no, non potevo usarlo, e gli altri personaggi femminili non vanno bene. Ho pensato quindi a Gypsy, a Rose... ma no, nemmeno quello, perché non le auguro una vita così, alla piccola Hummel-Anderson. E quindi ho lasciato perdere i musical e ho pensato a Kurt che si firma con "Elizabeth" come secondo nome, e chissà se quello è davvero il nome della madre (non ci credo che sia il suo vero secondo nome, Burt non avrebbe mai messo al suo primogenito un nome da donna XD) o un nome a caso scelto dal gusto di Kurt. Rimarrà un mistero (grazie, RIB, vi amo alla follia quando fate così). Io intanto ne approfitto senza vergogna.


Se volete lasciarmi un commento almeno per l'ultimo capitolo sarebbe una cosa carina e gradita. Risponderò a tutti il prima possibile, sperando di non perdere la capacità di parola dopo la - ehm - vacanza massacrante che andrò a fare.

   
 
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