My
LUCKY number
Cat
aveva trovato un nuovo
passatempo: tamburellare sulla boccia di Flo, il pesce rosso del
Capodipartimento per lo Sviluppo Militare.
"L-lo
a-a-agiti, se
f-fa-ai co-o-sì."
Lala
le aveva lanciato uno
sguardo disperato, stringendo convulsamente una penna tra le dita:
"A-anche qu-quel g-gatto…"
I
loro occhi si rivolsero verso
la figurina nera appollaiata sulla scrivania: "Ho un nome."
Puntualizzò
stizzito, sistemandosi la coroncina di latta: "Cait Sith, per tua
informazione."
"Numero
Due.
Cait Sith Numero Due."
La
sensazione
era la stessa di quando, da bambini, si perde il giocattolo a cui si
è tanto affezionati
e per cui ce ne viene regalato uno nuovo, del tutto identico
all'originale.
"Numero
Due."
Ripeté meccanicamente Cat da dietro la boccia: "Sei il
Numero Due."
"Reeve
ti ha già detto
che sono come il Cait che è andato dall'AVALANCHE."
Avanzò a passettini
fino al bordo dove Cat lo fissava con lo sguardo più cattivo
che poteva avere:
"Neanche a me piace avere qualcuno uguale al sottoscritto, ma in fondo
nessuno di noi due è uguale all'altro. Io ora parlo con te,
Cait parlerà con
l'AVALANCHE e forse io mai. Ma in fondo, Catty, io rimango Cait Sith."
Cait
Sith -Numero
Uno- non era stato esattamente di quell'idea.
Cat
stava sistemando le poche
cose che erano rimaste del suo buco del Settore 6 nel monolocale
aziendale che
il signor Tuesti le aveva fatto assegnare: aveva addirittura previsto
dei locali per le emergenze dei dipendenti. Come veggente poteva
considerarsi
persino migliore di lei.
"L'idea
era di costruire
degli appartamenti aziendali qui al Settore 0. Per i dipendenti che si
trasferiscono lasciando le famiglie oltre le Wasteland, non so se
capisce cosa
intendo." Il suo filantropico capo probabilmente la considerava ancora
più
socialmente problematica di lui: "Gli attacchi terroristici. Non esiste
solo l'AVALANCHE, sa."
"Mi
aveva detto che il
Settore 7 è stato fatto esplodere proprio dalla Shin-Ra,
signore."
Si
era zittito, tenendo in mano
la tessera magnetica che avrebbe aperto a Cat la sua nuova esistenza dentro
gli HQ: "…Le stavo dicendo come l'idea originale fosse
precedente agli
eventi del Settore 7."
"Reeve
è una brava
persona, ogni tanto. E ha anche delle idee geniali." Cait aveva
iniziato a
prendere a calcetti la porta ancora chiusa: "Vediamo un po' cosa ti sei
inventato questa volta."
Il
nuovo, minuscolo buco in cui
Cat si sarebbe rintanata fino a nuovo ordine era così simile
a quello di cui
era stata derubata che non le ci volle più che qualche
minuto per abituarsi.
"Spero
non lo interpreti
come un'invasione della sua privacy, ma ho fatto qualche ordine per le
sue
prime necessità, in base a quello che mi è stato
riportato dal Dipartimento di
Pubblica Sicurezza."
Le
parole del signor Tuesti suonavano
stranamente imbarazzate in quella stanzetta bianca e semivuota, dove
impilate
in un angolo stavano le prime necessità che sembravano
essere così ovvie
addirittura dai file degli scagnozzi di Heidegger.
Lattine
di
birra e spaghetti istantanei.
Il
mondo non aveva bisogno
d'altro per andare avanti. Almeno nell'ottica della Shin-Ra.
Cait
fissava con i suoi
occhietti cuciti la piccola montagnola degna di un rifugio di barboni
degli
Slums: "Potevi far portare anche una fotocopiatrice. Lei è
quella che fa
le fotocopie, giusto?"
La
considerazione che la gente,
la sua azienda e il gatto meccanico del suo capo avevano di lei, Cat
Empitsu
segretaria del Dipartimento per il Disfacimento e neo-traferita agli
Shin-Ra HQ,
era tutt'altro che rincuorante.
"Entro
dopodomani,
l'AVALANCHE arriverà al Golden Saucer. I Turks sono sulle
loro tracce e pare
che il gruppo conti nuovi membri oltre a quelli che sono fuggiti da
Midgar. Il
Dipartimento di Pubblica Sicurezza le farà avere i file
del caso non
appena saranno pronti."
Altri
terroristi da analizzare
per trovare la buona idea capace di far infiltrare
una spia di pelo
sintetico alla rincorsa di Sephiroth? Cat sperò che
l'AVALANCHE non stesse così
simpatica al Pianeta da contare qualche centinaio di quei nuovi membri.
"Io
non voglio andare via,
Reeve." Le orecchie di Cait Sith si erano pietosamente afflosciate,
mentre
gli tirava insistentemente il bordo della giacca: "Già
dopodomani? È
troppo presto, Reeve. Io voglio stare con Catty ancora un po' di
più."
Calò
improvvisamente un silenzio
imbarazzato, per cui Cat dubitò che fosse stata
effettivamente la personalità
originale a parlare: "Non volevi vedere i Chocobo gialli al Golden
Saucer?" Azzardò, cercando con lo sguardo un aiuto nel
signor Tuesti,
intento come al suo solito a rimirare dalla finestra il vuoto nulla di
Midgar.
E del tutto incurante di avere un felino di pezza aggrappato al suo
vestito.
"Hai
paura di romperti?"
Nessuna
battuta sarebbe stata
scelta peggiore per quelli che si potevano considerare i tesissimi
nervi artificiali
della sua creaturina. Una battuta degna del Dipartimento di Scienza e
Ricerca
davanti al primo essere umano di passaggio, o ancora di un Turk sbronzo
e con
il grilletto facile in giro per gli Slums.
"Hai
paura di romperti,
Cait?"
Reeve
Tuesti era rimasto con lo
sguardo fisso sulla finestra, probabilmente completamente dimentico del
fatto
di come quello non fosse il suo ufficio e non fosse solo in mezzo alle
sue
carte.
In
quel momento la scarsa vena
premonitrice di Cat formulò la più ovvia delle
considerazioni: là fuori, c'era
davvero il rischio che qualche circuito potesse fulminarsi e non certo
per un
mal di testa di proporzioni epocali. Il che sarebbe stato un bel
problema
perché la sacra missione del suo capo proseguisse al meglio,
così bene da far
ingoiare a Scarlett quel ciuffo ossigenato che le ballonzolava sempre
davanti
al naso.
Le
zampine guantate di Cait si
staccarono dalla giacca, ricadendo mollemente di lato:
"…Posso restare con
Catty?"
"Abbiamo
ancora del lavoro
da fare assieme alla signorina Empitsu, giusto?" Il signor Tuesti
scambiò
un'occhiata in direzione di Cat, che ancora non era riuscita ad
afferrare quale
fosse il suo ruolo in quella conversazione e quindi si
limitò ad annuire con
quanto più convincimento possibile. La farsa
sembrò avere un certo effetto in
quel cuoricino meccanico e sui suoi nervi, almeno per qualche secondo.
"Io
sono l'unico e vero
Cait Sith, non te lo dimenticherai?" Si era fiondato sulla sua gonna,
tirandola insistentemente verso di lui. Era davvero ridotto a uno stato
pietoso, con le orecchie sempre più flosce sotto
quell'assurda coroncina di
latta: "Non te lo dimenticherai, vero? Neanche quando arriveranno gli
altri?"
"Gli
altri?"
La
smorfia su quel musetto di
pelo sintetico l'avvisò dell'arrivo imminente di un'altra,
robotica, crisi
isterica: "Gli altri. La fortunata serie Cait Sith."
Piagnucolò di rimando, stringendo ancor di più la
presa sull'orlo: "Io
sono solo il Numero Uno. Io non sono l'unico, Reeve me l'ha sempre
detto… Ma
anche se un altro Cait Sith dovesse comparire, non dimenticarti di me."
Da
piccoli,
tutti perdiamo il pupazzo a cui siamo tanto affezionati, a cui i nostri
genitori provvederanno prontamente a trovare un rimpiazzo.
Ma,
chissà
perché, quel giocattolo nuovo fiammante non potrà
mai sostituire davvero quello
che si aveva prima.
Ci
rimpiangiamo di non averlo mai abbracciato un'ultima volta.
E
vorremmo
aver saputo che di lì a poco non lo avremmo sarebbe
più rivisto.
In
quel cubicolo aziendale in
un piano qualsiasi degli HQ della Shin-Ra.Inc, Cat stava avendo la
possibilità
che tutti i bambini del Pianeta avrebbero voluto avere. Il pupazzo che
stava
per perdere era ancora lì davanti a lei: poteva rendere
giustizia di tutti
quelli che scomparivano e che non avrebbero mai saputo di come, in
fondo, fossero
davvero indimenticabili.
Si
abbassò sulle ginocchia,
stringendo a sé quella strana combinazione di pelo sintetico
e ingranaggi. Non
sapeva se sotto ci fosse davvero un cuore meccanico, ma non c'era
niente di
male nel dare un abbraccio.
"Hugs
are for free."
Così
aveva
scritto qualcuno. Addirittura all'HoneyBee Manor.
"È
ora di andare,
Cait."
Un
mugugno sulla porta fece
ritornare il Pianeta a girare sul suo asse e alle sue sfortune
universali. Reno
stava appoggiato allo stipite fissando cupo la scribacchina
demente intenta
a sfogare le sue patetiche lacune d'affetto sull'Ultima Stronzata di
quello che
si definiva il fottuto Capodipartimento del Casino Urbano.
Cat
sentì le zampine guantate
staccarsi da lei, mentre la solita vocina stridula tornava a riempire
la
stanza: "Reeve! Io ho una donna!"
Prima
che potesse replicare a
quella affermazione degna di un SOLDIER in astinenza, Cait le premette
senza
troppi complimenti il naso contro il suo.
"Sentite
un po', ma questo
lo porto via o avete da progettare un altro bordello dopo quello degli
Slums? A
me non spiacerebbe, sapete."
Il
colpo secco del Teaser
contro il muro non faceva altro che sottolineare ulteriormente i nervi
scoperti
del Turk, mentre la mano libera tamburellava pericolosamente contro la
parete:
"E già che si sono, ripeto mi scazza assai usare il mio
elicottero per
spedirlo a quel fottuto Golden Saucer…"
"La
ringrazio ancora per
la collaborazione, signor Reno." Reeve Tuesti acciuffò la
sua creaturina
per il mantello, dondolandola a mezz'aria: "Prego, faccio affidamento
su
di lei."
Mentre
le scarpe del Turk si
allontanavano lungo il corridoio, la stanza piombò
improvvisamente in un
silenzio a cui da qualche tempo Cat non era più abituata.
"Signorina
Empitsu, vorrei
che mi seguisse in ufficio." Si era abbassato sulle ginocchia,
tendendole
una mano: "Non si preoccupi. Tra poco sarà di nuovo tutto
come
prima."
Rimase
un attimo imbambolata a
fissare un punto oltre la spalla del suo capo prima di ritrovare un po'
di buon
senso e professionalità perché le gambe le
rispondessero e potesse rimettersi in
piedi: "…Come prima?"
La
risposta del suo capo era
sicuramente in fase di elaborazione: questo era stato l'ottimistico
pensiero di
Cat, mentre trotterellava dietro di lui lungo i corridoi del Piano 65,
vuoti
come al loro solito di esseri umani, ma misteriosamente venutisi a
riempire di
scatoloni accuratamente impilati contro le pareti.
"Lattine.
Il cibo in
scatola è una delle migliori invenzioni
dell'umanità." Il signor Tuesti
aveva indicato con orgoglio il quantitativo di alluminio di cui ora il
suo
spazio personale si era improvvisamente popolato. Cat
appuntò mentalmente la
nuova infatuazione per le lattine e stranamente le sembrò
addirittura sensata,
almeno per la media delle assurdità a cui il fantomatico
Dipartimento per lo
Sviluppo Urbano la stava abituando.
Lattine,
alluminio, peluche con coroncine di latta: a tutto c'era una
spiegazione
logica.
Continuarono
a camminare in
silenzio, mentre le spalle del signor Tuesti si facevano più
curve a ogni
passo: aveva addirittura infilato entrambe le mani
in tasca.
"Considero
questo progetto
un grande onore da parte della Compagna e degno della massima
professionalità.
Mi scusi per prima." Si era fermato pensieroso davanti a uno dei tanti
uffici, irrigidendosi sul posto: "Mi rendo conto di come quello che sia
successo sia andato ben oltre i limiti del suo contratto e di questa
relazione
lavorativa. Non era mia intenzione permettere una simile deviazione
degli
eventi, ma Cait Sith ha una sua personalità in
evoluzione… Sfortunatamente
quella non rientra nelle mie possibilità di controllo."
In
pratica,
voleva assicurarsi che non avesse frainteso e non stesse pensando a una
scalata
ai ranghi Shin-Ra con il solito trucchetto della relazione
professionale
dopo l'orario di lavoro.
Cat
cercò di mantenere la
stessa, imperturbabile espressione del suo capo: il obbiettivo del suo
impiego
alla Shin-Ra era tutt'altro. Certo, in quei giorni era stata molto
presa da
diverse e svariate catastrofi che si erano abbattute su di lei come la
punizione ancestrale di un qualche dio degli Antichi, ma aveva tutta la
situazione
sotto controllo. O almeno, confidava in quel poco di umanità
rimasta al
Dipartimento di Scienza e Ricerca.
"Farò
in modo che con il
prossimo Cait Sith non si ripeta più nulla del genere."
La
porta scorrevole si aprì
dietro alla sua schiena, mentre le luci automatiche si accendevano con
un
ronzio illuminando l'interno.
Se
i corridoi del Piano 65
erano stati stipati di scatolette in previsione della Fine del Pianeta,
uno dei
suoi uffici era stato stipato di robot meccanici a forma di gatto:
Reeve Tuesti
doveva avere molto tempo libero e di sicuro non lo aveva passato tra la
tappezzeria leopardata dell'HoneyBee Manor.
E
in quel
momento, Cat Empitsu, 21 anni, segretaria full-time e neo-inquilina
degli
Alloggi Residenziali d'Emergenza degli Shin-Ra HQ, ebbe la sensazione
di stare
per andare davvero oltre la consueta relazione
professionale.
"Qui
è dove presumibilmente
controlleremo Cait nei momenti in cui ci sarà bisogno di un
intervento
diretto." Distolse la sua attenzione dai cavi e dalle parti meccaniche
tutto attorno, puntando un grosso e ingombrante schermo che pendeva
dalla
parete: "Almeno questo agli inizi. La situazione potrebbe richiedere
degli
interventi d'emergenza."
Si
avvicinò al largo tavolo che
sembrava essere stato trafugato direttamente dai Laboratori del Piano
67: un
Cait Sith stava seduto con la schiena appoggiata alla parete, avvolto
nel suo
assurdo mantellino rosso e con la sua coroncina di latta in bilico
sulle
orecchie. Avrebbe potuto essere semplicemente lo stesso, ciarlante
peluche
rompiscatole che Cat aveva visto consegnare al Turk solo poco prima.
"Ricordo
che il suo primo
incontro con Cait Sith non sia stato dei migliori, ma anche quello non
era mia
intenzione: doveva averlo ritenuto divertente."
Commentò, lisciandosi
pensieroso la punta della barba "Ammetto di averlo pensato anche io,
comunque non fraintenda. Non volevo prendermi gioco di lei."
Cat
annuì senza potersi
nascondere dietro la sua solita risma di fogli fotocopiati: "Quindi
questo… Sarebbe uno degli altri?"
Guardò meglio la forma familiare
che stava addormentata davanti a lei: "Sembra proprio lo stesso."
"In
fondo, sono esattamente
l'uno la copia del precedente. Per questo non ci sarà nessun
bisogno che lo
saluti di nuovo." Aveva abbassato la voce, prendendo delicatamente
quello
che qualunque bambino del Pianeta avrebbe volentieri chiesto come
regalo di
compleanno, se solo ne avesse saputo l'esistenza: "È un Cait
Sith, non un
essere umano. Veda di non scordarlo."
Ma
forse, la
persona che in quello sgabuzzino disperso si era scordata di quel
piccolo
particolare era proprio lui.
Chinato
su quel Cait Sith Numero
Due, Reeve Tuesti, Capodipartimento per lo Sviluppo Urbano di
Midgar ed
Esimio Architetto di Ogni Cosa Progettata, sembrava davvero aver
dimenticato di
come attorno ci fosse il Pianeta, la Shin-Ra e la sua segretaria.
Appoggiò le
mani su quel pupazzo immobile, dallo stesso sguardo vuoto e sorridente
che
avrebbe potuto avere qualunque altro giocattolo su uno scaffale: lo
strinse
appena, mormorando qualcosa a fior di labbra che forse soltanto quelle
orecchie
appuntite avevano potuto sentire.
"Tra
poco si sveglierà.
Ora andiamo a salutare Cait."
Si
era rialzato, prendendo
sottobraccio Numero Due ancora addormentato, molle
e silenzioso come solo
un pupazzo avrebbe potuto essere. Cat pensò a come ogni
tanto lasciava che la
gru di carta regalatale alla bettola si sgranchisse le aluccie tra una
risma di
fotocopie e l'altra: persino quella cosetta così fragile ora
sembrava più piena
di vita del complicato insieme di parti meccaniche
chiamato Cait Sith.
Camminarono
per i corridoi
stipati di scatolette, per poi infilare l'ascensore e salire verso il
punto più
alto di tutti gli HQ. Addirittura più in alto dello stesso
Ufficio
Presidenziale: ecco perché Reno si sentiva così
autorizzato a intercalare
imprecazioni su ogni cosa. Gli spazi in alto danno libero sfogo al
senso di
onnipotenza.
Il
grosso e grigio elicottero B1A
stava per partire, alzando polvere e vortici d'aria tutt'attorno.
Nell'oscurità
della sera, le luci di posizionamento illuminavano a malapena
l'oblò tondo sul
portellone, ma prima che l'elicottero si staccasse da terra, Cat
riuscì a
vedere una buffa zampina guantata fare un cenno di saluto oltre lo
spesso vetro
di protezione. Stupidamente, si ritrovò a ricambiare,
sventolando meccanicamente
la mano in aria.
Bye-bye, fairy cat Cait Sith.
*__**_*
"If
another Caith Sith comes along, don't forget about me"
"There's
plenty of stuffed toys like my body around, but there's only one me!"
Il
fatto è che Cait Sith può
rivelarsi addirittura un personaggio ANGST!
Poi
è andato tutto a farsi benedire,
ma vabbè. Insomma, è un pupazzo di pezza
più lunatico di una apina dell'Honey Bee,
creato da un architetto-ingegnere tra Leonardo da Vinci, Gustave Eiffel
e
Salomone, con lo stesso charme di Keanu Reeves e Ken Watanabe. Possiamo
perdonargli di tutto, no?
Comunque,
la storia delle
lattine è vera: se avete mai letto il "The Case di Denzel"
in
"One the Way to a Smile", scoprirete la passione per il cibo in
scatola da parte della madre di Reeve, la signora Ruvi.
Questo
capitolo lo pubblico
senza andare a rompere le scatole alla mia povera beta: dato che d'ora
in
avanti sarò pure io piuttosto impegnata con
l'università fino a data abbastanza
da destinarsi, con queste ultime righe la stramba e insensata storiella
del gruppo
di Employees della beneamata Shin-Ra.Inc entra on-hiatus.
Argh,
odio doverlo dire.
Grazie
per aver letto fin qui,
spero di poter riprendere tutto al più presto anche se non
mi piace pubblicare
dopo mesi di assenza: si perde il filo del discorso e quindi fino a
quando non
potrò pubblicare in maniera più continuativa
fermo la serie a questo punto.
Almeno ha un senso. Più o meno.