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Autore: Bakabeans    03/07/2011    1 recensioni
Work at Shin-Ra, get your pay.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caith Sith, Nuovo personaggio, Reeve, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: FFVII
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My LUCKY number

 

Cat aveva trovato un nuovo passatempo: tamburellare sulla boccia di Flo, il pesce rosso del Capodipartimento per lo Sviluppo Militare.

"L-lo a-a-agiti, se f-fa-ai co-o-sì."

Lala le aveva lanciato uno sguardo disperato, stringendo convulsamente una penna tra le dita: "A-anche qu-quel g-gatto…"

I loro occhi si rivolsero verso la figurina nera appollaiata sulla scrivania: "Ho un nome." Puntualizzò stizzito, sistemandosi la coroncina di latta: "Cait Sith, per tua informazione."

"Numero Due. Cait Sith Numero Due."

La sensazione era la stessa di quando, da bambini, si perde il giocattolo a cui si è tanto affezionati e per cui ce ne viene regalato uno nuovo, del tutto identico all'originale.

"Numero Due." Ripeté meccanicamente Cat da dietro la boccia: "Sei il Numero Due."

"Reeve ti ha già detto che sono come il Cait che è andato dall'AVALANCHE." Avanzò a passettini fino al bordo dove Cat lo fissava con lo sguardo più cattivo che poteva avere: "Neanche a me piace avere qualcuno uguale al sottoscritto, ma in fondo nessuno di noi due è uguale all'altro. Io ora parlo con te, Cait parlerà con l'AVALANCHE e forse io mai. Ma in fondo, Catty, io rimango Cait Sith."

Cait Sith -Numero Uno- non era stato esattamente di quell'idea.

Cat stava sistemando le poche cose che erano rimaste del suo buco del Settore 6 nel monolocale aziendale che il signor Tuesti le aveva fatto assegnare: aveva addirittura previsto dei locali per le emergenze dei dipendenti. Come veggente poteva considerarsi persino migliore di lei.

"L'idea era di costruire degli appartamenti aziendali qui al Settore 0. Per i dipendenti che si trasferiscono lasciando le famiglie oltre le Wasteland, non so se capisce cosa intendo." Il suo filantropico capo probabilmente la considerava ancora più socialmente problematica di lui: "Gli attacchi terroristici. Non esiste solo l'AVALANCHE, sa."

"Mi aveva detto che il Settore 7 è stato fatto esplodere proprio dalla Shin-Ra, signore."

Si era zittito, tenendo in mano la tessera magnetica che avrebbe aperto a Cat la sua nuova esistenza dentro gli HQ: "…Le stavo dicendo come l'idea originale fosse precedente agli eventi del Settore 7."

"Reeve è una brava persona, ogni tanto. E ha anche delle idee geniali." Cait aveva iniziato a prendere a calcetti la porta ancora chiusa: "Vediamo un po' cosa ti sei inventato questa volta."

Il nuovo, minuscolo buco in cui Cat si sarebbe rintanata fino a nuovo ordine era così simile a quello di cui era stata derubata che non le ci volle più che qualche minuto per abituarsi.

"Spero non lo interpreti come un'invasione della sua privacy, ma ho fatto qualche ordine per le sue prime necessità, in base a quello che mi è stato riportato dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza."

Le parole del signor Tuesti suonavano stranamente imbarazzate in quella stanzetta bianca e semivuota, dove impilate in un angolo stavano le prime necessità che sembravano essere così ovvie addirittura dai file degli scagnozzi di Heidegger.

Lattine di birra e spaghetti istantanei.

Il mondo non aveva bisogno d'altro per andare avanti. Almeno nell'ottica della Shin-Ra.

Cait fissava con i suoi occhietti cuciti la piccola montagnola degna di un rifugio di barboni degli Slums: "Potevi far portare anche una fotocopiatrice. Lei è quella che fa le fotocopie, giusto?"

La considerazione che la gente, la sua azienda e il gatto meccanico del suo capo avevano di lei, Cat Empitsu segretaria del Dipartimento per il Disfacimento e neo-traferita agli Shin-Ra HQ, era tutt'altro che rincuorante.

"Entro dopodomani, l'AVALANCHE arriverà al Golden Saucer. I Turks sono sulle loro tracce e pare che il gruppo conti nuovi membri oltre a quelli che sono fuggiti da Midgar. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza le farà avere i file del caso non appena saranno pronti."

Altri terroristi da analizzare per trovare la buona idea capace di far infiltrare una spia di pelo sintetico alla rincorsa di Sephiroth? Cat sperò che l'AVALANCHE non stesse così simpatica al Pianeta da contare qualche centinaio di quei nuovi membri.

"Io non voglio andare via, Reeve." Le orecchie di Cait Sith si erano pietosamente afflosciate, mentre gli tirava insistentemente il bordo della giacca: "Già dopodomani? È troppo presto, Reeve. Io voglio stare con Catty ancora un po' di più."

Calò improvvisamente un silenzio imbarazzato, per cui Cat dubitò che fosse stata effettivamente la personalità originale a parlare: "Non volevi vedere i Chocobo gialli al Golden Saucer?" Azzardò, cercando con lo sguardo un aiuto nel signor Tuesti, intento come al suo solito a rimirare dalla finestra il vuoto nulla di Midgar. E del tutto incurante di avere un felino di pezza aggrappato al suo vestito.

"Hai paura di romperti?"

Nessuna battuta sarebbe stata scelta peggiore per quelli che si potevano considerare i tesissimi nervi artificiali della sua creaturina. Una battuta degna del Dipartimento di Scienza e Ricerca davanti al primo essere umano di passaggio, o ancora di un Turk sbronzo e con il grilletto facile in giro per gli Slums.

"Hai paura di romperti, Cait?"

Reeve Tuesti era rimasto con lo sguardo fisso sulla finestra, probabilmente completamente dimentico del fatto di come quello non fosse il suo ufficio e non fosse solo in mezzo alle sue carte.

In quel momento la scarsa vena premonitrice di Cat formulò la più ovvia delle considerazioni: là fuori, c'era davvero il rischio che qualche circuito potesse fulminarsi e non certo per un mal di testa di proporzioni epocali. Il che sarebbe stato un bel problema perché la sacra missione del suo capo proseguisse al meglio, così bene da far ingoiare a Scarlett quel ciuffo ossigenato che le ballonzolava sempre davanti al naso.

Le zampine guantate di Cait si staccarono dalla giacca, ricadendo mollemente di lato: "…Posso restare con Catty?"

"Abbiamo ancora del lavoro da fare assieme alla signorina Empitsu, giusto?" Il signor Tuesti scambiò un'occhiata in direzione di Cat, che ancora non era riuscita ad afferrare quale fosse il suo ruolo in quella conversazione e quindi si limitò ad annuire con quanto più convincimento possibile. La farsa sembrò avere un certo effetto in quel cuoricino meccanico e sui suoi nervi, almeno per qualche secondo.

"Io sono l'unico e vero Cait Sith, non te lo dimenticherai?" Si era fiondato sulla sua gonna, tirandola insistentemente verso di lui. Era davvero ridotto a uno stato pietoso, con le orecchie sempre più flosce sotto quell'assurda coroncina di latta: "Non te lo dimenticherai, vero? Neanche quando arriveranno gli altri?"

"Gli altri?"

La smorfia su quel musetto di pelo sintetico l'avvisò dell'arrivo imminente di un'altra, robotica, crisi isterica: "Gli altri. La fortunata serie Cait Sith." Piagnucolò di rimando, stringendo ancor di più la presa sull'orlo: "Io sono solo il Numero Uno. Io non sono l'unico, Reeve me l'ha sempre detto… Ma anche se un altro Cait Sith dovesse comparire, non dimenticarti di me."

Da piccoli, tutti perdiamo il pupazzo a cui siamo tanto affezionati, a cui i nostri genitori provvederanno prontamente a trovare un rimpiazzo.

Ma, chissà perché, quel giocattolo nuovo fiammante non potrà mai sostituire davvero quello che si aveva prima.

Ci rimpiangiamo di non averlo mai abbracciato un'ultima volta.

E vorremmo aver saputo che di lì a poco non lo avremmo sarebbe più rivisto.

In quel cubicolo aziendale in un piano qualsiasi degli HQ della Shin-Ra.Inc, Cat stava avendo la possibilità che tutti i bambini del Pianeta avrebbero voluto avere. Il pupazzo che stava per perdere era ancora lì davanti a lei: poteva rendere giustizia di tutti quelli che scomparivano e che non avrebbero mai saputo di come, in fondo, fossero davvero indimenticabili.

Si abbassò sulle ginocchia, stringendo a sé quella strana combinazione di pelo sintetico e ingranaggi. Non sapeva se sotto ci fosse davvero un cuore meccanico, ma non c'era niente di male nel dare un abbraccio.

"Hugs are for free."

Così aveva scritto qualcuno. Addirittura all'HoneyBee Manor.

"È ora di andare, Cait."

Un mugugno sulla porta fece ritornare il Pianeta a girare sul suo asse e alle sue sfortune universali. Reno stava appoggiato allo stipite fissando cupo la scribacchina demente intenta a sfogare le sue patetiche lacune d'affetto sull'Ultima Stronzata di quello che si definiva il fottuto Capodipartimento del Casino Urbano.

Cat sentì le zampine guantate staccarsi da lei, mentre la solita vocina stridula tornava a riempire la stanza: "Reeve! Io ho una donna!"

Prima che potesse replicare a quella affermazione degna di un SOLDIER in astinenza, Cait le premette senza troppi complimenti il naso contro il suo.

"Sentite un po', ma questo lo porto via o avete da progettare un altro bordello dopo quello degli Slums? A me non spiacerebbe, sapete."

Il colpo secco del Teaser contro il muro non faceva altro che sottolineare ulteriormente i nervi scoperti del Turk, mentre la mano libera tamburellava pericolosamente contro la parete: "E già che si sono, ripeto mi scazza assai usare il mio elicottero per spedirlo a quel fottuto Golden Saucer…"

"La ringrazio ancora per la collaborazione, signor Reno." Reeve Tuesti acciuffò la sua creaturina per il mantello, dondolandola a mezz'aria: "Prego, faccio affidamento su di lei."

Mentre le scarpe del Turk si allontanavano lungo il corridoio, la stanza piombò improvvisamente in un silenzio a cui da qualche tempo Cat non era più abituata.

"Signorina Empitsu, vorrei che mi seguisse in ufficio." Si era abbassato sulle ginocchia, tendendole una mano: "Non si preoccupi. Tra poco sarà di nuovo tutto come prima."

Rimase un attimo imbambolata a fissare un punto oltre la spalla del suo capo prima di ritrovare un po' di buon senso e professionalità perché le gambe le rispondessero e potesse rimettersi in piedi: "…Come prima?"

La risposta del suo capo era sicuramente in fase di elaborazione: questo era stato l'ottimistico pensiero di Cat, mentre trotterellava dietro di lui lungo i corridoi del Piano 65, vuoti come al loro solito di esseri umani, ma misteriosamente venutisi a riempire di scatoloni accuratamente impilati contro le pareti.

"Lattine. Il cibo in scatola è una delle migliori invenzioni dell'umanità." Il signor Tuesti aveva indicato con orgoglio il quantitativo di alluminio di cui ora il suo spazio personale si era improvvisamente popolato. Cat appuntò mentalmente la nuova infatuazione per le lattine e stranamente le sembrò addirittura sensata, almeno per la media delle assurdità a cui il fantomatico Dipartimento per lo Sviluppo Urbano la stava abituando.

Lattine, alluminio, peluche con coroncine di latta: a tutto c'era una spiegazione logica.

Continuarono a camminare in silenzio, mentre le spalle del signor Tuesti si facevano più curve a ogni passo: aveva addirittura infilato entrambe le mani in tasca.

"Considero questo progetto un grande onore da parte della Compagna e degno della massima professionalità. Mi scusi per prima." Si era fermato pensieroso davanti a uno dei tanti uffici, irrigidendosi sul posto: "Mi rendo conto di come quello che sia successo sia andato ben oltre i limiti del suo contratto e di questa relazione lavorativa. Non era mia intenzione permettere una simile deviazione degli eventi, ma Cait Sith ha una sua personalità in evoluzione… Sfortunatamente quella non rientra nelle mie possibilità di controllo."

In pratica, voleva assicurarsi che non avesse frainteso e non stesse pensando a una scalata ai ranghi Shin-Ra con il solito trucchetto della relazione professionale dopo l'orario di lavoro.

Cat cercò di mantenere la stessa, imperturbabile espressione del suo capo: il obbiettivo del suo impiego alla Shin-Ra era tutt'altro. Certo, in quei giorni era stata molto presa da diverse e svariate catastrofi che si erano abbattute su di lei come la punizione ancestrale di un qualche dio degli Antichi, ma aveva tutta la situazione sotto controllo. O almeno, confidava in quel poco di umanità rimasta al Dipartimento di Scienza e Ricerca.

"Farò in modo che con il prossimo Cait Sith non si ripeta più nulla del genere."

La porta scorrevole si aprì dietro alla sua schiena, mentre le luci automatiche si accendevano con un ronzio illuminando l'interno.

Se i corridoi del Piano 65 erano stati stipati di scatolette in previsione della Fine del Pianeta, uno dei suoi uffici era stato stipato di robot meccanici a forma di gatto: Reeve Tuesti doveva avere molto tempo libero e di sicuro non lo aveva passato tra la tappezzeria leopardata dell'HoneyBee Manor.

E in quel momento, Cat Empitsu, 21 anni, segretaria full-time e neo-inquilina degli Alloggi Residenziali d'Emergenza degli Shin-Ra HQ, ebbe la sensazione di stare per andare davvero oltre la consueta relazione professionale.

"Qui è dove presumibilmente controlleremo Cait nei momenti in cui ci sarà bisogno di un intervento diretto." Distolse la sua attenzione dai cavi e dalle parti meccaniche tutto attorno, puntando un grosso e ingombrante schermo che pendeva dalla parete: "Almeno questo agli inizi. La situazione potrebbe richiedere degli interventi d'emergenza."

Si avvicinò al largo tavolo che sembrava essere stato trafugato direttamente dai Laboratori del Piano 67: un Cait Sith stava seduto con la schiena appoggiata alla parete, avvolto nel suo assurdo mantellino rosso e con la sua coroncina di latta in bilico sulle orecchie. Avrebbe potuto essere semplicemente lo stesso, ciarlante peluche rompiscatole che Cat aveva visto consegnare al Turk solo poco prima.

"Ricordo che il suo primo incontro con Cait Sith non sia stato dei migliori, ma anche quello non era mia intenzione: doveva averlo ritenuto divertente." Commentò, lisciandosi pensieroso la punta della barba "Ammetto di averlo pensato anche io, comunque non fraintenda. Non volevo prendermi gioco di lei."

Cat annuì senza potersi nascondere dietro la sua solita risma di fogli fotocopiati: "Quindi questo… Sarebbe uno degli altri?" Guardò meglio la forma familiare che stava addormentata davanti a lei: "Sembra proprio lo stesso."

"In fondo, sono esattamente l'uno la copia del precedente. Per questo non ci sarà nessun bisogno che lo saluti di nuovo." Aveva abbassato la voce, prendendo delicatamente quello che qualunque bambino del Pianeta avrebbe volentieri chiesto come regalo di compleanno, se solo ne avesse saputo l'esistenza: "È un Cait Sith, non un essere umano. Veda di non scordarlo."

Ma forse, la persona che in quello sgabuzzino disperso si era scordata di quel piccolo particolare era proprio lui.

Chinato su quel Cait Sith Numero Due, Reeve Tuesti, Capodipartimento per lo Sviluppo Urbano di Midgar ed Esimio Architetto di Ogni Cosa Progettata, sembrava davvero aver dimenticato di come attorno ci fosse il Pianeta, la Shin-Ra e la sua segretaria. Appoggiò le mani su quel pupazzo immobile, dallo stesso sguardo vuoto e sorridente che avrebbe potuto avere qualunque altro giocattolo su uno scaffale: lo strinse appena, mormorando qualcosa a fior di labbra che forse soltanto quelle orecchie appuntite avevano potuto sentire.

"Tra poco si sveglierà. Ora andiamo a salutare Cait."

Si era rialzato, prendendo sottobraccio Numero Due ancora addormentato, molle e silenzioso come solo un pupazzo avrebbe potuto essere. Cat pensò a come ogni tanto lasciava che la gru di carta regalatale alla bettola si sgranchisse le aluccie tra una risma di fotocopie e l'altra: persino quella cosetta così fragile ora sembrava più piena di vita del complicato insieme di parti meccaniche chiamato Cait Sith.

Camminarono per i corridoi stipati di scatolette, per poi infilare l'ascensore e salire verso il punto più alto di tutti gli HQ. Addirittura più in alto dello stesso Ufficio Presidenziale: ecco perché Reno si sentiva così autorizzato a intercalare imprecazioni su ogni cosa. Gli spazi in alto danno libero sfogo al senso di onnipotenza.

Il grosso e grigio elicottero B1A stava per partire, alzando polvere e vortici d'aria tutt'attorno. Nell'oscurità della sera, le luci di posizionamento illuminavano a malapena l'oblò tondo sul portellone, ma prima che l'elicottero si staccasse da terra, Cat riuscì a vedere una buffa zampina guantata fare un cenno di saluto oltre lo spesso vetro di protezione. Stupidamente, si ritrovò a ricambiare, sventolando meccanicamente la mano in aria.

Bye-bye, fairy cat Cait Sith.

 

*__**_*

"If another Caith Sith comes along, don't forget about me"

"There's plenty of stuffed toys like my body around, but there's only one me!"

 

Il fatto è che Cait Sith può rivelarsi addirittura un personaggio ANGST!

Poi è andato tutto a farsi benedire, ma vabbè. Insomma, è un pupazzo di pezza più lunatico di una apina dell'Honey Bee, creato da un architetto-ingegnere tra Leonardo da Vinci, Gustave Eiffel e Salomone, con lo stesso charme di Keanu Reeves e Ken Watanabe. Possiamo perdonargli di tutto, no?

Comunque, la storia delle lattine è vera: se avete mai letto il "The Case di Denzel" in "One the Way to a Smile", scoprirete la passione per il cibo in scatola da parte della madre di Reeve, la signora Ruvi.

 

Questo capitolo lo pubblico senza andare a rompere le scatole alla mia povera beta: dato che d'ora in avanti sarò pure io piuttosto impegnata con l'università fino a data abbastanza da destinarsi, con queste ultime righe la stramba e insensata storiella del gruppo di Employees della beneamata Shin-Ra.Inc entra on-hiatus.

Argh, odio doverlo dire.

Grazie per aver letto fin qui, spero di poter riprendere tutto al più presto anche se non mi piace pubblicare dopo mesi di assenza: si perde il filo del discorso e quindi fino a quando non potrò pubblicare in maniera più continuativa fermo la serie a questo punto. Almeno ha un senso. Più o meno.

   
 
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