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Autore: Essemcgregor    03/07/2011    5 recensioni
Un diario per non dimenticare.
Blaine Anderson si riteneva diverso, considerava il suo orientamento sessuale un problema per gli altri. Aveva paura. Decide di riportare le sue esperienze in un diario, per non dimenticare.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giugno, inizio dell’estate, inizio della mia nuova vita.

 
Gay, frocio, checca. Quanti altri appellativi devo riportare per far rendere l’idea? Sì Blaine Anderson è gay e non si vergogna di esserlo. Sono fiero di ciò che sono da quando ho deciso di fare coming out alle medie.
Non voglio sentirmi dire cose del tipo “se non sei mai stato con un ragazzo non puoi dire di esserlo. Sei solo confuso è solo un momento passeggero della tua adolescenza.”
Sono le classiche frasi che mi hanno sempre fatto arrabbiare. Non è divertente avere questa particolarità, non è divertente non avere amici maschi ed essere guardato come uno scarafaggio dalle altre ragazze.
Ora vi chiederete perché ho deciso di scrivere in un diario tutto ciò che è successo della mia vita. La verità è che non voglio dimenticare, non voglio lasciare che eventi che mi hanno distrutto vengano cancellati dalla mia memoria. Voglio che ogni singolo istante venga impresso nella mia mente.
Quando finii le medie, avevo ancora i lividi ovunque dovuto al pestaggio subito dopo il ballo scolastico.
Riportai un trauma cranico e numerose mini fratture, nonché qualche costola rotta.
Alle medie non ero proprio massiccio. Anzi non lo sono mai stato.
Ero mingherlino e basso, troppo magro forse. Anche se i bulli non erano altro che ragazzini come me, non riuscii ad affrontarli, non riuscii a proteggere me ed il mio accompagnatore.
Mi sentii male per giorni. Inutile dire che non vidi mai più questo ragazzo, non lo sentii né tantomeno seppi che fine avesse fatto. I suoi genitori mi vietarono di avere altri contatti con lui.
Mio padre cercò di proteggermi il più possibile, ma la verità era che non mi aveva mai accettato. Mia madre invece divenne super protettiva, nessuno doveva toccare la sua ragione di vita.
Sono figlio unico, quindi penso che possiate capire.
Cominciai la mia avventura in un liceo poco lontano dalla mia città. Vivevo fuori Lima, perciò ogni giorno ero costretto a prendere l’autobus per raggiungerlo. Mi ero rifiutato di farmi accompagnare, nonostante fossi ricco non volevo spiccare più di quanto non facessi già.
I primi giorni furono tranquilli, me ne stavo al mio posto, ero felice. Quando scoprii l’esistenza di un Glee club, fui così interessato che mi iscrissi per le audizioni.
Suono il pianoforte e la chitarra, spesso e volentieri quando sono solo a casa suono per ore.
Per l’audizione mi chiesero di portare una canzone per testare la mia bravura. Non mi sembrava fosse un tipo di club esigente, però portai comunque una delle mie canzoni preferite: Secret dei One Republic.
 
Ero da solo su di un palco e come unico strumento un pianoforte. Mi rifiutai di portare un cd con la base, volevo suonare e cantare, come facevo a casa.
Le mani presero a sfiorare i tasti fino a che una dolce melodia cominciò ad espandersi nell’aria. Oltre a me una ragazza della scuola volle seguirmi suoando il suo violino.
 
I need another story
Something to get off my chest
My life gets kinda boring
Need something that

I can confessTil’all my sleeve
are stained red
From all the truth that I’ve said
Come by it honestly I swear
Thought you saw me wink, no
I’ve been on the brink, so

 
Era ciò di cui avevo bisogno, voltare pagina, cominciare un’altra storia, vivere in un luogo dove venivo accettato per quello che ero. Forse era solo un’utopia ma sognare non faceva male. Avevo scelto quella canzone perché sentivo che dentro di me era ciò che volevo urlare al mondo.
 
Tell me what you want to hear
Something that were like those years
Sick of all the insincere
So I’m gonna give all my secrets away
This time, don’t need another perfect line
Don’t care if critics never jump in line
I’m gonna give all my secrets away

 
La mia canzone lasciò la maggior parte dei ragazzi a bocca aperta, e tutti furono d’accordo nell’accogliermi tra loro. Finalmente mi sentii parte di qualcosa, mi sentivo a mio agio. Cantare era la mia unica valvola di sfogo, la cosa che mi riusciva meglio.
Conobbi tutti i componenti del mio Glee club, li ricordo però poco, ora come ora sono come facce sfocate nella mia memoria. Avrei voluto fare una foto insieme a tutti loro, ma per mia sfortuna le cose andarono in modo diverso. Le audizioni erano aperte, e nonostante ci fossero sempre pochissime persone, c’era sempre il cretino di turno che voleva sfottere gli studenti che volevano partecipare al Glee.
Tutto sommato il club era molto rispettato, nessuno si permetteva di dire o fare qualcosa contro i componenti. Alcuni di loro erano anche popolari a scuola, e venivano idolatrati manco fossero rockstar.
Avevo notato che in quella scuola vi erano ragazzi di ogni razza e credo religioso, e pensavo che nonostante quei quattro cretini che giravano per i corridoi mormorando parole sprezzanti, la tolleranza fosse molto più alta di quanto pensassi.
Mi sbagliavo di grosso.
Ero andato alle prove del Glee, sudai parecchio perché avevamo provato sia canto che coreografia. Non ero di certo il solista, il coordinatore del Club decise di volermi far fare prima un po’ di gavetta e la cosa non mi dispiaceva. Mi ero talmente sbizzarrito e ballato con foga, che pensai di dovermi almeno asciugare il sudore prima di tornare a casa.
Andai in bagno e posai la borsa a terra, dopo aver passato il mio asciugamano in ogni parte scoperta del mio corpo, decisi di spruzzarmi un po’ di profumo.
Scelta sbagliata. Entrarono in bagno alcuni ragazzi. Non sapevo chi fossero, ma non mi piaceva come mi guardavano. Avevo già riposto il profumo e l’asciugamano in borsa, mi stavo solo sistemando i capelli.
- Ma senti senti.-
Uno di loro prese ad annusare l’aria. Non mi posso scordare di certo il suo ghigno malefico.
- Qualcuno si è profumato per bene.-
Uno di loro venne accanto a me e cominciò a fissarmi.
Posai le mani sul lavandino sperando che andassero via il prima possibile o che almeno entrassero in uno dei gabinetti.
- Ragazzi, questa puzza orribile viene da qui.-
Non feci in tempo a svignarmela, i ragazzi mi presero per le spalle sbattendomi contro una parte libera di muro.
Lo scontro fu così violento che grugnii di dolore. I ragazzi risero di me, ed uno di loro prese a frugare nella mia borsa. Cacciarono la mia boccetta di profumo, non era un profumo qualsiasi, era una boccetta di Chanel che mia madre mi aveva regalato al mio scorso compleanno.
- Oddio che roba da checche.-
I ragazzi risero a quella battuta ed uno di loro mi si avvicinò.
- Cos’è sei gay?-
Ero fin troppo spaventato, mi sentivo come un coniglio di fronte i fari di un automobile. I ragazzi presero a ridere e cominciarono a snocciolare una dopo l’altra delle battute abbastanza spinte. Se c’era una cosa che odiavo era chi mi toccava il viso. Non lo potevo sopportare. Uno dei bestioni prese il mio viso tra le mani come a volerlo esaminare, con quel fastidioso ghigno divertito.
La reazione fu immediata, senza pensare sputai contro di lui.
Non ricordo molto altro di quei momenti, mi sollevarono di peso  e dopo avermi lanciato contro il muro, mi sollevarono come un sacco di patate per inserire la mia testa dentro lo sciacquone del bagno.
I bagni non erano proprio puliti, soprattutto non dopo un giorno di scuola, dove chissà quanti ragazzi ne avevano usufruito. La puzza acre e disgustosa colpì diretta il mio naso, mi ritrovai a trattenere dei conati di vomito.
Il resto fu solo buio. Sentii lo sciacquone più e più volte scaricare acqua sul mio volto. Parte di quell’acqua andò a finirmi nel naso e più e più volte temetti di soffocare.
Persi i sensi, e l’ultima cosa che mi ricordo fu solo il rumore di una porta che sbatte e voci allarmate.
I miei pensieri erano confusi, il mal di testa non mi permetteva di certo di organizzarli meglio. Volevo urlare, sfogare la rabbia che avevo in corpo. Era andato tutto benissimo, mi ero ambientato ed ero entrato a far parte del Glee Club. Avevo degli amici, e proprio quegli amici erano al mio capezzale in infermieria.
- Blaine…-
Aprii gli occhi, erano tutti lì che mi guardavano scioccati.
- Giuro che se non li espellono a vita li uccido.-
- Ce la pagheranno.-

Sentii altre frasi unirsi sempre di più al crescente mormorio che crearono i compagni del Glee. Furono interrotti dall’infermiera che intimò loro di andare via.
La donna si avvicinò a me accarezzandomi la testa dolcemente.
- I tuoi genitori sono in Presidenza a parlare con il Preside, appena finiscono vengono qui.-
Morale della favola? Avevo troppa paura di tornare a scuola, anche se quei ragazzi erano stati espulsi. Nei corridoi alcuni ragazzi continuavano a guardarmi torvo, alcuni mi minacciavano tramite bigliettini anonimi. Fu troppo.
Mia madre decise di ritirarmi da scuola, aveva trovato una scuola adatta a me: Dalton Academy.
- Ti troverai bene tesoro mio.-
Mio padre non disse nulla al riguardo, preferì assecondare la scelta di mia madre. E così lasciai i miei amici del Glee, ed il liceo pubblico. Sarei andato in un’accademia privata come ogni figlio di papà, ed era una cosa che non riuscivo a digerire.
   
 
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