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Autore: Sharel    07/07/2011    4 recensioni
Cosa sono quegli strani sogni che non fanno altro che ossessionare Zero? E come mai quello strano sentimento di insofferenza verso il Vampiro? E' una semplice coincidenza l'arrivo di Kaname Kuran con l'intensificarsi di questi sogni?
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kaien Cross, Kaname Kuran, Toga Yagari, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 2

Passato & Presente
Capitolo 2

Nel mese a seguire, aveva provato in tutti i modi a stare lontano da quel Pureblood che non riusciva a sopportare, ma non c’era stato niente da fare: ovunque si trovasse era tanto “fortunato” da incontrare anche l’altro, come se questi lo stesse seguendo. Per distrarsi era andato spesso a caccia, sperando che magari la sua mente si sarebbe liberata dalla fastidiosa presenza di quel Vampiro; ma così non era stato purtroppo. In più ci si era messo il fatto che Takuma si fosse in qualche modo allontanato, senza dargli il tempo di capirci niente: aveva fatto tutto lui, si era avvicinato a Zero, facendogli crescere la speranza che forse qualcosa ci poteva essere, per poi, non appena quel Nobile aveva fatto il suo ingresso, allontanarsi senza neanche una spiegazione. Era da quella sera in cui avevano parlato loro due da soli che il biondo non gli rivolgeva la parola, a mala pena riceveva il saluto quando si incontravano fuori dal cortile, durante gli spostamenti della Night Class. Non riusciva a capire niente, visto e considerato che la sua mente era sempre impegnata a pensare qualcosa…e stava iniziando anche ad essere una specie di cadavere ambulante, dato i sogni sempre più strani e reali che continuava a fare. L’ultimo soprattutto gli aveva dato parecchio da pensare, poiché aveva riconosciuto nel ragazzo dai capelli d’ebano Kaname Kuran, e la cosa proprio non riusciva a spiegarsela; perché il Pureblood per eccellenza doveva anche essere nei suoi sogni? Non lo sopportava, non lo poteva vedere eppure lo sognava; un’altra cosa strana era il fatto che aveva iniziato a riconoscerne i tratti a poco a poco, segno che quel Vampiro avesse qualcosa a che fare con i propri sogni. Ma perché? Era forse dato da quello il fatto che non lo potesse soffrire?
«Zero» lo chiamò Kaien alle sue spalle.
Si trovava per l’ennesima volta disteso sul divano con il libro di famiglia in mano, sicuro che almeno lui non lo avrebbe fatto pensare per un po’.
«Dovresti uscire un po’, pensare a qualcos’altro» disse preoccupato il Preside.
Gli occhi non lasciarono trasparire più preoccupazione di quanta in realtà ne provasse. Doveva assolutamente parlare con Tohga e vedere come provare a risolvere la cosa…non sopportava di vedere il ragazzo ridotto in quello stato, soprattutto perché non era sicuro che fosse quello che volesse. Ma quello si sarebbe visto alla fine di tutta la storia.
«Non mi va molto ora» rispose sfiancato il Silver-head, guardando l’uomo con occhi appannati dal sonno. Da quanto tempo era che non dormiva come si deve? Troppo; quella notte avrà dormito bene o male per mezz’ora, prima che le immagine del sogno prendessero il sopravvento.
«Perché non vai a fare compagnia a Yuuki? O magari un bagno rilassante?» sentiva di star perdendo il ragazzo, Kaien, e non lo avrebbe mai permesso.
«Mmm…penso che il bagno possa andare bene» sussurrò appena.
Kaien osservò il ragazzo dirigersi verso il bagno, prima di prendere la strada opposta e andare verso le aule della Night Class; in quel momento Tohga stava facendo lezione.
«Scusatemi l’interruzione» disse una volta aperta la porta, il sorriso affabile sempre sulle labbra.
Yagari si preoccupò nel vederlo lì; oltre al fatto che era la prima volta che interrompeva una lezione, l’Hunter si era anche accorto che quel sorriso era in realtà tirato e finto. Uscì dall’aula con la massima calma, conscio del fatto che il Preside volesse parlare con lui.
«Cos’è successo?» chiese senza indugi.
«Sono preoccupato per Zero, Tohga. Sono giorni che non dorme…sta diventando l’ombra di se stesso con questa storia dei sogni»
«Tuttavia sei stato tu a voler mandare avanti questa storia, Kaien; lo sai che non sono mai stato d’accordo» lo riprese, non celando l’irritazione, ma senza comunque incolpare così l’altro.
«Io…lo so» ammise con rammarico. «Forse non avrei dovuto permettergli questa cosa, ma magari Zero ne sarà..»
«Non lo dire Kaien» lo interruppe subito Tohga, spostando lo sguardo. «Le cose avrebbe dovuto avere il loro corso naturale, non essere forzate in questo modo. È stato quel Vampiro –sputò con rabbia– a volere che fosse così; noi cosa possiamo fare se non rimanere ad osservare?»
«Il professor Yagari ha ragione» disse il suddetto Vampiro alle loro spalle.
Li aveva sentiti parlottare, dopo tutto il suo udito fine non andava sottovalutato, e se discutevano di Zero non poteva fare a meno di intromettersi.
«Sono io che ho voluto così; e sebbene in questo momento non sia al massimo della sua forma e lo stia sottoponendo ad un’estenuante prova, non me ne pento affatto» concluse, posando il suo sguardo profondo nell’occhio blu elettrico del professore.
«Eppure ora come ora ti odia, non sopporta la tua vicinanza, e prova in ogni modo di evitarti sebbene tu cerchi sempre di stargli il più vicino possibile…Kuran» gli fece notare Yagari.
«Mi odia solamente perché non capisce le sensazioni che lo prendono quando mi è affianco o mi vede» spiegò il Pureblood. «Il fatto che io stia stuzzicando la sua mente anche con i miei poteri è solo per accelerare un po’ il processo»
«Non ce la fa’ più, Kaname» sbottò Kaien, mostrando tutta la preoccupazione che aveva per il figlioccio. «Non può resistere ancora per molto» la voce che si spense, gli occhi chiusi ed un braccio di Tohga a proteggerlo.
«Abbi solo un altro po’ di pazienza» disse solo il Principe dei Vampiri, prima di rientrare in classe.
Yagari gettò uno sguardo carico di odio alle spalle del ragazzo, mentre Kaien si rifugiava tra le sue braccia senza tanto preoccuparsi del luogo nel quale si trovavano: aveva solo bisogno di un po’ di calore.
«Sono preoccupato» ribadì per l’ennesima volta il Direttore.
«Andrà tutto a posto, vedrai» lo rassicurò Tohga, sebbene non credesse fino in fondo a quelle parole.

 
Non ce la faceva…era veramente troppo stanco per anche uno solo passo in più. Era stanco morto, e non era di certo un modo di dire! Sentiva di avere un piede nella fossa, se le cose avessero continuato così ancora per molto tempo. Per non avere più quei sogni si era anche impedito di addormentarsi, sebbene dovesse ammettere che non era una delle più grandi idee che avesse avuto: ma non sapeva proprio che altro fare. Aveva chiesto a Yuuki di potersi occupare della ronda per tutta la notte, senza stare a guardare i turni, proprio voleva evitare di dormire; la ragazza aveva accettato, dietro profonde insistenze del Silver-head, ma continuava ad osservare l’amico preoccupata come non mai. Era la prima volta che lo vedeva così sconvolto, nemmeno quando lo aveva conosciuto lo aveva visto così male; voleva fare qualcosa, distruggere quel libro che per lui era come una droga, tenerlo vicino e fare in modo che i suoi sogni fossero il più tranquilli possibile, che non avesse quella sorta di “incubi”, se così li poteva definire, che aveva in continuazione! Voleva proteggere il suo migliore amico da qualcosa di cui non sapeva bene si trattasse.
Era appena passata la mezzanotte, quando Zero si rese conto che la vista gli si stava annebbiando. Doveva sedersi un attimo ed aspettare che quel capogiro gli passasse, per poter continuare con la sua ronda. Si appoggiò al tronco di un albero, e si lasciò scivolare fino ai piedi di questo prima di chiudere gli occhi ed attendere che tutto il mondo smettesse di vorticargli intorno. Quando pensò che il momento fosse passato, aprì gli occhi, rendendosi conto che qualcosa non andava: la testa continuava a girargli, vedeva come se si trovasse estrapolato dal proprio corpo, si sentiva come si trovasse su un comodo materasso fatto di piume ed l’intero corpo non avesse alcun peso ma fosse leggero come una foglia. Il campo visivo iniziò ad oscurarsi man mano che cercava di capire cosa gli stesse succedendo, fino a quando tutto non divenne una macchia nera indefinita e si sentì completamente sospeso nel tempo e nello spazio; vedeva l’universo nel suo complesso, tutto era nero con piccole luci bianche che ogni tanto facevano capolino nella sua mente. Non sentiva niente, non provava niente; era diventato un’entità completamente separata da ogni altra cosa vivente o meno.

 

 «Kaname…» sussurrò dolcemente.
«Sono qui» mugugnò il ragazzo vicino. Allungò un braccio, che strinse attorno la sua vita, ed avvicinò quel corpo al proprio, tuffandosi poi con il viso tra quei capelli chiari. Respirò il suo profumo di lavanda selvatica, miagolando poi soddisfatto. Non l’aveva lasciato andare quella notte, ma l’aveva tenuto con sé preoccupandosi solo marginalmente di avvertire la sua famiglia; non gli avrebbero rifiutato un no, quindi erano rimasti nella propria camera fino a tarda mattina. Non ce la faceva a staccarsi da quel corpo morbido e caldo.
«Forse dovremmo alzarci» biascicò, senza però alcuna intenzione di muovere un solo muscolo per allontanarsi da quel corpo marmoreo; lo voleva vicino sempre e comunque, senza pensare troppo ai suoi doveri nei confronti della famiglia.
«Possiamo stare così per molto tempo ancora senza preoccuparci di quello che avviene fuori da questa stanza» avvisò Kaname, stringendo la presa e iniziando una danza di baci partendo dalla fronte per scendere alla mandibola, al collo, alla clavicola…il petto morbido, con un accenno non eccessivo di muscoli; le mani dalle dita affusolate e forti…
«Mmm…Kaname» sussurrò con voce fievole e compiaciuta. «Se questo è il tuo modo per non pensare a quello che avviene fuori di qui, mi piace»
Sorrise, il Nobile, mentre le carezze non smettevano di stuzzicare luoghi che risvegliavano il proprio corpo. Andò a sbottonare l’inutile camicia che indossava, baciando poi ogni singolo lembo di pelle che le sue labbra incontravano; si soffermò sui capezzoli leccandoli, mordendoli dolcemente e succhiando, producendo soffi e gemiti che lusingavano le proprie orecchie. Continuò la sua discesa fino all’ombelico, dove leccò e morse, facendo capire le proprie intenzioni non propriamente caste. Erano mesi che si conoscevano, e da mesi non vedeva l’ora di assaggiare quel corpo e quella persona che era capace di farlo eccitare anche con un solo sguardo. Ne amava ogni singola sfaccettatura, ogni aspetto ed ogni difetto o pregio; adesso lo voleva anche dimostrare!
Non voleva che le cose finissero subito, ma doveva essere la cosa più soddisfacente e più perfetta che l’altro avesse mai sperimentato. Voleva essere dolce, per quella persona che era diventata come cristallo tra le sue mani; voleva essere passionale, per far capire tutto lo stravolgente sentimento che lo permeava ogni volta che erano anche solo vicini; voleva essere lento, per far assaporare ogni singolo movimento di quei tocchi, voleva che sentisse ogni piccolo brivido percorrergli le membra subito seguito dal successivo.
Assaggiò la consistenza dei fianchi con solo la punta delle dita, sentendo quei sospiri di piacere leccargli lascivi il padiglione auricolare per poi scivolare serpentini nel suo cervello, senza possibilità di scampo. Leccò quelle porzioni di pelle, gli occhi chiusi concentrato solo sul gusto; le mani che carezzavano le cosce ancora coperte di quel corpo fantastico, lasciandosi trasportare solo dal tatto; il naso che apprezzava ogni profumo che incontrava, che fosse la propria saliva mista al sapore della pelle, sia che fosse il suo eccitante profumo, percependo con l’olfatto ogni minimo cambiamento; quei gemiti che perforavano il proprio orecchio…peccaminosi come solo bere il sangue umano potrebbe essere, come uno dei Sette Peccati ai quali si stava lasciando andare, eppure il proprio udito catturava ogni singola nota di quei suoni; e la vista!quando aprì gli occhi per tornare a baciare quelle labbra rosee che lo attendevano sole…in quel momento vide un angelo, il suo angelo personale che era arrivato per salvarlo da una vita che non sarebbe mai stata completa: quegli occhi chiari che lo supplicavano di continuare e di amarlo come mai aveva fatto prima; quei capelli lisci come seta che gli contornavano il volto, talmente chiari da sembrare la Luna stessa per illuminarlo; le gote arrossate dal piacere; le labbra socchiuse per catturare quanta più aria possibile; il torace che si alzava e si abbassava veloce per star al passo con l’eccitazione che lo prendeva mano mano che l’altro rimaneva sopra di sé.
«Kaname…»
Non lo lasciò continuare. Non ce n’era bisogno.
Lo baciò con tutto il fuoco che aveva in corpo; si esplorarono a vicenda, si impararono a conoscere a fondo. Kaname che non aveva mai assaggiato labbra più morbide delle sue, ma lui non aveva mai assaggiato altre labbra in generale! Era sconvolgente sentire la morbidezza di quelle labbra, il serpeggiare di quella lingua dentro la propria cavità, in un combattimento con la propria che non voleva sentirne di avere vincitori o vinti, ma che lasciò entrambi senza fiato, quando si separarono. Lì…lì cedette alle carezze morbide, pressanti e costanti con le quali il Nobile lo stava corteggiando; si abbandonò alla bolla di piacere che aveva isolato il proprio cervello, senza lasciargli la possibilità di pensare niente. Si lasciò semplicemente alle cure di quelle mani morbide, che sprigionavano calore in ogni punto su cui passavano; che gli abbassavano pantaloni e mutande per carezzare le cosce; che saggiavano la morbidezza della pelle, passavano sui fianchi, lasciandogli brividi lungo tutta la spina dorsale.
«Cosa vuoi che ti faccia?» chiese sfacciato il Nobile, la lingua che serpentina tracciava scie lungo il torace.
«Tutto quello che vuoi Kaname» mormorò prendendogli una mano, iniziando a succhiare lascivo una ad una tutte le dita.
Kaname rimane folgorato da quella scena, della sua sfacciataggine e dell’intraprendenza che stava dimostrando. Dovette sforzarsi a non immaginarsi il proprio membro tra quelle labbra, altrimenti sarebbe venuto prima del previsto; quegli occhi accesi dalla lussuria, quelle labbra vogliose che impiastricciavano di saliva le proprie dita, i capelli che si appiccicavano sulla fronte e sulla pelle lucida…doveva concentrarsi, o sarebbe durato veramente poco!
Il Nobile iniziò a toccare ed eccitare la sua parte intima con le mani, prima di assaporarla anche con la lingua, risalendo l’interno coscia. Non riusciva a trattenere i gemiti, ed anche se si sentiva in imbarazzo nel produrre un suono così indefinito, Kaname non sembrava voler sentire altro, sforzandosi di sorprenderlo ogni volta in modo da lasciare che quei suoni riempissero l’aria.
Con le dita bagnate di saliva, si adoperò a non fargli troppo male nel prepararlo, aspettando paziente che si abituasse all’intrusione.
«Kan-Kaname…sto per venire» gemette, cercando di trattenersi dal venire stringendo forte i capelli ebano tra le proprie mani. Dio! Era fantastico sentirlo sulla propria pelle e dentro il proprio corpo, anche solo con due dita!
«Nessuno ti trattiene. Puoi venire ogni volta che senti l’orgasmo montare» e sentire quelle parole sparate nel proprio orecchio furono la goccia che fece traboccare il vaso: venne così intensamente, che alla fine quasi credette di aver scordato il proprio nome. Eppure quello era solo l’inizio.
Quando Kaname lo penetrò, con una spinta decisa, sentì un dolore che quasi lo stordì tanto era intenso; fortuna che l’altro si fermò per abituare il corpo a quell’intrusione, altrimenti sarebbe svenuto come una donnicciola davanti un po’ di sangue! Dopo quel primo attimo di dolore però, l’unica cosa che riusciva a ricordare era l’estremo piacere che traeva dalle spinte decide e cadenzate di Kaname, che sembrava cullare il suo corpo invece che perdersi nell’atto sessuale.
Quando vennero, Kaname si stese di fianco il suo corpo, ancora possedendolo; era forse una posa imbarazzante, ma così di sentiva di appartenere pienamente all’altro. Si strinsero in un abbraccio dolce, prima di addormentarsi soddisfatti.

 

 La preoccupazione di Kaien non era eccessiva e nemmeno doveva passare inosservata. Lui stesso era preoccupato di come le cose si stavano evolvendo; aveva pensato che Zero fosse più forte, che sarebbe riuscito a contrastare il potere che stava riversando su di lui. Aveva quasi sperato che nel momento in cui i loro occhi si fossero incontrati tutto sarebbe andato per il meglio, senza quei sotterfugi che sembravano non portare da nessuna parte.
Era arrabbiato Kaname, con se stesso e con Zero, con Takuma e con Kaien che sembrava non avere per niente fiducia in lui! In realtà sapeva benissimo che l’unica cosa a preoccupare seriamente il Direttore era la salute, in quel momento precaria, del Silver-head; non poteva certo dargli torto, ma tutte quella situazione, l’ansia e lo stress che accumulava lo stavano mandando fuori di testa. Avrebbe fatto volentieri altro, invece che scatenare tutto quel casino! Non era poi così difficile capirlo, se solo lo si conosceva bene…
Non riusciva a stare fermo in camera; già l’aveva percorsa in lungo e largo una ventina di volte. Inoltre le mura gli sembravano inclinarsi, restringersi, crollare l’una sull’altra. Non aveva mai sofferto di claustrofobia (anche perché i Vampiri non potevano ammalarsi od avere fobie varie), ma tutta quella situazione lo faceva sentire prigioniero di se stesso: sentiva le braccia costrette da una morsa gelida che non gli dava alcuna possibilità di movimento; non poteva fare un passo in nessuna direzione che sentiva come la presenza di un qualcosa che lo faceva desistere da ogni movimento. Sapere che in quel preciso istante le pareti della sua stanza concretizzavano quella sensazione di soffocamento, gli rendeva ancora più necessaria la ricerca di aria fresca: spazi aperti e qualsiasi cosa che non avesse pareti od ostacoli che potessero soffocarlo.
Uscì dalla stanza e percorse i corridoi e le scale che lo portarono di fronte il portone principale, senza prestare molta attenzione alle parole che Rika gli rivolse o allo sguardo tra il preoccupato e l’indifferente di Takuma: doveva anche risolvere la situazione con quel Vampiro!
Anche solo aprire il portone lo aiutò ad inspirare una bella boccata d’aria che diradò (sebbene di poco) l’ansia che quella situazione gli aveva messo addosso. Percorse a passo tranquillo tutto il perimetro del Moon Dorm cercando in ogni modo di alleggerire il carico emozionale che gli premeva dentro. Vedere la Luna in cielo lo aiutava a calmarsi, a far tornare a galla emozioni, sensazioni e ricordi che riuscivano a cullare il suo cuore e la sua mente. Il vento tra i lunghi capelli d’ebano gli dava la dolce sensazione di essere accarezzato da dolci mani che lo volevano tenere stretto, come fosse una cosa preziosa. La gamma di sentimenti che aveva faticosamente trattenuto in quei giorni stava facendo pressione per uscire; non si era mai voluto mostrare debole di fronte a lui, per cui aveva sempre cercato di essere forte per entrambi. Ma in quel momento proprio non ce la faceva! Rivoleva quei fili setosi tra le mani; voleva giocare con quelle ciocche che sicuramente gli sarebbero scivolate di fronte gli occhi; avere tutto per sé quel corpo da amare come il cristallo, senza lasciare che nessuno potesse avvicinarglisi…rivoleva semplicemente quei momento in cui potevano stare tranquillamente insieme. Non era poi così difficile da capire!
«Kaname?»
Una voce femminile interruppe il flusso dei suoi pensieri. Si voltò e vide Yuuki, la Guardian, osservarlo con gli occhi stretti per distinguerlo tra gli alberi, in quel buio.
«Ciao Yuuki» la salutò cordialmente; nonostante non la trovasse particolarmente intelligente, era comunque gentile e simpatica. Senza contare che insieme a lei poteva vedere sempre Zero, nonostante l’altro lo continuasse ad odiare. Peccato che in quel momento non vedesse il Silver-head accanto la ragazza.
«Non pensavo fossi veramente tu» rivelò la ragazza con un sospiro. «Con questo buio non riesco bene a distinguere i contorni delle cose»
«Stai facendo il tuo turno di ronda?» le chiese il Vampiro, avvicinandosi a lei; vide le sue gote arrossarsi, ma non ci volle fare caso: non erano cose che gli interessavano. Era normale per lui sapere di avere una certa influenza sul sesso femminile, come in alcuni casi anche su quello maschile; ora voleva fare colpo solo su una persona, e di sicuro non era quella ragazza.
«No. Zero mi aveva chiesto di poter coprire anche il mio turno di ronda, ma non mi sono fidata a lasciarlo da solo, e sono venuta a cercarlo per fargli un po’ di compagnia. In questi giorni non è perfettamente se stesso. Però non lo riesco a trovare da nessuna parte…» fece pensierosa Yuuki.
«Non hai provato a cercarlo in camera? Forse è rientrato un attimo» fece Kaname, cercando di dimostrarsi più neutro possibile. In realtà vibrava dalla voglia irrefrenabile di lasciare lì la ragazza e fiondarsi a cercarlo, con tutto che sarebbe potuto passare per pazzo visto che cercava in tutti i modi di essere scostante ed indifferente, senza mai staccarsi veramente da lui.
Il dubbio che poteva essergli successo qualcosa non lo lasciava quasi respirare, sebbene cercasse di pensare positivo e non lasciarsi scoraggiare dalle paranoie.
«Ho provato a fare un salto, ma non c’era nessuno; e a parte te non ho incontrato nessuno»
«Magari non ti sei accorta di averlo incrociato» provò a supporre il Pureblood, vedendo gli occhi castani della ragazza impensierirsi.
«Può anche essere, ma lui si accorgerebbe della mia presenza anche a metri di distanza!» esclamò quasi esasperata.
Yuuki non notò minimamente il sopracciglio sollevato del Vampiro né tantomeno il tono quasi glaciale con il quale le si rivolse.
«Cosa intendi con questo?»
«Beh…Zero è uno dei migliori Hunter in circolazione; anche quando è sovrappensiero capta sempre tutto ciò che lo circonda. Mi sembra strano che non si sia fermato un attimo. Però hai ragione: è strano da un po’ di tempo, ed è tutta colpa di quel diario e dei sogni!» ringhiò la ragazza.
L’allusione ad un diario lasciò il Vampiro quasi perplesso, ma sapere che il proprio potere stava facendo effetto sul Silver-head gli fece tirare un invisibile sospiro di sollievo.
«Anche Takuma è strano in questi ultimi giorni» aggiunse la ragazza.
«In che senso?»
«Prima era aperto e solare…quando era Capodormitorio. All’improvviso non ha più scambiato una parola con Zero; mi sembra poco dopo il tuo arrivo»
Un forte sentimento di possesso prese Kaname alla bocca della stomaco. Perché Takuma si era avvicinato tanto a Zero? E perché d’improvviso aveva smesso di parlargli? Di nuovo quella sensazione di pareti che gli crollavano addosso lo prese; doveva allontanarsi dalla ragazza o non avrebbe trattenuto ancora per molto il proprio potere: almeno quel poco che avrebbe trasformato il proprio aspetto.
«Sarà meglio che ti lasci continuare a cercarlo, Yuuki» disse Kaname un po’ brusco.
«Sì. Non volevo rubarti tanto tempo. Faccio ancora un giro e vedo di cercare Zero. Buona notte Kaname» salutò con un piccolo sorriso.
Yuuki aveva compreso l’urgenza nella voce del Vampiro, e sebbene le piacesse la sua compagnia, voleva cercare Zero e capire bene che cose gli stava succedendo. Avrebbe tanto voluto gettare nella spazzatura quel cavolo di libro! Chissà che così il ragazzo non si sarebbe sentito un po’ meglio...

 

 «Kaname…forse è ora che io torni a casa. I miei iniziano a darmi per disperso» provò a dire, ma le labbra di Kaname subito cucirono la sua bocca, per impedirgli di dire altre stupidaggini.
«Sul…serio…Kaname» provò a dire tra un bacio e l’altro, ma il Nobile non ne voleva sapere niente!
«Insomma!» urlò, riuscendosi a scansare dal corpo pressante dell’altro. «Non voglio che i miei ci separino, dovresti saperlo! Se scoprissero una cosa del genere finiremmo entrambi in cella, ed io non voglio che ti capiti niente!»
«Ovviamente non pensi a te…» lo prese in giro il Nobile, con un piccolo sorriso sulle labbra. «Non voglio lasciarti andare via; non ora che possiamo stare un po’ insieme…»
«Sono due settimane che stiamo insieme Kaname. I miei genitori staranno iniziando a sospettare qualcosa…»
«E allora lasciali sospettare! Proprio non vuoi stare qui?» non sapeva quello che stava dicendo, ma soprattutto non voleva ragionare. Desiderava solamente stringere il suo corpo tra le proprie braccia e non lasciarlo mai. La sua mano sulla guancia lo fece tornare un po’ in sé; per lo meno lo rese abbastanza lucido da poter ragionare.
«E va bene» concesse il Nobile. «Ma solo per qualche giorno. Verrò a riprenderti il più presto possibile!» e lasciò un piccolo bacio a lato della bocca, prima di lasciarlo rivestire.
«Staremo di nuovo insieme prima di quanto tu possa pensare» disse con un sorriso talmente felice, da lasciar credere a Kaname che fosse vero.

 
Li vennero a prendere che entrambi stavano dormendo. Non sentirono nessun rumore, non ebbero nessun sospetto. Solo quando furono fuori dalla stanza di Kaname entrarono come una furia, fucili alla mano: li puntarono immediatamente contro Kaname, senza dargli il tempo di comprendere alcunché.
«Che diavolo state facendo?!» urlò Kaname, cercando di mettersi tra i fucili e il suo corpo.
«Non cercare di fuggire o fare il furbo Kaname Kuran» strepitò un signore appena entrato nella stanza. «Sappiamo della tua vera identità, sappiamo che sei un Vampiro. Adesso tu e il tuo compagno verrete scortati fino al Palazzo di Giustizia dovere verrete giustiziati, se non lasciati morire in cella»
«Non è possibile!» disse, guardando Kaname lanciare sguardi di fiamme verso quel signore.
Beh…in fondo avrebbe dovuto sapere che non sarebbe durata ancora a lungo. Strinse addolorato gli occhi, come a voler scacciare ogni momento passato con l’altro.
«Ascoltami» gli disse Kaname, prendendogli il viso tra le mani. «Qualsiasi cosa ti dicano, sappi che io ti amo, che non ho mai bevuto il tuo sangue e che non ti avrei mai fatto del male»
La limpidezza e fierezza che vedeva nei suoi occhi amaranto, gli dicevano che quella era una verità che non poteva mettere in discussione, e il suo cuore l’aveva accettata, quella verità. Così come la sua mente gli aveva assemblato tutti quegli atteggiamenti che aveva trovato strani e misteriosi, che in un certo qual modo avevano fatto ribollire il suo sangue di paura.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, uno dei signori con il fucile fece partire un colpo, che andò a perforare la spalla sinistra di Kaname. Lo vide orripilato digrignare i denti dal dolore, prima di portarsi una mano sulla ferita.
«I Vampiri non possono amare. Avete solo sete di sangue e sesso; impuro sesso» aggiunse l’uomo stempiato senza fucile, dopo un’occhiata ai loro corpi ancora nudi.
«Portateli via. Non si meritano altro tempo»
Con l’orrore in volto cercò di divincolarsi per poter avvicinarsi a Kaname, ma le braccia che lo trattenevano erano forti, più forti del suo corpo non abituato a sforzi fisici. Si divincolò in tutti i modi, provocandosi anche tagli profondi, ma poco gli importava: in quel momento voleva solo raggiungere Kaname e baciarlo, rassicurarlo, coccolarlo…
Con uno strattone riuscì a liberarsi da quella presa ferrea e accasciarsi vicino il Vampiro; gli accarezzò una guancia, prima di passare la mano sporca del proprio sangue sulle labbra di Kaname: voleva che almeno il sapore del suo sangue gli rimanesse come ricordo.
«Ti amo Kaname…non dimenticarlo mai» riuscì a sussurrare, prima di essere trascinato fuori dalla sua portata.
«Portate questi esseri al Palazzo, e lasciate che venga deciso di loro»
Si scambiarono un ultimo sguardo carico d’amore e d’amarezza, prima di essere completamente oscurati l’uno alla vista dell’altro.

 

Kaname continuò a girovagare intorno il Moon Dorm con gli occhi cremisi che mandavano scintille in ogni direzione. Se si fosse fatto trasportare dal proprio istinto, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata sicuramente entrare nell’edificio e braccare quello sciocco di Takuma. Ma come si era permesso?! Perché diavolo aveva osato toccare una sua proprietà? Non sarebbe stato molto gentile se se lo fosse trovato di fronte in quel preciso istante.
D’improvviso un odore familiare lo colse, forte come la prima volta che lo aveva sentito in mezzo quella folla, o quando lo aveva sentito di nuovo dopo tanto tempo neanche un mese prima. Vi corse praticamente incontro, non pensando minimamente che forse il ragazzo si sarebbe spaventato nel vederselo catapultarsi così; non pensando che forse avrebbe trovato l’altro in posizione, pronto per difendersi. Non gli importava niente di tutto quello che sarebbe potuto succedere, sentiva solo quel sentimento di possesso che cresceva e chiedeva di essere preso in considerazione, lasciandogli libero sfogo.
Tutto si era aspettato, tranne trovare il Silver-head steso ai piedi di un albero, dolcemente addormentato…no, non sembrava propriamente addormentato: era come se un camion o migliaia di Vampiri gli fossero saliti sopra lasciandolo completamente spossato. Aveva il volto più pallido del solito, i capelli madidi di sudore, gli occhi che sotto le palpebre si muovevano velocemente e le sopracciglia che si aggrottavano come se si stesse concentrando, e le labbra…oh! Quelle labbra che aveva potuto vedere solo di nascosto, che non baciava da troppo tempo, ma di cui non aveva dimenticato comunque il sapore! Erano piegate in una dolcissima espressione di disappunto, come se quello che vedeva non gli piacesse per niente. Gli venne l’irrefrenabile voglia di prenderlo e portarlo lontano da tutto quel dolore…ma questo avrebbe significato essere ipocrita, visto che quel dolore glielo stava causando proprio lui. Ma avrebbe potuto fare altrimenti? Voleva quella persona, voleva poterla stringere di nuovo a sé senza dover pensare a ciò che la gente avrebbe pensato di loro. Ed era giunto il momento che le cose tornassero nuovamente al loro posto!
Il Vampiro si avvicinò a Zero, inginocchiandosi a fianco; accarezzò leggero la guancia dell’altro, sorridendo di quel nuovo contatto. Erano anni…era passato troppo tempo da che le proprie mani si erano posate sul Silver-head o da che aveva sorriso senza nascondersi al ragazzo.
Non potevano stare così, e di sicuro non poteva lasciare Zero in quelle condizioni; poteva apparire ipocrita da parte sua un simile comportamento, ma non c’era altro modo per riportare le cose come sarebbero dovute essere. Lo prese dolcemente in braccio, intenzionato a portarlo nella propria camera invece che in quella del ragazzo; non voleva vedere Kaien preoccupato o il viso dell’umana troppo vicino al ragazzo. Così almeno poteva avere una scusa per poterci parlare tranquillamente, se mai le cose non sarebbero dovute andare come sperava!
All’interno del Moon Dorm c’era un silenzio surreale; tutti gli studenti erano sicuramente a lezione, senza contare che era strano il fatto che il professor Yagari non lo avesse mandato a cercare; sebbene potesse sperare che forse Takuma ci avesse messo una buona parola…
«Cos’è successo a Zero?»
La voce di Takuma, alle proprie spalle, fece sussultare Kaname; si voltò verso il biondo che si trovava dall’altra parte dell’enorme salone d’ingresso e gli si avvicinava a passo di marcia, con sguardo indecifrabile.
«Cosa ci fai qui? Ti pensavo a lezione» chiese Kaname, come se l’altro non avesse parlato.
«Cosa è successo a Zero, Kaname!» digrignò i denti, scandendo bene la domanda.
Quando gli fu ad un palmo dal naso, Takuma osservò l’amico dritto negli occhi, producendo il basso brontolio tipico del predatori.
«L’ho trovato svenuto in cortile. Non mi sembrava carino lasciarlo lì» rispose calmo il moro, cercando di capire la reazione dell’altro.
«Cosa gli stai facendo, Kaname? Lo dovresti lasciare in pace»
«Cosa? Ti rendi conto di quello che stai dicendo?» domandò sconcertato il Pureblood; non capiva se l’altro avesse semplicemente perso la testa, ma di sicuro lo avrebbe preso a pugni se avesse continuato con quel tono!
«E tu ti rendi conto di come lo stai riducendo solo per un capriccio?» gli urlò di rimando il biondo.
Non doveva parlargli a quel modo, Takuma lo sapeva bene; ma vedere Zero ridotto in quello stato lo aveva mandato fuori di testa!
«Sai quello che ho passato Takuma» replicò duro Kaname, gli occhi che, gelidi, mandavano lampi. «Proprio tu mi parli di “capriccio” quando sei stato il primo ad appoggiarmi. Perché questo cambio di opinione tutto d’un tratto?»
«Sono mesi che non si da’ pace con i continui sogni che fa’! Già quel libro non fa’ che stuzzicare pesantemente la sua memoria, adesso ci sei anche tu con i tuoi poteri. Gli stai facendo solamente del male, non te ne rendi conto Kaname?» sibilò stizzito il biondo; le mani strette a pugno, gli occhi verdi fissi in quelli amaranto dell’altro
«È vero, sin dall’inizio ti ho appoggiato perché so quello che hai passato…anzi, quello che avete passato. Ma Kaname, Zero sta soffrendo da troppo tempo e non sappiamo neanche se ricordare è quello che realmente vuole! Lascialo vivere questa vita, non ti intromettere»
Le ultime parole suonarono come una supplica, mentre gli occhi di Takuma si spostarono dolci sul volto diafano di Zero.
«Posso capire il motivo di questa preoccupazione, Takuma: ti sei innamorato di Zero»
«Cosa?» sussurrò incredulo il biondo, gli occhi sgranati di chi non crede a quello che gli si dice. «Esatto. Ti sei innamorato di Zero. Durante il periodo in cui sei stato vicino a lui hai sviluppato un sentimento sempre più profondo nei suoi riguardi»
Dentro di sé Kaname si sentiva bruciare. Non voleva perdere Zero, non voleva vedere quegli occhi lilla guardare con amore un’altra persona. La gelosia lo stava accecando, soprattutto pensando che Takuma sarebbe stato un ragazzo migliore di lui.
«Immaghino tu abbia ragione, Kaname, ma ciò che ti ho detto non è stato dettato dal sentimento che provo per lui. Ho imparato a conoscerlo, in questo tempo; non proverei mai a rubartelo, dovresti saperlo bene. Solamente penso che tu lo stia torturando troppo, Kaname. Stai attento a quello che fai»
Detto questo, Takuma si diresse verso il portone principale per uscire. Sapeva che nel cuore del Silver-head non ci sarebbe stato posto per lui; e comunque era giusto che quei due tornassero ad essere una cosa sola, dopotutto si appartenevano.
Quando arrivò in classe si sedette pesantemente sulla sedia, lasciando andare un sospiro frustato.
«Tutto bene, Takuma?» chiese Shiki, un sorriso leggero sulla labbra sottili.
Takuma lo guardò, felice di averlo sempre avuto vicino nei momenti critici.
«D’ora in poi andrà meglio» sorrise il biondo.
Kaname rimase per qualche attimo fermo al centro del salone, non sapendo bene che pensare. Aveva visto negli occhi dell’amico lo stesso sguardo che aveva quando incontrò per la prima volta Zero; invece Takuma non aveva fatto una piega, ma anzi lo aveva lasciato così, avvertendolo solo di stare attento.
Andò nella propria stanza, adagiò dolcemente Zero sul letto e rimane ad osservarlo come non faceva da molto tempo.

  
Ci avevano lasciato marcire in quelle celle per non so quanto tempo. Non so se anche lui si trovasse ancora in quel posto maleodorante e privo di finestre, sperai solo che non si fosse arreso alla morte. La ferita che gli avevano inferto era irrilevante per uno come lui (se veramente era un Pureblood), ma sicuramente non lo avevano nutrito. Dio solo sapeva come stava in quel momento.
Mia madre ebbe un po’ pietà di me, e riuscì ad ottenere un permesso speciale: potevo avere carta e calamaio a mia disposizione; quindi eccomi qui a scrivere questa storia e la sua patetica fine. Io qui, in questa sudicia cella; solo l’ombra di me stesso a farmi compagnia, e solo un ricordo dell’essere umano che sono stato. Lui qualche cella più in là forse…o forse diventato cenere al vento.
Ovunque sei…è futile esprimere di nuovo quanto forte sia il mio sentimento nei tuoi confronti. Spero solo che questi scritti non vadano completamente persi e che qualcuno possa imparare da questa storia.
Il mio cuore, spaccato in pezzi, anela di vederti ancora una volta; e ancora una volta sono sicuro che ti vedrà. Vorrei poterti baciare, toccare la tua pelle, accarezzare i tuoi capelli, sussurrarti dolci parole che non sarebbero da me e che tu troveresti smielato ascoltare. Vorrei tornare alla prima volta che ci siamo incontrati e baciarti subito, bruciare le tappe ed essere posseduto da te; vorrei tornare a quella notte in camera dei miei genitori e cercare di essere più attivo mentre mi impalo implorante su di te; vorrei salutare il nostro amico meglio, rispetto al caloroso sorriso che gli ho regalato l’ultima volta che l’ho visto.
Vorrei tante cose, sai? Ma per adesso mi accontento di sentire il mio respiro che si affievolisce sempre di più…sembra che sia giunta…

 


Era tutto vero? Tutto quello che aveva visto, tutto quello che aveva sognato era tutto vero? Non si era mai soffermato troppo a pensare a chi potesse essere la persona che stava sempre con Kaname Kuran; ma mai si era aspettato di vedere se stesso che piangeva per la perdita del Vampiro. Come poteva essere? Come poteva aver vissuto veramente tutto quello?
No! Non era vero! Niente di tutto quello che aveva visto aveva alcun fondamento reale!
Lui aveva conosciuto Kaname solo da poco tempo e non riusciva neanche ad immaginare una vita con quel Vampiro; lo aveva odiato non appena lo aveva visto la prima volta: chissà, magari proprio perché lui aveva fatto in modo che Zero potesse vedere quelle immagini. Ma certo! Doveva essere stato quel Vampiro con qualche suo potere; Zero in realtà non aveva vissuto quella vita, solo che Kaname Kuran voleva lo pensasse!
Ma perché? Lui non ricordava di aver mai incontrato il Pureblood, e allora perché doveva subire una tortura simile? E come spiegare quel sentimento contrastante che aveva provato quando i loro occhi si erano incontrati la prima volta?
No! Lui provava un forte sentimento nei confronti di Takuma, non di Kaname Kuran, uscito da chissà dove…ma anche quello non aveva senso. Aveva più volte visto Takuma nei suoi sogni, sempre vicino al Nobile e di conseguenza vicino a lui; ridevano e scherzavano, nei suoi sogni, ma il biondo non aveva mai detto niente nel momento in cui si erano incontrati alla Cross Academy. Era possibile che Zero si fosse “infatuato”  di Takuma perché persona più vicina a Kaname!
Perché già pensava a quei sogni come veri? Perché pensava veramente di aver vissuto quella vita? Niente di tutto quello poteva essere vero; eppure una parte di sé era già consapevole che ogni cosa vista, lui l’aveva vissuta davvero. Però lui era Zero Kiryuu, non la persona che aveva compiuto quelle azioni; non era lui che era stato vicino a Kaname e da cui era stato separato. Lui era una semplice immagine riflessa del ragazzo di cui Kaname si era innamorato. E allora che senso aveva ricordare? E perché quella strana sensazione allo stomaco, come se lo torcessero e te lo strappassero?
Ad ogni modo doveva risolvere quella situazione: voleva dormire tre giorni di file! Senza contare he ne aveva bisogno.
Quando aprì gli occhi non capì immediatamente dove si trovava. Sì, era una stanza, ma si trovava nel Sun Dorm o nel Moon Dorm? Non desiderava trovarsi circondato da Vampiri proprio in quel momento di debolezza!
Si mosse lentamente, giusto per vedere se ogni cosa era a posto. La testa iniziò a pulsare come un martello pneumatico; ogni arto gli doleva come se ogni cosa vissuta nel sogno fosse stata reale. Si rilassò con un gemito contro i morbidi cuscini che lo avevano sostenuto fino a quel momento. Anche quel mal di testa non era normale: l’ultima cosa che ricordava era di essersi addormentato sotto un albero, quindi come cavolo faceva la testa a dolergli in quel modo assurdo?
Sbuffò, irritato per quell’assurda situazione. Voleva essere lasciato in pace, chiedeva forse troppo?
Aprì nuovamente gli occhi. Non si era reso conto di averli chiusi. Si guardò intorno, cercando di capire in quale stanza potesse trovarsi; i pesanti tendaggi non lasciavano passare neanche un po’ di luce, sebbene ci fosse uno spiraglio dal quale i raggi solari riuscivano a passare. Il letto era enorme, comodo e con fantastiche lenzuola di seta che lo carezzavano come se fosse prezioso e fragile. Fantastico…si trovava proprio tra i Vampiri! I ragazzi della Day Class non potevano certo permettersi lenzuola del genere.
Sbuffò di nuovo, cercando nuovamente di alzarsi da quel letto.
«Proprio non ce la fai a stare fermo?» lo prese in giro una voce non troppo distante.
Zero gelò; non mosse un muscolo, smise addirittura di respirare, non osando voltare gli occhi verso quella persona.
«Dovresti stenderti e riposare ancora un po’» aggiunse dolce.
Il Silver-head si stese lentamente, sempre senza dire una parola o fare un gesto di troppo.
Kaname Kuran si alzò dalla poltrona sulla quale si era lasciato cadere per vegliare Zero; gli si avvicinò cauto, non sapendo bene come interpretare quel silenzio. Lo Zero che conosceva sarebbe rimasto tranquillo, ma quello che aveva davanti aveva vissuto una vita diversa e quindi non immaginava come avrebbe reagito.
«Come ti senti?» chiese piano il Pureblood, rimanendo in piedi vicino il letto.
Zero guardò l’altro negli occhi, non riuscendo a sbrogliare la marea di sentimenti che gli vorticavano dentro. Si sentiva strano ad avere Kaname di fronte, in quel momento; non sapeva come affrontarlo, così su due piedi.
«Zero…tutto bene?» domandò preoccupato Kaname; le sopracciglia aggrottate.
Non capiva: aveva pensato che il ragazzo gli sarebbe saltato al collo nell’istante in cui lo avesse visto; invece era fin troppo calmo per i suoi gusti. Si comportava come se non lo conoscesse per niente.
«Zero…?» si avvicinò ulteriormente, allungando una mano con l’intento di assicurarsi che l’altro stesse bene.
«Perché sono qui?» lo anticipò Zero, non permettendogli di toccarlo: ancora non si sentiva pronto.
«Ti ho trovato svenuto sotto un albero» rispose mesto il Vampiro.
«Potevi svegliarmi lì. Non mi sembra una cosa impossibile da fare» ribatté Zero, guardando penetrante gli occhi dell’altro.
«Non sono il tipo. E la cosa non mi pesava»
«Non sei il tipo…» ripeté piano il Silver-head, come per convincersi della cosa.
«Lo dovresti sapere…» non riuscì a finire la frase, che Zero lo interruppe; o per meglio dire cominciò ad urlargli contro, gli occhi che lampeggiavano d’ira.
«Lo dovrei sapere? LO DOVREI SAPERE?! Cosa ne sai tu di cosa dovrei sapere io? Sei arrivato da un giorno all’altro, ti sei comportato come se fossi il capo, hai usato i tuoi poteri su di me, e dopo avermi reso questi ultimi mesi un inferno, pensi di sapere chi sono! Sei solo un’ipocrita bastardo!»
Nella foga Zero si era alzato in piedi, fronteggiando un Kaname che cercava di non mostrarsi stupito di quell’esplosione; non si aspettava tutta quella rabbia da parte del Silver-head, soprattutto dal momento che aveva rivisto tutta la loro vita insieme. Aveva sperato in un qualche scontro, più nel senso di scambio civile che non il tentato omicidio da parte dell’altro!
«Adesso che ti sei divertito con me, cosa dovrei fare?» si vedeva che Zero tremava, cercando di tenersi in piedi, mentre il corpo urlava per lo sforzo; ma non poteva cedere! Non voleva mostrarsi debole proprio in quel momento cruciale.
«Dovresti sdraiarti e cercare di riposare» provò a dire calmo Kaname. «Non dovresti agitarti così; sei troppo debole ora»
«E chi dovrei ringraziare, secondo te?» esclamò aggressivo il Silver-head, gli occhi ridotti a due fessure.
Provava una gran rabbia; quella frase detta con tanta leggerezza lo aveva fatto esplodere. Come si aspettava che reagisse dopo una frase del genere? La confusione che vorticava nella sua testa non gli dava spazio per pensare a nient’altro: come si sarebbe comportato lo Zero dell’altra vita, come si sarebbe comportato egli stesso se non si fosse trovato in quella ridicola situazione…cosa si aspettava Kaname da lui. Era strano da dire, ma quasi si sentiva ferito da quello che l’altro aveva detto; sicuramente il Pureblood si aspettava di incontrare lo Zero che aveva conosciuto in un’altra vita, quando aveva aperto gli occhi. Ma così non era stato: era ancora Zero Kiryuu, figliastro del Direttore Kaien Cross, Hunter del Congresso, adolescente che cercava in ogni modo di arrivare al giorno dopo con nuove speranze. Non era figlio di una famiglia nobile, non aveva conosciuto Kaname Kuran ad una festa, non si era innamorato di lui, non aveva fatto l’amore con lui (e qui arrossì al pensiero) ogni istante possibile, non era stato macchiato come traditore e lasciato marcire nel castello senza la possibilità di uscire. Lui era semplicemente Zero Kiryuu con i ricordi di un’altra persona.
Kaname abbassò la testa, incassando la frecciata del Silver-head senza rispondere.  Chiuse gli lasciando andare un sospiro.
«So di aver usato metodi poco ortodossi, Zero, ma non avevo altra scelta. Ti amo troppo per non volerti di nuovo al mio fianco»
«Ma tu non ami me» spiegò il Silver-head, gli occhi scuri e corrucciati. «Tu ami lo Zero di un’altra vita, non me. Siamo due identità diverse, sebbene potremmo avere lo stesso aspetto»
«Non siete due identità diverse…» sospirò Kaname, sedendosi sul bordo del letto. Doveva raccontare ancora un’ultima cosa a Zero.
«Quando siamo stati separati, hanno tentato di uccidermi, ma fortunatamente Takuma era riuscito a portarmi in salvo. Per quanto volessi venire a salvarti, il mio corpo era troppo debole e debilitato, e comunque Takuma mi aveva già portato via da quella città. Tuttavia non mi arresi e quando mesi dopo tornai, seppi che ti avevano lasciato marcire dentro quelle celle e che ti rimanevano solo pochi giorni. Con Takuma abbiamo trovato una specie di incantesimo che permetteva alla tua anima di rimanere integra e reincarnarsi. Sei tu lo Zero che amo, su questo non ho dubbi» asserì serio Kaname, puntando i proprio occhi amaranto in quelli ametista dell’altro.
Lo vide confuso, come a cercare una via di fuga da quelle parole.
«Io sono solo un’imitazione della persona di cui ti sei innamorato. Non ho vissuto io quei momenti con te, ma un altro me stesso; non hai fatto con me l’amore, ma con un altro…»
«Credimi Zero» disse determinato Kaname. Si era alzato per prendere le mani dell’altro e stringerle tra le sue, mentre continuava a guardarlo. «Sei tu la persona di cui mi sono innamorato; l’anima è la stessa, solo il cammino che avete percorso è stato diverso, ma il carattere e l’indole non sono cambiate» Gli sorrise dolce, baciando i palmi di entrambe le mani.
Zero lo guardò implorante. Non poteva cedere ad una cosa del genere, era totalmente assurda! Perché il suo cuore aveva accettato tutte quelle parole senza esitazione, mentre la sua mente non riusciva a fare altrettanto?
«Non posso…non so cosa fare…non…»  impacciato, confuso, Zero non riusciva formulare una sola frase di senso compiuto; semplicemente continuava ad osservare gli occhi amaranto dell’altro con fare implorante: sebbene non sapesse per cosa implorare.
«Datti tempo, Zero. È vero –ammise Kaname- quasi speravo che la persona che si sarebbe svegliata fosse la stessa da cui mi avevano separato. Ma io so di amare anche quella che ho davanti a me; ti ho visto in questi mesi, e mi sono reso conto che quello che provavo non è cambiato di una virgola, ma anzi è un sentimento che si è rafforzato. Datti il tempo di conoscermi, se questo ti fa’ stare meglio» sussurrò il Pureblood sulle labbra di Zero. Aveva appena detto di lasciargli de tempo, ma voleva poter assaggiare di nuovo quelle labbra dopo così tanto tempo!
Saggiò lentamente la consistenza delle labbra del Silver-head con la punta della lingua, prima di cercare un accesso a quell’antro. Zero non sapeva cosa fare: le movenze di Kaname; il suo tono morbido e suadente, caloroso e antico; le mani che tenevano determinate le proprie; quei penetranti occhi amaranto, con leggere pagliuzze vermiglie…e quelle labbra! Oh, quelle labbra lo stavano mandando fuori di testa! Perché giocava così, invece che baciarlo seriamente? Si sporse un po’ in avanti, in modo da far entrare in un contatto maggiore le labbra con quelle di Kaname; sentì sulle proprie un piccolo sorriso che nacque su quelle del Pureblood, e per un attimo la cosa lo irritò (era caduto in una specie di trappola?). Ma quando Kaname approfondì quel tocco leggero, ogni cosa intorno perse di consistenza, mentre rimanevano solo loro due. La sensazione che provò Zero fu indescrivibile, gli tornarono alla mente episodi della sua vita precedente: forse era un modo per paragonare quel bacio. Ma poco importava, questo se lo stava godendo lo Zero del presente, e sentire la lingua dell’altro giocare con la proprie ed eccitarlo in ogni modo possibile lo stava mandando fuori di testa. Possibile che un solo bacio riusciva a lasciarlo disarmato in questo modo?
Per Kaname la cosa era pressoché uguale. Si accaniva su quelle labbra come un viandante con l’acqua del deserto; non credeva di poter baciare nuovamente Zero dopo anni ed anni che aveva passato senza di lui. Non ne aveva mai dimenticato la morbidezza, o la dolcezza con la quale ricambiava il bacio, ed era felice di vedere come anche il presente Zero fosse timido e delicato. Finalmente non avrebbe più dovuto fare affidamento sulla propria memoria per ricordare un bacio, un tratto di pelle, un espressione o il dolce suono della sua voce: adesso che lo aveva di nuovo tra le proprie braccia sarebbe stato difficile lasciarlo andare.
Quando si separarono, Kaname osservò il volto dell’altro ancora assorto e con gli occhi chiusi. Le labbra erano leggermente dischiuse, lucide e rosse…amava quelle labbra, quella pelle, quel corpo…quel ragazzo! Sorrise compiaciuto nel vederlo assorto così, e quando Zero socchiuse gli occhi a Kaname quasi gli divenne completamente duro: aveva gli stessi occhi offuscati dall’eccitazione post-orgasmo. Beh…non voleva venire nei pantaloni come un’adolescente che non sa trattenersi! Lo baciò a fior di labbra, prima di lasciargli un altro bacio sulla fronte.
«Credo ci saranno molte cose di cui parlare» asserì roco Zero. Si schiarì la voce imbarazzato, le guance imporporate, mentre Kaname sghignazzava piano.

 

 «Zero…non stringere troppo…» ringhiò roco Kaname, le mani ai fianchi dell’altro, mentre i propri spingevano verso l’altro.
«Pensavo ti piacesse stretto, Kaname» sogghignò ansimante il Silver-head, la mani poggiate sul petto del Pureblood. «Adesso zitto e godi» annaspò, andando velocemente incontro i fianchi dell’altro, sebbene cercasse di tenerlo fermo.
Aveva voluto quella posizione proprio per dare maggiore piacere all’altro, oltre che trarne di più per se stesso. Scese a baciarlo, mentre piccoli e profonde spinte lo impalavano di più sul membro di Kaname.
«Kaname…vienimi dentro» ansò Zero, stringendo gli occhi…e qualcos’altro.
«Zero…» Kaname si crogiolò in quel caldo e stretto canale ancora per qualche secondo, prima di lasciar andare il proprio orgasmo. Zero si dondolò ancora un po’ su e giù per quel membro duro e pulsante, ma Kaname gli venne incontro con una spinta particolarmente forte che, toccando la prostata dell’altro, lo fece venire all’istante: la schiena inarcata al massimo, gli occhi e la bocca spalancati in un muto grido.
Improvvisamente senza forze si accasciò vicino Kaname, gli occhi chiusi e qualche ciocca di capelli argentati a coprirli. Con dolcezza e premura, Kaname li scostò scoprendo due meravigliose ametiste liquide che lo fissavano ansimanti. Si chinò sul Silver-head per un bacio caldo e tranquillo che gli fece recuperare un po’ di fiato. Zero si poggiò sulla spalle di Kaname, mentre una mano tracciava disegni immaginari su quel petto glabro e scolpito.
«Tra un po’ torneranno Kaien e Tohga. Meglio non farsi sorprendere così, andiamo a farci una doccia» suggerì il Pureblood, lasciandogli un bacio sulla tempia.
«Hai paura che possano batterci?» lo stuzzicò il Silver-head, dirigendosi per primo verso il bagno. «Dovremmo averli raggiunti…se pensiamo alle ipotetiche volte in cui sono stati a letto insieme»
«Sei un pervertito Zero» si limitò a dire Kaname, aspettando beato gli strepitii che lo avrebbero raggiunto a poco…
«KANAME, PEZZO D’IDIOTA! Quante volte ti ho detto di non lasciarmi segni evidenti? E chi se le sente quelle oche ora?! PERVERTITO SEME MANIACO! La prossima volta te la faccio pagare!»
Non era esattamente lo Zero che si aspettava di ritrovare, ma di certo non mancava la noia!


Bene Fans! Finalmente sono riuscita a pubblicarlo, e devo dire che ne sono abbastanza orgogliosa, perchè l'ho rivisto milione di volte per cercare di migliorarlo e penso che alla fine sia venuta una bella storia. Per ci avesse capito poco, o se comunque si nota a mala pena, la parte in corsivo è vista dal punto di vista del "vecchio" Zero e non la narrazione del libro, mentre l'ultima parte più essere vista in entrambi i casi: come punto di vista e come estrapolazione del libro.
Vi ringrazio per essere state pazienti e spero che questo finali vi piaccia...c'ho messo veramente tutta me stessa^^ Dedico l'intera storia (oltre a chi ho citato nel primo capitolo) in particolare alla mia piccola Skadi, che forse non leggerà questa FF, ma non smetto di sperare! Vi mando un bacione enorme, scusatemi ancora per l'attesa lunga e spero che il prossimo "parto" sia meno lungo! 
  
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