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Autore: martyki    07/07/2011    8 recensioni
Ormai mi stavo abituando ai giochi pericolosi e questo probabilmente, almeno per me personalmente, era peggio di una caccia contro Kira perché c’era in ballo il mio futuro, la mia carriera, il mio mondo. Sarebbe stato un tiro alla fune tra me e lui ma e alla fine avrei vinto io. Non so come ma avrei cercato di ribaltare la situazione a mio vantaggio.
“Basterebbe parlare con L…”
Ancora la vocina fastidiosa!
“Oppure farti aiutare da Kira e ucciderlo. Dovresti solo trovarlo”.
Rimasi con la mano sulla manopola dell’acqua prima di aprirla soffermandomi su quel pensiero. Se le cose si fossero messe male non sarebbe stata una così cattiva idea. Forse avrei potuto…

 
E se Misa avesse perso i suoi genitori all'età di otto anni e Watari l'avesse portata alla Wammy's House dove si trovava L? E se L decidesse di diventare per Misa suo "fratello"? E se Misa, per aiutare suo fratello, decidesse di indagare a modo suo su Light per scoprire se è realmente Kira?    
SONO TORNATA CON UN NUOVO CAPITOLO! ^___^
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Misa Amane
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
Capitoli:
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Prologo

Dangerous Game

 

Prologo

 


Era il giorno del mio ottavo compleanno.
Era il giorno di Natale.
Erano passati già due mesi da quando i miei genitori erano stati brutalmente uccisi. Non avendo nonni, poiché tutti morti chi prima della mia nascita, zii e altri parenti, fui affidata al signor Wammy, un uomo buono che gestiva parecchi orfanotrofi dove si trovano bambini senza nessuno o qualche parente molto alla lontana, proprio come me.
Il signor Wammy era un po’ come un nonno per tutti, ma forse io lo sentii ancora di più così; immediatamente, non appena lo vidi, seppi che quell’uomo era come se fosse realmente mio nonno tanto che, il giorno in cui mi portò alla Wammy’s House, un suo orfanotrofio che si trovava a Londra, gli chiesi se potevo chiamarlo nonno. Da quel giorno io diventai la sua preziosa nipotina Misa e lui il mio caro nonnino Wammy. Tralasciando il nonno però, tutte le altre persone che mi circondavano, specialmente gli altri bambini della casa famiglia, li sentivo distanti, invidiosi e per certi aspetti cattivi. I bambini erano tutti super intelligenti e studiavano cose che io non avevo mai fatto e non riuscendo a stare al passo con loro molto spesso mi facevano sentire una stupida ed incapace. A dir la verità, tra tutti quei bambini,io ero l’unica ad essere stata cresciuta fino a quel momento con i miei genitori ed aver subito lo shok di vederli morire davanti ai miei occhi. Gli altri erano  stati abbandonati da piccoli ed era un po’ come se in quella casa ci fossero nati, come se fosse la loro vera famiglia.
Per questo quel giorno in cui non ricevetti neanche un << Auguri >>, poiché nessuno sapeva del mio compleanno, mi andai a rifugiare nel mio posto preferito: il laghetto. Era una piccola pozza d’acqua ghiacciata che mi ricordava quella piccola della mia vecchia casa in Giappone, dove mamma e papà mi avevano insegnato a pattinare. Mi dava tranquillità e conforto.
Ma quel giorno ero triste. Il compleanno più triste di tutta la mia vita.
<< Vedo che questo posto non piace solo a me >>
Mi voltai di scatto stringendomi più di quanto già non fossi al mio cappotto bianco. Di fronte a me c’era un bambino. Un bambino strano, particolare. Era più alto di me, non che la cosa fosse difficile, con capelli color della pece e gli occhi, dello stesso colore, cerchiati da occhiaie violacee. Indossava un cappotto lungo nero e dei jeans scoloriti, le mani nelle tasca e la schiena leggermente ricurva.
Feci un passo indietro leggermente intimorita. Lui ne fece uno verso di me. E io ancora un altro indietro.
Il bambino accennò un sorriso, piccolo ma intenso.
Per la prima volta in vita mia  arrossii.
Il bambino iniziò a cercare qualcosa nella tasca del cappotto. Lo osservai curiosa avvicinandomi un poco. Quando gli fui quasi ad un passo tirò fuori una leccalecca.
<< Ne vuoi uno? >> chiese semplicemente porgendomi il dolcetto.
Per un momento lo continuai a fissare non sapendo cosa fare, poi, sempre un po’ intimorita, lo presi in mano. Nel frattempo lui ne aveva già tirato fuori un altro e se l’era messo in bocca.
<< Non lo mangi? >>
Passai lo sguardo da lui al leccalecca e viceversa, poi, finalmente, mi decisi a scartare quella strana caramella e assaggiarla. Era… dolce. Molto, forse troppo. Feci una smorfia quasi disgustata.
<< Non ti piace? >> domandò lui con occhi quasi offesi.
<< No, non è che non mi piaccia >> mormorai piano, << è solo che… è dolce >>
<< Per forza è dolce >> ribatté lui alzando un sopracciglio, << è un leccalecca alla fragola. Deve essere per forza dolce >>
Annuii non troppo convinta e per non farlo dispiacere e non essere sgarbata continuai a mangiare quella cosa strana e tonda. Nel frattempo lui si sedette nel punto in cui mi ero seduta io prima che arrivasse. Da una parte m’incuteva una sorta di timore in quella sua posizione ingobbita e con quegli occhi così neri da sembrare una voragine, dall’altra però, con quel dolce mi faceva tenerezza.
Era decisamente strambo.
Silenziosamente mi andai a sedere vicino a lui e per parecchi minuti rimanemmo in silenzio senza dire una parola, concentrati ognuno sul proprio mangiare. L’unico rumore udibile era quello delle nostre lingue sul leccalecca.
<< Tu sei quella nuova, giusto? >> mormorò lui guardando fisso di fronte a sé rompendo il silenzio, << sei Amane, giusto? >>
<< Misa >> lo corressi voltandomi a guardarlo, << il mio nome è Misa >>
<< Sì, giusto >>
Ripiombò il silenzio. Questa volta però era imbarazzante, almeno per me. Lui aveva tirato fuori dal cappotto una stecca di cioccolata.
“Ma quanto mangia?”
Rimasi stupita a guardarlo mentre con noncuranza continuava a mangiare.
<< Mentre tu… chi sei? >> chiesi alla fine stufa di quell’imbarazzante silenzio.
<< Io? >>
<< Sì, tu. Sai già che io sono Misa, ma io non so chi sei tu >> sussurrai guardandolo di sbieco.
<< Beh, io sono un detective, quindi è normale che m’informi su chi arriva >> disse lui inclinando leggermente il capo verso di me staccando con un sonoro “tac” un pezzo di cioccolato.
<< Un detective? >> ripetei sorpresa, << un bambino della tua età, un detective? >>
<< Beh >> iniziò lui grattandosi la testa, << magari ancora non lo so, ma tra meno di cinque anni lo sarò! Vedrai! Diventerò il più grande detective della storia! >>
<< Lo spero per te! >>
Era strano come con quel bambino così decisamente strano e diverso da me mi sentissi tranquilla e a casa. Da quando ero arrivata alla Wammy’s House non mi era successo ancora con nessuno.
<< Comunque non mi hai ancora detto come ti chiami, signor detective >> continuai io voltandomi completamente verso di lui.
<< Già è tanto che ti abbia detto che sono un detective >>
<< Hai detto che lo diventerai, non che lo sei! E sicuramente gli altri bambini lo sanno già, quindi posso farmelo dire da chiunque… oppure posso chiedere al nonno! >>
<< Nonno? >> chiese lui guardandomi sconcerto.
<< Nonno Wammy! Chi altri? >>
Sul suo viso comparve nuovamente quello strano sorriso che mi aveva fatta arrossire prima, << Sei proprio diversa da noi >> ridacchiò mangiando un altro pezzo di cioccolata, << nessuno qui ha mai visto il signor Wammy come un nonno, forse più come un padre, ma non certo come nonno >>
<< Beh, per me è come se lo fosse! >> sbottai dandogli le spalle, << Lui mi ha trovata e mi ha portata qui! Lui mi vuole bene, ma non potrei mai vederlo come un papà! Io ce l’ho già un papà! >> ma non appena compresi il significato di quelle parole i miei occhi si riempirono di lacrime.
Io avevo avuto un papà e anche una mamma, che mai e poi mai avrei potuto sostituire con qualcun altro, nemmeno con una persona buona come nonno Wammy.
Incominciai a sentire gli occhi pizzicare quasi da far male ma non volevo piangere; io ero forte e le persone forti non piangevano davanti a nessuno e meno che mai davanti ad uno appena conosciuto.
Mi strinsi nel mio cappotto.
“Non devi piangere, non devi piangere, non devi piangere…”
Imprevedibilmente, due braccia mi strinsero da dietro le spalle.
<< Scusami >> le braccia del bambino mi strinsero ancora di più, << non volevo… tu sei l’unica che ha avuto dei genitori… e io non sono abituato a parlare di queste cose… anzi, non sono proprio abituato a parlare con le persone… >> sembrava mortificato.
Come se fosse un’ancora mi strinsi a quelle braccia continuando a frenare l’impulso di piangere. Quelle braccia sottili continuarono a stringermi forte, con tutta la forza che avevano. Sì, quel bambino era decisamente strano ma l’unico che, a modo suo, mi capiva.
<< Comunque io sono L >> disse dopo un po’ continuando ad abbracciarmi, << solo L >>
Mi sciolsi lentamente dall’abbraccio per poterlo guardare negli occhi.
Erano tristi.
Carichi di rammarico.
Gli sorrisi appena tornando a fiondarmi tra le sue braccia, scoppiando a piangere. Non sapevo bene il perché ma sentivo che con quel bambino potevo sfogarmi e mostrarmi per quella che ero senza sforzarmi di essere forte.
<< Mi mancano tanto >> singhiozzai, << me li hanno portati via senza chiedermi il permesso! >>
Le braccia del bambino continuarono a stringermi forte seppure in maniera piuttosto goffa. Ma a me andava bene così. Avevo bisogno di quelle braccia che nella loro goffaggine era sicure e protettive per certi aspetti anche più di quelle di nonno Wammy.
<< Oggi… >> continuai a singhiozzare, << è il mio primo compleanno senza di loro… io… >>
<< Oggi è il tuo compleanno? >> chiese L allontanandomi leggermente da sé.
<< Sì >> sussurrai appena, << oggi è il mio compleanno >>
Mi fissò nei suoi occhi scuri per qualche altro secondo per poi riabbracciarmi nuovamente, << Se vuoi posso farti un regalo >>
I miei occhi presero a brillare.
Regalo?
Io adoravo i regali!
<< Lo vuoi un fratellone? >> chiese all’improvviso, << un fratellone che sia sempre dalla tua parte e cerchi di farti sentire un po’ meno l’assenza dei tuoi genitori? >>
Mi spostai appena per guardarlo negli occhi, << Io non so cosa voglia dire avere fratelli o sorelle. Sono sempre stata figlia unica >>
<< Non è difficile. Infondo qui siamo un po’ tutti fratelli >>
<< Ma gli altri non mi capiscono, tu fin’ora sei l’unico che… >>
<< Vuoi che diventi il tuo fratellone? >>
Alzai gli occhi verso di lui.
<< Dici sul serio? >>
<< Sì >> affermò lui con un sorriso, << non so perché, ma sento che tu hai bisogno di me di chiunque altro. Hai bisogno di un fratellone che ti stia vicino. Nonno Wammy è  troppo poco per te, tu hai bisogno di qualcosa di più. Tu sei… diversa >>
Quel bambino era decisamente particolare, non avevo mai conosciuto nessuno come lui.
Gli sorrisi.
<< Sì! >> esclamai, << E io sarò la tua sorellina, vero? >>
<< Sì, sarai la mia sorellina che nessuno deve far soffrire >>
Ci abbracciammo nuovamente.
Non sapevo cosa volesse dire avere un fratello maggiore ma sapevo che di lui potevo fidarmi. L, per quanto strambo, mi aveva voluto bene da subito e non gli sarei mai stata abbastanza grata per quel suo affetto senza pretese nato da un leccalecca, una stecca di cioccolato e un laghetto ghiacciato.


To be continued...

BUONGIORNO o POMERIGGIO a tutti amici di efp!
Eccomi alle prese con la mia prima long fic su Death Note. Sperando di non aver ripreso l'idea di nessuno (di quelle che ho letto nessuna mi sembra simile a questa che sto scrivendo) e se già siete arrivati a leggere fino a qui e non avevete chiuso prima, forse vuol dire che almeno un po' vi ho incuriosito. :)
Devo essere sincera, quest'idea stava convando dentro di me da un bel po' di giorni e dopo averla rimuginata battuta e ribattuta e modificato un po' qualcosa qua e là ho finalmente trovato la strada da seguire, quindi, a meno di mancanza d'ispirazione e varie, dovrei riuscire a concluderla con successo (se c'è qualcuno che sta leggendo anche Guardians non si preoccupi perchè la finirò quanto prima, giuro xD!)
Beh, per ora non c'è molto da dire se non che i personaggi saranno un po' OOC (L nei confronti di Misa sicuramente, basti pensare all'abbraccio e anche Misa la renderò "più intelligente" di quanto non sia nel fumetto. Light, quando arriverà... vedrete! :P).

Alla prossima!! Un bacio Marty!
   
 
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