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Autore: WhoKilledBambi    07/07/2011    2 recensioni
«Jared, almeno fatti vedere prima di partire» «No, non voglio. Tanto lo so già cosa mi diranno: che non posso andare in tour, che devo tenere sott'occhio la mia gola e tutte queste cazzate» «E non pensi che possano avere ragione?» «Non posso chiedere a quei ragazzi di non venire. Sono lì, come ero io alla loro età. Ci staranno aspettando, saranno a fare il conto alla rovescia da mesi…» «Megalomane fissato! Metti sempre loro al primo posto, ancora prima della tua salute.» «Eh, certo! Ricorda che sono una diva. Ma non mi servono tutti. Me ne basta uno, lì fuori per me» «Brutto dolcissimo bastardo»
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jared aveva ancora l'anello al dito, quello che gli aveva regalato lui.
Ci aveva anche provato, lui, a convincerlo, aveva insistito con tutte le sue forze perché non ci andasse a quei concerti. "Lo faccio per i miei fan", aveva risposto. Per i suoi fan. Ed era per i suoi fan che ora era sdraiato in un letto d'ospedale, gli occhi chiusi, il respiro lento, la pelle ancora più pallida del solito e quella mano abbandonata lungo il fianco. Con ancora l'anello al dito.
Colin si strinse le braccia contro il petto e strinse gli occhi forte, fino a farseli bruciare, come se così facendo potesse evitare di sentire quello che gli succedeva attorno.
Sentì distintamente i passi di Shannon, sentì il suo braccio muscoloso da batterista posarsi sulle sue spalle e anche le parole gentili che cercò di sussurrargli. Ma sentì anche le lacrime dietro la sua voce.
«Grazie, Shan» aprì gli occhi e si ritrovò a fissare quelli marroni dell'altro. Erano arrossati dal pianto e segnati dalla stanchezza e dalle notti in bianco. Era un viso troppo provato, quello che aveva davanti, il viso di un ragazzo distrutto.
«Sai, Colin… avevi ragione. Forse se non fosse venuto a quelle date… forse se si fosse curato prima… sarebbero riusciti a fermarlo in tempo, forse» una lacrima solitaria iniziò a scivolare lungo la guancia del batterista fino a perdersi tra le screpolature delle sue labbra secche «Alla fine erano solo poche date… magari non saremmo arrivati a questo» alla lacrima se ne aggiunsero altre, più grosse, più veloci, che scesero fino a formare dei cerchi perfetti sul pavimento di linoleum. Colin si asciugò le sue e sorrise a Shannon. «Forse. Pensa che ha fatto fino all'ultimo quello che gli piaceva. L'ha fatto… l'ha fatto per i suoi fan»


«Jared, almeno fatti vedere prima di partire»
«No, non voglio. Tanto lo so già cosa mi diranno: che non posso andare in tour, che devo tenere sott'occhio la mia gola e tutte queste cazzate»
«E non pensi che possano avere ragione?»
«Non posso chiedere a quei ragazzi di non venire. Sono lì, come ero io alla loro età. Ci staranno aspettando, saranno a fare il conto alla rovescia da mesi…»
«Megalomane fissato! Metti sempre loro al primo posto, ancora prima della tua salute.»
«Eh, certo! Ricorda che sono una diva. Ma non mi servono tutti. Me ne basta uno, lì fuori per me»
«Brutto dolcissimo bastardo»


Ed era passata, ovviamente. Dopo quella discussione avevano fatto l'amore, si erano salutati, e nessuno dei due aveva più preso in considerazione l'idea di andare da un dottore. Già. Non ci avevano neanche pensato.
E ora Colin era lì, in piedi di fianco al letto, a pensare che pensarci sarebbe bastato. Prenderlo di peso e portarlo in ospedale, prima che anche solo partisse per il tour. E poi era successo tutto in Italia, cazzo, così lontano da lui. L'aveva chiamato Shannon nel cuore della notte, e lui era corso a Roma. L'aveva trovato così, nel suo letto. Immobile. Pallido. Silenzioso.
Non riusciva a vederlo in quello stato. In quel momento avrebbe voluto picchiarsi, darsi dello stupido a vita ed andare in qualche posto sperduto per il resto della sua esistenza. Scappare, sì. Sarebbe stata un'ottima soluzione. Ma poteva farlo? Poteva scappare via da... da lui? Lui l'unica persona che contava realmente nella sua vita. L'unica che lo avesse amato come nessun'altro.
Prese un respiro profondo, allontanandosi da Shannon, senza incrociare nuovamente il suo sguardo intenso. Si mise accanto al letto d'ospedale, stringendo le lenzuola aride nei pugni, fissando il corpo magro e gracile di Leto. Come era potuto accadere? Per quale motivo doveva essere così ostinato? Lo ha fatto per i suoi fan, era questo che non smetteva di ronzare nella testa dell'irlandese.
Sperò solo che fosse stato un buon concerto, alla fine.
Il suo sguardo salì lentamente, andando dal corpo al viso: era così... distrutto.
Si abbassò appena, per poi prendersi una sedia che stava lì vicino, sedendosi al suo fianco, prendendogli la mano gelida, cercando con tutto sè stesso di incastonare le lacrime sulle sue palpebre, fallendo.
Iniziò a piangere come mai gli era successo, singhiozzando violentemente, con le lacrime che gli inondavano le guance, lembi della sua maglietta a maniche corte e le lenzuola.
In quel momento, tra una lacrima e l'altra, si accorse che il batterista se ne era andato, silenziosamente, come se avesse capito che la cosa che desiderava più al mondo era rimanere solo con lui.
Provato dal pianto appoggiò la testa sul bianco delle lenzuola, facendo ricadere i suoi capelli scuri sul petto dell'altro.
Gli strinse la mano, afferrando l'anello fra le dita, non volendosi staccare da quel cimelio così importante, così significativo per entrambi. Come Alessandro e Efestione loro si erano giurati amore. Come Alessandro adesso lui era lì, sul letto di morte del suo compagno di vita, preso da una disperazione così nera da incutere terrore.
Mentre osservava le sue mani ossute e piene di calli, causati dalle corde dure della chitarra, sentì un mormorio così debole da pensare per un momento di averlo solo immaginato.
Dopo poco lo risentì, così alzò la testa, incontrando lo sguardo dell'altro: era sveglio.
«Jay» bisbigliò lentamente, prendendogli il viso fra le mani, osservandolo in tutta la sua... stanchezza.
Quel viso, un tempo bello, giovane, troppo giovane per appartenere ad un uomo sulla soglia dei quaranta, adesso era stanco, debole, spento.
«Co...Colin » disse a fatica, concedendo alla gola un utlimo sforzo.
«Non parlare,stupido.» rispose in preda ai singhiozzi che proprio non volevano lasciare il suo petto.
«E' stato un buon concerto, alla fine?Ne è valsa la pena Jay?»
Ne è valsa la pena perdere tutto ciò che abbiamo?
Il cantante abbozzò un sorriso, che a causa del dolore sembrava solo una smorfia, ma accennò un sì con la testa.
Farrell sospirò
«Sono... contento» ma,di nuovo la sua voce fu rotta dal pianto. Recitare era il suo mestiere, ma in quel momento si dimenticò di essere un attore.
Lui voleva solo il suo bene. Voleva solo ritardare questo momento per i prossimi quaranta, anzi, cinquant'anni!
«Ti...eni» sussurrò ancora il malato, alzando a fatica una mano, sfilandosi il loro pegno d'amore dal dito, porgendoglielo.
Lo guardò sbarrando gli occhi
«No,no Jared, questo è tuo!» esclamò togliendogli le mani dal volto.
Come poteva pensare di volerlo? Come quell'idea gli aveva solo sfiorato la mente?
«T-Ti prego, prendilo. Co...sì ti ri-ricorderai di me,...sempre»
«Pensi davvero che un giorno mi sarei potuto scordare di te?» gli domandò, il solo pensiero di dimenticare gli occhi ghiaccio del suo amante lo disgustava.
«T... prego»
Sospirò.
Come poteva dirgli di no? Come poteva solo pensare di riuscire a negargli qualcosa? In letto di morte, per giunta!
Sfilò l'anello dal dito del ragazzo. Era dimagrito ancora, se possibile, le sue mani erano più simili a quelle di uno scheletro che non a quelle dell'uomo che Colin aveva amato. Gli strinse la mano poi lui, con un movimento tremante, gli infilò l'anello. Sorrise, sorrisero i suoi occhi, sorrise la sua pelle pallida.
Era diventato un uomo di vetro, sembrava che ogni soffio di vento potesse buttarlo giù e portarglielo via, lontano. Per sempre.
Il cantante chiuse gli occhi con un sospiro. La stretta di Colin si rafforzò. «Jay, no! Jay, resta qui!» non gli rispose. Neanche un respiro. Neanche un movimento.
Sentì la mano farsi pesante nella sua, e quando la macchina ticchettante di fianco al suo letto si lanciò in un lungo suono continuato capì che era finita.
Non c'era più il suo Jay.
Non era più lì con lui.
Ma aveva ancora il suo ultimo sorriso sul viso.
Si chinò su di lui per l'ultima volta e gli diede un bacio sulla fronte. Rimase immobile in quella posizione finché non entrò nuovamente Shannon, in lacrime, seguito da uno stuolo di dottori in camice bianco che parlavano rapidamente tra loro in una lingua che Colin non riusciva a capire. Prima di alzarsi dal letto del suo compagno vide una lacrima, una sola, uscire dalle ciglia abbassate di Jared, che andò a perdersi nel contorno delle labbra sorridenti.
Anche Colin sorrise, gli asciugò la lacrima con un dito e prese un grosso respiro. Quando si sentì pronto si girò verso Shannon.
«Credo che dobbiamo andare via, Shan» gli mormorò «Jay non vorrebbe che lo vedessimo così»
Shannon annuì e tornò indietro, con le mani strette a pugno e le unghie conficcate nella carne così a fondo da far sbiancare le nocche. Prima di varcare la soglia, l'irlandese si girò un'ultima volta. "Ti amo, Jay"
"Anche io ti amo, mio Alessandro" si guardò intorno, come se così facendo potesse vedere chi stesse parlando. Poi si girò velocemente, sorridendo, e uscì dalla stanza sfiorando appena l'anello che aveva al dito.


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Oh Ciao Bella Gente :DDDDDDDDDD
Bene, siamo con l'account di Bianca, ne siamo tutti consapevoli, ma io sono Vicky.
Perchè sì, questa è una fic a quattro mani. Scritta in un momento al quanto strano, visto che nel frattempo io e questa donnaH stavamo ruolando in un gioco di ruolo dove io ero un Axl Rose bello giovane e pimpante e lei era un Jared a lutto del suo Colin.Così ci è uscita questa... cosa, dalla tristezza immonda D:
E' la prima volta che faccio morire qualcuno,quindi prendetevela con lei!*indica Bianca*
Ciao :DDD
   
 
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