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Autore: Kezia95    07/07/2011    0 recensioni
Sulle spalle grava il peso dei ricordi,
quelle stesse spalle che ho voltato andandomene, per non ritornare mai più. Uscendo silenziosamente da una vita che non mi apparteneva e di cui non facevo più parte, camminando lentamente per puro masochismo, per allungare ancora di un poco il momento del nostro addio.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Come in un sogno.
Come quando senti che c’è qualcosa di strano in quello che stai vivendo, eppure ti piace dannatamente tanto.
Leggero, come il sole che investe la stanza in un fascio di luce.
Come un presagio, troppo forte da ignorare, troppo spaventoso da ascoltare.
Come i due occhi verdi che si spalancano, ignari di tutto, insonnoliti e felici come due fili d’erba.
Porta le mani al viso e si stropiccia le guance.
Lei. Un miscuglio tra una fata e una roccia.
Una cascata di lava scende dalla sua testa, da quella fronte pallida come la luna.
Capelli. Capelli rossi. Tanti capelli rossi, ricci.
Il freddo del pavimento, lo senti anche tu?
Sotto ai tuoi piedi, mentre scendi dal letto, seccato di dover incominciare una nuova giornata, ma curioso di sapere cosa accadrà.
Barcollante, come se fosse ubriaca di sonno.
Ubriaca di noia.
Il soffice pelo di un lupo contro le sue gambe, avvolte da una leggera seta color panna.
Non lo so, potresti sorridere ora..
Bussa alla porta, guardati intorno.
Sei pronta? Dai dai, è divertente, facciamo questo scherzetto.
Un cane si getta su un letto in stile orientale, un corpo sobbalza sotto le coperte ricamate con fili d’oro, una risata esplode, mandando in frantumi il silenzio tanto venerato.
La tua migliore amica, quel sorriso che hai visto tante volte, ma ogni volta è come la prima, quelle orecchie che hanno ascoltato tutto di te.
Come due bambine, le ragazze si sorridono.
Guarda, il tempo si è fermato.
Immobili, insonnolite, divertite.
Poi il suono del telefono a spezzare ancora una volta il silenzio, carico di gioia.
Rumore di unghie che slittano sul palchetto, scalpiccio di piedi nudi sul pavimento.

Si sposta i capelli dal viso e afferra il cellulare.
 

Un  minuto, un secondo e tutto si spezza.
Frantumi.
Cocci di una serenità fin troppo lunga.
Una voce.
Quella voce.
Ricordi. A valanghe. Lacrime. Quelle mai versate. Ferme in gola. Forza, deve parlare.
 “Kezia..ciao”
Ciao. Addio. Metti giù il telefono, vorrebbe dirgli.
Invece risponde: “Ciao, Bryan..”
“Come stai?”
Furia cieca. Rabbia feroce. La voglia di chiudere la conversazione, andarlo a prendere e tirargli due schiaffi.
“Bene, tu?”
Bugia. Non sta bene. Kezia non sta bene, non ora che ha risentito la sua voce.
“Bene..ascolta, oggi pomeriggio vado con alcuni amici a suonare.. ti andrebbe di venire?”
Il panico ha il colore dell’arcobaleno. Si passa per il rosso, per il giallo e via così.
Ricordi. Ancora ricordi. Un viso conosciuto troppo bene. Parole mai dimenticate.
“Uhm sì okay…dove e a che ora?”
La mente umana ha risorse infinite. La lucidità con cui la ragazza pronuncia questa frase ne è l’esempio.
Una sagoma si appoggia allo stipite della porta guardandola incuriosita.
Una curiosità che rasenta la paura quando Lèonor vede il viso pallido dell’amica.
“Okay..Okay…sì..sì ci sarò..ciao. Ciao.”
Quando ti manca il fiato, quando vedi i colori intorno a te sbiadire. Quando la testa gira come una trottola e i tuoi sensi sono pari a zero.
Ecco, così si sente in questo momento Kezia.
Alza lo sguardo e incontra quello dell’amica.
Come la paura che ti assale prima di una verifica, come la paura di cadere dalla bici, come la paura di qualcosa di intangibile.
“Chi era?” sussurra Lèonor.
Respira. Con calma. Si sopravvive anche a questo sai?
“Bryan.”
Un nome. Come uno sparo. Un silenzio rumoroso cala tra loro due, fatto di ricordi e di frasi sussurrate tra le braccia dell’amica.
“Oggi pomeriggio vado a suonare con lui e dei suoi amici”
Occhi che si spalancano. Una bocca che si richiude lentamente, quasi a voler assaporare quelle parole.
“Sei…sei sicura Kezia?”
“Sì, certo”
Scalpiccio di piedi sul pavimento. Unghie di cane che slittano sul pavimento.
Una cucina bella. Disordinata. Caotica. O forse no, forse è la cucina più ordinata del mondo.
Non lo so. So solo che in questo momento tutto balla, tutto oscilla, creando un rumore assordante di pensieri.
“Fai un caffè anche a me?” chiede Lèonor, ma si accorge che l’amica ha le mani deboli, la coordinazione cervello-corpo è K.O.
Si avvicina al tavolo e le strappa la caffettiera di mano, con uno sguardo che dice “Faccio io, vatti a sedere”.
La sedia di legno si rivela un ottimo sostegno, un valido appiglio mentre Kezia sta per sprofondare nel terrore.
Il volto è freddo tra le sue mani, l’indecisione la congela fuori e dentro.
Un fiume di caffè bollente sembra scaldarla un po’.
“Allora” inizia Lèonor col fare complice di un’amica che si appresta a vestire la sposa “cosa ti metti?”
Un sorriso malizioso si dipinge sulle labbra di Kezia. Ha lo stesso colore dei suoi capelli.
“Non lo so…pensavo..”
La mano amica che tante volte hai stretto, in questi momenti ha la dolce sembianza di un salvagente, buttato da un angelo per tirarti fuori dai guai.
Dai sorridi Kezia.
C’è lei al tuo fianco.
 
 
 

 

  
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