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Autore: Kary91    07/07/2011    20 recensioni
[Teen Wolf - Stiles & Scott]
“Scott…”
Il piccolo Stiles sussurrò flebilmente avvicinandosi il walkie talkie alle labbra
“Stiles che vuoi?”
Una voce impastata dal sonno fece capolino dall’altoparlante del suo trasmettitore infondendogli un lieve barlume si sollievo.
“… Sono quasi le due…. Passo.”
Scott si ricordò di farfugliare prima di adagiare il walkie talkie sul cuscino e di chiudere gli occhi.
“Tienimi sveglio.”
Stiles bisbigliò scoccando occhiatacce alle ombre più scure della sua camera indugiando a lungo su un puma giocattolo dall’aria terribilmente inquietante.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sceriffo Stilinsky, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Look after you.'
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Premessa; è la mia prima storia di Teen Wolf e pertanto i personaggi non sono ancora caratterizzati al meglio. Tenterò di rimediare quando inizieranno a esserci più episodi, magari. Oh! Stiles ogni tanto dice delle cose che non hanno senso.

 

Dedicata in tutto e per tutto ai Cabonn: al mio Uomo Cabonno per consolarlo dall’allontanamento del Profeta dal set (che Irma sia con lui) e alla mia Donna CupCake che fra video e chiacchiere ieri mi ha tenuta sveglia fino alle 2.30 (giusto per restare in tema con la shot).

 

 

Buona lettura!

 

Keep me awake [over].

silesscott (1)

 

And I would have stayed up with you all night

Had I known how to save a life

 

How to save a life. The fray

 

 

 

Sceriffo Stilinski al rapporto, scandì fra sé il ragazzino dagli occhi nocciola, mettendosi sull’attenti.

Sono pronto per un secondo giro di ricognizione. Oh, che giornata farlocca!

Non conosceva il significato di nemmeno metà delle parole che stava farfugliando. Tuttavia, Stiles era fatto così: prendeva in prestito ai grandi e alla TV tutte le parole che gli parevano interessanti e le infilava a casaccio nei suoi discorsi, dando origine a un minestrone di vocaboli che non centravano nulla l’uno con l’altro.

E oggi, la medaglia al valore non ce la toglie nessuno.

Con aria determinata, il ragazzino si acquattò dietro un mucchio di bidoni della spazzatura, l’attenzione completamente rapita dallo scambio di battute dei due uomini che ostruivano la sua visuale.

Essere il figlio dello sceriffo comportava, a detta di Stiles, diverse responsabilità, tra cui quella di dover conoscere a menadito ogni avvenimento – bello o brutto che fosse – verificatosi a Bacon Hills. Il fatto che suo padre non comprendesse la serietà di questo suo compito lo faceva andare su tutte le furie. Non sopportava il fatto che gli adulti del vicinato lo considerassero semplicemente un marmocchio ficcanaso – beh, ficcanaso forse un pochetto lo era – quando in realtà lui si sforzava semplicemente di comportarsi da bravo apprendista sceriffo. Un giorno sarebbe stato proprio come il suo vecchio, si ripeteva spesso il piccolo Stiles.

In gamba, temerario, forte, furbo come una volpe e… 

“Maledizione, Stilinski, è ancora quel tuo marmocchio.”

Il vice sceriffo imprecò ad alta voce, mentre un rumore sordo alle sue spalle lo faceva sobbalzare.

… Per niente maldestro.

Il ragazzino si sollevò da terra brontolando. Si fece strada fra i cumuli di spazzatura che i bidoni gli avevano vomitato addosso dopo che era andato a sbattere contro uno di questi.

Effetto domino, annotò mentalmente il bambinetto ricordando di averne sentito parlare in qualche programma televisivo. Oh yeah.

“Che cosa ti avevo chiesto di fare, Stiles?”

Con un sospiro rassegnato, lo sceriffo Stilinski appoggiò la mano sulla schiena del bambino e lo spinse con delicatezza fino ai gradini d’ingresso dell’abitazione.

“Non mi ricordo.”

“Va’ a giocare con Scott e restaci per il pomeriggio.”

“Ma te la stavo facendo!” dichiarò orgogliosamente il bambino, picchiettando con insistenza il pugno contro la pancia del padre. “Ti dimostrerò di essere un perfettissimo vice sceriffo.”

Lo sguardo torvo del ‘vero’ vice lo fece rabbrividire. Il bimbo fece una smorfia.

“Volevo dire vice, vice, sceriffo.”

L’espressione severa del padre lo ammonì ancora una volta.

“Uhm… Ci devo aggiungere ancora un vice?” domandò Stiles con aria innocente, prima che il padre gli indicasse la porta d’ingresso con un cenno del capo, sorridendo appena.

“Vai a giocare con Scott” ripeté l’uomo in tono di voce più rilassato, arruffandogli i capelli.

“Oh, e va bene!” si arrese infine Stiles dirigendosi verso casa e strascicando i piedi. “Adulti… I soliti lagnosi.” borbottò fra sé, prima di raggiungere di corsa la sua camera.

“Ehy, Scott. Scott!” esclamò, dopo essersi tuffato sul letto, per afferrare il fidato walkie talkie. “Stiles chiama Scott, passo. Stiles chiama Scott, passo!”

“Ti sento forte e chiaro, Stiles. Che è successo?”

La voce vagamente irritata del migliore amico lo raggiunse quasi subito; e quel quasi era già troppo per un bambino impaziente come Stiles.

“… Passo.” aggiunse infine Scott, per rimediare alla dimenticanza.

“Era ora! Non indovinerai mai che cosa si stanno dicendo papà e il vice sceriffo in questo preciso istante! Passo” esclamò esagitato l’altro ragazzino.

“Che hanno trovato un cadavere?”

Il tono di voce piatto con cui Scott pronunciò quelle parole indignò tremendamente l’amico. Stiles arrossì leggermente, tirando un calcio a una pallina da tennis che per qualche strana ragione era andata a infilarsi in una delle sue scarpe da ginnastica.

“Questa è proprio una giornata farlocca!” ribadì poi, annoiato dal fatto di non essere riuscito nemmeno a strappare un briciolo di stupore al migliore amico.

“Che vuol dire farlocca? … Passo?”

Scott aggrottò le sopracciglia con aria confusa.

“Senti, lascia perdere… Ho appena avuto un’idea” annunciò Stiles, sbirciando con aria furtiva i movimenti del padre e del vice sceriffo dalla finestra. Il suo sguardo si mosse in direzione della macchina parcheggiata a una decina di metri di distanza dai due adulti: il bagagliaio era aperto.

“Super Stiles sta per farla in barba al suo mitico vecchio! Passo e chiudo” concluse. Fece il saluto militare e abbandonò il walkie talkie sul letto prima di fiondarsi a terra, rotolando sul pavimento.

“Stiles, lascia perdere. Tuo padre ti ha già messo in punizione praticamente per il resto dell’estate… Passo!”

Scott tentò di convincere l’amico con scarso impegno, troppo concentrato a esaminare uno dei suoi modellini di dinosauro con la lente di ingrandimento.

“Stiles?”

Ma ‘Super Stiles’ era ormai ben lontano dalla cameretta e in quel momento stava scavalcando a tre a tre i gradini delle scale con una scarpa slacciata e un piede scalzo: l’altra scarpa se la stava trascinando dietro a mano.

“Il vice vice sceriffo Stilinski sta per raggiungervi, cari cattivoni. Tremate! Tremat…”

Un esclamazione di sgomento spezzò l’aria, mentre il bimbo ruzzolava per la terza volta a terra, inciampando nei propri lacci.

“Cacchiarola…” commentò, rialzandosi a fatica e dandosi un’occhiata furtiva attorno come se si aspettasse che i mobili stessero ridendo di lui. “Sei proprio un clown, Genim” si prese in giro, ricordando con un sorriso la frase che sua madre soleva ripetergli spesso quando ne combinava una delle sue. Arrossendo lievemente, si affrettò a gattonare fino all’auto del padre e, assicurandosi di non essere visto, si acquattò in un angolo della vettura. Esultò in silenzio con aria visibilmente soddisfatta.

“Ossignore, Stiles….”

Da solo nella sua cameretta, Scott si stropicciò i ricci corvini che ricadevano disordinati sui suoi occhi e si lasciò cadere sul letto con aria arrendevole. Il walkie talkie ancora ben stretto in mano.

“… Passo e chiudo.”

***

“Scott? Scott, mi senti?”

La luna estendeva pallida i suoi raggi opachi in direzione della cameretta di Stiles che, sbuffando, faceva danzare il fascio di luce della sua torcia in direzione del soffitto.

Quel pomeriggio era stato un autentico fiasco, tanto per cambiare. Ancora una volta non era riuscito a farla franca e suo padre l’aveva riportato a casa di corsa, quando l’aveva sorpreso acquattato in un angolo della vettura.

Fortuna, si era detto Stiles, che non era riuscito a impedirgli di scorgere la mostruosità che giaceva sul terreno, semi coperta da un telone di plastica.

Quello fu giorno il cui Stiles vide per la prima volta un cadavere – che, per la cronaca, non aveva nulla a che vedere con quegli zombie flaccidi e giallognoli che lui e Scott avevano osservato più volte alla televisione. Era un enorme passo avanti per la carriera del piccolo vice vice sceriffo. Sebbene inizialmente si fosse sentito completamente euforico ed entusiasta al pensiero di ciò a cui aveva assistito, ora che era calata la sera incominciava ad avvertire le prime avvisaglie del pentimento.

“Sei proprio un clown, Genim” borbottò fra sé, rabbrividendo all’immagine di quella mano pallida che aveva visto spuntare dal lenzuolo di plastica. Cocci di vetro circondavano il cadavere con aria minacciosa. “Un clown stupido e fifone.”

Stiles strizzò gli occhi e si puntò il fascio di luce della torcia in pieno viso.

“Scott…” sussurrò flebilmente, avvicinandosi il walkie talkie alle labbra. Il cuore incominciò ad accelerare il proprio ritmo in maniera fastidiosa.

Sta’ fermo, stupido, Mormorò fra sé schiacciandosi la mano libera sul petto e lasciando andare la torcia.

“Stiles, che vuoi?”

Una voce impastata dal sonno risuonò dall’altoparlante del suo trasmettitore, infondendogli un lieve barlume si sollievo.

“Sono quasi le due… Passo” si ricordò di farfugliare Scott, prima di adagiare il walkie talkie sul cuscino e di chiudere gli occhi.

“Tienimi sveglio” bisbigliò Stiles, scoccando occhiatacce alle ombre più scure della sua camera e indugiando a lungo su un puma giocattolo.

“Sei stato tu a uccidere quella donna? Confessa!” lo interrogò, puntando la torcia in direzione del pupazzo con aria di sfida. Ma nemmeno giocare a fare l’impavido riusciva a rincuorarlo più di tanto.

“Che cosa?” borbottò Scott, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio. “Stiles, ho sonno!”

“Tienimi sveglio. Andiamo, parla!... Passo.”

Rassegnato e insonnolito, il piccolo Scott non poté che obbedire. Sbadigliando di tanto in tanto, incominciò a raccontare al walkie talkie la giornata appena trascorsa, interrotto talvolta dai “Cavolo!” e i “Vorrei ben vedere” di Stiles. Solo ogni tanto Scott si ricordava di aggiungere “Passo” alle sue frasi, nel caso il ragazzino all’altro capo del ricevitore sentisse il bisogno di aggiungere qualcosa.

“Senti, so che sei in punizione. Ma secondo te tuo padre ci lascerebbe andare a pescare domani? “ domandò a un certo punto attirando a sé il lenzuolo, calcolando male le misure e lasciandosi così i piedi completamente scoperti. “Dopotutto, per lui sarebbe una gran cosa: ti terrebbe lontano da quel cadavere per un bel pezzo.”

Non ottenendo risposta, il piccolo Scott aggrottò le sopracciglia e aggiunse un esitante “Passo”.

“Beh… ‘Notte, Stiles.” si arrese infine, appoggiando il ricevitore sul comodino e cacciando in fretta i piedi infreddoliti sotto al lenzuolo. “Passo e chiudo.”

A circa cinquanta metri di distanza dalla casa di Scott, il bambino di nome Stiles giaceva su un fianco, profondamente addormentato. In mano stringeva ancora il ricevitore; l’immagine di una mano pallida che spuntava da un lenzuolo era scomparsa dai suoi pensieri.

 

***

“Tienimi sveglio.”

“Che? Chi sei?”

Stiles si svegliò di soprassalto, farfugliando parole sconnesse. Balzò a sedere, trafficando con la valanga di vestiti che ancora ricoprivano il suo letto.

“Chi è stato?” domandò sgranando gli occhi, mentre calzini e magliette rotolavano a terra.

“Stiles, mi senti?”

“Scott?”

Stiles si guardò attorno disorientato, grattandosi la testa. Improvvisamente scoppiò a ridere.

“Toh, ma sentilo. Adesso può anche inviare messaggi telepatici. La cosa mi mette un po’ di inquietudine, lo ammetto” scherzò infine. Recuperò il vecchio walkie talkie incastrato fra un libro di mitologia e la sveglia. “Non siamo un po’ cresciuti per questi cosi? … Paaaasso?” esclamò direttamente nel ricevitore, storpiando l’ultima parola in tono di voce scherzoso.

“ Probabilmente sì.”

Scott sbirciò con aria inquieta fuori dalla finestra, come se si aspettasse che la mezzaluna incastonata nel cielo potesse ingrassare da un momento all’altro. Il sudore imperlava ancora la sua fronte, attorcigliando i ciuffi di capelli che gli ricadevano sugli occhi. “In effetti avrei potuto usare il cellulare.”

“Andiamo, che c’è di così urgente da dovermi buttarmi giù dalla branda alle quattro del mattino?”

Dall’altro lato del ricevitore anche Stiles stava sbirciando oltre le tende, rimirando con sospetto il globo perlaceo che spiccava sul nero inchiostro della notte.

 “Aspetta, fammi indovinare. Immagino ci sia stato un altro di quegli incubi terribilmente inquietanti e realistici. Mi auguro che il fortunato vincitore della tua sfuriata lupesca non sia io, questa volta. O giuro che ti chiudo la comunicazione in faccia.”

“Stiles…”

Il tono di voce incerto di Scott placò l’istinto bonario del ragazzo.

“Seriamente, Scott, che succede?” domandò Stiles, avvertendo una lieve fitta di preoccupazione farsi strada dentro di lui. “... Passo?” non riuscì a trattenersi dall’aggiungere con aria divertita.

Scott si passò una mano fra i capelli, rivivendo con un brivido le immagini che l’avevano tormentato in sogno. Una sequenza di visi sfilò di fronte ai suoi occhi in maniera fin troppo vivida.

C’erano sua madre e il suo migliore amico. C’era Allison. E, a circondare i loro volti, evocò con una stretta allo stomaco un paio di artigli affilati e una pozza di sangue. Non se la sentiva di precipitare nuovamente in tutto quello. Non quella notte.

“Sto bene, solo…” il ragazzo sospirò, spostando la sua attenzione in direzione della finestra. Si affrettò a chiuderla con uno scatto secco. “Tienimi sveglio, ok?” domandò, tornando a sedersi sul letto.

“Stai scherzando, vero?” Stiles scosse il capo con aria incredula, fissando il ricevitore come se si trattasse dello stesso Scott. “Che significa tienimi sveglio? Guardati un film, sguazza fra i siti vietati ai minori… Mettiti a ballare la conga per casa, non so.”

Si sistemò nuovamente sul letto e appallottolò un paio di calzini inspiegabilmente acquattato ai suoi piedi. “…Passo” si ricordò di aggiungere, adocchiando il cestino della biancheria. Mirò con cura, prima di tentare con un canestro. “Centro!” concluse infine, esultando.

Scott si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, prima di tornare a girovagare con aria nervosa per la stanza.

“Sei ancora lì?” domandò Stiles dopo qualche minuto, nuovamente preoccupato. “ Sul serio vuoi che mi metta a fare da intrattenitore? Passo?”

“Tienimi sveglio e basta” ripeté un’ultima volta Scott con voce stanca, crollando sul letto. L’amico lo imitò, appoggiandosi il ricevitore sul mento.

“Ok, uhm… Dunque…” 

Fece mente locale, alla ricerca di qualche espediente divertente per distrarre Scott.

“C’era una volta una strafiga.”

Ridacchiò, allentando la presa sul pulsante di ricezione.

“Una Strafiga attratta da uomini villosi che non si tagliavano mai le unghie. A questo punto tu dovresti riconoscerti nella descrizione e obbiettare ‘Stiles, stai dicendo che la mia ragazza è una strafiga?’ Eh no, bello mio. Stavo parlando dell’insegnante di scienze; gran bella donna. Ma che razza di marito si ritrova...”

Sei proprio un clown, Genim.

Quella vecchia frase gli ritornò alla mente, strappandogli un sorriso.

 “… Brrr. Chissà che cosa ne pensa Danny. Ehi, Scott, a proposito di Danny…”

Ma dall’altro lato del ricevitore non proveniva più alcun suono.

“Scott?”

Nessuna risposta, a parte il lieve ronzio del walkie talkie. Stiles si stropicciò un occhio e spalancò la bocca, incapace di reprimere l’ennesimo sbadiglio.

“’Notte, Scott” farfugliò nel ricevitore, prima di gettarsi le coperte sulla testa e di affondare il capo nel cuscino.

A circa cinquanta metri di distanza, un adolescente giaceva addormentato su un fianco, un lieve sorriso ad allentare la tensione tratteggiata sul suo viso. Il walkie talkie giocattolo ancora stretto in mano.

“Passo e chiudo.”

 

Nota dell’autrice.

 

Ok, non è proprio niente di che. Poteva venire meglio, ma come dicevo era il mio primo tentativo e ci tenevo a pubblicare qualcosa su questa nuova simpatica serie TV. Che dire? Stiles da bambino è stato divertente da scrivere.  Lo immagino semplicemente come una versione in miniatura del giovanotto che conosciamo: un moccioso dalla parlantina ininterrotta, curioso e pasticcione. Scott è il classico migliore amico, pacato e molto più tranquillo rispetto a Stiles. La cosa del walkie talkie può sembrare un po’ idiota, ma non mi sembrava il caso di farli parlare al telefono nel cuore della notte da bambini e mi piace l’idea che continuino a comunicare con il walkie talkie nonostante siano ormai cresciuti. Per quanto riguarda il modo di parlare di baby!Stiles (in particolare mi riferisco al “farlocco” e all’ “effetto domino” [oh yeah]), niente avevo in mente questa immagine di un ragazzino molto curioso e intelligente che si diverte a collezionare parole e fatti che lo colpiscono e tende ad allegarli a qualsiasi conversazione rendendo i suoi discorsi talvolta buffi e insensati. * si è capito che lo amo, non è vero? Sono una persona decisamente poco obiettiva*.

 

Ultima cosa: quell’ over nel titolo. In inglese over sostituisce “passo” nelle comunicazioni tramite walkie talkie.

 

Direi che è ora di abbandonarvi.

Passo e chiudo.

 

Laura

 

 

 

 

   
 
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