•○ I Feel You ○•
8. Cambiamento
Elena take me
somewhere, we can be alone.
I’ll be waiting; all there’s left to do is run.
I’ll be the prince and you’ll be the princess.
It’s a love story, baby, just say yes
Love Story,
Taylor Swift
(modificata leggermente da Fra)
Mi trovo
seduto in un salottino elegante, assolutamente
troppo chiaro e luminoso per i miei gusti, in attesa del grande
momento. Quel
momento che viene descritto come il giorno della felicità,
l’ora di un nuovo
inizio e altre parolone esagerate a cui io credo solo fino a un certo
punto.
Il matrimonio ha un valore per me, un valore che pensavo
si fosse disperso con la mia umanità. La verità
è che l’ho ritrovata e insieme
è ritornato il mio desiderio di sposarmi. Mio padre me lo
diceva spesso, ma non
lo ascoltavo. Se mi diceva di fare una cosa, lo ignoravo. Se mi diceva
di non
farla, tentavo in tutti i modi di andare a sbatterci contro. Questa
è solamente
una delle tante dimostrazioni di quanto lo detestassi.
La verità che a volte fatico ad ammettere è che
Elena
Gilbert mi ha cambiato: è tutto merito suo se ora sono qui
davanti a questo
specchio dalle dimensioni abnormi per controllare assiduamente che la
cravatta
sia scrupolosamente a posto.
Lo sapevo che in fondo quel viaggio in Brasile era stata
una buona idea, seppur un po’ pazza e prematura
all’inizio, ma avevo dovuto
trovare a tutti i costi un modo per calmare l’animo di Elena
dopo la battaglia
con Klaus. Aveva dovuto affrontare parecchie cose quella notte, ma alla
fine
Bonnie e Elijah erano riusciti a sconfiggere il vampiro più
potente del mondo
senza che nessuno morisse o si facesse male. Tutti ne erano usciti
illesi, ma
sapevo che nel profondo Elena aveva bisogno di staccare dalla sua vita
per un
po’.
E ne avevo avuto la conferma quando viaggiavamo in
macchina, diretti verso l’aeroporto. Le avevo chiesto cosa
pensasse di me e
ricordavo perfettamente le sue parole: “Che
sei un
matto. Completamente uscito di testa. Cioè ti rendi conto
che Jenna sarà andata
fuori di testa?”. Un’Elena che davvero disapprovava
la situazione non avrebbe
acconsentito a farsi trascinare verso
Abudududunza *154545*469**. Scoppiai a ridere al solo
pensiero di cosa
posso arrivare a fare se sono davvero innamorato.
Innamorato…
è una parola che avevo eliminato
dal mio vocabolario da un bel po’ di tempo, e che negli
ultimi mesi era
rientrata a farne parte.
Significa essere felici? Sì, ma è riduttivo. Non
saprei
descrivere come mi sono sentito quando ero nel soggiorno a bere il mio
solito
scotch prima di andare a dormire (nonostante fosse praticamente
mattina) dopo
la battaglia contro Klaus, quando arrivò Elena.
“Elena! Che piacere rivederti alle…”
avevo detto io con
sarcasmo e dando un’occhiata all’orologio,
“alle 4.53 del mattino!” avevo
concluso. “Non vai a dormire?” avevo aggiunto,
bevendo un sorso dal mio
bicchiere.
Lei aveva scosso la testa: “Non credo che ci
riuscirei”
aveva risposto.
“E come mai? Questo è strano… oh,
aspetta! Stefan è al
sicuro, te lo garantisco” l’avevo rassicurata con
ironia.
L’avevo vista abbassare lo sguardo e poi sussurrare:
“Io e
Stefan abbiamo rotto” aveva detto con un singulto che mi
aveva fatto venir
voglia di stringerla a me con tutta la forza che avevo nel corpo.
“Vuoi parlarne?” avevo chiesto, sapendo di
camminare su del
terreno minato. Sarebbe scoppiata in lacrime da un momento
all’altro, ma quello
che aveva detto mi aveva spiazzato: “Veramente sono qui per
dirti che sono
stata un’idiota a non capire prima quello che provo per te.
È stato Stefan a
farmelo capire! Mi ha detto che te mi ami e che ti amo
anch’io. Mi sono resa
conto che è vero, ha ragione! Quindi io… non sono
qui per altro, volevo solo
dirti che ho capito. E ora spetta te a decidere se lasciarmi stare,
d’altronde
è quello che meriterei per averti fatto soffrire
così tanto. Oppure… beh,
prendermi, non saprei come dire” aveva concluso imbarazzata.
Non ero riuscito a credere alle mie orecchie: ero corso da
lei e l’avevo abbracciata. Ed è stato
lì che tutto è cambiato. Elena era
riuscita a sorprendermi e non aveva mai smesso di farlo, da quella
notte a
oggi: il suo sogno più intimo, che non avrebbe mai rivelato
a nessuno, aveva
deciso di raccontarmelo a me. A me; e non a Stefan. A
me. Forse questo non significava nulla, ma io lo vedevo come
un
segno di quanto fosse diverso e più inteso il suo amore per
me rispetto a
quello per mio fratello.
“Volevo volare”, questo è quello che
aveva detto. Non era
così stupido, in fin dei conti. Chi non sogna di volare?
È un sogno infantile,
di quelli che non si dimenticano più. Probabilmente
anch’io avevo sognato lo
stesso, ma non così intensamente come lei e per questo non
me lo ricordavo
nemmeno.
A volte vorrei saperle leggere i pensieri, per capire come
le è venuta l’idea di toccare il cielo.
C’è sempre una motivazione su certi
argomenti.
Quando si era fatta coraggio e mi aveva rivelato il suo
sogno più profondo e segreto che non aveva mai detto a
nessuno tranne che a sua
mamma, mi ero sentito subito una responsabilità enorme e
pesante calare sulla
mia schiena e improvvisamente la tasca dove custodivo la polverina era
diventata molto più pesante.
Ricordo che pensai subito che quella polvere mi era
costata un grosso sacrificio…
***
Damon
guardò Bonnie con indecisione, paura e timore:
“Bonnie… funzionerà?”
domandò piano.
La strega alzò lo sguardo da una ciotola tenuta sopra al
fuoco, che si scaldava minuto dopo minuto sotto la sua vigile
attenzione:
“Penso di sì” rispose.
Damon scosse la testa: “Lo sai che non mi fido di queste
stregonerie. Ho bisogno di essere sicuro” chiarì,
cominciando a pentirsi di
quello che stava facendo. Era sceso in quel luogo così cupo
e buio dove Bonnie
stava passando gli ultimi giorni per non farsi scoprire da Klaus e dai
suoi fedeli
aiutanti. Era fiocamente illuminato da qualche lanterna la cui luce
tremolava
in modo inquietante. Dava inoltre l’aria di essere molto
sporco, un ambiente
che non faceva che ricordare al vampiro la situazione in cui si
trovavano: Elena doveva morire.
Doveva morire in un
bosco, sacrificata per qualche stupido capriccio del vampiro
più potente del
mondo. Avrebbe dovuto patire una delle morti più dolorose
che un essere umano
avrebbe mai potuto sperimentare. Quel pensiero lo portava subito a
ritrovare la
determinazione che lo aveva spinto ad andare dalla strega.
“Lo so che vuoi essere sicuro!” esclamò
stizzita Bonnie.
“Ma devi fidarti della magia e devi sperare che non abbia
effetti collaterali
se la persona ha bevuto sangue di vampiro o cose del genere. Sono magie
potenti
che richiedono un grande potere e che funzionano sempre in condizioni
ottimali,
ma non ho la più pallida idea se avrà effetto con
del sangue delle creature
delle tenebre che circola nelle vene di Elena”
spiegò.
Damon non finiva di darsi dell’idiota per aver dato il suo
sangue a Elena. Quella era una delle cose di cui si era pentito
amaramente
nella sua vita. Primo, perché se Elena fosse risorta come
vampira non se lo
sarebbe mai perdonato, perché lei l’avrebbe
odiato. Secondo, questa polvere
stregata non avrebbe funzionato e non avrebbe salvato Elena dalla morte
e
nemmeno dalla trasformazione.
“Bene allora! Tentiamo!” sussurrò
sconfitto Damon. Tirò
fuori la foto della sua famiglia dalla tasca del giubbotto in pelle
nera e la
fissò per l’ultima volta: c’era lui
all’età di dieci anni e suo fratello,
abbracciati. Stefan aveva ancora i tratti infantili di un bambino e la
mamma lo
guardava come se fosse stato l’unica fonte di luce presente
nella stanza. I
suoi occhi erano illuminati alla vista dei suoi figli e Damon non
l’avrebbe mai
dimenticata. Se pensava a tutto l’amore che lei aveva dato
loro… Ricordò che
qualche giorno dopo aver scattato la foto, lei si prese una polmonite
piuttosto
grave e prima che i famigliari potessero digerire appieno la notizia,
lei morì,
lasciandoli soli assieme al padre. Lui, a differenza di lei, nella foto
aveva
un sorriso tirato e degli occhi severi. Fissava l’obiettivo e
non i bambini, in
una posa molto rigida e fredda, a differenza di quella della moglie che
era
incredibilmente rilassata e naturale. Si sarebbe stentato a credere che
quella
donna sarebbe morta entro pochi giorni: era perfettamente in salute,
almeno
così pareva.
Damon fece una smorfia e fissò per l’ultima volta
la
mamma, che a suo parere meritava di più di essere ricordata,
poi tese la foto a
Bonnie.
“Damon, non hai fatto copie di questa foto, vero?”
chiese
prima di proseguire la strega.
Damon, ancora incantato nel punto in cui prima c’era la
foto, non riusciva ad ascoltare e a rispondere.
“Damon, mi senti?” chiamò Bonnie,
preoccupata. Gli andò
vicino e lo scrollò delicatamente per le spalle.
“Damon?” ritentò.
Il vampiro si rianimò, scosso da quell’attimo di
felicità,
in cui gli era parso di ritornare nella maestosa villa dei Salvatore
nel 1800.
“Ehm, sì, ehm… che
c’è?” domandò disorientato,
gli occhi azzurri che ruotavano
attorno alla stanza nel tentativo di ritornare al presente.
Bonnie fece in modo che i suoi occhi si scontrassero con
quelli del vampiro: “Hai fatto delle copie di quella
foto?” chiese, scandendo
bene e chiaramente le parole.
“No, mi hai dato un’idea…”
rispose Damon, tentando di
riappropriarsi della fotografia.
La strega lo fermò: “No, se lo farai la magia non
avrà
effetto. Il sacrificio che fai per Elena non avrà
più lo stesso valore” spiegò
nei termini più elementari possibili.
Damon annuì, comprendendo quello che avrebbe dovuto capire
da solo: “Certo, che stupido…”.
Bonnie ritornò al suo posto e cominciò a parlare
in lingue
sconosciute a Damon. Prese la foto e la lasciò cadere nella
ciotola bollente e
presto il vampiro vide il sorriso di sua madre, i suoi occhi, Stefan e
se
stesso bruciare nelle fiamme ardenti.
E, con sua gran sorpresa, una lacrima scese lungo la sua
guancia.
Prima che se ne accorgesse, Bonnie gli porse una scatolina
in legno. Lui l’afferrò, mormorò
qualche ringraziamento e fece per andarsene,
ma la strega lo fermò.
“Senti… Damon” mormorò
indecisa Bonnie, tormentando le sue
stesse mani dall’agitazione.
Damon la guardò, cercando di capire che altro volesse:
“Strega, che c’è? Hai paura che non
funzioni? Pure io… fare affidamento al
bididibodidibu non mi renderà di certo onore. Non dirlo a
nessuno e passa una
buona giornata” la congedò, utilizzando il suo
solito sarcasmo amaro per
mascherare il dolore che, però, sarebbe servito a qualcosa.
Prima o poi, Damon
avrebbe trovato la felicità anche grazie a quella polvere.
Damon si assicurò che la scatolina con la polvere fosse al
sicuro nel suo giubbotto. Sapeva perfettamente che
quell’amarezza del suo
carattere che non mancava mai quando parlava poteva risultare poco
riconoscente, e stava per questo cercando di migliorare il suo modo di
approcciarsi con gli altri.
“Fermo!” lo bloccò Bonnie, tutta
tremolante per
l’indecisione.
Damon si voltò indossando il sorriso più falso
che
possedeva nella sua collezione: “Sì? Avrei una
certa fretta” disse. Il suo
carattere stava migliorando con Elena e quando lei glielo faceva
notare, si
sentiva più idiota di Stefan. Purtroppo Damon rimaneva
sempre il solito stronzo
con le altre persone.
“Sputa il rospo” sbottò. Ora era davvero
incuriosito.
Bonnie aprì la bocca e parlò velocemente:
“Penso di aver
trovato il modo di far tornare umano un vampiro, ma forse è
una sciocchezza.
Cioè voglio dire, ho pensato che tu dovessi saperlo e
comunque…” blaterava
Bonnie. Il succo del discorso Damon lo aveva afferrato:
“Approfondisci le tue
ricerche”. Avanzò di un passo e le chiuse la porta
in faccia, lasciandola
parlare da sola indisturbata. Tanto sapeva che la sua ultima frase
l’aveva
sentita, ma anche se non lo avesse fatto, il vampiro sapeva che avrebbe
continuato lo stesso a cercare.
***
Sì,
la polvere mi era costata parecchio. Più del denaro e
dell’oro. E allora, se non l’avevo usata per quello
che inizialmente pensavo di
usarla, perché non utilizzarla per realizzare il sogno di
Elena, se ci teneva
davvero così tanto? Perché ci teneva, e lo sapevo
bene.
Accanto a me c’è la foto che quel signore gentile
che
aveva conosciuto Elena nella sua vacanza precedente nello stesso posto
ci aveva
scattato per ricordarci per sempre di quella settimana romantica
sull’isola. Era
un tipo socievole e simpatico; Elena lo adorava: forse
perché le ricordava i
suoi genitori, non lo so.
Era stata scattata al molo, dove lo avevamo visto per la
prima volta. Al nostro ritorno dall’isola ci aveva salutati
con allegria e
aveva proposto l’idea di scattarci quella foto. Elena era
felice e lo si
deduceva chiaramente dal suo sorriso aperto, luminoso e naturale.
D’altronde le
avevo appena promesso di trasformarla (con tutti i miei più
grossi rimpianti) e
le avevo chiesto di sposarla. E l’avevo fatta volare. Quando
pensavo che quel
sorriso meraviglioso era frutto di buone azioni che io
avevo compiuto mi veniva da sorridere pure a me.
Quando aveva volato con me, su quella spiaggia era stato
stupendo vederla felice. Davvero felice, per la prima volta…
“Damon?” mi chiama qualcuno. Mi volto e vedo la
testa di
Stefan che sbuca tra lo stipite e la porta. “Dovresti andare
ora” mi informa.
Annuisco e rifaccio per l’ennesima volta il nodo alla
cravatta. “Arrivo” rispondo. Un’altra
cosa che ho fatto e che riesce a
sorprendere me stesso: ho scelto mio fratello come mio testimone di
nozze.
Stefan entra nella stanza e guarda la foto che ho
osservato nell’ultima mezz’ora:
“Damon… è davvero felice,
qui” nota senza una
punta di rammarico nella voce, indicando Elena.
“Sì, lo è. Ma non voglio che tu pensa
che l’ho costretta”
dico fissandolo negli occhi.
“Lo so. L’ho mandata io da te; le ho fatto capire
che tu
eri la scelta giusta” spiega Stefan.
“Ma non l’hai costretta” puntualizzo.
“La scelta è stata
sua. Solo e soltanto sua. Quindi poniamo fine a questa lotta tra
fratelli.
Facciamola finita” dichiaro tendendogli la mano.
Mi guarda come se lo stessi prendendo in giro: “Sei
serio?” chiede scrutandomi per bene.
Annuisco e lui, dopo un attimo di esitazione, me la
stringe.
“Ora andiamo, testimone” dico, e ci avviamo verso
il
bellissimo prato verde (Elena aveva preteso di sposarsi in una radura)
dove si
sarebbe svolta la cerimonia.
Angolino
della Matta Fra
Salve gente!
Ok, ok, non
uccidetemi. È un mese, anzi di più che non
aggiorno. Ormai siamo alla fine e
questa volta dovrei avere più o meno tutto pronto per
concludere questa storia.
Arriverò ai dieci capitoli e poi fine: la mia prima long-fic
sarà terminata!
Yuphy! Sono così contenta perché è un
traguardo, ma sono anche triste perché
adoro questa storia e ho visto un grosso apprezzamento anche da parte
vostra,
quindi grazie mille.
Ho
notato che le recensioni sono un
pochino calate… non che siano poche, intendiamoci, ma
è brutto vedere che da 12
(o.O) arriviamo a 7… FATEVI AVANTI, BASTA SOLAMENTE UN
COMMENTINO PICCOLINO PER
DIRMI CHE NE PENSATE! C’è tanta gente che ha
aggiunto questa storia tra le
preferite, le seguite e le ricordate, quindi spero davvero che mi
diciate
quello che pensate e quello che vi ha spinto a leggere questa fan
fiction.
Il prossimo
capitolo sarà sempre POV Damon e sarà la
continuazione di questo con la scena
al presente del matrimonio. Spero che vi sia piaciuto questo chappy,
che per me
è stato piuttosto complicato perché ho dovuto
rileggere la storia per trovare i
punti significativi da riportare con i pensieri di Damon.
Grazie mille
a: Glo
che commenta
sempre OGNI cosa che scrivo.
Maria_Somerhalder
che sopporta i miei ritardi ma nonostante questo è spesso la
prima a recensire.
Stella94
che
recensisce sempre e attende (non so come: con pazienza o imprecando?)
le mie
recensioni che presto arriveranno.
Marghi che
c’è sempre per qualsiasi cosa. Grazie cara!
Vorrei
dedicare questo capitolo a Giuls_Salvatore
che è ritornata e mi ha dedicato il capitolo.
Spero che un giorno ricapiterai anche sulla mia storiella.
E grazie
anche a sciarpa_a_righe
che
sopporta quello che scrivo quando non capisce nulla sui vampiri. Grazie
compagna di Galilei, godiamocela prima che torni Settembre e rivediamo
la Pa***
(in caso sua figlia capiti qui). J
Appello a Naduzza: dove
seiiiiiiiiiii??
Infine grazie a laura_the_vampire_slayer
che mi ha spoilerato dettagli succosi sulla 3x10 si True Blood: Eric e
Sookie
4ever and ever!
Bacioni a tutte