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Autore: ponlovegood    08/07/2011    6 recensioni
Raccolsi una rosa caduta a terra.
Era bella, proprio come te.
Era rossa e brillante ed il suo colore spiccava tra il grigiore di quel luogo. Eppure era così fragile; potevo quasi sentire la sua vita che andava prosciugandosi tra le mie mani. Mai avrei pensato che anche tu potessi essere così fragile.
Tutto finiva, tutto periva.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Un po' tutti, Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Akai kasa
L’ombrello rosso

Raccolsi una rosa caduta a terra.
Era bella, proprio come te. 
Era rossa e brillante ed il suo colore spiccava tra il grigiore di quel luogo. Eppure era così fragile; potevo quasi sentire la sua vita che andava prosciugandosi tra le mie mani. Mai avrei pensato che anche tu potessi essere così fragile.
Tutto finiva, tutto periva.
Sentii il tocco leggero di un mano sulla mia spalla e quando mi voltai trovai ad accogliermi un debole sorriso di incoraggiamento. La mano di Yutaka ancora stringeva la mia giacca, ma il suo sguardo si spostava irrequieto da me al portone di legno.
Era ora di andare.
Senza dir nulla lo superai e mi diressi verso il portone con passo deciso. Dietro di me potevo sentire i passi del Rida che facevano scricchiolare la ghiaia.
In qualche modo lui cercava di starmi vicino, ma non riuscivo ad accettare quella –che sul momento mi sembrò- compassione.
Più mi avvicinavo più sentivo le budella contorcersi, fino a farmi provare un senso di nausea. Mi arrestai all’improvviso e Yutaka mi guardò preoccupato.
‘Smettila!’  avrei voluto gridargli. ‘Non devi preoccuparti per me, posso farcela anche ad solo’
Sì, potevo. Potevo resistere.
O meglio: dovevo farlo.
Yutaka non aveva la forza per sostenerci tutti; dovevo occuparmene anch’io. Dopotutto quello era solo colpa mia.
Sentii la sua mano stringere la mia in segno di conforto e questa volta accettai quel minimo di sostegno che cercava di darmi e strinsi la sua a mia volta.
Improvvisamente fu come se un senso di vuoto si propagasse dentro di me. Tutto era come confuso e facevo fatica a ricordare persino il motivo per il quale mi trovavo lì. Rivolsi uno sguardo vacuo leggermente confuso a Yutaka, ma lui sembrò non accorgersene e lasciò andare la mia mano per aprire la porta.
L’unica certezza che avevo era che ti avrei trovato dall’altra parte, pochi secondi avrei potuto vederti..
.. e infatti eccoti là, circondato da tante rose bianche. Il bianco non era mai stato il tuo colore, perché mai lo avevano scelto?
Mi sedetti vicino a  Yutaka, accanto a lui c’erano Takacchan e Ryokun; entrambi mi rivolsero uno sguardo pieno di tristezza attraverso gli occhi rossi e stanchi. Io riuscii solo a guardarli con occhi assenti.
Ero come completamente svuotato da qualsiasi emozione e tutto mi sembrava estremamente distante. Mi sentii nuovamente come davanti al portone: a tratti non ricordavo più perché fossi seduto in quel posto, circondato da gente affranta.
Eppure avevo la sensazione che mi mancasse qualcosa, come se un pezzo fondamentale di me fosse saltato via. Avrei anche potuto avere la risposta davanti ai miei occhi, ma non sarei riuscito a riconoscerla.
Quel senso di smarrimento era frustrante.
Improvvisamente sentii Yutaka scuotermi leggermente e vidi i miei due altri compagni alzarsi in piedi. Li seguii stancamente senza staccare gli occhi da un punto della parete bianca.
Quando gli altri si fermarono fui costretto a farlo anch’io e il mio sguardo si posò sul tuo sorriso che mano a mano lasciava spazio a tutti i tratti del tuo viso, dal naso dritto e perfetto ai tuoi occhi di un profondo castano, incorniciati poi dai lunghi capelli dorati. Sorridevi, ma non ai presenti in sala. Non a Yutaka, a Takanori o a Ryo. Non a me. Sorridevi all’obbiettivo della macchina fotografica che aveva immortalato per sempre quel tuo istante di vita.
Mi voltai verso il nostro leader della chioma corvina, cercando conforto nel suo sorriso rassicurante, mentre mille immagini e voci affioravano nella mia mente e rendevano tutto maledettamente reale.  
Tuttavia quando vidi tante piccole lacrime rigare il suo volto mi sentii raggelare e indietreggiai. Non riuscivo a sopportare di vederlo in quello stato. Non lui, non il nostro Kai!
Ed era di nuovo colpa mia.
La consapevolezza di ciò che stava succedendo si faceva sempre più nitida nella mia testa ed io cercavo incessantemente di ricacciarla indietro. Ma infondo lo avevo sempre saputo cosa stava davvero succedendo.
Solo in quel momento mi accorsi di avere ancora in mano la rosa rossa.
Era sempre bella, non si era sgualcita neanche un po’.
Rimasi lì a guardarla, ma era come se i miei occhi si perdessero nel suo rosso vivo.
Improvvisamente una mano si sovrappose alla mia stringendo a sua volta la rosa.
«E’ un bel colore il rosso, non trovi?» mormorò Yutaka, quasi in un sussurro.
Riuscii a malapena ad annuire. Lui mi guardò nuovamente e guidò la mia mano vicino alla tua foto. Lasciò andare la presa e così feci anch’io.
Una piccola rosa rossa cadde in mezzo a tutte le altre; quel suo colore spiccava tra il candore del resto e sembrò portare una goccia di allegria.
Yutaka mi sorrise; le lacrime non c’erano più, ma i loro segni erano ancora perfettamente visibili sulle sue guance, come su quelle di Ryo e Takanori.
In quel momento il desiderio di poter tornare a quello stato di totale apatia di prima era più forte che mai, ma ormai la consapevolezza di tutto aveva preso possesso di me. Per quanto potessi cercare di negarlo a me stesso sapevo perfettamente cos’era quel luogo e perché tutta quella gente era riunita lì.
Avrei voluto solamente potermi addormentare e non svegliarmi più. Niente più preoccupazioni, niente più dolore, niente più te, o meglio, il ricordo che di te rimaneva.
 
Davanti alla lastra di pietra che dovevi essere tu mi sentii ancora peggio se possibile. Cose ne restava di te? Solo più un freddo pezzo di granito, con sopra incisa una qualche frase di convenienza. Neanche tutte le parole del mondo sarebbero stati sufficienti per dire che persona speciale tu fossi.
Non avevi più il tuo sorriso gentile, non mi avresti più guardando con i tuoi occhi profondi, non avrei più potuto assaporare il tuo profumo. Non era più Kouyou. Eri solo un freddo pezzo di granito.
Una rabbia spaventosa divampò dentro di me e mi sentii furioso con te. Perché te n’eri andato e mi avevi lasciato lì? Te n’eri altamente fregato di noi che restavamo. Tutto quello che con te era arrivato ora non c’era più; scomparso nel giro di pochi istanti, il tempo di girare la curva in moto.
Ma ben presto la rabbia verso di te svanì anche perché si trattava di una rabbia insensata. Era colpa mia, non tua.
La consapevolezza si impadronì nuovamente di me, ma in quel momento non c’erano altri sentimenti più forti che la scacciassero. Lasciai che mi avvolgesse completamente; forse ammettere tutto quello mi avrebbe fatto sentire meglio.
Senza rendermene conto ero rimasto solo. Mentre mi crogiolavo nella mia disperazione e nel senso di colpa avevo probabilmente ignorato i miei amici che cercavano di convincermi ad andare a casa, a riposare. Ero stato egoista anche con loro. In quel mio turbinio di pensieri avevo anche pensato che loro non potevano comprendere i miei sentimenti, ma ora capivo che non ero l’unico ad aver perso qualcuno di molto importante. Anche se forse il mio concetto di volerti bene era sempre stato un po’ diverso dal loro.
Ed era stato proprio quel mio sentimento a portare a tutto quello. Se quella sera la mia gelosia non fosse scattata come una molla allora non avremmo litigato e tu non saresti uscito in fretta e furia e non avresti dimenticato il casco.
Amarti era stata la mia e la tua condanna.
Eppure non riuscivo a cancellare quel sentimento dal cuore, come se qualcuno ve lo avesse inciso.
Lo sai? Io ti amavo davvero.
«Ti amo.. davvero» prima fu solo un lieve sussurro quello che udii uscire dalla mia bocca.  Mi sentivo un idiota; tu non potevi sentirmi. Eppure non mi fermai.
«Ti amo» questa volta le parole si fecero largo con più intensità tra le mie labbra.
«Ti amo!» finalmente potevo liberare i sentimenti che troppo a lungo avevo tenuto solo per me. Sentivo la mia voce mescolarsi col vento e perdersi in esso.
Tuttavia insieme al senso di liberazione arrivò un dolore lancinante al petto, non qualcosa di fisico, ma che arrivava dal profondo del mio essere. Il pezzo che mi mancava eri proprio tu e ammettere ad alta voce i miei sentimenti per te che non c’eri più faceva bruciare la ferita dentro di me.
Sentivo un vuoto incolmabile lì dove tenevo tutti i tuoi ricordi e già mi sembrava di vederne sparire alcuni. Col tempo se ne sarebbero persi altri ed io non volevo. Non volevo perdere una delle poche cose che mi rimanevano di te. Mi aggrappai a tutti e i ricordi felici che riuscii a trovare. Rividi il nostri primo incontro. La sala prove. I live. I pomeriggi passati a ridere. Pile di film appena affittati accanto a una marea di popcorn.
Le parole non smettevano di sgorgare dalle miei labbra, ed erano sempre le stesse.
Sulla mia guancia rotolò una piccola gocciolina, subito seguita da un’altra ed da un’altra ancora. Alzai la testa, ma dal cielo grigio non sembravano cadere gocce.
Le lacrime presero a scorrere silenziose sulle miei guance. Senza più dir nulla lasciai scivolar fuori dai miei occhi tutte quelle lacrime che non avevo pianto da quanto tu.. te n’eri andato. Fu meno doloroso del previsto e fu forse la sensazione migliore che avessi mai provato di lì a diversi giorni.
Non mi accorsi delle nuvole nere che si addensavano e della pioggia che cominciava a cadere fitta. Non importava.
Rimasi semplicemente lì dov’ero, chino verso la tua tomba. La pioggia scendeva lungo il mio volto mischiandosi alle lacrime per poi cadere a terra e formare piccole pozzanghere ai miei piedi. Sentivo freddo, ma non avevo il coraggio di andarmene e lasciarti indietro.
Toccherà a noi andare avanti ed io porterò con me il peso delle mie scelte. Tu invece rimarrai lì, sempre un passo dietro di noi, ma non potremo raggiungerti.
Ero talmente concentrato su quella moltitudine di pensieri che mi affollavano la mente che non mi accorsi della figura che avanzava verso di me. Quando pochi passi ci separavano sentii lo scricchiolio della ghiaia e subito pensai a Yutaka, ma quando volsi lo sguardo in quella direzione scoprii che non era lui.
Una ragazza mi guardava con sguardo rassicurante da sotto il suo ombrello rosso.
Vidi un sorriso gentile aprirsi sul suo volto, poi i miei occhi si spostarono velocemente verso i suoi: di un profondo castano. I capelli dorati le incorniciavano il volto fino all’altezza delle orecchie. Avanzò di  qualche passo e con semplicità allungò l’ombrello rosso, in modo da riparare entrambi.

 
pon’s chat

Modifica del 23 Settembre 2011
I cambiamenti apportati riguardano solo la parte ‘grafica’ della storia; il contenuto è rimasto inalterato.
Dato che, quanto ho postato questa shot, non ho detto poi molto, vorrei scrivere un commentino un po’ più decente.
Queste quattro pagine hanno un grandissimo significato per me e tento davvero moltissimo a questa storia. Stranamente è uno dei miei pochi lavori (qui su EFP non vedete molte fan fiction per il semplice fatto che non oso postare quelle che tengo nel pc lol) che mi soddisfa davvero.
Sarebbe bello avere di nuovo l’ispirazione per una fic decente *sospiro*
Qui vi lascio il commento originale:
 
Zalve *A* Pon a rapporto!
Allora~ questa one-shot era scritta su un vecchio quaderno e se ne stava a prendere polvere da un anno. Oggi finalmente mi sono decisa a riprenderla in mano.
Che dire?
Qui c’è la mia coppia preferita e nonostante possa essere triste come storia ci sono molto affezionata.
Voglio ringraziare immensamente la mia migliore amica che ha perso tutto il pomeriggio a leggerla e a rassicurare una povera me sclerata XD
Qui vi lascio.
 
Chu~♥

  
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