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Autore: _amethyst_    09/07/2011    8 recensioni
« No, non è uno scherzo: è stata tutta colpa sua.
Colpa dell’unico individuo della casa che assisteva senza essere protagonista, colpa di colui che inconsapevolmente ha causato tutto.
Non sono pazza: è stata colpa di quel gatto! »
- Prendiamo due cugine, castane e completamente diverse l'una dall'altra.
Prendiamo due amici, uno smielato potenzialmente figo e un musone che crede di saper scrivere canzoni, anche lui potenzialmente figo.
Prendiamo due ex, un biondo gay effettivamente figo e una piattola bionda con la mania dell'ordine.
Prendiamo un gattaccio puzzolente e dal muso schiacciato di nome Parmigianino.
Mescoliamo insieme questi elementi in un unico calderone e ne deriverà un disastro.
Un ENORME disastro.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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TUTTA COLPA DI PARMIGIANINO
partenza,






 
- Prue vuoi spegnere quella STRAMALEDETTA svegliaaaaaaa?!!! -
Lunedì mattina. Ore 5.01 e 34 secondi.
Sembra tanto una normale esclamazione isterica provocata dal suono alquanto irritante di una sveglia decisa a trapanarti il cervello fino all’ultimo, ma in realtà è stato l’inizio di tutto. 
Sì, perché quel lunedì non era un giorno come un altro e, purtroppo, io e mia cugina ce ne ricordammo un po’ troppo tardi.

 
 
OH MERDA! - fu la mia reazione molto matura quando rammentai, esattamente alle 7.03 del mattino, che proprio quel lunedì saremo dovute partire.
Il motivo scatenante della mia reazione, che  fu quella di lanciare le lenzuola in aria, farle arrivare fino al soffitto, inciampare goffamente su ogni oggetto esistente e buttarmi a capofitto su mia cugina lanciando un agghiacciante ululato da film horror fu la consapevolezza che alle 8.30 in punto saremmo dovute già essere all’aeroporto, accessoriate di biglietto e di valigia nonché profumate, lavate e vestite in modo decente per salire sull’aereo.
Azioni che richiedevano tutte quante, nessuna esclusa, una vasta quantità di tempo che noi avevamo ampiamente sprecato ronfando come maiali.
- Ahi!!! Perché mi sei saltata addosso…? E perché gracidi come una rana??! - chiese Prudence, con il tono lamentoso di una ancora del tutto tramortita dal sonno. 
Non aprì gli occhi ma, se possibile, si ancorò ancora di più al cuscino che, come al solito, si era tenuta per lei per quasi tutta la notte. 
-CHE-DIAVOLO-CI-FAI-ANCORA-ADDORMENTATA???!!!!!! VEDI-DI-MUOVERTI-SE-NON-VUOI-CHE-TI-LANCI-ADDOSSO-UNA-SECCHIA-DI-ACQUA-GHIACCIATA-E- TI-STAMPI-SUL-CULO-IL-TACCO-DEGLI-STIVALI!!!!!! TI-RENDI-CONTO-SPECIE-DI-CAPRA-TROGLODITA-CHE-SONO-ESATTAMENTE-LE- 7.04 E-CHE-DOBBIAMO-ESSERE-ALL’AEROPORTO-ALLE 8.30???!!! -
Ululai tutto così in fretta da non impiegarci nemmeno quattro secondi, non avendo scandito le parole come imponeva il corretto uso della lingua italiana, ma quei quasi quattro secondi bastarono a sortire l’effetto sperato… volendo.
Mia cugina cadde con la leggiadria di King Kong sulle mattonelle e in meno di mezzo millesimo secondo si era già risollevata ed era già ri-inciampata sulle lenzuola che pochi secondi prima avevano fatto amicizia con il lampadario. 
Beh, non si poteva dire che non si fosse svegliata del tutto!
Dopo vari tentativi di rimettersi in posizione eretta senza incespicare in qualcosa, riuscì a sollevarsi dal pavimento e a guardarmi ad occhi sbarrati. 
- Perché non mi hai svegliata prima?!!! - mi chiese, strillando.
- Ti ricordo che quella che ha spento la sveglia due ore fa’ sei stata tu e non io di certo!!! -
- Cosa, cosa, cosa???!!! Sei stata tu a dirmi di spegnerla se non te lo ricordi bene! -
- E ovviamente a te non è neanche passata per l’anticamera del cervello l’idea che fossi talmente intontita dal sonno che stessi parlando a vanvera!!! -
- E a te invece non è passata neanche per il giardinetto del cervello che fossi talmente intontita dal sonno da non riuscire a fare qualcosa di sensato!!! -
- Ma tu non fai mai niente di sensato!!! -
- LA VOLETE PIANTARE?! QUI C’È GENTE CHE DORMEEE!!! - quell’urlo disumano proveniva senza dubbio dalla stanza affianco, dove dormivano Logan e Kimberly. Riconobbi la vocetta stridula di Kimberly ed ebbi il buonsenso di tappare la bocca.
Effettivamente erano le 7.05 del mattino ed era logico che fosse presto per mettersi a litigare come delle ossesse, soprattutto quando in casa c’erano altri che non avevano l’obbligo di prendere un aereo alle 8 e mezzo!
Io e mia cugina ci trucidammo con gli occhi, poi spostammo lo sguardo verso la porticina in fondo alla stanza: il bagno.
Ci guardammo di nuovo e allora capii. 
Mi misi a correre verso quella porta, talmente veloce da fare concorrenza a Speedy Gonzales, ma ci ritrovammo tutte e due con le mani sulla maniglia. 
Niente da fare, non mollava la presa; e nemmeno io.
- Lasciami il bagno!!! - strillò, ma non dovevo demordere.
- No! Lasciamelo tu! - risposi a tono.
- Neanche per idea! -
- Lasciamelo ho detto! -
- E io ho detto di no! -

 
Alla fine, dopo minuti sprecati a litigare in perfetto stile “mammaaaa mi ha rubato le caramellee” trovammo un modo molto maturo e degno di due diciottenni diplomate con il massimo dei voti di scegliere chi per prima dovesse entrare nel bagno: 
ci sfidammo a morra cinese.
Lo ammetto, effettivamente non era un modo molto maturo, ma era quello più efficace e più rapido, dato che ci serviva essere veloci come razzi. 
Ovviamente con la grandissima fortuna (si fa per dire) che mi ritrovavo vinse Prudence che con un ghigno soddisfatto entrò in bagno. 
Aspettai pazientemente, sperando che non si dilungasse troppo a contemplare pancia inesistente o fantomatici chili di troppo che evidentemente non aveva, come faceva di solito. 
Ma dieci minuti più tardi era già fuori: doveva aver capito che non era il momento giusto per guardarsi allo specchio. 
Entrai immediatamente e mi feci una doccia rapidissima, che mi diede almeno modo di non puzzare come una capra di montagna, e mi spazzolai i capelli.
Niente piastra, pensai con una fitta di orrore per le condizioni pietose in cui si trovavano i miei capelli.
Non dubito che se la donna delle pulizie mi avesse trovato immobile a testa in giù mi avrebbe scambiato senza alcun dubbio per una scopa. 
Pazienza, quando mi sarò sistemata nella nuova casa avrò modo di rendermi accettabile.
Per fortuna ero stata dieci volte più veloce di mia cugina, che era ancora alle prese con la scelta dei vestiti…aspetta un attimo… scelta dei vestiti?!
- Prue non stiamo di certo andando ad una sfilata di moda, dobbiamo soltanto metterci addosso qualcosa e riuscire a salire su quel maledetto aereo prima che prenda il volo! Quindi muovi quelle chiappe, prendi la prima cosa che ti capita e indossala senza troppi convenevoli, please! -
Lei mi guardò stizzita, come se avessi appena urlato una parolaccia impronunciabile.
- Ma così non è giusto! Metti che incontri su quell’aereo l’uomo della mia vita e io non lo sappia, eh? Eh? Ti sembra giusto?! -
- Non me ne importa un accidente Prue! Muoviti e basta, altrimenti sull’aereo del “ragazzo della tua vita”… - mimai con le dita le virgolette - …non riuscirai a metterci neanche la punta del tuo grazioso piedino! -
- Dai cugi! Cerca di essere meno acida! -
La guardai incredula, arrestandomi di botto. 
Meno acida eh? pensai, irritandomi all’istante.
Sembravo una pazza omicida: i capelli gonfi e tremendamente mossi, gli occhi spalancati colmi di incredulità e una scarpa tacco 12 nella mano destra come possibile arma del delitto.
Sì, sembravo una pazza omicida, anche se il verbo ‘sembrare’ non sembra più tanto adatto alla situazione; in quell’istante avrei davvero potuto uccidere mia cugina.
- Meno acida?! Arriveremo all’aeroporto in ritardo cosmico, saliremo sull’aereo in tempo record, sempre se riusciamo ad entrarci ovviamente, ho i capelli che non sembrano capelli ma una massa arruffata di peli di gatto che danno l’indubbia idea di una scopa, sono sudata come un maiale, non profumo di violette come al solito, ho il nervosismo alle stelle e TU… tu mi dici di essere MENO ACIDAAAA???!!! - misi talmente tanta enfasi nelle ultime due parole da spaventare per davvero Prudence, che arretrò visibilmente. 
- Scusa, allora continua ad essere acida come prima… - alzò le mani in segno di resa, ridacchiando nervosamente. No, non era decisamente il momento giusto per farmi incazzare.
- Allora muoviti a metterti la roba che io sono già pronta! E… per l’amor d’Iddio Santissimo vorrei farti sapere che sono le 8 meno un quarto! Pensa che dobbiamo fare il viaggio di qui all’aeroporto che è una buona mezzoretta e si fanno le 8 e un quarto! Poi dobbiamo fare i biglietti, salutare i nostri genitori e prendere l’imbarco!!! Come cazzo facciamo??? -
- Ah non lo so. In qualche modo ce la faremo ovviamente! Ricordati i soldi e la valigia! -
- Come fai ad essere sempre così ottimista?! Sei irritante a volte, anzi molto spesso. -
- Sei tu che sei troppo pessimista. - rispose semplicemente, innervosendomi ancora di più per quel sorrisetto rilassato che le si era dipinto in volto. 
Lei tranquillamente tranquilla e io nervosamente nervosa! pensai, ok basta con questi giochetti di parole patetici…
A malapena mi accorsi che i minuti passavano, quando la voce di Prudence mi risvegliò dal momentaneo torpore in cui ero sprofondata.
- Ehi, io sono pronta. Possiamo andare. -
- Finalmente! Prendiamo la mia macchina. -
- Guido io alloraaa! -
- Nuooooooooooooo!!! -
- Perchè no?! - 
- Guidi come un bradipo, in situazioni come queste è meglio la mia guida. -
- Io non sono lenta guidando, rispetto il limite di velocità! -
- Appunto. Se rispettiamo il limite di velocità quell’aereo non lo vediamo nemmeno con i binocoli. - prima che potesse aprire bocca per replicare dissi - niente ma! Fai come ti dico e basta… per una volta! - Prudence non replicò. 
Si limitò a caricare in macchina le valigie e i bagagli a mano, sedendosi poi sul sedile del passeggero in religioso silenzio.

 
 
Correvamo con i biglietti stretti tra le dita, mentre la voce della hostess chiamava i passeggeri ritardatari come noi. Quando passammo da quelle parti notammo con una stretta al cuore i nostri genitori. Purtroppo non potevamo fermarci a salutare, altrimenti avremmo perso il volo, così sventolammo una mano in segno di saluto e loro risposero, un po’ confusi. 
All’arrivo gli avrei spiegato tutto con calma.
Fortunatamente riuscimmo ad imbarcarci senza problemi, merito di qualche spintone (degno di una bimbaminchia al concerto del suo gruppo preferito) a qualche uomo d’affari un po’ troppo di disturbo al nostro passaggio, e quando finalmente mi sedetti al mio posto chiusi gli occhi, tirando un sospiro di sollievo. Per fortuna non mi avevano sistemata vicino al finestrino, altrimenti mi sarei sentita male. Prudence intanto guardava davanti a sé, sfinita.
Come darle torto in fondo? La notte prima con gli amici avevamo fatto baldoria fino a tardi, avevano insistito per passare la nostra ultima serata insieme prima della partenza ufficiale, e le occhiaie che ci contornavano gli occhi come dei panda ne erano la prova evidente.
- Ce l’abbiamo fatta… in un ora e mezzo. Non credevo che fosse possibile fare tante cose in soli novanta minuti e invece ce l’abbiamo fatta. -
- Mmm. - rispose con un mugolio Prudence, chiudendo gli occhi.
- Prue, ti rendi conto che stiamo partendo alla volta di Roma??!!! Cambiamo vitaaa! Scommetto che l’Università è bellissima, non vedo l’ora di andare! E poi chissà che coinquilini ci toccano, magari sono anche carini! Speriamo, anche perché… - venni improvvisamente interrotta da una strana sensazione. Mi voltai con le sopracciglia leggermente aggrottate e sobbalzai. Sbattei le palpebre, accigliata.
Il vecchietto del sedile dietro mi aveva pizzicato la spalla.
La visione era orribile, ma tentai di tirare fuori la miglior faccia cortese per evitare di mostrare la mia perfetta faccia schifata; aveva rughe dappertutto, forse anche nei capelli, e dal naso gli spuntava una massa di peli folti e grigi: sembravano aghi. Che schifo.
- Sì? - chiesi, pregando in greco, in cinese, in giapponese e in aramaico che quelle agghiaccianti cose grigie che gli spuntavano dalle orecchie non fossero lo stesso dei peli. 
Le mie preghiere però a quanto pare non ebbero nessun effetto, perché quelli erano proprio schifosi peli delle orecchie.Oddei, è più peloso di me da bambina. 
Non lo ritenevo possibile e invece… pensai, inorridita.
- Credo che la signorina accanto a lei si sia addormentata e che non abbia sentito una parola di quello che lei ha appena detto. - era come in un film di Matrix. 
Avevo notato con i raggi X la nuvola verde che usciva dalla bocca del vecchietto e avrei tanto voluto piegare la testa all’indietro ed evitare quel terribile alito di gatto morto che sentii subito dopo. Triplo che schifo. Bleah. Puu. E infiniti esclamazioni rimasero confinate nella mia mente.
Quando mi ripresi da quell’alito altamente tossico feci un sorrisetto e mi voltai, tramutandolo in un’espressione sconvolta da “Ma che bella figura di merda… e che alito di merda!”
Scossi la testa e per ripicca diedi una gomitata a mia cugina, che si rigirò nel sonno.
Il viaggio verso l’aeroporto era forse una delle scene che nella mia vita non avrei mai dimenticato. 
Avevo superato la soglia dei 180 partendo in sgommata, schivando prontamente cani, gatti, topi, ricci, procioni, pinguini e vecchiette come in un film di Fast and Furious e, in seguito ad uno sfortunato pronto intervento di mia cugina che aveva tentato di mettere il piede sul freno, avevo pressato ancora di più l’acceleratore, trovandomi a guidare a 200. 
Il viaggio per l’aeroporto era durato meno di un quarto d’ora.
Prudence era uscita dalla macchina con le gambe che le tremavano e aveva vomitato per cinque minuti buoni, facendomi perdere ancora più tempo. 
Ma era normale; se non avessi avuto uno stomaco di ferro avrei fatto lo stesso.
La guardai e la prima cosa che mi venne in mente fu la nostra diversità. 
Tanto fisicamente quanto caratterialmente.
Io avevo i capelli castano scuro, mossi e lunghi fino a sotto le spalle e gli occhi castani (scuri anche questi). Di media statura e nella norma come peso. 
Pessimista fino all’osso, sfortunata fino al midollo e lunatica fin dentro le piastrine. 
Questa ero io, o così mi definivo, Bethany Stephens. 
I miei amici più stretti e la mia famiglia mi reputavano la persona più pazza e vendicativa della Terra, e su questo concordo. 
Altri mi reputano una bella ragazza, e su questo non esprimo il mio parere. 
Non mi piaccio granché, non ci posso fare niente, anche se ogni tanto mi sorprendo a guardarmi allo specchio, cercando qualcosa di particolare sul mio viso che potesse regalarmi un po’ di autostima in più. 
Prudence Gray invece non potrebbe essere più diversa da me.
Altissima, talmente magra da poterle contare le ossa della gabbia toracica, ottimista, logorroica e… la persona che mangia di più su questa Terra! 
Chi l’avrebbe mai detto eh? Magra ma golosa.
Era castana, sia di capelli che di occhi, ma di un colore più chiaro rispetto al mio. 
Diverse come il Sole e la Luna.
Io ovviamente la Luna. 
Misteriosa, lontana, luminosa e, spesso e volentieri, divisa in due metà: quella di sempre e quella mai conosciuta. 
Lei ovviamente il Sole.
Solare, allegra e trasparente come un diamante. 
Era facilissimo capire cosa le passava per la mente.
Diverse anche sotto un altro punto di vista. 
Prudence odiava farsi chiamare Prudence. 
Preferiva farsi chiamare Prue. Odiava il suo nome. 
Io invece amavo farmi chiamare Bethany e se qualcuno osava chiamarmi Beth o Betty o qualsiasi altro nomignolo similare non gli rivolgevo la parola per giorni interi. 
Sia chiaro, odio i diminutivi, anche perchè non mi si addicono affatto, anche se quando stavo con Manuel amavo farmi chiamare stellina. 
Sorrisi avvolta dai ricordi, poi chiusi gli occhi, stanca e stressata dalla corsa, addormentandomi quasi all’istante.
   
 
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