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Autore: Fuffy91    11/07/2011    3 recensioni
“ Gli Stuart?”
Chiesi ad Edward, mentre spegnevo l’autoradio.
Erano ormai da poche ore che avevamo lasciato l’hotel Butterfly. La Mercedes di Carlisle era davanti alla nostra auto , seguita dal sub di Emmett. Alice ci aveva scherzosamente superati, a cavallo della moto argentata di Edward, guidata perfettamente da Jasper.
Era già da cinque giorni che avevamo lasciato Forks per dirigerci a Londra. Nel mese di settembre era una città particolarmente piovosa e le nuvole gonfie di pioggia nascondevano perfettamente i deboli raggi del sole di fine estate. Un clima perfetto per ospitare una piccola famiglia di vampiri.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 1

Bella.

 

“ Gli Stuart?”

Chiesi ad Edward, mentre spegnevo l’autoradio.

Erano ormai da poche ore che avevamo lasciato l’hotel Butterfly. La Mercedes di Carlisle era davanti alla nostra auto , seguita dal sub di Emmett. Alice ci aveva scherzosamente superati, a cavallo della moto argentata di Edward, guidata perfettamente da Jasper.

Era già da cinque giorni che avevamo lasciato Forks per dirigerci a Londra. Nel mese di settembre era una città particolarmente piovosa e le nuvole gonfie di pioggia nascondevano perfettamente i deboli raggi del sole di fine estate. Un clima perfetto per ospitare una piccola famiglia di vampiri.

Edward sorrise, mentre svoltava a destra, inseguendo Carlisle sulla tangenziale.

“ Si. Li abbiamo conosciuto tramite Tanya e le sue sorelle. All’inizio, erano diffidenti nei nostri confronti. Soprattutto Kayle, il maggiore. Ma poi, è bastato che Esme e Suzanne si guardassero, per istaurare un’amicizia solida e duratura.”

“ Suzanne è la capofamiglia, se non sbaglio.”

Edward annuì, mentre gli scostavo un ciuffo di capelli dalla fronte, in una leggera carezza.

“ Esatto. Lei ed Esme sono molto legate, anche perché hanno la stessa età.”

“ Cioè…sono cresciute nello stesso secolo?”

Dissi, distendendomi all’indietro, ammorbidendo i muscoli della schiena sul morbido schienale della Volvo.

Edward sembrava concentrato sulla guida, ma sapevo che il suo interesse era rivolto alle mie parole. Sorrise, palesemente divertito. Ormai, erano ore che lo tartassavo di domande su quella famiglia di vampiri, fino ad ora sconosciuta. La mia curiosità aveva preso il sopravvento a metà tragitto, quando avevo sentito, per caso, Alice confidare a Jasper, con tono entusiasta, il desiderio di rincontrare al più presto Heather.

Tutti i Cullen sembravano conoscere almeno un membro diverso di quel piccolo clan d’immortali. Per un momento, una sottile sensazione di esclusione mi aveva colta all’improvviso, lasciandomi basita. In fondo, presto li avrei conosciuti anch’io, quindi non c’era alcun bisogno di sentirmi in disparte dai discorsi dei miei fratelli acquisiti. Edward sembrava il più rilassato e, allo stesso tempo, il più indifferente di tutti, alla prospettiva di rincontrare quei vecchi amici.

Ma io lo conoscevo bene, ed era difficile che potesse ingannarmi. C’era un brillio febbricitante, che tremolava nei suoi splendidi occhi caramellati, ormai da tre anni riflesso dei miei. All’inizio del viaggio, ero sospettosa ed insicura sulla sua reale natura. Ma, ora che la meta era vicina, non riusciva più a dissimulare il suo entusiasmo, una tenue felicità che lo rendeva ancora più bello del solito, quasi un dio greco compiaciuto dell’operato dei suoi servitori umani.

“ Guarda, Bella. Il Tamigi.”

Mi riportò alla realtà, strappandomi dai miei pensieri e dalla contemplazione del suo profilo perfetto. Con un sorriso da bambina che vede per la prima volta il mare, mi sporsi dal finestrino, osservando a pieni contorni le acque scure del Tamigi, burbero e frizzante, nella sua piena. Mentre scorrevamo il ponte della Torre, ammirai il Big Ben, lussureggiante e ombroso, il cui orologio batteva le undici passate. Aprii il finestrino, lasciando che l’aria umida penetrasse nelle narici e che il vento fievole mi scostasse i capelli sciolti dal viso.

Rimpiansi di aver dimenticato la macchina fotografica e che Renesmee non fosse con noi ad ammirare il panorama. Edward, d’accordo con Carlisle, aveva preferito lasciarla alle cure di Jacob e di Charlie, che era felicissimo, insieme a Sue, di occuparsi per qualche settimana della sua unica e dolce nipotina.

Nessie era cresciuta più del solito in quegli ultimi anni e il solo pensare che, fra meno di cinque anni, sarebbe diventata un’adulta, mi entusiasmava ed intimoriva allo stesso tempo. Il mio egoismo voleva che rimanesse sempre una bambina, che la sua crescita si arrestasse e restasse sempre con me ed Edward, nella nostra casa, nella raduna verde e fiorita. Ma poi, osservavo il desiderio nascosto di Jacob luccicare nel profondo dei suoi occhi bui, il sogno di vederla crescere sana, forte e bellissima, di amarla non solo come amico, né come fratello, ma come un uomo ama una donna, con tutto se stesso, più di quanto non riuscisse già a fare. Jacob aveva molto da donare alla mia piccola Renesmee, lo sapevo, come ero convinta del fatto che, con lui al suo fianco, sarebbe stata protetta e felice come poche ragazze sapevano esserlo. Avrebbero vissuto un amore perfetto e completo, come quello mio e di Edward. Sarei stata felice per loro, per Nessie; ma in cuor mio, avrei sempre serbato l’amarezza di ogni madre, che vede sua figlia volare altrove, libera e lontana dal suo cerchio protettivo. Sospirai, comprendendo solo in quel momento l’apprensione di Renèe nei suoi confronti.

Edward si voltò verso di me, corrucciato e confuso di fronte alla mia espressione nostalgica.

“ Cosa c’è?”

Mi chiese, prendendomi la mano. Abbassai lo sguardo sull’intreccio delle nostre dita, e rafforzando la presa, gli sorrisi, grata per avermi strappato a quei pensieri malinconici e troppo precoci da poter ponderare in quell’istante.

“ Niente d’importante. Piuttosto, cosa mi dici? Siamo arrivati?”

Dissi, cercando di ritrovare il buon umore, per un attimo perduto. Edward analizzò il mio sorriso calmo e meditabondo, non sforzandosi nemmeno di guardare la strada, catturando i miei occhi in una presa dolce ma salda come l’acciaio. Mi lasciò libera dal suo esame, solo quando si ritenne soddisfatto e assicurato che davvero non ci fosse nulla che non andasse.

Rivolse la sua attenzione al tragitto, seguendo la Mercedes nera svoltare ad una curva, inoltrandosi ed attraversando il centro storico. Negozi d’alta moda sfidavano il mio sguardo ad incrociare le brillanti e sontuose vetrine. L’odore di fragranze profumate e di pane cotto al forno mi solleticò il palato e sembrava quasi che ne stessi gustando un boccone. Una scolaresca in grembiule oltrepassò il semaforo verde per i pedoni, ridente e scherzosa. Vidi una bambina con occhiali rotondi salutarmi allegra e non potei fare a meno di ricambiare quel sorriso imperfetto, per via di due denti da latte mancanti. Insegne di teatri e nightclub ancora in attivi, per via dell’ora, scorrevano incessantemente davanti al mio sguardo, finché non ci inoltrammo nelle zone residenziali, palazzi antichi di fine Ottocento, inizio Novecento, alti e particolari, con balconcini in ferro battuto tinti di bianco e in oro.

Ad occhio e croce, ci trovavamo nel West End, ad ovest del centro storico e a nord del Tamigi.

“ Non ancora.”

Mi rispose Edward, girando inaspettatamente, sempre preceduto dalla Mercedes di Carlisle e seguito dal sub di Emmett, che vidi dallo specchietto retrovisore ridere e parlare scherzosamente con una sorridente Rosalie, bellissima nel suo abito di chiffon rosato e leggero.

Improvvisamente, Edward si fermò, imitando Carlisle, che scese dall’auto, impeccabile nel suo completo grigio, con camicia bianca. Solo i capelli biondi luccicavano e la sua pelle nivea rimaneva priva di diamanti. Tirai un sospiro di sollievo, al pensiero che il cielo londinese era quasi efficiente come quello uggioso di Forks, a proteggere eventuali anomalie vampiresche.

Eravamo di fronte ad un cancello alto e in ferro, con arabeschi e fiori levigati nel bronzo ad adornarlo. Vidi Carlisle spingere un bottone al lato destro della colonna di marmo che fungeva come stipite. Poche parole, un sorriso accennato e un passo indietro per osservare l’elaborato cancello aprirsi come per magia.

La moto di Jasper si infiltrò facilmente, seguendo il vialetto in pietra, costeggiato da alberelli sempre verdi. Spalancai gli occhi, meravigliata di ciò che vedevo, mentre Edward, quasi con  piacere, procedeva lentamente per i suoi standard di guida.

Era un parchetto, verde e rigoglioso, con il rumore dolce dell’acqua di un ruscelletto che scorreva lontano, fra un cumulo di rocce naturali.

In base a ciò che mi aveva raccontato Edward, gli Stuart avevano comprato dallo Stato stesso un parchetto che si trovava ad est della piazza principale, tramutandolo in una sede residenziale, degna di una famiglia multimilionaria come la loro. Edward, divertito dal mio stupore, mi aveva rivelato che gli Stuart possedevano una fortuna forse più grande di quella della nostra famiglia.

La cosa mi stupì non di poco, visto che fino ad allora, non riuscivo proprio ad immaginare qualcuno che fosse più ricco dei Cullen.

Parcheggiammo l’auto in un vialetto ampio e spazioso, il doppio di quello di Villa Cullen, e cullata dal rumore delle foglie delle alte querce, che facevano da anticamera alla casa, smosse dal vento, mi voltai, spalancando subito la bocca per lo stupore incantato.

Di fronte a me, si trovava, in posizione centrale, una casa di ben cinque piani, color pesca, perfettamente in armonia con la natura circostante. Un’ampia vetrata al lato sinistro, lasciava intravedere i gradini di una scala a chiocciola. Sei finestre perfettamente quadrate davano sulla facciata principale, disegnando i contorni con finto marmo, liscio e luccicante, nonostante le nuvole ad oscurare il cielo, altrimenti assolato. Il tetto era in tegole placcate di bianco panna, che richiamavano i bordi delle finestre pulite e a vetri sottili. Alcune erano aperte, lasciando intravedere tende di un azzurro tenue e di un verde acquamarina volteggiare a ritmo del respiro del vento.

La porta del portico si aprì e due donne si abbracciarono sorridenti e urlando felici la loro gioia. Una di loro era Esme, deliziosa nel suo vestito bianco con tinte a fiori.  I suoi capelli, lasciati sciolti sulle spalle morbide, mostravano riflessi di un caldo caramello. La seconda, invece, era una donna alta e snella, con tratti spigolosi, ma dolci, un viso splendente e forte, raddolcito dalla gioia di aver ritrovato una cara amica. Portava capelli corti, neri e sbarazzini. Gli occhi erano di un avvolgente color topazio. Il sorriso era ampio e contagioso.

Edward prese la mia mano e mi spinse gentile verso il tenero quadretto.

Sentii la donna esclamare, con voce tonante:

“ Esme! Carissima, come stai? Da quanto tempo non ti vedevo....sei sempre bellissima.”

Esme si schermì, lasciando che la donna la trattenesse per le spalle.

“ E tu sei sempre fin troppo gentile, Suzanne.”

Suzanne ed Esme risero contemporaneamente e l’aria vibrò di un suono di campane a festa.

“ Carlisle! Oh, come sta il mio dottore indaffarato? Non starai trascurando tua moglie, vero? Ti avverto: se mi mentirai lo capirò subito.”

Lo minacciò scherzosa, facendolo ridere di gusto.

“ Sempre la solita, Suzanne.”

“ Be’, notando l’espressione felice della mia amica, non ho dubbi che ve la stiate spassando entrambi. Bene, sono felice che l’amore sia nell’aria ancora dopo tanto tempo. Soprattutto se la nuvola dorata colpisce voi due. Alice! Piccola mia! Vieni qui, fatti abbracciare!”

Disse Suzanne, stringendo Alice nel circolo forte della sua braccia magre, e davvero sembrava una bambina fra le sue braccia.

“ Suzanne, ciao! Ti trovo benissimo.”

“ Anche tu, tesoro. E tuo marito? Ah, eccolo lì. Bello quel giubbotto di pelle, Jasper. Ti sta d’incanto.”

Jasper sghignazzò, mentre abbassava la zip del giubbotto.

“ Grazie, Suzanne.”

Suzanne gli sorrise materna, accarezzandogli i ciuffi biondi sulla nuca, in un gesto molto umano.

“ E il mio orso delle caverne, dov’è? Ah!”

Esclamò, mentre veniva sollevata da Emmett, che la fece girare ridendo sornione.

“ Eccomi qui! Ciao Suzanne.”

La salutò subito dopo, mettendola giù.

“ Emmett! Il solito ragazzaccio!”

Esclamò, sorridendo, dandogli un buffetto scherzoso sulla spalla.

“ Povera, Rosalie! Non so proprio come faccia a sopportarti…Oh, ciao, mia bella principessa.”

Disse, raddolcendo il tono di voce imperioso, circondandole le spalle con un braccio, scostandole una ciocca di capelli dorati dal viso con il dorso della mano destra e baciandole la tempia, come una sorella che ritrova dopo tanto tempo la sua sorellina preferita. Rosalie sorrise, ricambiando a modo suo l’abbraccio.

Poi, lo sguardo di Suzanne si posò su Edward e il suo sguardo sembrò incupirsi per un attimo, ma subito sorrise dolce ed affettuosa, avvicinandosi a braccia aperte verso di lui e abbracciandolo calorosa, lasciandomi credere di aver immaginato tutto.

“ Edward, mio caro. Sei un incanto.”

Edward rise dolcemente, sorridendo e ricambiando l’abbraccio.

“ Anche tu, Suzanne.”

“ Oh, sempre così galante tuo figlio, Esme. E questa ragazza? Ma come è bella…”

Disse e ci misi un po’ ad accorgermi che si stava riferendo a me. Se fossi stata umana, sicuramente sarei arrossita vistosamente a quel complimento così caldo e spontaneo.

Edward mi spinse dolcemente in avanti, tenendomi il palmo della mano destra aperto sulla mia schiena, in segno di protezione e di sollecitudine.

“ Suzanne, ti presento Bella Cullen, mia moglie.”

Suzanne sembrò colpita, per poi osservarmi con un brillio intenso negli occhi, che identificai come compiacimento.

“ Oh, ma è meraviglioso Edward! E’ una donna splendida. Bella di nome e di fatto.”

Le sorrisi, impacciata ed imbarazzata da tutti quei complimenti. Edward, invece, sembrava molto compiaciuto ed orgoglioso, baciandomi teneramente la fronte, per rassicurarmi.

Suzanne mi prese le mani fra le sue e sussurrò con dolcezza:

“ Spero che diventeremo amiche Bella, e che ti piaccia soggiornare qui per qualche giorno.”

La guardai per un attimo sbigottita, per poi ricambiare la stretta delle sue mani, annuendo con vigore.

“ Ma certamente. Mi piace molto qui. Mi troverò sicuramente bene.”

Ricambiai il suo sorriso, che a quelle mie parole, divenne ancora più ampio e luminoso.

“ Perfetto. Venite, allora, entrate! I ragazzi saranno qui tra poco. Hanno iniziato la scuola da una settimana, e sono impegnati tutta la mattina. Dovrebbero rientrare verso le due.”

Disse, mentre ci conduceva in casa.

Strabuzzai gli occhi alla vista dell’interno. Il salotto era tappezzato di ogni colore, con la predominanza dell’azzurro e del verde, i colori della natura. Tende rosate impalpabili erano appese alle ampie vetrate che davano verso l’esterno, candelabri alla moda pendevano dal soffitto, un tavolino in broccato capeggiava al centro di uno splendido tappeto persiano, i cui toni rosso e color sabbia riprendeva le tende del piccolo atrio che conduceva all’aria adibita ad un bellissimo pianoforte a coda, il gemello di quello di Edward.

Quadri dai soggetti più svariati, astratti e non, tappezzavano le pareti di un color pesca tenue, intervallato al bianco e al rosso rubino del quadro più grande, che raffigurava, su uno sfondo blu scuro, una donna bella, nuda e dagli occhi di un azzurro ghiaccio, con capelli neri, lunghi e fluenti come sfumature ondulate di una notte buia, priva di stelle. La sua pelle era bianca come la neve, il rosso della pennellata decisa delle sue labbra, sembrava quasi sangue vero. Toccai istintivamente il labbro inferiore e carnoso di quella regina fredda e temibile, affascinata dalla morbidezza che traspariva da quelle forme disegnate, quasi reali.

“ Ti piace?”

Mi sentii chiedere da Suzanne. Sussultai, ritirando la mano ed incontrando il suo sguardo divertito e compiaciuto. Non mi ero accorta di essermi avvicinata così tanto al quadro.

“ Si. E’…molto particolare.”

Suzanne sorrise.

“ E’ il capolavoro di mia figlia. Questi quadri…”

Disse, indicando i vari dipinti appesi alle pareti della stanza.

“ Sono tutti suoi. Io li adoro tutti, ma questo…”

Disse, ammirandolo di nuovo, sospirando deliziata.

“ Questo rimane il mio preferito. Credimi, Bella. Non sei la sola ad esserne stata colpita.”

Mi disse, picchiettandomi la spalla destra, mentre si allontanava.

“ Bene. Vi mostro le vostre stanze, ragazzi. Esme, vieni! Voglio farti vedere una nuova aiuola che ho piantato in giardino…”

Le parole di Suzanne si persero, mentre si allontanava in giardino, a braccetto con Esme. Rimasi ancora lì, ad ammirare il quadro, ipnotizzata dallo sguardo freddo, ma avvolgente, di quella donna dipinta con così grande maestria. Edward mi affiancò e il profumo della sua pelle mi inebriò l’olfatto, trasportandomi in una dolce dimensione di irrealtà. La mano di Edward sulla mia spalla mi trascinò dolcemente alla realtà. Mi voltai ad osservarlo. Anche lui scrutava il dipinto con occhi socchiusi, quasi contemplativi.

“ E’ molto bello, non trovi?”

Gli chiesi, voltandomi nuovamente ad osservarlo, cercando nelle sfumature di colori la traccia di qualche firma d’autore. Ma mi bastarono pochi secondi d’ispezione per assicurarmi che non ci fosse. Sospirai, delusa.

“ Si, ma è anche molto tormentato.”

Mi voltai di scatto, confusa da quella risposta.

“ Perché dici così?”

Edward reclinò il capo leggermente a destra, concentrato e scoccando le labbra, in un gesto vago.

“ I toni sono freddi e il nero dei capelli della donna è fin troppo scuro, segno che le pennellate sono state veloci, forti e decise. E’ un atteggiamento che mostra tormento, passione, desiderio inappagato o colpe commesse che si vogliono dimenticare. Guarda l’espressione del viso. Sembra indifferente, ma in realtà e corrucciata, ansiosa, preoccupata, come dimostra la linea dura delle labbra, fin troppo rosse, come bagnate di sangue.”

Ascoltai la sua spiegazione affascinata. Edward aveva descritto l’aspetto emotivo e significativo del quadro, meglio di quanto avrebbe potuto fare un professionista della critica d’arte. Al confronto con la sua voce calma e vellutata, le spiegazioni automatiche delle guide delle gallerie artistiche, mi sembrarono stereotipate ed atone.

Esaminò ancora una volta il quadro, accigliato. Non disse nulla quando si voltò verso di me, sorridendo amorevole mentre mi accarezzava con lo sguardo e, contemporaneamente, il viso con la mano destra. La catturai fra le mani, baciandone il palmo. Edward mi regalò uno dei suoi sorrisi sghembi più belli, chinandosi verso di me e strofinando languidamente la fronte sulla mia, facendomi chiudere gli occhi per inebriarmi a pieno del contatto. Dopo attimi di silenzio carico di elettricità, Edward posò le labbra socchiuse sulle mie serrate, accarezzandole con le sue, una, due, tre volte. Un invito a dischiuderle, per accogliere il suo piacere. Affondai entrambe le mani tra i suoi capelli, mentre ricambiavo il suo bacio. Era sempre così fra di noi. Bastava un niente per far esplodere la bomba di amore e passione che ci legava a doppio filo l’una all’altro.

Edward mi accarezzò la schiena interamente, incitandomi ad inarcare la schiena, andando incontro al suo corpo, modellandomi su di lui come creta. Arrestò le mani alla base della schiena, sfiorandomi con le dita il bordo dei jeans. Ci distaccammo affannati e sorrisi quando si riappropriò delle mie labbra ancora una volta, come se non ne potesse fare a meno. Qualcosa, in quel quadro, l’aveva turbato e cercava conforto nei nostri baci. Lasciai che facesse di me ciò che più desiderava, torturandomi la bocca in una sequenza di baci senza fine.

Solo quando i suoi movimenti divennero meno urgenti e con dolcezza morse e succhiò la pelle sensibile del collo, regalandomi piccoli e teneri baci sul mento e agli angoli della bocca, Edward si distaccò da me, cullandomi fra le braccia, delicato e gentile. Ricambiai l’abbraccio, ancora accesa dal desiderio, che sembrò affievolirsi a poco a poco, mentre mi teneva stretta.

“ Tutto bene?”

Gli chiesi, con voce sommessa.

“ Si, ora si.”

Mi rispose lui, con tono roco e morbido.

Si schiarì la gola, sorridendomi e baciandomi scherzoso la punta del naso.

“ Andiamo.”

Disse, prendendomi per mano e conducendomi all’esterno, dove si trovavano il resto della famiglia e Suzanne.

“ Edward?”

Sentii richiamare il suo nome da una voce femminile e per nulla conosciuta. Entrambi alzammo lo sguardo e fra le braccia di Alice, vidi una ragazza bellissima e con lo stesso taglio degli occhi della donna del dipinto, ma dalle iridi dorate come le nostre, mentre i capelli, lunghi fino alle spalle, di un caldo castano, striati da riflessi biondi. Le labbra rosse, fino ad ora socchiuse per lo stupore, si incurvarono in un sorriso appena accennato.

“ Ciao, Edward.”

Lo salutò cordiale, la vampira.

Edward si aprì in un sorriso e i suoi occhi brillarono.

“ Ciao, Jenna.”

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salve!!! Questa è la mia nuova storia! Un’idea che mi stava frullando in testa da un po’!! Spero vi piaccia e che mi facciate conoscere le vostre opinioni, buone o negative che siano! XD

Baci baci e a presto, Fuffy91!!!XD

 

Prossimamente a…

 

Ci ritroviamo Sabato prossimo, esattamente 16 Luglio!!!XD Non mancate all’appuntamento!! Bacissimi a tutti voi!!XD

 

^________________________^***

 

 

  
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