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Autore: HaruHaru19    11/07/2011    4 recensioni
"Il problema è che se non rischi nulla, rischi tutto."
Cinque ragazzi, una ragazza e tanti cambiamenti di cuore.
Cosa accadrà quando i nostri ragazzi si ritroveranno a lottare le insidie della vita reale, dalla quale sono sempre stati protetti?
Così come la chitarra ha sei corde, sei sono i miei personaggi.
Così come la chitarra che se non accordata per bene suona male, anche i miei personaggi non potranno essere in armonia finchè non troveranno il proprio equilibrio perfetto tra di loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Haru's Corner: Salve gente! Eccoci giunti all'ultimo capitolo e, anche se è la seconda volta che posto questa FF, mi sento comunque un po' triste. Chissà cosa accadrà? Beh, non vi resta che leggere! Voglio però prima ringraziare FeIdEn91, KHima95, LoveJoker che hanno inserito la mia storia tra le seguite; Serenity_chan che l'ha messa tra le ricordate; Kyu45Lollipop In DangerUruka che l'hanno inserita tra le storie preferite. Inoltre voglio ringraziare tutti quelli che hanno recensito e commentato la storia, permettendomi di migliorare grazie ai loro suggerimenti e infine, ma non per meno importanza, anche tutte quelle persone che hanno semplicemente letto la storia. Tornerò presto con una JongKey a rating rosso (primissima volta che scrivo una cosa simile! :P). Spero di ritrovarvi tutti lì.
E detto questo, ho finito. Godetevi l'ultimo capitolo e fatemi sapere come lo avete trovato.

Capitolo 11: Tra sogno e realtà


Mi feci coraggio e guardai dritta nella telecamera che si trovava di fronte a me, scrollandomi di dosso ogni paura e cambiando completamente espressione.
Poi, finalmente, la musica iniziò.
Decisi di lasciarmi trasportare dalla musica e non fu affatto difficile: appena la melodia riempì lo studio i miei muscoli si rilassarono automaticamente, smettendo di tremare; i nervi si distesero facendo scomparire quella traccia di emicrania che mi torturava la mente; i polmoni si riempirono d'aria e le corde vocali erano ben riscaldate, pronte a cantare.
Attaccai con la prima strofa, mantenendo la voce chiara e limpida e azzeccando fin dall'inizio anche le note più alte. Ormai, dopo tutte quelle prove, cantare era divenuto ancor più normale di quanto non fosse prima, nonostante quella non fosse una canzone tipicalmente facile e cantabile da chiunque. Gradualmente lasciai che il mio corpo venisse trasportato del ritmo della musica, che aumentava sempre di più. I ballerini stavano eseguendo la coreografia perfettamente e io li seguivo senza sbagliare un passo. Mi sentivo così bene. Era qualcosa di... indescrivibile. Mai, nella mia vita, avevo provato una sensazione del genere. Ero quasi del tutto certa di poterla chiamare felicità. Ogni cosa che avevo desiderato, invidiato, sognato, pregato, ambito, voluto o aspirato, si stava realizzando davanti ai miei occhi. Provai a domandarmi se nel pubblico, in quel momento, ci fosse una ragazzina che mi stava guardando sognatrice nello stesso modo in cui io guardavo BoA; se magari qualcuno stesse desiderando di essere al mio posto.
Non potei evitare di ricordare la sera di quando, con anche un po' d'invidia, osservavo Luna cantare sul palco del Gayo Daejun, desiderando di potermi sentire come lei un giorno, ed ora eccomi qua. Mi stavo esibendo davanti a un vasto pubblico, stavo cantando, stavo ballando, sentivo i riflettori riscaldarmi la pelle, sentivo il ritmo scorrermi nelle vene, percepivo l'adrenalina darmi alla testa per l'emozione, mi sentivo come se avessi potuto spaccare il mondo in due.
Inevitabilmente ricordai anche cosa ero finita col fare con Jong-Hyun, quella stessa notte, rovinando tutto quello per cui avevo lottato fino a quel momento. Come un treno che corre inafferabile sulle rotaie, i miei pensieri iniziarono a prendere una brutta piega, ricordando il bello, ma soprattutto il brutto che era scaturito dalla mia azione. I lati positivi vantavano solo la forte relazione nata tra me e Jong-Hyun e l'esistenza di Jong-Min. Erano punti chiave della mia vita, enormemente importanti, dei quali sapevo di non poter fare a meno, ma i lati negativi si proiettarono nella mia mente come un filmato più che nitido ed estremamente doloroso. La prima cosa che vidi fu il volto sofferente di Jinki, di quella volta in cui gli dissi che aspettavo un figlio da uno dei suoi migliori amici; il suo viso venne sostituito da quello scavato di Jong-Hyun, nel periodo in cui faceva orari assurdi con tutti i suoi lavori per poter asicurare una vita migliore a suo figlio; e fu proprio Jong-Min che vidi successivamente, bloccato in un'incubatrice da tubicini vari che torturavano la sua pelle candida e delicata, e riaffiorò anche l'amaro dell'impotenza che provai per non essere stata all'altezza di salvarlo; percepii di nuovo il dolore che il mio corpo e la mia mente avevano affrontato e sopportato, mentre ero legata a un letto d'ospedale; e infine, ma non per questo meno insopportabile, mi apparve, come se l'avessi avuta davanti agli occhi in quel momento, la figura di Kibum, prima circondata dal suo stesso sangue e poi, sempre lui con quel suo corpo esile e pallido, immobile nella sua camera d'ospedale, troppo statico per poter essere rassicurante.
Volli scacciare l'immagine di un Kibum troppo malato, troppo debole e troppo distante dai miei sogni, a ogni costo. Improvvisamente mi ritrovai catapultata di nuovo su quel palco e mi resi conto che la mia performance non era ancora finita e che, nel mio divagare mentale, avevo continuato a cantare e ad esibirmi, sebbene il turbinio di emozioni che stava avendo luogo dentro di me.
Pensai che tutto questo fosse ingiusto: questo era il mio momento, perchè doveva rovinarsi così? Ma forse, pensai, questa era la giusta punizione per qualcosa che avevo fatto. Sconsolata, immaginai che il dovermi lasciare tutto alle spalle fosse il modo migliore per punirmi. Ostinata com'ero, portavo sempre le mie speranze il più in alto possibile, per poi vederle cadere ogni volta. Il mio mondo perdeva un altro colore, diventando sempre più grigio e malinconico.
Era così dannatamente triste vedere tutto svanire lentamente.
Cercai quindi di distaccarmi dal mio sconvolgimento interiore e provai a percepire l'atmosfera del pubblico, concentrandomi di nuovo sulla performance. Mi accorsi che il pubblico mi stava seguendo volentieri, attratti dalla canzone o dalla mia voce, o forse da entrambe le cose. Eppure sentivo che c'era qualcosa che non andava con loro, con il loro modo di seguirmi, pur mantenendo una certa distanza. Poi finalmente capii, forse aiutata da quello che anche il mio cuore stava gridando da tempo.
Era colpa mia se Kibum stava male. Era colpa mia se lui stava morendo. Ero io che lo stavo uccidendo.
Ero sicura che nel loro silenzio, o meglio, nel loro coinvolgimento forzato, mi stessero ancora additando come colei che aveva portato Kibum alle sue attuali, drastiche, condizioni.
Dopotutto se io non fossi mai stata con Jong-Hyun, Jong-Min non sarebbe mai nato, e se ciò fosse accaduto, adesso Kibum non starebbe morendo come conseguenza per aver salvato la vita di quel bambino che non sarebbe mai dovuto nascere.
In fondo la mia colpa era stata solo quella di essermi innamorata del padre di mio figlio.
<<Non è colpa tua, Jo-Jo>> mi avrebbe detto Jong-Hyun, se solo fosse stato al mio fianco in quel momento <<Non hai fatto nulla di sbagliato, non preoccuparti...>>
E invece lui non c'era. Tutte le poche certezze che prima avevo, ora si stavano sfaldando ad una velocità incredibile.
Improvvisamente realizzai che il momento da me tanto temuto era giunto. Mi sentivo come la preda di un branco di tigri fameliche. Mi sentii indifesa, inerme. Fortunatamente, proprio mentre stavo cadendo in un baratro di disperazione, una piccola fiammella di speranza mi risollevò: era il momento della parte di Donghae. Non riuscivo a trattanere il desiderio di vederlo uscire: la sua presenza mi avrebbe tranquillizzata, almeno in parte.
Contai mentalmente i pochi secondi precedenti alla sua entrata in scena e poi gettai uno sguardo ai lati oscurati del palco, irrequieta. Il pezzo iniziò, ma ancora non riuscivo a vederlo. Che fosse successo qualcosa che lo aveva trattenuto dietro le quinte?
Fortunatamente, almeno l'audio funzionava e la sua voce riuscì comunque a frenare parte della mia agitazione. Il pubblico s'animò improvvisamente, divenendo incredibilmente partecipe. Anch'io lo ascoltai attentamente, perdendomi nella familiarità della voce, quando mi accorsi che c'era qualcosa di diverso. La voce mi era sì familiare, ma non era la voce di Donghae. Incredula alzai lo sguardo e quel che vidi non fece altro che incrementare la veridicità della situazione incomprensibile e assurda che stavo vivendo.
Kim Kibum in carne ed ossa, con tanto di abiti di scena, microfono in mano e gli altri quattro SHINee al seguito, era salito sul palco e si stava esibendo in quella che doveva essere, per quanto ne sapevo, la parte di Donghae.
<< Che fai impalata lì? >> mi domandò lui, una volta abbassato il microfono, continuando poi a cammnare fino di fronte al pubblico, come se esibirsi con un solo rene, e pure malato, fosse la cosa più normale del mondo.
Uno dopo l'altro, anche gli altri ragazzi sfilarono di fronte a me, occupando il palco, facendo chi più e chi meno delle proprie osservazioni.
<< Heilà, ragazza! >> gridò un euforico Jinki, con un enorme sorriso.
Minho si limitò a farmi l'occhiolino e un breve cenno della testa.
<< Ciao Noona... >> disse Taemin con il suo tipico tono innocentemente soave.
Jong-Hyun mi prese semplicemente per mano e, mentre con l'altra teneva stretto il microfono e cantava, mi condusse di fianco agli altri ragazzi, al centro del palco, per farmi capire che loro erano lì a sostenermi.
Lentamente sentii riaffiorare in me la forza di poter affrontare il pubblico e ripresi a cantare una volta riniziata la mia parte. Questa volta c'era qualcosa di diverso: non capivo ancora come gli SHINee si trovassero lì, e in particolar modo non capivo come facesse Kibum a reggersi in piedi, ma mi accorsi che le Shawols presenti nel pubblico sprizzavano gioia da ogni poro e stavano apprezzando il live.
La canzone si apprestò a finire con una nota estremamente alta e prolungata che io e Jong-Hyun portammo alla fine armoniosamente, nonostante non avessimo mai fatto una prova prima d'ora. La melodia finì e salutammo il pubblico, ringraziandolo tra le urla e i cori. Sorrisi felice e incapace di trattenermi. A quel punto, contemporaneamente, Jinki e Jong-Hyun mi dettero una spinta che mi fece scivolare leggermente in avanti, ritrovandomi così a fronteggiare i fans e a prendermi tutti gli applausi. Ringraziai di nuovo e una volta ancora per poi ritirarmi nel mio camerino con i ragazzi. Ero estasiata: se prima non volevo salire sul palco, ora volevo ritornarci per non scendere mai più.
Improvvisamente però mi ricordai che c'era qualcosa di più urgente da fare. Mi voltai rapida, inchiodando Kibum con lo sguardo.
<< Perchè sei qui? >> gli domandai seria.
<< Perchè dovevo salvare una ragazzina con attacchi di panico... >> rispose sornione << Per caso la conosci? Si chiama Kang Jo-Jo... >>
<< Avanti, non scherzare! Non eri moribondo in un letto d'ospedale, un mese fa? >>
<< Esatto: un mese fa... >>
<< E cosa diamine mi sono persa in questo mese? >> domandai alzando un sopracciglio in segno di scetticismo. Sapevo che mi ero persa davvero qualcosa, ma non riuscivo ad afferrare il "qualcosa".
<< Taemin mi ha regalato un rene! >> rispose Kibum, tutto pimpante.
<< Cosa?! >> quasi gridai. Questo proprio non lo avevo mai preso in considerazione.
<< Sì... >> d'intromise il cosidetto "salvatore" << Non riuscivo a starmene con le mani in mano, quindi ho fatto il test e sono risultato compatibile. Decidere se donare uno dei miei reni a Kibum Hyung o meno, è stata la parte più semplice di tutta la faccenda. Quasi scontata, direi. >>
<< Ed è stata scontata anche la decisione di tenermi all'oscuro di tutto, dico bene? >> chiesi, infuriata con tutti e cinque i ragazzi, ma in particolar modo con Jong-Hyun che mi aveva mentito ogni giorno, fino a quel momento. L'avrebbe pagata, poteva starne certo.
<< Scontata ed unanime! >> asserì il "caro" ragazzo in questione, annuendo.
<< Oh, non puoi neanche immaginare quanto ti convenga stare zitto, in questo momento! >> dissi acida, riducendo gli occhi a due fessure. Jong-Hyun sembrò afferrare immediatamente il concetto e si apprestò a cucirsi la bocca.
<< Non arrabbiarti Noona, per favore... >> m'implorò Taemin con quei suoi dannati occhi da cucciolo triste, che già me lo avevano fatto perdonare << L'abbiamo fatto solo perchè volevamo che tu ti concentrassi sul tuo debutto e per non farti preoccupare... >>
<< E non avete pensato che, impedendomi di vedere Kibum e mentendomi al riguardo delle sue reali condizioni di salute, io mi sarei preoccupata ancor di più? >>
<< Ma sembravi così occupata... >>
Avrei dato talmente di matto contro Taemin, da farlo implodere su se stesso per la paura, se solo Minho non lo avesse attirato a sé, sottraendolo alle mie grinfie, limitandosi a scuotere la testa e a dire << Taemin, non è il caso... >>
<< Ok, ho capito... >> dissi prendendo un respiro profondo e riordinando i miei pensieri, punto per punto.
Il debutto era andato, e pure bene. Di conseguenza potevo considerare la realizzazione del mio sogno come cosa fatta, anche perchè sembrava che il pubblico mi avesse accolta molto bene come nuova Idol.
Adesso Kibum aveva un benedetto rene funzionante e appariva abbastanza in salute. Il problema era che adesso era Taemin ad averne uno in meno, ma questa volta mi sarei premurata in prima persona della sua salute.
Gli SHINee era tornati ancor più uniti e forti di prima, ed ero certa che anche la loro popolarità avrebbe raggiunto vertici mai visti in passato.
Bene, sembrava che tutto rientrasse nei canoni dell' "accettabile". Ora dovevo solo preoccuparmi che ci rimanesse!
<< Perfetto... >> dissi, alla fin fine sollevata << Ora fuori tutti dal mio camerino! Forza, devo cambiarmi! >>
Li guardai uscire finchè non ebbero sorpassato la porta, chiudendosela alle spalle, mentre ancora parlottavano tra di loro.
Mi sedetti sospirando di fronte al grande specchio. Riaprendo gli occhi e osservando il mio riflesso, però, rischiai di farmi venire un infarto. Notai infatti che qualcuno non era uscito dal mio camerino e che mi stava ammirando, silenziosamente, alle mie spalle.
<< Perchè sei ancora qui? >> domandai curiosa, dopo essermi ripresa dallo spavento iniziale.
<< Dovevo dirti una cosa importante... >> rispose lui, affiancandomi.
Jong-Hyun mi prese una mano e la incrociò con la sua mano destra, mentre fece scivolare la sinistra lungo i lineamenti del mio viso.
<< Ti ricordi di quando venivi sempre a dirci che eravamo stati bravi, dopo ogni live? >> mi chiese << Eri sempre lì, pronta ad incoraggiarci e a spronarci a fare sempre di più... >>
<< Sì, ricordo... >> risposi, perdendomi un attimo nelle vecchie memorie.
<< Bene, questa volta tocca a me farlo: sei stata davvero brava. Il pubblico ti adora! >>
<< Adora voi... >> sottolineai con forza.
<< No, adora te, ne sono certo... >> ripeté con sicurezza lui << Non si può amare una persona come sei tu... >>
<< Ma smettila! >> scoppiai a ridere, senza riuscire però a togliermi un dubbio dalla mente. Perchè era così complimentoso oggi?
<< Bene, se hai finito di dirmi quello che mi devi dire, io ti ringrazio tanto, ma ora devo cambiarmi... >>
<< No! >> mi costrinse ad avvicinarmi ancor di più a lui, stringendomi a sé.
<< No? >> ripetei << Non posso tenermi questi abiti addosso per sempre! >>
<< No, io intendevo un'altra cosa... >> disse lui evasivo.
<< Cosa? >> domandai curiosa.
<< Io, ecco, io... >> continuò ad esitare guardandosi attorno, eludendo il mio sguardo interrogativo.
<< Tu cosa, Jong-Hyun? >>
<< E va bene! >> si decise puntando i suoi occhi, che brillavano di una luce strana, nei miei << Ora te lo dico! >>
<< Bene! >> replicai, sorridendo. Ma che stava combinando?
Inaspettatamente Jong-Hyun si inginocchio di fronte a me, sempre tenendo stretta la mia mano nella sua.
Lentamente qualcosa nel mio cervello scattò facendomi realizzare la situazione, e iniziai a fissarlo allibita. Non aveva mica intenzione di fare quello che stavo pensando, vero?
<< Jo-Jo... >> iniziò lui << Sai che ti amo anche più della mia stessa vita e che, dal nostro amore, è nato il più grande capolavoro, Jong-Min... >>
Mentalmente mi riproposi la domanda. Non stava accadendo, vero?
Mi illusi che fosse tutto un sogno. Mi sentivo come se stessi galleggiando tra sogno e realtà.
<< Putroppo, per ora, le acque sono ancora molto agitate, ma non sarà sempre così, perciò volevo porti una domanda molto importante. Per favore, sii sincera nel rispondere: Mi credi se ti dico che non ora, ma un giorno, quando sarò libero di farlo, ti renderò felice? >>
Lo guardai, semplicemente, incapace di fare altro. Decisi di lasciar perdere quella cosa del sentirmi tra sogno e realtà. Ora ero certa che si trattasse solo di un sogno. Non c'era niente di reale, non poteva esserci. Riflettei ancora un po' sulle sue parole e poi lo guardai di nuovo: stava lì, inginocchiato di fronte a me, trepidante e ansioso allo stesso tempo.
Non era stata una proposta tradizionale, ma alla fine conclusi che, anche se si trattava di un sogno, valeva comunque la pena di continuare a sognare. O no?
<< Sì... >> dissi, e lo vidi sorridere felice ed emozionata.
Ero sicura che anche lui avesse colto il triplice significato della mia risposta.
Sì, stava accadendo proprio l'esatta cosa a cui stavo pensando.
, sapevo che amava me e anche Jong-Min.
E sì, credevo in lui. Lo avevo sempre fatto e avrei continuato a farlo per sempre.
 
<< Hyung, mi apri la credenza dei biscotti, per favore? >> mi domandò Jong-Min, con la voce tipicamente acuta dei bambini di quell'età, tirandomi un lembo della maglia al fine di attirare la mia attenzione.
Lo presi in braccio e mi avvicinai alla credenza, aprendola. Mi meravigliai però di scoprirla chiusa a chiave.
<< Mi dispiace, pasticcino, ma è chiusa a chiave... >> dissi a un triste Jong-Min.
<< Lo so... >> scosse la testa, sconsolato << La mamma dice che mangio troppi biscotti. >>
<< Lo sai? >> gli domandai, più sorpreso che mi avesse chiesto di fare qualcosa della quale conosceva già l'esito, piuttosto del perchè quella pazza tenesse i biscotti chiusi a chiave in una credenza << Se lo sapevi allora perchè mi hai chiesto di farlo? >>
<< Perchè papà ha detto che tu sei la chiave che apre tutte le porte... >> disse nuovamente animato << Ma non ho capito perchè... >>
Sentii una vena iniziare a pulsarmi esattamente sopra l'occhio sinistro, mentre la rabbia dentro di me iniziava a crescere.
<< Non preoccuparti, piccolo... >> mi rivolsi a Jong-Min, avviandomi a passo spedito nell'altra stanza, con tanto di bimbo a carico << Niente, di quel che fa o dice tuo padre, ha un perchè razionale, credimi! >>
Come immaginavo, trovai l'oggetto della mia ricerca in salotto. Jong-Hyun era però troppo impegnato a parlare sommessamente con una stupenda Jo-Jo, quasi irriconoscibile dai tempi duri che avevamo passato, per accorgersi della mia presenza. La bellissima ragazza che consideravo come una sorella più piccola, indossava un elegante vestito di lana bianca su dei leggins, cromaticamente abbinati, un paio di Jimmy's nere e lucide ai piedi e aveva i capelli, perfettamente curati, che le ricadevano lunghi fino alla vita. Venni catturato dal bagliore dell'oro che le loro fedi, orgogliosamente esibite sull'anulare della mano sinistra di entrambi, creavano.
La scena era così carina che esitai nel farmi notare e accarezzai anche la possibilità di tornare dopo, per non interromperli.
<< Bi-sco-tto... >> ripetè Jong-Min, facendomi ricordare il perchè della mia arrabbiatura e facendomi dimenticare tutti i buoni proprositi di poco prima.
<< Si può sapere perchè tuo figlio crede che io sia "la chiave che apre tutte le porte"? >> chiesi, citando testualmente il bambino che avevo in braccio.
<< Mh? Che c'è di strano? Non sei forse il nostro Key? >> mi domandò a sua volta lui stizzito, perchè avevo interrotto uno tra i tanti loro momenti romantici della giornata.
<< Ancora con questa pessime battute? >>
<< Non è pessima! >> replicò lui << E' divertente! >>
Gettai gli occhi al cielo, incredulo.
Ci sono cose al mondo che non cambieranno mai. E il triste umorismo di Jong-Hyun era, sfortunatamente per me e per il resto dell'umanità, una tra questa cose.
<< Lascia perdere... >> feci cadere il discorso << Puoi dirmi almeno dove tenete le chiavi per la credenza dei biscotti? >>
<< Nel cassetto di fianco... >> rispose Jo-Jo disinteressata, attirando di nuovo a sé colui che era diventato da poco suo marito.
<< Grazie! >> dissi per poi prendere la biscottiera << Tranquillo Jong-Min, ci pensa il tuo Hyung a sfamarti !>>
<< BI-SCO...TTO! >> urlò felice il bambino, addentando il biscotto al cioccolato.
<< Aigoo...Ma quanto sei carino? >> gli domandai, strizzandogli una guancia << Mi fai vedere di nuovo quanti anni hai? >>
<< Così! >> rispose lui, mostrandomi quattro piccole dita della manina paffuta.
<< Ma che bravo! >> esclamai estasiato. Man mano che cresceva, Jong-Min somigliava sempre più a suo padre. Era divertente vedersi davanti tutti i giorni un Jong-Hyun di quattro anni, solo un po' più docile e molto più educato. Per fortuna che l'educazione non si ereditava con i geni! Però qualcosa di buono che Jong-Min aveva ereditato c'era e, neanche a dirlo, era la voce.
<< Jong-Min, facciamo così: se mi canti di nuovo la nuova canzone che ti hanno insegnato all'asilo, allora ti do un altro biscotto, ok? >>
<< Ok! >> rispose felice lui, battendo le manine, per poi mettersi a cantare.
Ancora una volta rimasi a bocca aperta di fronte alle straordinarie doti canore di quell'angioletto. Era quasi ovvio che, con una madre come Jo-Jo e un padre come Jong-Hyun, nascesse un figlio così bravo nel canto, ma Jong-Min non solo faceva ben sperare in un futuro come quello dei genitori, bensì dava quasi per scontato il fatto che avrebbe ottenuto ancor di più.
<< Sono stato bravo? >> chiese ansioso.
Sorrisi, sconvolgendoli con una mano i capelli perfettamente sistemati sulla piccola testa e passandogli con l'altra un altro biscotto << Bravissimo! Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe arrivato qualcuno ancor più brillante degli SHINee? >>
<< Chah'n-i? >> domandò lui interdetto, la bocca piena di biscotto.
<< Non ci pensare adesso... >> dissi prendendolo nuovamente in braccio << Lo capirai quando sarai più grande, d'accordo? >>
<< Mmh! >> si limitò a dire, totalmente perso nell'adorazione del suo biscotto.
Scoppiai a ridere, del tutto dipendente dalla carineria di quel bambino.
Quante volte avevo detto che era uguale a suo padre? Non so, mille, o forse anche diecimila. L'unica cosa di cui ero certo è che non mi sarei mai stancato di farlo.
  
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