Pathetic
Sunshine
Guardava le onde del mare infrangersi
sulla spiaggia in un
lento sciabordio, riflettendo in una luce arancione gli ultimi raggi
del sole
che poco a poco tramontava dietro all'orizzonte.
Era uno splendido tramonto che concludeva una calda giornata
d’estate ma a lui decisamente non interessava.
Ciò che turbava la sua solita freddezza era la
città stessa.
Già, perché solo il fatto di trovarsi nella sua
città natale
e di poter osservare dall'alto quelle strade fatte di
neri pannelli solari, il mercato coperto,
quella strana statua a forma di Munchlax, portava alla mente una serie
di
ricordi che potevano essere definiti tutto fuorché piacevoli.
Strano, da parte sua, dato che solitamente cercava – con
successo- di far sparire dalla mente i pensieri futili.
Probabilmente erano il caldo e quello sciocco riverbero della
luce solare a distogliere la sua attenzione.
Osservò
lungo le
spiagge e le case in tinte pastello, le strade che da ragazzo aveva
percorso
–prevalentemente di notte per non essere visto dai suoi
coetanei decerebrati- e
il faro la cui luce non illuminava ancora il mare.
Poteva dire di odiare quella città che lo aveva rifiutato
perché non conforme alla massa e perché troppo
intelligente per la media ma
allo stesso tempo non era riuscito a metterla a ferro e fuoco, non era
riuscito
a tenerla sotto al suo controllo come era invece successo ad Evopoli o
Rupepoli.
E si odiava, per questo, perché non aveva fatto dissolvere i
fantasmi del suo passato per poter pensare al futuro di tutti.
Un soffio di vento tiepido gli scompigliò un poco i capelli,
sollevando un lembo della giacca grigia.
Posò per un attimo lo sguardo sulla Palestra e poi
tornò
nuovamente a quello splendido tramonto sul mare.
Ma questa volta qualcosa l'aveva scosso, all'interno.
In quel tepore, in quegli ultimi raggi, sentiva che la causa
del fallimento di tutto ciò che aveva progettato non era
esclusivamente colpa
dell'inettitudine Comandanti e delle Reclute o del diretto intervento
della
Campionessa e del suo cagnolino da compagnia reclutato grazie a
quell’imbecille
di Rowan.
No, sentiva che in fondo era anche colpa sua.
E osservare quella città maledetta non faceva che aumentare
quella sensazione.
Odiava quella città ma evidentemente non abbastanza da
volerla vedere definitivamente distrutta, provata dai Galassia.
-Patetico.-
Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche in una
rarissima dimostrazione di frustrazione e forse, rimpianto.
-Patetico, sono patetico come questa città e questo sporco
mondo in balia delle emozioni.-
Si zittì, voltandosi, aveva sentito il rumore di passi che
si
avvicinavano; grazie alle ultime luci morenti, anche la chioma rossa di
Martes
si tingeva di riflessi color sangue.
La donna si fermò di fronte al suo maestro.
-Signore, la stiamo aspettando per tornare alla base.-
L’uomo fece un cenno d’assenso e si mise in
cammino, non
prima di essersi soffermato ancora un po’ ad osservare la sua
città.
-Ah, capo, prima di andare mi permetta di dirle solo una
cosa.-
Martes gli si era avvicinato ed era impossibile non notare
che anche i suoi occhi grandi e luminosi risplendevano in quella calda
luce
estiva.
-Umano signore, non patetico, umano.-
Cyrus la guardò allontanarsi con passi rapidi, leggermente
rossa in viso.
Incredibilmente, sul suo volto stanco si aprì un accenno di
sorriso.
-Umano.-
~*~
Essendo uno
dei personaggi che sento più vicini, scrivo con estrema
soddisfazione fanfic su
questo personaggio che altrimenti sarebbe pressoché
dimenticato e l’idea di un
suo eventuale tartassato passato o futuro mi esalta.
Ah, last but not least, so che per
un
concorso con giuria popolare è un personaggio un
po’ infelice con un accenno di
coppia altrettanto sconosciuta (Betelgeuse Shipping, Cyrus x Martes) ma
era all’incirca
un anno che avevo intenzione di scriverla.
E ogni
occasione è buona, no? ~
Spero
che vi sia piaciuta (ma che soprattutto siate riusciti a seguire il filo dei miei
giri
mentali),
Sapphire