Anime & Manga > Sailor Moon
Ricorda la storia  |      
Autore: Morea    12/07/2011    8 recensioni
« A Makoto erano sempre piaciuti i frullati perché era la mano un po' callosa di Motoki Furuhata ad appoggiarli di fronte a lei. Le era sempre piaciuta la frutta fresca, perché la nonna le aveva ripetuto finché aveva fiato in corpo quanto fosse buona e salutare. [...]
Poi, dal nulla era spuntata Reika: perfetta, femminile, adorabile. E Makoto aveva scoperto una passione innata per i frappè al cioccolato, perché in fondo troppo cacao faceva male, proprio come un'indigestione di Motoki.
Nell'esatto momento in cui aveva scorto gli occhi neri di Asanuma, però, si era ricordata di quanto fossero buone le pere, le mele, le banane - oh, Makoto, non ti poteva venire in mente un altro frutto? - e frullato di frutta fresca le era parsa l'unica cosa sensata da dire.
Il primo sorso la portò a pensare che leggeva troppi manga ecchi. [...]
Il secondo sorso le fece venire in mente che il suo senpai non le aveva mai dato neanche un bacio, e che era giunta l'ora di muoversi.
Il terzo sorso le andò di traverso. »
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Makoto/Morea
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Decisamente Forse è passato un anno dalla mia ultima incursione nel fandom di Sailor Moon. Non so nemmeno dire cosa mi abbia spinta a tornare, soprattutto in un periodo simile in cui non riesco a scrivere nemmeno una sillaba - e si sente, perché a me questa storia non piace affatto! - e l'ispirazione latita in modo indecente.
Credo che a convincermi sia bastata una cosa: il tema, ovvero l'Originalità. In questo fandom si leggono spesso storie incentrate sulla storia tra Usagi e Mamoru, sui mille modi in cui si sono trovati, conosciuti e innamorati, e non ho potuto fare a meno di gridare un "Bastaaaaaaaaaaaaaaa!" enorme dentro la mia testa. Partecipo a questo contest non tanto per far leggere la mia visione più che particolare di un certo momento della vita di Makoto, ma per leggere le altre storie, quelle boccate d'aria fresca pregne di novità che mi strapperanno sorrisi o lacrime, facendomi apprezzare autrici vecchie e nuove.
Dopo questa premessa tediosa vi lascio alla lettura, che spero sia almeno un minimo più divertente dell'introduzione.
A dopo!






Decisamente!






Quando Makoto Kino incrociò lo sguardo di Asanuma Ittou per la prima volta, pensò che assomigliasse in maniera davvero strabiliante al suo senpai.
Abbassò le ciglia in fretta e furia, sorridendo appena: sentì una punta di bruciore agli occhi e fu sicura che le sue guance fossero diventate simili a pesche rosate, ma si ricompose in un secondo. Alzò di nuovo la fronte, con espressione ferma e sicura, e le sue labbra scandirono lentamente la parola frullato.
Frullato,
si appuntò Asanuma. Frutta fresca, si ripassò mentalmente, mentre un alto bicchiere si materializzava sul bancone, e una cannuccia verde acqua faceva capolino oltre il bordo.
A Makoto erano sempre piaciuti i frullati perché era la mano un po' callosa di Motoki Furuhata ad appoggiarli di fronte a lei. Le era sempre piaciuta la frutta fresca, perché la nonna le aveva ripetuto finché aveva fiato in corpo quanto fosse buona e salutare. Quando al Crown aveva potuto coniugare alla perfezione le due cose, si era sentita la persona più fortunata del mondo.
Poi, dal nulla era spuntata Reika: perfetta, femminile, adorabile. E Makoto aveva scoperto una passione innata per i frappè al cioccolato, perché in fondo troppo cacao faceva male, proprio come un'indigestione di Motoki.
Nell'esatto momento in cui aveva scorto gli occhi neri di Asanuma, però, si era ricordata di quanto fossero buone le pere, le mele, le banane - oh, Makoto, non ti poteva venire in mente un altro frutto? - e frullato di frutta fresca le era parsa l'unica cosa sensata da dire.
Il primo sorso la portò a pensare che leggeva troppi manga ecchi, soprattutto per una ragazzina della sua età. Oh, ma era così semplice, viveva in casa da sola e neanche si doveva premurare di nasconderli negli anfratti più remoti delle sue stanze!
Il secondo sorso le fece venire in mente che il suo senpai non le aveva mai dato neanche un bacio, e che era giunta l'ora di muoversi.
Il terzo sorso le andò di traverso.
Asanuma aveva finito di bere il suo caffè, aveva salutato Motoki con una voce da orgasmo e... e lei leggeva decisamente troppi manga.
Finì il suo frullato e si ritrovò a raccogliere con la superficie della cannuccia tutto il liquido più denso che non era riuscita a succhiare via...
E sì, lei leggeva decisamente troppi manga.

Se c'era qualcosa di veramente simile a una tortura, era ascoltare Asanuma Ittou mentre discuteva dei suoi studi insieme a Mamoru e Motoki.
Sentirlo parlare di gravitazione universale ed equazioni di Maxwell con la lascivia di una ciliegia umida di saliva appoggiata sulla pelle calda - perchè non la sua? perchè non la sua? - era quanto di più eccitante potesse esistere al mondo.
Sentire contemporaneamente Usagi blaterare qualcosa su quanto odiasse Mamoru rovinava decisamente tutta la magia.
I suoi strilletti isterici si mescolavano al sottofondo perfino troppo lieve della voce di Asanuma, e masse, molle e smorzatori si perdevano nel tintinnio di coppe di gelato, nelle risate degli altri avventori, nei mormorii incomprensibili di Ami che provava a studiare anche in quel caos.
« Ehi, Odango Atama! »
Makoto rischiò di sbattere la testa contro il tavolo. Dannato Mamoru Chiba, se aveva un'utilità al mondo era quella di far parlare Asanuma fino a fargli perdere la voce! E invece perdeva tempo per bisticciare con Usagi, per darle della stupida per i suoi voti atroci, per sprecare fiato inutilmente!
Evidentemente, il kohai doveva pensarla allo stesso modo, data la piega scocciata assunta dai suoi lineamenti. Lo vide alzarsi e andarsene, premurandosi prima di pagare il suo caffè e anche quello del senpai.
E Makoto maledì l'amore. Sì, perché era scritto in tutti i manga shojo che chi disprezza compra e che gli amori più grandi nascono tra persone che mal si sopportano: per Usagi e Mamoru c'erano tutti i presupposti per una vita duratura e felice, e forse anche per conigliate e conigliate di pargoli, sempre se le Senshi fossero mai riuscite a sopravvivere alla lotta contro il Dark Kingdom. Mentre per lei e Asanuma che vita si prospettava, se neanche si parlavano?
Mentre si figurava una bambina dai ridicoli capelli rosa legati in due codine ai lati della testa, pestifera come Usagi e un po' altezzosa come Mamoru, pensò per l'ennesima volta che leggeva decisamente troppi manga.
Lei e Rei alzarono gli occhi al cielo, Ami si indignò una volta per tutte per quel chiasso che la deconcentrava e chiuse il libro con un tonfo sonoro della copertina. Si alzarono tutte e tre contemporaneamente, senza dire una parola: Usagi e Mamoru non se ne accorsero nemmeno, presi com'erano a punzecchiarsi.
Mentre usciva, Makoto scorse un'ombra appoggiata al muro. Intravide dei capelli biondi, una cartella appoggiata mollemente sulle spalle e, senza nemmeno girarsi, immaginò quella stessa chioma oscillare nel sole, mentre le andava incontro a passo svelto. Aspettò l'impatto, l'abbraccio, il bacio - ma andiamo, in tutti i manga il ragazzo si dichiara all'improvviso! - ma niente di tutto questo arrivò mai.
Si voltò giusto in tempo per vedere che quei capelli erano castano chiaro, che quella cartella era una borsa, e che quel ragazzo era una ragazza.
Non aveva neanche le orecchie lievemente sporgenti di Asanuma!
Tirò un pugno contro la porta - mentre Rei ed Ami la guardavano un po' perplesse - e dopo un saluto frettoloso si diresse verso casa. Aveva fantasticato su un possibile bacio da parte di una ragazza, si sarebbe presa a schiaffi da sola per la sua stupidità.
E sì, era ufficiale: lei leggeva decisamente troppi manga.

Quando Mamoru scoprì di amare Usagi, l'ignaro Asanuma scoprì Makoto.
Non faceva neanche caldo quella notte, eppure lui si svegliò sudato fradicio, col respiro affannoso e una mano evidentemente fuori posto.
Tutto era iniziato con un frullato di frutta fresca, ed era più o meno sicuro di non esserselo versato addosso: allora perché si sentiva tutto bagnato, e non c'era odore di arance, di limoni o fragole sulle sue coperte?
Quella ragazza con la coda... forse aveva preso un frullato alla banana e glielo aveva tirato sui pantaloni. Chi sentirebbe profumo di un frutto quasi inodore come la banana? Lui no di certo, col raffreddore che si ritrovava.
Si rimise giù, mormorando che non doveva preoccuparsi, che tanto doveva passare dalla lavanderia, che no, non avrebbe accettato il suo denaro come risarcimento, un gentiluomo non lo avrebbe mai fatto.
Certo che quel frullato era fastidioso proprio lì, stava impiastricciando anche tutte le lenzuola...
Lenzuola?
Asanuma Ittou si alzò di scatto, avvicinando lentamente la mano al punto in cui sarebbe stata evidentemente fuori posto.
Il ricordo della ragazza con la coda gli bagnò le dita.

Se c'era qualcosa di più imbarazzante di un sogno erotico talmente intenso da portarlo al culmine di ogni virile resistenza, era trovarsi di fronte l'oggetto di quella fantasia poche ore dopo aver messo le lenzuola in lavatrice.
« Makoto! » esclamò Motoki, mentre Asanuma prendeva appunti.
Chissà come l'aveva chiamata, quella notte. Keiko? Yuki? Kotono? La k c'era di certo: forse era riecheggiata nel Crown, ripetuta dalle oche starnazzanti che le facevano compagnia.
« Un frullato » chiese lei, e lui accavallò le gambe, stizzito.
« Frutta fresca? » incalzò Furuhata - come se ci fosse stato bisogno di chiederlo.
« Banana! » e Asanuma provò ad accavallare le gambe di nuovo, scordandosi per un momento di averne soltanto due e di non poter creare una pila infinita di femori. E si maledì, perché un piccolo femore faceva capolino comunque: si appoggiò la cartella sulle cosce, mentre una smorfia lievemente dolorante gli smuoveva le labbra. Labbra. Quante e quali labbra gli avevano fatto compagnia quella notte!
Gli parve che Makoto lo guardasse in tralice, mentre un po' impacciata si mordicchiava le dita: gli parve anche di non aver affatto esagerato con certe dimensioni quella notte, mentre notava un bottone dell'uniforme soffrire in silenzio per una tensione piuttosto innaturale per una ragazza giapponese. In fondo, non gli dispiaceva più così tanto di aver perso il controllo: se non altro, aveva ceduto per delle tette di tutto rispetto.
« Un altro caffè » chiese dopo aver ingurgitato il suo in un solo sorso e aver sbattuto la tazza sul tavolo.
« Calmo, Asanuma! » sorrise Motoki. « Spaventerai la nostra Makoto... a proposito, vi conoscete? »
C'era da dire che su una cosa Motoki aveva ragione. Makoto era da paura, o perlomeno lo era stata la sua versione incorporea - neanche troppo. E la risposta alla seconda domanda era Sì, anche troppo bene. E fu per questo che rispose di no.
« Piacere, Ittou Asanuma. »
A Makoto la cannuccia sfuggì di bocca un po' troppo velocemente. Tossicchiò appena, mentre gli dava la mano. « Kino Makoto, piacere mio. »
Asanuma Ittou pensava che le mani di Makoto fossero morbide, lisce, curate. Trovò qualche dito bruciacchiato, punture d'ago, unghie rovinate. Gli piacquero immediatamente.
« Studi alla Juuban? »
Makoto annuì, e lui si sentì autorizzato a partire con una filippica sull'importanza dello studio e su quanto aveva intenzione di impegnarsi per eccellere sia nella scuola superiore che all'università. La vide concentrata, turbata, perplessa. Poi la vide incantata.
Asanuma non sapeva che Makoto voleva solo sposarsi e magari aprire una pasticceria - o magari una serra, per le sue amate rose -, che all'università neanche pensava e che si sarebbe accontentata di un voto almeno decente agli esami finali.
Asanuma non sapeva neanche che Makoto provava l'impulso irrefrenabile di darsi sollievo, e che sfregava le cosce sotto l'ampia gonna dell'uniforme, senza farsi notare.
Se Makoto si era seduta di nuovo su uno sgabello, abbandonando i formalismi e accavallando le gambe, era perché quei dannati manga non le avevano insegnato proprio tuttotuttotutto. Che diamine, i manga non parlavano!
« Sei veramente un bravo ragazzo » sbottò alla fine, appoggiando qualche yen sul bancone sotto lo sguardo stanco di Motoki. « Adesso però devo andare! Sai, lo studio... è... è importante, no? »
« Ma... ma... »
Mentre Asanuma si chiedeva cos'avesse detto di sbagliato, Makoto era già uscita dal locale sbattendo la porta.
Quello che lui non sapeva, era che Joule e Ampère non si erano mai soffermati a studiare calore ed elettricità applicati su una donna. E che Makoto l'avrebbe ustionato dandogli anche la scossa, se solo l'avesse sfiorata.
Qualche metro più in là, appoggiata contro un muro in un vicolo, Makoto fu costretta a correggersi ancora una volta.
Prima di tutto, doveva passare dagli ecchi agli hentai - e al diavolo i limiti d'età, sembrava abbastanza adulta per fregare un venditore sprovveduto.
Seconda cosa, era necessario che mettesse in conto diverse spesucce in più.
In fondo, leggeva decisamente troppo pochi manga.

C'era una sola persona al mondo di cui Asanuma aveva un bisogno viscerale, e quella era Mamoru Chiba.
Dopo averlo perso di vista per un po' di tempo, si era preoccupato talmente tanto che aveva perso l'appetito, iniziato a soffrire di tachicardia e dormito sonni poco ristoratori per giorni.
Come se non bastasse, era sparita anche lei.
Lei e le sue amiche non si facevano più vedere al Crown e, se le intravedeva per strada, avevano sempre volti talmente tirati da sembrare le ombre sbiadite di quelle chiacchierone che animavano il locale.
Poi, di punto in bianco, tutto era tornato come prima, senza una spiegazione.
Mamoru l'aveva contattato per studiare in biblioteca, le ragazze avevano ripreso a divorare gelati e frappè come se niente fosse, Makoto era tornata a divorare lui semplicemente guardandolo.
Lo salutava ogni volta, e ad ogni ciao lui si sentiva più irrequieto: lei gli sfilava un neurone alla volta, rendendolo quasi incapace di ragionare coerentemente. Oh, Asanuma non era innamorato, affatto: semplicemente voleva prenderla per le spalle e distenderla su un tavolo, prenderla per le braccia e staccarle i bottoni a morsi, prenderla per i fianchi e tirarle via le mutandine, prenderla per... Asanuma, contegno!
Si ritrovò a rivolgerle l'ennesimo saluto impacciato, mentre lei, invece, sembrava più coraggiosa di sempre. Propositiva, intraprendente, sicura di sè - oh sì, quanto gli piacevano le donne decise!
« Asanuma è un cliente affezionato, frequenta la prima alla Motoazabu! Ti si vede molto spesso qui, eh? »
E lui avvampò, come un bambino imbarazzato. Almeno fino a quando...
« Guarda Asanuma, quella è Usagi, la ragazza di Mamoru, il tuo compagno più grande che stimi tanto! »
Uno, due, tre, quattro schiaffi. Quanto potevano essere atroci diciassette parole?
« Mamoru le è terribilmente affezionato! »
Ventidue parole, ventidue.
Non solo il suo ideale di uomo era irraggiungibile prima, adesso riacciuffarlo era un miraggio! E doveva anche spartirlo con quell'insulsa bionda con gli Odango... chi avrebbe studiato con lui, chi?!
Gli tremò la voce, nel rispondere. « La sua ragazza... Mamoru ha TROPPO! Non solo è un ottimo studente, che riesce benissimo anche negli sport... ma è anche cordiale con noi delle medie! Io, Ittou Asanuma, voglio diventare come lui! »
Si spaventò da solo, mentre pronunciava le ultime parole con un orgoglio e una determinazione degne di un samurai.
Poi, notò che sia Makoto sia un'altra ragazza bionda, che prima aveva visto solo di sfuggita, lo guardavano adoranti. E rimase in posa un altro po', così, per vedere l'effetto che faceva.
Nel mentre, Makoto ringraziò ancora una volta la larghezza della sua gonna. E pregò di poter andare in bagno al più presto.

Nei giorni seguenti, Asanuma non riuscì a fare a meno di pensare che aveva bisogno di una donna.
Oh, che diamine, doveva averla: Mamoru aveva la ragazza, lui voleva la ragazza.
Al Crown, studiò per ore e ore un piano per avvicinare Makoto e possibilmente uscire vincitore da quell'approccio: aveva stilato un elenco con frasi a effetto, situazioni propizie da creare, battute da gentiluomo d'altri tempi con cui affascinarla.
Si logorò talmente tanto che alla fine di quelle ore aveva perso il coraggio di mettere in pratica una qualsiasi di quelle azioni.
Poi, cominciò a piovere.
E a Makoto lo portò qualcosa di molto meno nobile: la stessa cosa che gli aveva fatto scambiare un imprevisto notturno per un frullato alla banana.
In uno starnuto, lei quasi gli svenne addosso, e lui si sentì discretamente ben disposto ad accompagnarla a casa.
Dopotutto, Mamoru avrebbe fatto lo stesso: il raffreddore era proprio una brutta bestia per una donzella in difficoltà.

Quando Makoto si ritrovò spalmata addosso ad Asanuma, la prima cosa che pensò fu che quegli stramaledetti manga finalmente erano serviti a qualcosa.
Oh, c'era qualcosa che le impediva di godersi quel contatto con serenità, ma... no, no, no, contatto NO!
L'urlo di Asanuma le confermò ciò che temeva: in una tempesta simile, lei non poteva che essere elettrica come un'anguilla, quando invece l'anguilla... oh, l'anguilla!
Il ragazzo aveva preso la scossa fin troppo presto - e si ritrovò a pensare che Ampère non l'aveva scritto proprio da nessuna parte, che erano le donne a condurre corrente - ma ciò non aveva impedito a lei di sentire ciò che bramava fin da troppo tempo.
E mentre blaterava qualcosa sulla sua costituzione fisica carica d'elettricità, sperando di esser credibile, lo shock dell'anguilla rischiò di farla svenire. O forse era un corto circuito, ma chi poteva dirlo?
Per fortuna, Asanuma la tampinava ancora, a una distanza troppo esigua per non permettergli di prenderla in braccio al volo.
Volo che, casualmente, gli consegnò un paio di tette fresche fresche tra le mani.
Per l'emozione, Asanuma lasciò cadere senza preavviso l'ombrello e le tette. E Makoto, che solo allora ricordò essere il prolungamento naturale di quella quarta piena di reggiseno.
Mamoru non avrebbe mai fatto una cosa simile!
Si maledì più volte, mentre Makoto lo fulminava - lo fulminava davvero. E con le dita bruciacchiate la prese per un braccio, in un silenzio di tomba, finchè davanti all'ingresso della sua abitazione le cercò le chiavi nella borsa, lasciando che si appoggiasse allo stipite.
« Beh, io... »
« Vieni dentro, sei tutto bagnato » disse semplicemente lei, facendogli strada, non senza difficoltà.
« Tutto bene? » Si tolse le scarpe lentamente, non senza una punta di timidezza.
« Mai stata meglio » fu la risposta, con una dose di ironia che si sarebbe anche potuta tagliare a fette. « Vuoi del tè? »
« Sì, sì, sì, voglio te. »
Makoto rischiò di accasciarsi al suolo. Sì, sì, sì, doveva decisamente mettere quei manga in cassaforte!
« Ho quello alla rosa » balbettò avvampando. « Torno subito. »
Asanuma passò i cinque minuti successivi a chiedersi come cavolo si approcciava una donna: che cavolo, non poteva esserci una legge di attrazione Coulombiana anche per le persone? A lui sembrava più che altro di respingere Makoto qualsiasi cosa dicesse o facesse! Okay, doveva restare calmo e abolire le frasi a effetto.
Doveva passare alle situazioni propizie.
E fu così che finse di saper fare il cameriere.
« Lascia che ti dia una mano, Makoto! »
Volarono in terra due tazze, emozionate per la sua incursione aggressiva in cucina. E Makoto si chiese quanti soldi avrebbe potuto risparmiare se solo non avesse comprato tutti quei manga inutili.
La risposta era una sola: decisamente tanti. Dove diamine era l'uomo perfetto di quei disegni? Quello che diceva sempre la cosa giusta, il vero amore di una donna, l'unico in grado di capirla, amarla, rispettarla e blablabla?
Non aveva mai odiato tanto il suo senpai come in quel momento.
« Ittou-san, vai in soggiorno e restaci » gli intimò mentre raccoglieva i cocci.
Asanuma non ebbe niente da obiettare.

Qualche isolato più in là, Mamoru stava certamente facendo la cosa giusta.
Che fosse dire una parolina dolce, fare un gesto da eroe, risolvere un'equazione impossibile, Chiba-san stava certamente agendo nel modo più appropriato, e questo pensiero stava logorando almeno un fegato - c'era da dire che anche Umino Gurio non era troppo entusiasta del trionfo così schiacciante dell'uomo nel cuore della sua Usagi.
E così, ad Asanuma non restava che cercare nel profumo del tè alla rosa uno stimolo per pronunciare almeno una sillaba che non fosse un'atrocità, o il coraggio di fare quello che sognava da qualche mese: affondare in quelle tette e respirare la pelle di Makoto e poi... e poi doveva decisamente calmarsi. Doveva esserci una possibilità su un milione di aver salva la vita, se solo si fosse avvicinato a quella zona più che circoscritta.
« Vado un secondo a cambiarmi, sono tutta bagnata. »
Quella fu decisamente un'autorizzazione firmata e controfirmata per la definitiva dipartita del suo cervello.
Di tutto quello che poteva legare alla parola 'bagnata', gli era venuto naturale di mettere a tacere i suoi bassi istinti pensando all'acqua e a cosa aveva studiato al riguardo. Chissà perché, quella sera al massimo riusciva a pensare alla spinta di Archimede.
La vide ancheggiare fino alla camera - e no, Makoto non ancheggiava mai, non le riusciva! - e sparire dietro una parete: lui rimase lì, a specchiarsi nel tè, e a ripassare tutte le battute da gentiluomo che aveva in repertorio.
Si schiarì la voce. « Ehm... lo sai che stasera sei carinissima? »
Lei si affacciò solo per guardarlo male. « Sto male, non respiro, a malapena mi reggo in piedi. Non attacca, proprio no » rispose scocciata e disillusa, mentre decisamente pensava al bel falò che avrebbe ricavato dalle pire di manga-spazzatura in fiamme.
E fu allora che cadde l'ultima speranza di Asanuma. E gli cadde anche altro, ma era poco carino da dire.
Figurandosi Makoto mezza nuda a pochi metri da lui, parlò nell'unico modo che il suo corpo fosse in grado di concedergli, col cervello spostato un po' più giù.
« Makoto-san » scandì lentamente, mentre qualcosa scivolava di mano all'interpellata, atterrando rumorosamente a terra. « Mi chiedevo se... »
Lei si affacciò, turbata. Doveva forse bruciare qualche quintale di carta in meno?
« Se... se hai dello zucchero. Mi piace con lo zucchero. » Tacque per un momento, prima di vedere l'espressione di Makoto ancora più amareggiata. « Te, intendo! Cioè, il tè! Mi piace dolce, tanto dolce. » Deglutì, sudando freddo, e l'unica risposta che ottenne fu il dito della ragazza puntato contro la dispensa.
« G-grazie. V-vado subito. »
Doveva aver nascosto qualche altro giornaletto sotto al letto: la pulizia che avrebbe fatto necessitava di molta attenzione.
« Makoto, vuoi che vada a prenderti un frullato alla banana? » lo sentì urlare mentre si agganciava l'ultimo bottone della camicia. Si chiese se l'avesse fatto apposta, a chiederlo, e gli venne subito in mente il suo personaggio preferito, una certa Fujiko che non aveva peli nè sulla lingua nè altrove. Certo che lei non aveva la stessa sfrontatezza.... un tuono proveniente da fuori la riscosse. La senshi della forza e del fulmine messa in crisi da un'anguilla? Nossignore!
« No, ma se vuoi andartene fai pure! »
Fujiko faceva la stizzita, provocava con doppi sensi d'ogni tipo ed era eccitante anche se respirava soltanto. Makoto riusciva ad imitarla solo nel primo comportamento, e sperò di essere capace almeno in quello.
« No, no, non intendevo questo! Io... oh, Makoto, mi farai diventare pazzo! »
Finì la frase montandole addosso, mentre la terza tazza - questa volta piena! - atterrò sul pavimento in una pozza di tè.
Quello fu il primo bacio di Makoto, e fece schifo.
Asanuma poteva anche avere la voce più eccitante del mondo, ma lo stesso non si poteva dire della cavità che la emetteva.
La bocca e le labbra del ragazzo parevano ventose impazzite, con una lingua incapace a dimenarsi come una forsennata e dei mugolii tremendi di sottofondo.
« Nononononononono.... NO! » sbraitò Makoto, allontanandolo senza troppa difficoltà. « Adesso tu ti siedi, mi corteggi, mi accarezzi e poi mi baci per bene! »
Neanche questa volta Asanuma ebbe il coraggio di obiettare.
Spostata più in là, Makoto ricordò la passione di sua nonna per Jessica obasan no jikenbo: adesso sapeva con cosa impiegare il tempo libero che non avrebbe più speso nella lettura dei manga.
E, decisamente, avrebbe avuto spunti significativi per trovare il modo di togliersi di mezzo Asanuma una volta per tutte.

« Allora, regola numero uno. »
Asanuma annuì, in ginocchio di fronte a Makoto.
« Il ragazzo deve guardare la ragazza di sotto in su, estasiato. »
Lei alzò il mento, fingendo di essere emozionata. Lui la guardò un po' perplesso, e più che un'espressione ammirata gliene uscì una incredula. « Ma sei sicura di averlo davvero letto da qualche parte? »
« Decisamente » e gli aggiustò gli angoli della bocca, arricciandoli all'insù - facendolo rabbrividire lievemente, per quel tocco umettato e imprevisto. « Ecco, così va bene. Aggiusta gli occhi! »
« Che diamine vuol dire 'aggiusta gli occhi', Mako-chan? »
« Oh, Asanuma, migliori velocemente! Seconda regola: il ragazzo deve trovare alla ragazza un soprannome carino! »
« Ma non era un... » Si bloccò, stupefatto: Mako-chan gli piaceva proprio. E aggiustò perfino gli occhi!
Lei battè le mani, al settimo cielo. « Sìììììì! Questa è la faccia che volevo vedere, Asa! »
« Asa?! No, Makoto, non credo proprio che... » Fece per alzarsi - tra l'altro, le ginocchia gli facevano anche male.
« Sì, Asa » lo ghiacciò lei, rimettendolo giù. « Asa va più che bene » finì prendendolo per le spalle e portandoselo vicino, in quello che credeva un intimidatorio atto di forza.
Asanuma, d'altro canto, accettò di buon grado il soprannome, data la visuale che Makoto gli offriva. Fu in quel momento che desiderò di morire ad altezza tette, per finire in una bara aperta col sorriso sulle labbra.
Makoto, di fronte a lui, si rese presto conto dell'errore. C'era qualcosa nel modo in cui Asanuma respirava che la faceva impazzire, o forse le faceva semplicemente il solletico. E... no, quello non era decisamente solletico.
« Bene! » urlò un po' troppo rapidamente, spingendolo lontano. « Terza regola: chiedere il permesso prima di baciare una donna. »
« Il permesso? Il permesso?! Makoto, ma ti senti quando parli? Perché dovrei aver bisogno del permesso? »
« E io?! Perchè dovrei aver bisogno di baciarti? » replicò stizzita.
Asanuma si infervorò, alzandosi in piedi. « Ma perché tu mi vuoi! »
« Io cosa?! Makoto Kino non ha mai avuto bisogno di nessuno, tantomeno di un uomo! » E un pezzo di cuore le si staccò, mentre il volto armonico del senpai della vecchia scuola compariva nei suoi pensieri, permaloso e arrabbiato.
C'era un che di maestoso nel modo in cui Makoto, stringendo le braccia al petto, aveva fatto risaltare la sua sensualità. E sì, forse Asanuma tendeva decisamente alla sottomissione - prima Mamoru, poi lei - ma non aveva mai visto prima una donna così eccitante. Certo, c'era da dire che di donne ne aveva viste tutto sommato poche, e che Makoto era stata l'unica ad avere il privilegio di farlo risvegliare in un letto bagnato, ma...
Le fu addosso in un secondo.
« A-Asanuma, mancano ancora una decina di regole! » strillò lei, evidentemente in difficoltà.
« Al diavolo! » E smise definitivamente di respirarle sul seno, per tastarlo in un modo molto più tangibile.
Si beccò uno schiaffo in pieno viso. E non perché non le fosse piaciuto almeno un decimo di quello che aveva provato, ma perché, che cavolo, lei meritava un corteggiatore coi fiocchi!
Asanuma, con la guancia in fiamme, si ritirò mesto. « Che pianeti... » mormorò solo, sovrappensiero.
« Che hai detto?! » chiese lei, nel panico.
« Niente, niente. Facciamo come vuoi tu. Quarta regola? »
« Beh, ci sarebbe stato un passaggio nel mezzo. Io che dico di sì. »
L'ipotesi di Makoto in abito bianco rischiò di farlo svenire. « Sì? »
« Sì. Il permesso. Il permesso di baciarmi! »
« Oooooooh, giusto. Il permesso, sì. Che stupido. Quindi? »
« Devi darmi la tua parola che non lo racconterai mai a nessuno. »
« Sì, sì, chiaro. E' tua. E tu, me la dai? »
« Asanuma! » strillò imbarazzata.
« Senti, vuoi darmelo questo bacio o non se ne fa nulla? »
« Oooooh, e va bene! » Incurvò le labbra, sporgendosi verso di lui. « Mmmmoooaaa! »
« Eh? » ridacchiò.
Makoto tolse il sigillo alle labbra, liberandole dalla posizione comica che avevano. « Ho detto 'Forza'! »
E Asanuma la baciò davvero.
Lo fece piano, con calma, con lentezza, con adorazione. Ad occhi chiusi, rapito. Si lasciò trascinare dai sensi, smettendo di usare la vista ed esaltando tutti gli altri. Ed esaltandone un sesto, non certo l'acume.
Makoto - ad occhi chiusi, regola numero cinque: tenere le palpebre sigillate mentre si bacia qualcuno - fu sua. Non perché ne fosse innamorata - figuriamoci, il suo senpai indemoniato e verde di rabbia era pur sempre parte di lei - ma perché quello, in fondo, era il suo primo bacio e ne avrebbe fatto tesoro a lungo.
E, decisamente, quello non era solo un bacio, perché il primobacioidealediMakoto era un bacio d'amore, innocenza e purezza. Ma lei e Asanuma quando mai erano stati innocenti?
Si staccarono, piano.
« Allora? » chiese subito lui, teso.
« Fragrante. »
« Un bacio fragrante? »
Lei annuì. « Non puoi capire, ma è un complimento. Fragrante come il pane appena fatto, come una crostata che profuma di arance, come...  »
Asanuma la baciò di nuovo, forse semplicemente per farla tacere: era uno scienziato lui, non poteva perdersi con certe baggianate culinarie. « Sesta regola? » chiese curioso quando riaprì gli occhi e riprese a respirare.
« Rimetti la mano dov'era. » Makoto glielo disse solleticandolo, con voce un po' più roca. Lo vide cambiar faccia mentre, senza pensarci troppo, le toccava di nuovo quei pianeti che aveva gradito così tanto. Regola numero sei: mano sulla tetta e via alle danze. Doveva conoscerla bene anche lui, dato l'impegno con cui svolgeva il suo compito.
« Dimmi che mi vuoi » azzardò Asanuma dopo un po', mentre di fronte a lui Makoto si rilassava sempre di più.
« Mmmmm... »
« Dimmi che mi vuoi. »
« Mmmmm... »
« Makoto, ci sei? Vogliamo cominciare?! »
Lei si tirò su di scatto. « Cominciare? Cominciare cosa? »
« Ma come cosa, Makoto... noi siamo qui per... » Si grattò la testa, con lo sguardo basso. « Sì, dai, lo sai perché siamo qui... il frullato, la banana... » Quali cazzo di parole avrebbe usato Mamoru in quella situazione?
« Noooooo! » disse lei scuotendo la testa a più non posso. « Noooo! NO! Per me basta così! »
« PER TE BASTA COSI'? E dove siamo, dal fruttivendolo? Sì, un'altra, un'altra... lasci, così basta! »
« E tu perché eri qui, Asanuma? Per corteggiarmi, no? »
Si schiaffeggiò, sperando in un brutto sogno. « C-c-corteggiarti?! Ma io avevo comprato anche... oh, lascia stare! »
Poi la sentì ridere. « ...Scherzavo. Oh, ma non voglio fare tutto... cioè, non voglio... il frullato completo, ecco. »
E ad Asanuma parve un compromesso più che giusto. E poi, lei lo accarezzava talmente tanto con quella voce, che poteva dire ciò che più le pareva.
« Vorrei solo che tu... mi facessi sentire una donna. Oh, Asanuma, il modo in cui mi guardi è... e la tua voce.... » Fece un gran respiro. « Asa, toccami. Scoprimi. Sei abbastanza buono e affidabile da fermarti quando... non voglio più, vero? »
L'altro annuì, perché in fondo Mamoru non avrebbe mai approfittato di una donzella in difficoltà.
« Mako-chan... nonl'homaifattoprima » sparò in un solo soffio di voce.
« Oh, succede spesso anche nei manga, sai... » Si gelò, tappandosi la bocca.
« Manga? Tu hai studiato sui manga? »
Makoto ripassò tutte le scuse più credibili che aveva in repertorio - e maledì quella stronza di Fujiko, i frullati, le banane e quella voce - almeno fino a quando Asanuma non la stupì.
« Pensi che... potremmo prendere ispirazione? » chiese dubbioso, quasi a voler analizzare matematicamente le probabilità che una guida all'uso potesse essere davvero efficace.
« P-potremmo provare, sì. »
Si alzò lentamente, per saccheggiare la sua riserva segreta. E quando aprì il cassetto dei suoi tesori, pensò che non ne avrebbe gettato neanche uno.
« Ecchi o hentai? » chiese, pensando che non avrebbe più riaperto bocca per tutto il tempo, quando la vergogna l'avrebbe uccisa.
Asanuma valutò in un attimo tutte le sue conoscenze, tutti i suoi timori e tutte le possibilità che aveva di fare un buon lavoro.
E per la prima volta fu abbastanza modesto da non voler competere con Mamoru.
« Ecchi... decisamente! »
E per la prima volta, fu Makoto a non aver niente da obiettare.

Si sedettero vicini, prendendo fiato e cercando il coraggio di trovarsi.
Passarono i minuti, forse un'ora, poi fu un provvidenziale evento a farli scontrare.
Uno starnuto le gonfiò talmente tanto le tette che, che....
Oh, Asanuma quasi svenne, ma poi la baciò tutta, per intero.










NOTE:
Asanuma Ittou è un personaggio secondario del Manga. Compare brevemente nell'anime (episodio 169) ma nel Black Moon Arc del manga ha un ruolo ben definito e anche discretamente ampio. Vi rimando qui e qui per ulteriori informazioni.
Nell'anime sono Usagi e Rei ad essere fissate con i fumetti, ma... nessuno ha mai detto che Makoto non lo sia.
I manga ecchi sono a sfondo erotico, e vietati ai minori di quattordici anni. Gli shojo sono pensati per un pubblico femminile: trattano di amore, sentimenti e problemi adolescenziali. I manga hentai sono fumetti porno, VM 18.
La materia preferita di Mamoru è Fisica. Data la venerazione che Asanuma ha nei suoi confronti, ho immaginato che fosse anche la sua, e tutte le 'parole strane' che trovate qui, vengono dai miei terribili libri di Fisica (gravitazione universale, equazioni di Maxwell, massa-molla-smorzatore, Joule, Ampère, legge di attrazione Coulombiana, spinta di Archimede).
Nel manga, Minako è la Inner Senshi che compare per ultima, per questo non c'è nella 'seconda scena', quando ancora Usagi e le altre neanche conoscono la vera identità di Mamoru.
Mia personale fantasia: la ragazza che Makoto scambia per Asanuma potrebbe essere Haruka. Non c'è un motivo ben preciso, se non la somiglianza estrema dei due personaggi disegnati da Naoko Takeuchi: del resto, questo è ininfluente ai fini della trama, quindi vedetela un po' come volete.
« Asanuma è un cliente affezionato, frequenta la prima alla Motoazabu! », « Guarda Asanuma, quella è Usagi, la ragazza di Mamoru, il tuo compagno più grande che stimi tanto! », « Mamoru le è terribilmente affezionato! »  son frasi tratte tali e quali dal manga (Act 14).
Costituzione fisica carica d'elettricità è tratta dall'Act 15.
Tè/te: gioco di parole ripreso da La Carica dei 101.
Fujiko è un personaggio di mia invenzione. Sono una totale ignorante in tema di manga di qualsiasi tipo, ho letto Sailor Moon per l'adorazione viscerale che ho sviluppato per l'anime e mai mi sono avventurata a leggere altro. Ho scelto il nome di Fujiko ispirandomi alla donna di Lupin, che a quanto ricordo era decisamente tosta. Ma potrebbe chiamarsi anche Ermenegilda, cambierebbe poco.
Jessica obasan no jikenbo: è La Signora in Giallo, nell'adattamento italiano, la serie con protagonista Jessica Fletcher, alias Angela Lansbury. Da dove mi è venuta questa invenzione cretina, di nonna Kino sparaflashata di fronte alla tv a godersi un po' di delitti? Boh, parlatene col mio cervello!



Perché la nota AU?
Perchè si accenna solamente alla 'Prima Guerra', quella contro Metaria e Beryl, mentre ho 'congelato' gli avvenimenti relativi alla Saga della Black Moon per lasciare a questa storia la freschezza e la serenità di un momento di tranquillità e riposo per tutte le guerriere. Senza contare che nel manga Asanuma scopre la vera identità delle guerriere e di Mamoru, e che Makoto viene rapita dai nemici proprio nella stessa sera del tè preso con Asanuma - la parte relativa al raffreddore, all'ombrello e all'invito a casa Kino è invece ricalcata abbastanza fedelmente sugli avvenimenti narrati dalla Takeuchi.

Perché questa storia?
Perchè a quindici anni non ci si innamora. O meglio, può capitare in rari casi, oppure si può scambiare per amore l'attrazione nei confronti di qualcuno, ma, per come la vedo io, a quindici anni bisogna divertirsi. Non mi è mai piaciuto l'amore costruito 'quasi a tavolino' tra Usagi e Mamoru - anche se questa riflessione un po' disincantata è nata dopo anni di metabolismo di manga e anime... non nego di essere stata trascinata dai sentimenti manovrati magistralmente dalla Takeuchi più e più volte! - così come non mi piace il fatto che l'unico sogno di Usagi e Makoto in primis, e poi anche delle altre Senshi in misura minore, sia trovare un uomo con cui sposarsi e creare una famiglia. Oh, son nata indipendente e cinica, che ci posso fare: io a quindici anni pensavo a divertirmi e a fare le prime esperienze, non certo a pannolini e biberon. :) Da qui la scelta di lavorare proprio su Makoto - Usagi è troppo inflazionata - per trasformarla nella Senshi perfetta: lei resta la mia preferita -il mio nick non è certo casuale! -, ma dovevo un po' ritoccarla per renderla ancora più a mia immagine e somiglianza. Da qui la scelta dell'impiego dell'avvertimento OOC: non credo di averla stravolta molto, ma per come è dipinto il 'mondo delle Senshi' nel manga e nell'anime (Usagi che si accasa subito e le altre a struggersi in amori resi impossibili dalla loro stessa funzione di guerriere), un'avventuretta 'in amicizia' per scoprire che siamo fatti così (cit.) è una narrazione un po' azzardata. Concludo dicendo che spero di non aver esagerato: mi sono divertita a modellare Asanuma come preferivo - è caratterizzato talmente poco che potevo sbizzarrirmi a mio piacimento! - e a rendere Makoto un po' più intraprendente... soprattutto scegliendo di usare un certo linguaggio e un certo tipo di narrazione 'colorita'.



Queste note non finivano più.
Sono logorroica, me ne rendo conto anche da sola.
Un bacio!
Morea
  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Morea