Verde.
Verde. Verde. Verde
fatina, dentro, fuori. Verde fatina.
Rosa, le sue labbra
rosa.
Verde e rosa. Fate
di polvere e luce investono notti folli di chiasso.
Nere teste
cilindriche abbracciano vistose gonne di cipria. C'è una
piuma, si
perde. Svolazza, bianca. Poi è ferma, la pioggia la
appiccica alla
strada.
Fitte strade
sottili si diramano dal suo corpo, lui è al centro,
c'è la sua
fatina, c'è un ritmo di fondo, martella. Can-can!
Un piede dietro
l'altro, quattro passi fra lui e la soglia, sorvola qualche metro di
strada ed entra nel Tempio.
Le gonne svolazzano
tutte intorno alla sua testa, fitti merletti biancastri incorniciano
lo spazio entro cui barcolla. Vortici sottili, e poi sempre
più
spessi.
La sensazione è
come morire. Non esserci più per qualche istante.
Sospendiamo questa
esistenza. La mettiamo in attesa, solo un paio di minuti.
Herni
de Toulouse-Lautrec poggia le sue
mani sul banco bruno. Dall'altro lato un cameriere anziano, vestito
in bianco e nero, sorride e mostra lo spazio nero lasciato da un
incisivo.
Il bicchiere è piccolo e profondo. Il
liquido, è verde. Toulouse afferra quel tesoro di vetro, due
mani
piccole si chiudono a coppa attorno alla sua forma. E' il fuoco,
adesso. Si spegne. Toulouse lo beve.
E' tutto verde, dentro la sua gola, in
fondo, più giù. C'è tutto il mondo
lì dentro.
Basta inventare solo una storia, poi il
resto viene da sè.
Inizia con un can-can, poi sarà lui a
martellargli in testa finchè non ne uscirà
sfinito.
Inizia con una donna, pallida e verde,
il suo sguardo lo taglia a metà, sta seduta
laggiù in fondo, è
l'unica donna del mondo in mezzo a tutte le altre. Non c'è
sentimento in nessuna delle cose che fa, lui la fissa, da lontano,
non riesce a vederla.
Il suo mondo è circolare, ruota
incessantemente attorno al suo fulcro. Vede immagini scorrergli
attorno, ballerine rosse e arancioni. Gli scorrono accanto come
fossero fiumi. Ci sono uomini neri e bianchi, avanzano incerti, i
loro occhi neri scrutano l'ambiente circostante.
Gira, gira ancora, torna lei, è un
pallido fermo immagine in mezzo a quell'estasi di luci. Potrebbe
fermarsi il mondo per lei, è seduta e persa, ha trovato un
vuoto in
fondo ai suoi occhi e ci si è nascosta dentro. Non
è vero, forse.
Non sta guardando lui.
Il Moulin Rouge pullula di vite.
Sono vite calde come il fuoco, viscide
come la melma. Lui ama scottarsi, lui ama invischiarsi. Scivolare
dentro l'oscurità del mondo ed uscirne illesi.
Sottili linee nere strisciano attorno a
quei corpi, come piccoli serpenti tropicali, neri fantasmi delle
anime andate.
I colori si sovrappongono ai volti, le
espressioni si cancellano, si accentuano, scompaiono, tornano
indietro.
Il mondo, attorno, cola via.
Dipingi un quadro e mettilo fuori al
freddo, sotto la pioggia. Il colore scolerà a lungo,
formerà
rivoletti allegri. Questo è ciò che ci circonda,
la realtà scola
via. La pioggia la porta con sè, la diluisce e la annienta.
C'è caldo, soffocante, c'è odore di
cipria, di teatri, di polvere, c'è odore di costumi di scena.
Herni Toulouse-Lautrec solleva un
bicchiere, controluce, e ci vede dentro un mondo. E' un pianeta ocra
e rosso, gira vorticosamente, è enorme, poi si
rimpicciolisce. Torna
a nutrirsi delle sue pupille.
Come non perdersi, dopo essere arrivati così lontano.