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Autore: Meissa    14/07/2011    5 recensioni
Luna ricordava il profumo di limone sulle dita di sua madre, l’atmosfera calda e accogliente dei Tre Manici di Scopa, il suo sorriso dolce ed etereo mentre portava della Burrobirra alla labbra dicendole che l’avrebbe potuta bere quando sarebbe stata più grande; non sapeva cosa ordinare, e continuava a farsi leggere la lista delle bevande e dei dolci, fin quando Madama Rosmerta, con un sorriso ampio e materno, era arrivata con una tazza ricolma di liquido ambrato e una mela caramellata su un bastoncino, di un rosso vivace e lucido. Luna/Theo, fluff. Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Theodore Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Coppia: Luna Lovegood/Theodore Nott
Parole: 1779
Note: Per la sfida indetta da Erisa, una storia Het, fluff, con Luna protagonista. Prompt: Mela caramellata.
Ambientata al terzo anno di Luna e al quarto di Pottah&co. Perdona l’orrore, veramente XD La burro birra non sapevo che sapore avesse, ergo ho inventato bellamente. La madre di Luna muore quando lei aveva poco più di nove anni.

Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »


Mela caramellata




Luna non era più andata a Hogsmead da quando l’aveva portata sua madre l’ultima volta, prima che morisse, all’epoca dei suoi otto anni.
Luna ricordava il profumo di limone sulle dita di sua madre, l’atmosfera calda e accogliente dei Tre Manici di Scopa, il suo sorriso dolce ed etereo mentre portava della Burrobirra alla labbra dicendole che l’avrebbe potuta bere quando sarebbe stata più grande; non sapeva cosa ordinare, e continuava a farsi leggere la lista delle bevande e dei dolci, fin quando Madama Rosmerta, con un sorriso ampio e materno, era arrivata con una tazza ricolma di liquido ambrato e una mela caramellata su un bastoncino, di un rosso vivace e lucido.
Suo padre si era rifiutato di tornare a Hogsmead, non gli piaceva; diceva che c’erano troppi ricordi, troppi fantasmi, e non era il caso di risvegliarli. Luna aveva ascoltato attentamente le parole del padre, vicino alle lacrime e con la voce rotta, e non aveva più insistito, per non spezzargli il cuore.
Sua madre diceva sempre che quando un cuore si spezza poi non si riaggiusta mai veramente, anche se si rimettono tutti i pezzi a posto c’è sempre qualcosa di diverso, che stona, un male che consuma da dentro e rovina le persone.
Luna non sapeva, a poco più di nove anni, che il cuore di suo padre si era spezzato nel momento in cui sua moglie era morta, e pensando che quelle lacrime fossero segno di qualcosa sul punto di rompersi, decise di non farlo accadere. Così smise di chiedere.

Al terzo anno, gli studenti avevano la possibilità, con il permesso firmato dei genitori, di andare ad Hogsmeade nei fine settimana stabiliti.
Luna aveva passato diverso tempo durante l’estate che precedeva il suo terzo anno, a cercare di capire come e se chiedere a suo padre di firmarlo: non voleva fargli del male.
Si era avvicinata a lui con cautela, portandogli una tazza di tè caldo, aromatizzato al caramello, un’abitudine che avevano da sempre, a che ricordava Luna, iniziata da sua madre.
Sua madre si faceva sentire sempre anche nella sua assenza, e a Luna faceva piacere. Si cullava e crogiolava nei suoi ricordi, nei suoi gesti ripetuti e nelle abitudini che lei stessa contribuiva a far rivivere.
“Papà?” lo aveva chiamato con delicatezza, perché abbandonasse i suoi doveri e si riposasse. Si occupavano di loro vicendevolmente, ed era suo compito assicurarsi che non lavorasse troppo, come quello di suo padre era assicurarsi che lei avesse un tetto sotto la testa, dei vestiti puliti ogni mattina sul letto e un bicchiere di latte e menta sul comodino prima di andare a dormire.
“Cosa c’è, tesoro?” aveva chiesto il padre, staccandosi appena da quello che sembrava un enorme formicaio.
“Ti ho portato il tè,” rispose quieta, poggiando il vassoio sul tavolo. “Come sta andando?”
Suo padre si era tolto i guanti in pelle di drago, sciacquato comunque le mani nel lavandino, e poi seduto al tavolo con lei. Luna versò il tè in due tazze, ed entrambi si persero un istante nell’osservazione del liquido scuro e delle volute di fumo che si alzavamo dalla sua superficie, trasportati indietro nel tempo.
Durò solo un istante: poi la forza della realtà li trascinò indietro, in quella casa, in quel salone, dove erano solo in due, non in tre, e dove Luna entrava di consuetudine per portare il tè senza chiedere a sua madre il permesso per poter entrare.
“Papà…”
“Oh, scusa, tesoro, ero assorto,” commentò dispiaciuto. “L’osservazione sta andando bene comunque, sei sempre così gentile.”
“Non scherzare, sai che mi interessa. Quest’anno inizierò Cura delle Creature Magiche,” disse con un sorriso. “Sarà interessante, non credi?”
“Certo, tesoro, certo. Ma non credere, non ti racconteranno nulla sui Ricciocorni Schiattosi…”
Luna aveva riso, leggera, e aveva scambiato uno sguardo complice con suo padre.
“Papà,” aveva detto dopo un abbondante sorso di tè. “Al terzo anno si può andare ad Hogsmeade, se si ha un permesso firmato da uno dei genitori.”
Suo padre era rimasto fermo qualche istante, irrigidito, poi Luna vide le sue spalle rilassarsi, e si sentì meglio anche lei.
“Portamelo, e lo firmo. Scommetto che non vedi l’ora di andare con i tuoi amici,” aveva detto con voce lontana, e la tristezza negli occhi nonostante il sorriso. “Adoravo passare i week end fuori dal castello, durante Hogwarts… e anche dopo, be’, lo sai,” concluse rapidamente.
Luna annuì, e portò via il vassoio, in silenzio, lasciando il padre sprofondare nella pesantezza soffocante dei ricordi.

Il primo fine settimana di uscite ad Hogsmeade era un giorno freddo, con il cielo limpido spazzato dal vento, che aveva portato via grosse nuvole nere cariche di pioggia, ora all’orizzonte.
Luna era uscita con il mantello pesante e la sciarpa stretta intorno al collo, e sembrava trattenere a stento l’eccitazione.
Si godette il cammino in silenzio, con il vento freddo a pungerle il viso, ma non le spiaceva. Nulla poteva spiacerle, quel giorno.
Quando arrivò al villaggio, la strada principale era piena; si fece strada sgomitando appena, e iniziò a sentire caldo per la ressa, mentre il vento continuava a gelarle il viso.
Entrò a fatica ai Tre Manici di Scopa, che era sul punto di esplodere da quanta gente c’era dentro; non lo ricordava così tanto pieno.
Riuscì a trovare posto a un tavolino con uno sgabello, vicino al bancone. Lasciò lì il mantello e la sciarpa, e andò a ordinare da Madama Rosmerta. Non aveva bisogno di controllare la lista, per sapere cosa voleva.
Rosmerta la osservò un attimo, sbattendo appena le palpebre.
“… Luna? Luna Lovegood?” domandò guardandola addolcita.
“Salve signorina Rosmerta. È un piacere rivederla. Non credevo si ricordasse di me,” commentò Luna con sincerità. “Oh, cara! Sei… ricordi così tanto tua madre… hai lo stesso… no, non fa nulla, cosa posso offrirti, mia cara?”
“Una Burrobirra, e una mela caramellata, la ringrazio,” disse tirando fuori un sacchetto di monetine dalla borsa.
“Non ci pensare nemmeno, cara, offro io,” disse Rosmerta con un tono che non accettava repliche, dandole il boccale di Burrobirra e una mela caramellata su uno stecchino.
“La ringrazio, Rosmerta. Lei è molto gentile.”
Il sorriso di Luna si fece più ampio, mentre con la sua mela e la sua Burrobirra, si dirigeva al suo tavolino.
“… conosci sua madre, Rosmerta?” domandò un uomo alto, con la voce bassa e roca.
“La conoscevo,” rispose Rosmerta laconica. “La conoscevi anche tu. Non te la ricordi? Era due anni avanti a noi a Hogwarts, Maeve Mackenzie.”
“Quella è sua figlia? Stai scherzando?!” sbottò a voce un po’ troppo alta.
Rosmerta gli lanciò un’occhiataccia. “Certo che non scherzo,” sibilò.
L’uomo rimase a fissarla, mormorando qualcosa.
Luna, da parte sua, cercò di far caso ai loro sguardi e a quello che aveva sentito il meno possibile.
Poggiò il boccale e stava sedendosi, quando vide qualcuno davanti a sé. Lo fissò con la sua solita innocenza, senza alcuna malizia.
“Pensavo di sedermi a questo tavolo,” disse con semplicità. “Vuoi sederti tu? Io posso restare in piedi.”
“E tu chi saresti?” domandò l’altro piuttosto rudemente.
“Luna Lovegood. E tu?”
“… non c’era posto e mi son poggiato qui per bere la Burrobirra,” ammise l’altro, guardandola in modo strano. Luna non ci fece troppo caso, era abituata. “Siediti.”
Il suo sembrava più un ordine che una offerta, ma Luna non ci prestò attenzione. “Non mi hai ancora detto come ti chiami.”
“Perché ti interessa?” chiese con gli stessi modi bruschi di prima, cercando di slacciare la sciarpa, visto il caldo soffocante del locale.
“Aspetta,” aveva detto Luna con gentilezza, prima di scendere dallo sgabello e toglierli la sciarpa dal collo. “Meglio?”
Lui annuì, perdendosi nell’osservare la grazia di Luna Lovegood, che con quella collana al collo sembrava una totale squinternata, nel compiere un gesto semplice come sistemare la sua sciarpa vicino alla propria in una borsa e sedersi.
Bevettero un sorso di Burrobirra entrambi, Luna con un’aria serena e pacifica, come di chi non si sarebbe voluto trovare in nessun altro posto ma che sarebbe comunque potuto essere ovunque grazie alla sua spensieratezza, lui tremendamente a disagio, leggermente imbronciato.
Luna assaporò, con la stessa espressione di sua madre, il liquido denso che scendeva giù per la gola, pastoso e con un retrogusto amaro, che procurava una piacevole sensazione di calore.
“Theodore Nott,” aggiunse il ragazzo dopo una decina di minuti, intento a osservare la sua interlocutrice per caso.
“… mi piace Theodore. È un bel nome,” stabilì annuendo.
“Non sei un po’ cresciuta?”
“Per cosa, scusa?”
“Per mangiare delle mele caramellate come una bambina di otto anni,” spiegò Theodore con una smorfia.
Luna lo scrutò per un momento, con i suoi nebulosi occhi azzurro sporco, poi tese il bastoncino verso di lui.
“Dovresti assaggiarla.”
“È da bambini,” rispose Theo, ritroso.
“Dovresti comunque. Siamo tutti dei bambini, in fondo,” mormorò con sguardo perso.
Theodore la fissò brevemente, indeciso e destabilizzato, senza una ragione apparente. Aveva davanti una ragazzina con gli occhi giganteschi, una collana ridicola e una mela caramellata, per Morgana!
“Dai qui,” disse sorprendendo persino per se stesso e addentando la mela. “E ora?”
“E ora cosa?” domandò Luna innocentemente, come se non capisse di cosa stesse parlando.
“Mi hai detto tu di assaggiarla!” protestò vivacemente Theo.
“Ah, giusto. Com’è?” chiese lei a bruciapelo.
Theo la fissò confuso. Quella ragazza, la conosceva da solo mezz’ora, lo stava già facendo impazzire. “Buona.”
“Vedi, vorresti privarti di una cosa buona solo perché è da bambini? Sarebbe sciocco,” gli spiegò con tranquillità, bevendo un altro sorso di Burrobirra. “Non credi?”
“Sì… certo…” farfugliò Theo, incapace di formulare una frase di senso coerente e nemmeno di pensarla.
“Si è fatto tardi, Theodore,” lo informò lei con somma calma, scendendo dallo sgabello. Prese la borsa e tirò fuori la sua sciarpa. “Devi uscire?”
“Sì, certo, torno, al castello,” rispose senza pensare.
“Oh, bene, allora potremmo fare la strada insieme. Lascia solo che ti rimetta la sciarpa,” disse Luna con un sorrisone, avvicinandosi a lui.
“Luna…” sussurrò appena Theo, destabilizzato dall’averla così vicina. Poteva vedere il profilo del suo naso diritto, gli occhi contornati da delle ciglia lunghissime, e le labbra chiare, appena schiuse. Dovevano essere morbide, o almeno davano quest’idea.
“Sì?”
“Non hai mangiato la mela caramellata,” disse con la gola chiusa, mentre lei gli sistemava la sciarpa.
“Oh, dovresti finirla tu. Io so essere bambina anche senza,” concluse Luna porgendoli il bastoncino con la mela caramellata.
“Andiamo?” lo richiamò gentilmente Luna, davanti alla porta aperta del locale, mentre Theo era ancora impalato di fianco al tavolino, la mela caramellata in mano.
La raggiunse di corsa, quasi, e nonostante il freddo pungente una volta per strada, si sentiva stranamente bene, con Luna al suo fianco.
   
 
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