Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Ricorda la storia  |      
Autore: Niagara_R    14/07/2011    17 recensioni
***Leggimi, leggimi, sono importante!***
*Aggiornato al 31/10/2015*

Oh cazzo, dev’essere lo stress, sì, sicuramente, colpa dell’esame, colpa della White, dormo poco e bevo troppi caffè, è colpa della mia immaginazione, colpa della suggestione, devo smetterla di guardare quegli stupidi film horror con Mikey, assolutamente, da stasera basta televisione, a letto presto, e senza caffè!
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1.

Ciao a tutti, lettori e lettrici.

Immagino vi starete chiedendo come mai di questa storia è rimasto solo il primo capitolo, vero?

Presto detto, adesso ve lo spiego!

 

Io? Un genio! è stato ufficialmente pubblicato!


 

 

 

Questa è stata una delle mie storie forse meglio riuscite, che aveva un valore sentimentale per me, e più andavo avanti e più mi rendevo conto che avrebbe potuto rappresentare qualcosa di grande, quindi...

Ho trasformato Io? Un genio! in un’original, in un romanzo a sé stante, in un’opera che ha perso tutti i suoi legami con la FF ed è diventata a tutti gli effetti uno scritto individuale.

Ho modificato dove c’era da modificare e ho limato gli spigoli che non riconoscevo più come miei (nell’arco di soli due anni il mio stile di scrittura è notevolmente mutato), e alla fine ho preso coraggio e ho proposto la storia a diverse case editrici.

Ho ricevuto tanti rifiuti, soprattutto per l’amore tra i due protagonisti. A quanto pare gli editori italiani non amano la narrativa gay.

Tanti rifiuti, tante proposte di cambiare qualcosina in modo da non rendere così palese l’omosessualità dei due ragazzi, e insomma, tante sciocchezze che mi hanno fatto storcere il naso e alzare i tacchi, perché non volevo che questa storia venisse snaturata della sua essenza, non volevo che diventasse qualcosa di diverso da come era nata e cresciuta.

 

E a novembre 2015 ecco che ha visto la luce.

 

Grazie alla casa editrice Milena Edizioni, Arabesque è uscito in tutte le librerie.

Questo significa che chiunque di voi può leggerlo dove e quando vuole, su un Kindle, su un Kobo, su un tablet, su uno smartphone. Dovunque e comunque.

Ed è quindi acquistabile su tutti gli store conosciuti in Italia in modo da farvelo trovare in tutti i formati che preferite.

Si parla quindi di Amazon, di InMondadori, di UltimaBooks, di LaFeltrinelli, e insomma, di TUTTI gli store italiani (e non) che vi vengono in mente.

 

E NON È FINITA QUI.

 

Già. Perché, al contrario delle due pubblicazioni precedenti, Milena Edizioni prevede anche e soprattutto la versione CARTACEA.  Da novembre 2015 potrete trovare Arabesque in TUTTE le librerie e, se per caso vi capitasse di non vederlo sugli scaffali, potrete tranquillamente ordinarlo alla cassa e farlo pervenire senza alcun problema.

 

 

 

Detto ciò, vi invito a visitare il mio blog

Penna, matita e veleno

dove non solo troverete tante informazioni e curiosità su questo romanzo, ma anche su tutte le mie pubblicazioni passate e future.

Altresì vi lascio i link dei miei social dove mi potrete facilmente trovare e seguire, e scambierò volentieri qualche chiacchiera con voi. J

 

My personal blog
Me on Twitter
Me on Facebook
Me on Google+
Me on Goodreads

 

 

Detto ciò, mi scuso ancora per avervi portato via qualcosa che avreste voluto sempre leggere a portata di mano, e nel frattempo vi ringrazio.

Vi ringrazio perché è per le vostre parole che ho deciso di tentare la scalata alla scrittura professionale.

Vi ringrazio perché è stato per le vostre lacrime, per le vostre risate, per le vostre parole e per le vostre direttive se ho capito che scrivere è ciò che voglio fare davvero nella vita, e non me lo dimenticherò.

Arabesque è un regalo per voi, per tutte voi, che probabilmente non avrebbe mai preso forma senza il vostro aiuto.

 

Grazie di cuore.

Spero un giorno di incontrarvi e ringraziarvi di persona.

 

 

 

 

 

 

*****************************************************

 

*Musichetta di 2002 Odissea nello spazio*

*Risata malvagia*

*Livin appare dal nulla in una nuvola di fumo bianco facendo svolazzare un mantello*

 

Taaaaaaaaa-daaaaaaaaaaaaaaaaaaan, eccomi eccomi eccomi!!!

Sono tornata con questa newissima looooooooooooooooooooong!!!111!!ventiseicentordici!!!11

 

Bien, cosa posso dire?

1.      Ebbene sì, anche questa storia avrà esattamente 25 capitoli perché basata su una tabella, precisamente questa, che poi vi avevo già mostrato. Siete spaventate? Fate proprio bene.

2.      L’idea è folle, me ne rendo benissimo conto, ma non sono riuscita a resistere. In realtà ho preso spunto da una puntata dei Real Ghostbusters (sempre siano lodati, perché adesso non trasmettono più cartoni del genere, perchèèèèèèèèèèèèèèèèèè????!!ç____ç), e ok, forse se non avete visto quella data puntata non capirete affatto il collegamento... Ma chi se ne frega, non è importante!XD

3.      Questo è il primo capitolo, il titolo è quello che è. Avete già capito di che si parla?;D

4.      Come vedete il rating è arancione, ma all’incirca presto passerà a rosso, sempre per i soliti motivi che già conoscete. Diamine, non iniziate a sbavare adesso.

5.    I commenti sono D’OBBLIGO, che sia chiaro!u_ù

6.      Anche se ora ho pochissimo tempo a disposizione (anzi no, diciamo che non ne ho!ç_ç) questa long è già conclusa, quindi, come per la precedente, questa storia vedrà la sua fine, non sono una di quelle che vi lasciano a bocca asciutta, non lo sono mai stata, mai lo sarò. Quindi fidatevi!;D

7.      Non ho idea di che cippa scrivere al punto 7.

8.      Non mi resta che far altro che augurarvi buona lettura e sperare che vi piaccia... Fatemelo sapere... Perché io stessa ero sconvolta mentre la scrivevo!XD

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

DISPERAZIONE

 

Una tragedia.

Uno schifo.

Una maledizione.

La notizia più orribile che avessero potuto dargli nell’arco di tutta una vita.

L’esame di arte barocca era stato annullato.

Disperazione.

Gerard se ne stava davanti ai tabelloni all’entrata della facoltà assieme ad un’altra dozzina di studenti, tutti con la stessa espressione semplicemente allibita, bocche spalancate ed occhi allucinati nel leggere e rileggere ad oltranza la comunicazione scritta in minuscolo che diceva che l’esame della professoressa White era stato annullato e spostato a data da destinarsi.

E loro che avevano sprecato settimane, mesi della loro insulsa vita di collegiali per studiare la bellezza di tre tomi di trecento pagine l’uno, impararsi a memoria ogni linea, ogni colore, ogni possibile definizione che chiunque aveva dato sul barocco nel corso del tempo.

Nottate in bianco passate a studiare, giornate intere di sole chiusi in casa pur di non rimanere indietro, imprecazioni, sudore, lacrime, speranze, incubi, tutto in fumo per colpa di quella maledetta comunicazione che diceva loro che la professoressa White sarebbe stata assente per un tempo indefinito per problemi personali non specificati.

In quel momento tutti, molto malignamente, stavano sperando che fosse successo qualcosa di davvero grave per averla allontanata, siccome ogni studente si era presentato con la bellezza di due ore di anticipo, con gli occhi arrossati e infossati, segno che si era passata la notte precedente nel ripasso selvaggio.

Tutto inutile.

L’esame non c’era.

Maledizione.

<< Merda... Vaffanculo! >> sbottò qualcuno, finalmente, riscuotendo tutti dallo shock che avevano subìto.

Una ragazza scosse la testa ancora incredula e poi si allontanò a passo molle, probabilmente diretta nel primo bar per prendersi un caffè enorme strabordante di zucchero.

Pian piano il gruppetto riacquistò vita, e naturalmente le invettive non mancarono, esclamazioni di stupore, di rabbia, di sonno, malocchi lanciati ad un qualsiasi parente della White, al suo cane e anche i suoi eventuali nipoti.

<< Che palle... >> sibilò France, battendo un piede a terra << Tanto tempo buttato nel cesso! >>

Gerard sospirò frustrato, abbassando la testa.

Quella sì che era una stangata. Era da tre mesi che studiava per quell’esame, era il più difficile del corso, e la White era l’insegnate più stronza di tutta la facoltà, si era preparato psicologicamente per l’orale e anche per lo scritto, quella mattina si era svegliato dopo una misera ora di sonno, carico e prontissimo, giurando a se stesso che non sarebbe uscito da quelle aule senza almeno un venticinque... E tutto puntualmente era andato a puttane.

Quando mai avrebbe racimolato di nuovo abbastanza fiducia in se stesso per ripartire con quella verve?!

<< ’Fanculo, e io che ho lasciato passare l’esame di disegno per questo! >> imprecò la ragazza masticando forsennatamente la gomma << Andiamo?! Ho proprio bisogno di qualcosa che mi distenda i nervi! >>

Gee annuì, ancora immerso nella più nera disperazione.

Si allontanarono insieme lungo il parco, il tempo non era dei migliori, nonostante fosse marzo c’era un’aria gelata che metteva i brividi, piovigginava ogni tanto, e il cielo era di un sinistro color perla che preannunciava una temporale imminente. La giornata adatta per starsene rintanati a letto, altro che svegliarsi alle sei di mattina per ripassare per un esame che non si era nemmeno tenuto, ‘fanculo!

Gee e France andarono a riscaldarsi nel bar della facoltà, ai tavoli erano già seduti ragazzi e ragazze dalle espressioni decisamente scazzate, probabilmente anche loro vittime dei problemi di famiglia della White. Ordinarono due caffè tanto per darsi una svegliata e levarsi di dosso il cattivo umore complessivo.

<< Che stronza... Giuro che se non mandano un supplente entro la prossima settimana sporgerò denuncia! >> esclamò France agitando le mani.

<< E a chi? >>

<< Non lo so... Non esiste una polizia studentesca? >>

Gee si mise a ridere scuotendo la testa, godendosi il sapore di caffè che gli scendeva lungo l’esofago, mentre la guardava sciorinare una sfilza infinita di proteste.

France non era una bella ragazza. Era magra, bassa, con un viso un po’ troppo affilato e scarno, non aveva fianchi né sedere, aveva un bel seno, non esagerato ma tondo e sodo, che però puntualmente veniva coperto da quelle felpe improponibili di band e gruppi alternativi che Gerard non conosceva neanche per sentito dire.

Aveva il braccio destro ricoperto di bracciali di ogni colore, tintinnavano ad ogni mossa, France aveva una chioma di dreads castani che legava sulla nuca, lasciandole scoperta la fronte ampia, mettendo bene in vista gli zigomi incavati, sarebbe stata sicuramente più appetibile se avesse messo su qualche chilo, si sarebbe addolcito il suo viso.

Ma a Gerard piaceva anche così com’era. France era irripetibile. France era l’alternativa per eccellenza, nessuna era come lei, era la classica tipa che se qualcuno per caso la guardava male si girava con uno sguardo truce domandando senza tante storie << Che cazzo vuoi? >>

Non si truccava come le altre, nemmeno un filo di fondotinta o di matita, praticava kickboxing e non se la cavava neanche male malgrado il suo fisico minuto, era una forza della natura, incontenibile, indipendente, con un carattere forte, che trascinava.

Aveva due anni più di Gee, si era iscritta alla facoltà di Arte in ritardo, frequentava il suo stesso corso, e quell’esame praticamente l’avevano preparato insieme, pregando che andasse bene ad entrambi.

Mentre France stava ancora spedendo maledizioni alla professoressa, Gerard annuiva ogni tanto facendo finta di ascoltare i suoi sproloqui, e intanto pensava a cosa dirle.

Si conoscevano da due anni, e da uno aveva scoperto che tra loro sarebbe potuto nascere qualcosa. Forse. Certo, Gee aveva una paura fottuta, France era la sua antitesi, lei era caratterialmente stabile, decisa, non tornava mai sui suoi passi e non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, non era affatto timida, né si faceva problemi a dare del cretino ad uno sconosciuto.

Lui invece era riservato, introverso, intimidito da quello che non conosceva, rifletteva giorni interi su una cosa anche se questa aveva poca importanza, gli piaceva avere il controllo totale della situazione e studiare ogni eventualità prima di agire.

Ma ormai il momento era arrivato. Ci aveva pensato su mesi e mesi, ogni minuto che aveva passato con lei a studiare, o passeggiare, o a lezione, o a fare qualsiasi altra cosa. France gli piaceva, ed era giunto il momento di dirglielo. Almeno si sarebbe messo il cuore in pace se anche gli avesse detto di no.

Bevve l’ultimo sorso di caffè in un fiato, prese un profondo respiro, attese che la smettesse di bestemmiare, e la guardò negli occhi scuri.

<< France. >>

<< Dimmi. >>

Gee fece un altro respiro.

<< Io... >>

Un cellulare fece vibrare il tavolino su cui era posato.

<< Scusami. >> France gli lanciò uno sguardo di scusa e si alzò andando fuori a rispondere.

Gerard svuotò i polmoni. Quella giornata non voleva proprio ingranare, sembrava destinata ad andare sempre peggio. Prima l’esame andato in fumo, poi lui che non riusciva a parlarle. Ci mancava soltanto che France prendesse la sua dichiarazione nel modo peggiore e gli tirasse uno schiaffo nel bel mezzo del bar facendogli una scenata.

Che giornata di merda.

France gesticolava mentre parlava al telefono di fronte la vetrina, andava avanti e indietro per il marciapiede come una fiera in gabbia, molto probabilmente stava parlando con sua madre con cui non era esattamente in buonissimi rapporti.

Finalmente chiuse la conversazione e tornò dentro.

<< Gee, scusami... Devo andare. >> sospirò prendendo la sua tracolla << A mia madre è venuta la brillante idea di andare al supermercato e perdere le chiavi dell’auto, devo andarla a prendere. Scusami! >> Gli fece uno sguardo sconsolato.

<< Non ti preoccupare... >> Gee fece un sorriso stentato << Ci sentiamo dopo... >>

<< Prometto che presto passeremo una giornata da soli, senza scocciature, a telefono spento! >> esclamò, lasciò sul tavolino una banconota da cinque dollari e gli scoccò un bacio sulla guancia, e poi fuggì fuori. Aveva iniziato a piovere sul serio.

Gerard si mise una mano tra i capelli, frustrato.

In quel periodo non gliene andava bene una. Osservò la banconota un po’ usurata che aveva lasciato France. Pagava sempre lei, quando uscivano insieme. E lui non aveva ancora trovato il modo di impedirglielo.

‘Fanculo...

Si alzò rimettendosi la giacca, non aveva proprio voglia di starsene da solo ad un tavolino a rimuginare su tutte le sue sfighe, ci mancava soltanto la depressione da caffeina a coronare i suoi insuccessi.

Pagò al bancone lasciandogli il resto e si infilò il cappuccio nell’uscire. Diluviava.

Può andare peggio di così?

<< Mi scusi! >> Gee alzò gli occhi al cielo piovoso.

Certo che poteva andare peggio.

La tentazione fu di ignorare quella voce e continuare a camminare ad occhi bassi, ma il suo senso civico glielo impedì categoricamente, ordinandogli di voltarsi e guardare quella donna stranissima che gli stava correndo incontro.

<< Mi scusi! >> ripeté lei arrivandogli accanto << Mi può aiutare? Devo trasportare delle tele e non vorrei che si bagnassero, io faccio fatica... >> Da sotto una maglietta leggera Gee intravide la fasciatura che le copriva tutto il braccio destro, sembrava facesse persino fatica ad articolare le dita della mano.

Tutte a lui capitavano.

Cos’aveva fatto di male?

<< L’aiuto. >> annuì rassegnandosi. Lei gli fece un sorriso a trentadue denti, luminosissimo. Almeno la gratitudine se la meritava. Lo condusse all’auto parcheggiata poco lontano, aprì il baule e Gee prese un grosso scatolone che conteneva almeno una ventina di quadri, pesava veramente uno sproposito. Con una certa dose di forza riuscì a issarselo tra le braccia, poi seguì la donna in un vicoletto laterale finché non si fermò di fronte ad una porta di vetro. Estrasse dalla tasca della gonna vaporosa una chiave, la infilò a fatica nella serratura, non doveva essere abituata a usare la mano sinistra, e finalmente entrarono.

Buio. C’era un dannato buio, Gee, tanto per essere ottimista come al solito, si figurò già morto stecchito in quel locale pieno di tenebre, attirato da una donna che aveva usato un diversivo soltanto per poterlo uccidere.

Le luci si accesero, e quella fantasia svanì immediatamente.

Sembrava un negozio. Un negozio pieno di cianfrusaglie di ogni tipo.

Cose orientali, di quelle che si vedevano nei bazar o nei mercatini delle pulci, un sacco di cose inutili di cui tanta gente non riusciva a fare a meno, elefanti color rame, acchiappasogni dai ricami più strani, miniature, pupazzi, monili di tutti i colori, lampadari, mappamondi, di tutto e di più, una cosa sopra l’altra, una confusione incredibile, e un fastidioso odore di umidità e di chiuso.

<< Li poggi pure per terra! >> sentì dire dalla donna che era sparita dietro una porticina oltre il bancone.

Facile a dirsi, per terra dove? Il pavimento era pieno di altri scatoloni o casse che traboccavano libri o strani strumenti che Gee non aveva mai visto prima, trovare uno spazio libero sembrava complicato.

Appoggiò piano la cassa dei quadri su di un’altra che conteneva strani bastoncini di legno di dubbia utilità, sperando che non si rompesse niente. Ci mancava soltanto che gli facessero risarcire delle stupidaggini.

Si sentiva i capelli bagnati, i vestiti attaccati alla pelle e un fastidioso freddo pungente alle gambe, gli facevano male le braccia per aver trasportato quelle tele, e anche le spalle per essere stato piegato tutta la notte sui testi, voleva solo andarsene a casa e mettersi sul divano sotto una coperta.

<< Eccomi... >> La donna risbucò in tutti i suoi abiti sgargianti. Alla luce delle varie lampade del negozio Gee riuscì a vederla meglio. Era una bella donna con dei lunghissimi capelli biondi, avrà avuto sì e no quarant’anni, alta, avvolta in una sottospecie di tunica arancio e gialla, tutto di lei sembrava rispecchiare quello che la circondava lì dentro, lei stessa sembrava un arredamento etnico << E’ stato molto gentile ad aiutarmi! >> Gli sorrise facendo lo slalom per raggiungerlo.

<< Si figuri. >> Almeno era gentile, Gerard la prese in simpatia, aveva dei begli occhi azzurri e un sorriso radioso, gli trasmise un briciolo di buon’umore. Meglio di niente, in quella giornata del cavolo.

<< Vuole un the? Un caffè? Qualcosa? >> gli offrì affondando la mano sinistra in uno scatolone << Da qualche parte dovrei avere una miscela che viene direttamente dall’Ecuador, è qualcosa di stupendo, se solo riuscissi... >>

<< Non si disturbi, grazie, sono a posto! >> le sorrise nel tentativo di fermarla prima che facesse crollare qualcosa. Lei tornò ad osservarlo, sembrava stesse riflettendo << Adesso vado, è stato un piacere... >>

<< Non posso lasciarla andare senza averla ripagata del favore! >> squittì tornando a sorridere.

<< Ma si figuri, non è stato niente... >>

<< Assolutamente, non mi sentirò a posto con la coscienza se la lascerò andare senza averle dato nulla in cambio! >> E si mise a girare su stessa lanciando occhiate a destra e manca.

Doveva proprio essere la giornata nera di Gerard, ora anche la simpatica signora picchiatella gli era toccata. Di bene in meglio.

<< Signora, non ho bisogno di... >>

<< Chiamami Selene! >> esclamò porgendogli la destra, poi ci ripensò, sostituendola con la sinistra, che Gee strinse con garbo, ma senza entusiasmo.

<< Selene, io devo... >>

<< Ti piacciono gli incensi? Uhm, no, non mi sembri il tipo. Forse una macchina da scrivere dell’800? Sono una chicca negli studi, fanno la loro figura! >>

Oddio, ma come si spegne?! Dannata la sua educazione che gli impediva di voltarle le spalle e piantarla lì su due piedi!

<< ... e gli elefanti? Ho sia quelli indiani che quelli africani, sono bellissimi, ottimi da regalare alle nonne, li adorano... No, aspetta... >> Selene lo squadrò come se gli stesse facendo una lastra << Forse... Forse ho qualcosa di adatto a te. Sì, proprio adatto! Aspetta, torno subito! >> E svanì nel caos del negozio, dietro uno scaffale ricolmo di chincaglierie.

Gerard cercò di scrollarsi dai capelli le gocce d’acqua, sperando con tutto il cuore che quella donna lo lasciasse andare presto. Perché lui aveva la capacità genetica di attirare gente strana?!

La sentì gettare all’aria oggetti non meglio identificati, scavare, spostare, e poi la sentì esultare.

<< Ecco qui! >> Altro rumore di roba che veniva rimossa, e la sua gonna tornò visibile agli occhi di Gerard << Ecco! Questa è per te! >>

Gee le fece un tiepido sorriso, guardando l’oggetto che aveva tra le mani.

Che diavolo era?

<< E’... Wow... Non ho parole... >> Non ne aveva proprio. Non capiva nemmeno cosa fosse.

Sembrava una brocca di quelle che si vedevano nei film dei Maraja, di vetro a rombi blu contornati da un intrico di fili d’avorio, il collo allungato e una base rotondeggiante, tozza, e il tappo a forma di fiamma, o qualcosa del genere. Ed era piena di polvere, con un filo di ragnatela che pendeva dal sottile piedistallo.

<< E’ una lampada! >> gli spiegò porgendogliela << Una lampada a olio, si usavano in Medio Oriente nell’antichità per riscaldarsi nelle fresche notti d’estate! >>

<< Bella... >> Ok, qual’era il numero del manicomio? << Non so se posso, è preziosa... >> Più che altro era orrenda, ma sarebbe stato maleducato dirlo.

<< E’ preziosa, sì. Ma tu te la meriti! >> Selene gliela ficcò praticamente in grembo, lo guardò felice << Ti ringrazio molto per l’aiuto, e questa lampada, beh, è un pensierino che ti faccio! >>

<< Grazie! >> annuì Gerard sorridendo convinto << Io la ringrazio infinitamente per questo regalo, non avrebbe dovuto, adesso mi dispiace ma devo scappare... Grazie ancora... Arrivederci! >>

Indietreggiò stando bene attendo a non sbattere contro nulla di anomalo, sfoderando il suo miglior sorriso pur di tenerla tranquilla e impedirle di bloccarlo ancora. Ma Selene sembrava non averne l’intenzione, anzi, lo salutò con un cenno della testa rimanendo ritta nel suo spazio sgombro di carabattole, e Gee poté finalmente uscire ritornando a respirare aria, piovigginosa ma fresca.

Quando fu fuori dal vicoletto tirò un sospiro di sollievo, non si curò nemmeno di tirare su il cappuccio, tanto non gli serviva, ormai era bagnato fradicio. Corse fino alla sua auto, l’aprì schiacciando un pulsante della chiave e finalmente fu all’asciutto della sua macchina che profumava di casa, di lui.

Appoggiò quella lampada sul tappetino del sedile del passeggero, non voleva che gli imbrattasse tutto di polvere, poi si tolse la tracolla liberandosi la spalla.

Infilò la chiave e la girò, immediatamente il riscaldamento partì, facendolo stare un po’ meglio. Era dolorante praticamente dappertutto, gli bruciavano gli occhi dalla stanchezza, ed era già stufo di quella giornata del cazzo. Ed erano le undici di mattina.




*Continua*

   
 
Leggi le 17 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Niagara_R