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Autore: Kaho    14/07/2011    1 recensioni
Potremo restare qui, sapete, lontano da vostra madre. Potrei prendere alloggi qui, farvi vivere da regina. Io potrei amarvi, Helena.
[Dama Grigia/Barone Sanguinario]
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »



 

1Il titolo è preso dall’Inferno dantesco, in riferimento a Ulisse e Diomede, uniti nella stessa fiamma. Mi sembrava azzeccato, come parallelo. (:

Disclaimers: Nulla mi appartiene, tutto di dell’amatissima Rowling. <3

 

 

Dentro da la lor fiamma si geme

 

 

 

 

Avvertiva il castello sciamare come un alveare.

Per la Dama Grigia – che da sempre preferiva il silenzio dei libri e poche, dosate parole – il vociare di studenti e insegnati, concitati a causa dell’imminente attacco, era tedioso.

I suoi protetti seguivano il professor Vicious, chi urlando, chi cercando con lo sguardo un amico, chi con un cipiglio deciso e la fronte sudata.

Lei, invece, fluttuava placidamente vicino a uno stendardo Corvonero – emblema di sua madre, odiato in gioventù. Col tempo, seppur con riluttanza durante i primi lustri, quel punto alto si era tramutato nel suo osservatorio. I rapporti umani erano così mutevoli da essere sempre avvincenti, forse perché non avrebbe potuto mai più sfiorare le pagine di un libro, forse per il rimpianto verso la vita che la ancorava al castello.

Chissà cosa avrebbe detto Rowena, di quel suo nuovo modo di applicarsi. Sua madre le rimproverava sempre di stare troppo al chiuso, a macchinare come elevare la sua fama al di sopra di Rowena Ravenclaw. Godric, il camerata di sua madre, la prendeva in giro.

La ricerca sul campo era fruttuosa, doveva ammetterlo: aveva costruito schermi di sociologia, li aveva memorizzati, li verificava ogni giorno sugli studenti. Tuttavia i suoi preziosi teoremi rischiavano di crollare, sconfitti dall’imprevedibilità umana.

Nei secoli, osservando, aveva raccolto talmente tanto materiale da poter scrivere pagine e pagine. Tuttavia ora, che non poteva impugnare una piuma, il suo lavoro era inutile. Cos’altro poteva fare, da fantasma? Di tanto in tanto dava una mano agli studenti, o suggeriva loro qualche idea. La atterriva il pensiero di tanti buoni spunti lasciati in un terreno sterile: lei stessa.

Quei ragionamenti l’avevano temporaneamente allontanata dalla realtà, così, quando si aprì di getto la porta della Sala Comune, si trovò a sobbalzare sorpresa. Seguì con gli occhi pallidi alcuni Corvonero che entrarono correndo e incespicando, guardandosi alle spalle con il terrore negli occhi. I Mangiamorte, neri come avvoltoi, si mischiavano a loro, e incantesimi di ogni genere sprizzavano scintille colorate, distruggendo quelli che, da troppo tempo e per molti secoli ancora, erano suoi alloggi.

Poi, arrivò il Barone. Inavvertitamente la Dama Grigia si lasciò sfuggire un suono strozzato, toccandosi la fronte, là dove un tempo aveva appoggiato il diadema di sua madre nello sciocco, infantile desiderio di possedere la conoscenza assoluta. Quale folle era stata portarsi quell’ambizione nella morte, fantasmizzarsi per ricercare ancora. Una sete maledetta quasi quanto la sua ostinazione a umiliare in qualsiasi modo il Barone.

Lui l’aveva amata come nessuno mai, né in vita né in morte, la amò. D’una passione che aveva consumato il suo raziocinio; e lei non aveva fatto altro che alimentare quel fuoco, attizzandolo con commenti sprezzanti su ogni sua impresa per conquistarla.

Era stata una ragazza intelligente ma sciocca.

Allora non sapeva nulla della natura umana e dove poteva spingersi. L’aveva imparato ben presto, quando la lama della spada del barone le aveva trafitto il cuore. Quello che fece del suo corpo, fortunatamente, non lo ricordava: era già trapassata ma quello che raccontavano le leggende le era bastato.

Trovarlo a Hogwarts l’aveva riempita d’orrore, inizialmente. Si nascondeva dai suoi vestiti impalpabili su quali, tuttavia, s’indovinavano le macchie del suo sangue, leggermente più scure.

Il tempo aveva levigato le paure e i risentimenti, come fanno i ghiacciai con le montagne.

Non si parlavano direttamente – il Barone, non diversamente da quand’era in vita, rideva e si divertiva a torturare chiunque con arroganza, lei lo degnava a malapena d’una occhiata piena di disprezzo –, si ignoravano per lo più. O tentavano.

La Dama Grigia spesso alzava gli occhi, e lo sorprendeva a guardarla, senza espressione. Si dimenticava di lui di frequente, troppo presa dalla ricerca anche da morta, ma quando se ne ricordava, un freddo cerchio le stringeva la gola, come un cappio di ferro. Sapeva che, a trattenerlo lì, c’era lei.

E il diadema.

Era ironico che condividessero il legame per lo stesso oggetto. Ridicolo, perfino.

Conoscenza comune era che i fantasmi sono legati a un luogo; pochi avevano appreso che alcuni possono legarsi anche a oggetti che in vita hanno avuto un particolare valore.

Quand’era Helena, nulla aveva desiderato se non il sorriso freddo del diadema di Rowena sulla fronte: l’aveva portato insieme ad una corona di lame.

E il Barone, lui… ancora le faceva male ricordare il corridoio buio della taverna dove si era rifugiata dopo la fuga dall’Inghilterra, il picchiettio della pioggia sul vetro, e i grandi occhi scuri del Barone riempirsi di tristezza mentre le liberava un ricciolo scuro che si era incastrato nel diadema.

Potremo restare qui, sapete, lontano da vostra madre. Potrei prendere alloggi, farvi vivere da regina. Io potrei amarvi, Helena.

Vattene, abominio.

Strizzò gli occhi, cercando di nascondere dietro un’espressione di educata indifferenza il suo turbamento.

Il Barone Sanguinario latrò una risata mentre falciava l’aria con la spada, berciando insulti contro gli invasori.

Clack.

Un rumore sordo, come un tonfo. E non nella stanza, dove di frastuoni ve n’erano fin troppi. Quello veniva da non molto lontano, e l’aveva trapassata da parte a parte, come il fendente del Barone; se fosse stata in vita, starebbe boccheggiando.

Alzando la fronte, scorse il Barone che la fissava. Uno sguardo fermo, orgoglioso, ma anche premuroso.

Io potrei amarvi, Helena.

La Dama Grigia girò il capo, e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi sulla battaglia di oggi e alienare ieri.

Il diadema era stato distrutto.

 

 

 

 

 

 

 

Ho sempre voluto scrivere di loro dopo aver letto una bellissima, splendida storia di Artemisia89 che consiglio a tutti: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=390648&i=1

Io non ho la sua delicatezza, né il suo modo di descrivere, ma ho tentato di dare voce ad una storia triste e che mi ha affascinato molto. E, per aver scritto, ringrazio il CoS e le sue iniziative sempre stimolanti.

Con l’augurio che vi abbia fatto piacere leggerla, e di una buona visione dell’ultimo film, mi dileguo in un battibaleno! XD

 

Bye,

Kaho

  
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