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Autore: Acqua Efp    15/07/2011    5 recensioni
Chandra Lowell e Daniel McHarrys, migliori amici da otto anni fino a quando nella vita di lui torna a far capolino la ex-fidanzata d'alto rango e Chandra capisce che non è solo il suo miglior amico quello che ha paura di perdere.
Questa storia partecipa al contest "Occasionalmente amici" indetto da Superkiki92
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Perfectly Imperfect - pubblicato

Questa una one-shot non richiede molte presentazioni, è una storia senza pretese nata in occasione del contest "Occasionalmente Amici" indetto da Superkiki92 che ringrazio per l'opportunità.
Nient'altro, solo buona lettura e grazie in anticipo a tutte coloro che leggeranno o recensiranno.


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PERFECTLY IMPERFECT



La pioggia cadeva incessante e fitta in minuscole gocce fredde che sparivano alla vista ancora prima di toccare terra: le accompagnavano, ogni tanto, il boato di un tuono o un lampo che schiariva il cielo plumbeo per un istante soltanto prima di lasciarlo al suo grigiore.
La ragazza seduta al tavolino fissava persa le minuscole goccioline d’acqua che si appoggiavano sul vetro e scivolavano, incuranti di tutto, in piccolissimi rivoli trasparenti.
Un tipico temporale estivo che la obbligava a starsene chiusa in quella tavola calda senza possibilità di fuga. Chi mai avrebbe potuto pensare che un acquazzone simile potesse scoppiare a metà di luglio?
Di certo non Chandra Lowell, ex studentessa del quarto anno della scuola superiore locale, sbadata per la maggior parte del tempo. Se solo avesse messo un piccolo ombrello pieghevole in borsa ora di sicuro non sarebbe stata bloccata in quella tavola calda tremendamente affollata nella quale il chiacchiericcio incessante dei presenti faceva da sottofondo e dove il profumo di cibo appena sfornato la tentava malizioso.
Esalò un sospiro di sconforto e si avviò alla porta: non aveva scelta, se voleva arrivare in orario all’appuntamento con il suo, forse, futuro datore di lavoro, avrebbe dovuto bagnarsi. Un lavoretto estivo le avrebbe fatto molto comodo in vista di una probabile ammissione al college.

Decise di attendere ancora qualche minuto di fronte al vetro della porta nella speranza, forse utopica, che la pioggia diminuisse il suo flusso costante. Peccato che, con un tempismo pressoché perfetto, qualcuno le passò di fianco e spalancò la porta mentre, senza nemmeno accorgersi di lei, scontrava la spalla con la sua spingendola fuori.
L’acqua fredda la investì insinuandosi nella scollatura della sua canotta e lasciandola completamente fradicia e, subito, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò a urlare contro un perfetto sconosciuto, il quale, con aria piuttosto infastidita, la degnò finalmente di uno sguardo.
«Pensi di chiedermi scusa?» disse molto più che arrabbiata mentre a grandi passi lo raggiungeva sotto il suo ombrello.
«Scusami?» si trattava di un ragazzo poco più grande di lei, dagli occhi azzurri come il ghiaccio e i capelli castani spettinati. La sua bellezza, piuttosto fuori dal comune, non servì tuttavia a risparmiarlo dalla furia della ragazza, resa ancora più implacabile dalla laconica risposta che le aveva riservato.
«Mi hai spinta sotto la pioggia con la tua fretta.» spiegò ormai senza più un briciolo di pazienza.
«Magari avresti potuto evitare di startene in mezzo alla porta, non ti pare?»
«Stavo aspettando che la pioggia si calmasse.» non riuscì a trattenersi: sbatté un piede a terra come una bambina, schizzando, tra l’altro, i jeans asciutti del ragazzo. Ben gli stava, pensò.
«Allora suppongo sia tutta colpa mia in quanto non ho saputo leggere nel tuo pensiero!» le disse voltandosi, già pronto ad andarsene, lasciandola di nuovo sotto la pioggia.
«Ti costa così tanto domandarmi scusa?» lui la guardò per un attimo indeciso.
«Effettivamente sì, arrivederci.» Chandra non si fece minimamente scoraggiare e accelerò il passo.
«Bene, in tal caso sarai sicuramente così gentile da offrirmi un passaggio sotto il tuo ombrello.»
Il ragazzo la guardò esasperato e forse anche un po’ stupito dal fatto che una ragazza più giovane avesse trovato il coraggio di opporsi a lui con tanta foga. «Se ti offro un passaggio la smetterai di pedinarmi e tormentarmi?»
«Sì.» rispose infine dopo averci pensato su un poco, solo il tempo sufficiente a insinuare in lui il dubbio che quella ragazza potesse essere un po’ matta.
«Bene, dove ti devo accompagnare?» le chiese ricominciando a camminare e non preoccupandosi di controllare se lei riuscisse a stare al passo. Gli diede l’indirizzo e lui, avrebbe dovuto aspettarselo, non disse niente, non si disturbò nemmeno a guardarla.
«Comunque, signor-mi-sento-superiore-a-tutti, il mio nome è Chandra Lowell.» gli tese la mano davanti al volto, tagliandogli la strada.
Lui la guardò di nuovo perplesso poi, senza afferrarle la mano, ricominciò a camminare.
«Daniel, Daniel McHarrys» il tono in cui lo disse suonò alle orecchie di Chandra come ‘Bond, James Bond’ e non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Di nuovo lo sguardo di lui lasciò intuire cosa pensasse di lei e delle sue stranezze.
«Scusa, ma il modo in cui l’hai detto mi ha ricordato James Bond.» e di nuovo scoppiò a ridere tanto che le lacrimarono gli occhi. Questa volta Daniel lasciò gli abiti impettiti del perfetto inglese per unirsi a lei in quella risata.
«Sei strana, lo sai?» le disse, questa volta sorridendole.
«No, sono unica nel mio genere.» di nuovo lui rise e lei si ritrovò a pensare a quanto fosse bello il suono di quella risata genuina, profondo e limpido allo stesso tempo.
«Okay, Chandra raccontami qualcosa di te.»
Due ore dopo erano seduti al tavolino di un bar, sapevano già praticamente ogni cosa della vita reciproca ma non erano per nulla stanchi di stare in compagnia.
 
8 anni dopo…
«Chads! Ti sembra il momento di chiamarmi?» Daniel rispose al telefono piuttosto irritato. Quella ragazza riusciva sempre a mandarlo in bestia, era la sua miglior amica da otto anni, cinque dei quali li aveva passati rinchiuso in quel medesimo ufficio per dodici ore al giorno e lei ancora si scordava che in quella precisa fascia oraria non voleva ricevere chiamate.
Alzò gli occhi al cielo: «Cosa è successo di così urgente da non poter aspettare la nostra pizza di questa sera?»
«Michael mi ha mollata.» a quelle parole la reazione di Daniel fu spontanea: una mano andò alla fronte, scese massaggiandosi gli occhi per poi passare sulla bocca e posarsi a sorreggere il mento rasato quella stessa mattina.
«Chads io capisco perfettamente che tu possa essere a pezzi ma…» una risata acuta e piuttosto isterica lo interruppe all’altro capo del telefono.
«Essere a pezzi? Io non sono per niente a pezzi, anzi, ero talmente sollevata che sono corsa dalla parrucchiera a farmi un nuovo taglio di capelli. Sai come si dice, no? Ogni volta che cambia qualcosa nella sua vita una donna cambia anche il suo taglio di capelli, stasera potrai constatare tu stesso!»
A quel punto ci voleva assolutamente una sigaretta. Il fatto che Chandra fosse così allegra significava solo che non aveva ancora accettato la cosa: era nella fase ‘qualsiasi-cosa-mi-succeda-non-può-toccarmi’, poi sarebbe passata alla fase di disperazione con pianti e auto compatimento, poi ci sarebbe stato il rifiuto e quindi la vendetta e, infine, se tutto fosse andato secondo i piani, i propositi per il futuro. Era la fase preferita di Daniel, significava che il peggio era passato e che poteva smetterla di controllarla a vista.
«Non li hai tinti di verde vero?» chiese speranzoso e già un po’ terrorizzato all’idea della nuova acconciatura che poteva essersi fatta fare quella pazza.
«Tranquillo, a questa sera, e sii puntuale.» non vi fu il tempo per i saluti, Chandra aveva già riagganciato la cornetta.
Daniel passò l’intero pomeriggio a tentare di concentrarsi sul lavoro ma, invece che nuove idee e appigli legali cui aggrapparsi per tirare fuori dai guai i suoi clienti, l’unica cosa che riusciva a pensare erano i capelli di Chandra e questo era molto preoccupante. Sono un uomo, un avvocato di successo, si disse, non la sua balia. Chi se ne importa di come si è fatta i capelli? Lui, invece, se ne preoccupava eccome perché nel caso remoto in cui, preda dell’euforia, Chandra si fosse fatta fare un taglio orribile, quando fosse rinsavita lui avrebbe dovuto preoccuparsi anche di quello oltre che delle paturnie da fidanzata scaricata.
Fu dunque con tremenda ansia che quella sera suonò alla porta di casa della sua miglior amica.
Quando la porta si aprì Dan non poté credere ai suoi occhi. I meravigliosi boccoli biondi dell’amica, gli stessi che per anni si era divertito ad arricciare tra le dita mentre se ne stavano sul divano a guardare un film, erano spariti; al loro posto, un caschetto sbarazzino sfiorava la mandibola, muovendosi ogni qualvolta Chandra muovesse la testa e dandole l’aria ancora più da pazza.
«Ti ho lasciato senza parole, vedo.» gli sorrise e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
«Mi aspettavo capelli colorati e rasta.» le disse mentre si sedevano in macchina e lui avviava il motore diretti nella loro pizzeria preferita.
«Hai così poca stima dei miei gusti?» chiese, fingendosi offesa.
«A dire il vero ho poca stima di te in generale quando sei nella fase post-rottura.»
«Non sei per niente carino!» lo rimproverò.
«Andiamo Chads, lo sai anche tu che la maggior parte delle volte dai di matto. Anzi, come mai questa sera non hai ancora cominciato?» le chiese sospettoso. Conosceva bene la sua amica e altrettanto bene le sue crisi di fiducia verso se stessa: tanto da sapere che, se era così calma, c’era qualcosa che bolliva in pentola.
 
«Te l’ho detto. Sono contenta che Michael mi abbia lasciata.» aveva appena pronunciato quelle parole che si pentì subito di averle dette. Daniel la guardava scettico e lei non poteva di certo dargli torto, aveva passato anni guardandola entrare in crisi ogni qualvolta il fidanzato di turno la lasciava. Era sempre stato al suo fianco, una sicurezza, un faro per risalire dal vortice di sfiducia che la attanagliava ad ogni rottura. Questa volta, sebbene non stesse particolarmente bene, non aveva nessuna intenzione di appoggiarsi a lui, di farsi vedere come la solita frignona. Aveva venticinque anni e voleva dimostrargli che poteva cavarsela, che faceva a meno di controllarla a vista e di preoccuparsi per lei.

«Sicura?» la voce di lui era più dolce, priva di quella sfumatura scettica che l’aveva caratterizzata fino a poco prima. Lei gli sorrise e si limitò ad annuire, poi decise che era meglio cambiare discorso.
«Allora, che hai fatto oggi?» chiese tornando improvvisamente allegra.
«Dopo la tua telefonata molto poco, mi scoccia ammetterlo, ma non riuscivo a far a meno di immaginare mille possibili modi in cui avresti potuto distruggere i tuoi capelli.» gli diede una pacca sulla spalla.
«Ma che gentile, ricordami di dire alla tua prossima fidanzata di evitare sempre di farti una sorpresa con un nuovo taglio di capelli.» scosse la testa un attimo divertito, poi tornò a guardare la strada.
«A proposito di nuove fidanzate…» credeva forse di poter lasciare la frase in sospeso a quel modo?
«Vai avanti!» lo incalzò sempre più curiosa di tanto mistero.
«Ieri sera sono uscito con una persona.» Chandra si domandò se fosse il caso di cercare un paio di pinze per tirargli fuori le parole dalla bocca, tuttavia, decise di starsene in completo silenzio. A volte, quando Daniel non aveva il coraggio di dirle qualcosa, stare completamente zitta senza fargli domande era il modo migliore per farlo parlare. Non poté far a meno di chiedersi, però, cosa dovesse dirle di tanto grave visto che stavano parlando di frequentazioni femminili. Fu quando lui parlò che tutto le fu chiaro e forse avrebbe preferito non fosse così.
«Con Evelyn Richards per la precisione.» sentì una fitta allo stomaco. Dan teneva lo sguardo fisso sul volante, il codardo. Le dava una notizia del genere e non aveva nemmeno la decenza di guardarla negli occhi.
«Con Evelyn Richards? Daniel, per l’amor del cielo!» lo vide sbiancare, sapeva bene che quando lo chiamava con il suo nome per intero significava solo una cosa: era molto più che arrabbiata. «Con tutte le donne che ci sono sulla faccia della terra, proprio Evelyn Richards? Accosta la macchina!» a quel punto lui la guardò.
«Non essere sciocca. Che intenzioni hai?»
«Ferma la macchina!» Daniel si lasciò sfuggire un sospiro esasperato e fece come lei gli aveva chiesto, non tanto per la paura che lei aprisse la porta nel tentativo di scendere quanto, piuttosto,  per evitare le possibili grida isteriche che sarebbero seguite a un suo secondo rifiuto. Aveva appena fermato la macchina che lei aprì la portiera e scese sbattendo i tacchi, lui la raggiunse subito.
«Sei impazzita?» le chiese mentre lei cominciava a camminare avanti e indietro sullo stesso tratto di marciapiede. Infine, andò verso di lui e gli puntò un dito sul petto.
«Si dà il caso che non sia io quella che ieri sera è uscita con Evelyn!»
«Chads sono passati cinque anni.»
«Non chiamarmi Chads! Io non posso crederci, dopo tutto quello che ha fatto.» Dan decise che era ora di fermarla o presto avrebbe scavato un solco: l’afferrò per le braccia e la guardò negli occhi azzurri e arrabbiati.
«Chandra, non sei nemmeno tu quella che ha tradito. Se io credo di potermi fidare di lei mi farebbe piacere che tu appoggiassi la mia decisione, quanto meno perché ti fidi di me.» lei scosse la testa.
«Come puoi perdonarla? L’hai trovata a letto con il tuo miglior amico!»
«No, l’ho trovata a letto con quello che credevo il mio miglior amico, e poi sono passati cinque anni e lei è cambiata. È diventata una donna matura e ha ammesso di essersi comportata male. Chads non ti sto chiedendo di fidarti di lei ma di me.»
«Non voglio vederti soffrire di nuovo.» lui sorrise, la strinse a sé e le posò un bacio sulla testa.
«Solo perdere te mi farebbe soffrire di nuovo a quel modo, anzi, forse peggio.» Sentì le braccia minute stringerlo più forte e poi, lentamente, affievolire la presa per allontanarsi. Le accarezzò una guancia e, involontariamente, si ritrovò a pensare a come sarebbe stato se avesse perso lei. Se per un qualche stupido motivo la loro amicizia fosse finita. Inaccettabile, si disse e per distogliere il pensiero la invitò a salire di nuovo in macchina.
 
Quando la riaccompagnò a casa era molto tardi e decise di non fermarsi. Era rimasto piuttosto stupito dalla reazione di Chandra alla notizia del suo appuntamento con Evelyn, sapeva che la sua miglior amica aveva sofferto con lui quando cinque anni prima si era sentito tradito dalla donna che credeva di amare e dal suo miglior amico: lui, tuttavia, era riuscito ad andare avanti, dimenticando il passato o, meglio, facendosene una ragione. Chandra, al contrario, sembrava molto seccata, che non volesse vederlo soffrire di nuovo era logico, in fondo anche lui, al suo posto, sarebbe stato scettico, ma la reazione della ragazza era stata esagerata e insensata.
Arrivato a casa si fermò come sempre sulla porta, lasciando scorrere lo sguardo sul suo appartamento per controllare che fosse tutto in ordine. La porta finestra leggermene aperta per lasciar entrare l’aria fresca di inizio giugno, le tende di velo che si muovevano leggere al soffio della brezza, la segreteria telefonica, posata vicino all’ingresso, che lampeggiava.
Premette il tasto e la voce gracchiante della segreteria lo avvisò che aveva ben tre messaggi non letti. Il primo era di sua madre, lo avvisava che domenica si sarebbero ritrovati come sempre alla villa; il secondo era di Evelyn, lo ringraziava per la splendida serata e gli diceva che non vedeva l’ora di uscire di nuovo assieme. Non poté non rallegrarsi dell’entusiasmo mostrato dalla ragazza, le cose avrebbero potuto aggiustarsi dopotutto; l’ultimo era di pochi minuti prima ed era di Chandra, si scusava di nuovo per la reazione esagerata dicendo che dopotutto era lui a dover decidere e che lei gli sarebbe stata accanto comunque. Sorrise a quell’ultimo messaggio, Chandra aveva un problema con la manifestazione dei propri sentimenti e il fatto che due volte nella stessa sera si fosse scusata e avesse ammesso di preoccuparsi per lui era di sicuro un gran passo avanti. Non che lui non fosse consapevole del suo affetto, glielo dimostrava in svariati modi: abbracci da koala, lunghe notti passate ad ascoltarlo insultare Evelyn, perfino mentre lo picchiava o lo rimproverava dimostrava quello che provava, ma dirlo a voce era un’impresa.
Guardò l’ora e decise di richiamare Evelyn, dopotutto era stata lei stessa a dirgli che avrebbe potuto telefonarle a qualsiasi ora. La ragazza rispose al primo squillo.
«Daniel! Che bello sentirti.» lo salutò subito la ragazza allegramente, come se non fosse mezzanotte passata.
«Evelyn, ho sentito il tuo messaggio, sono contento che tu abbia voglia di rivedermi, stavo giusto pensando di uscire domani sera se ti va.» le disse.
«Daniel senti, pensavo che magari domenica potresti venire a casa mia a pranzo.»
«A dire il vero dovrei andare a pranzo a casa dei miei genitori.» il tono dispiaciuto di chi si scusa per un rifiuto.
«Peccato, ai miei genitori avrebbe fatto piacere rivederti.» Daniel non ne aveva dubbi. I genitori di Evelyn come i suoi facevano parte della nobiltà britannica, lord da generazioni, e avevano una sorta di predilezione per i rampolli del loro stesso rango. Veder la propria figlia sistemata con uno di loro di certo significava aumentare il prestigio della famiglia.
«Ti faccio sapere, va bene? Prima devo parlare con mia madre.»
«Okay, nessun problema.»
«A domani Lyn.» aveva sempre preferito quel soprannome, molto meno altisonante di Eve o del nome completo, con cui la sua famiglia si ostinava a chiamarla ogni qualvolta.
«Daniel…» lei che imperterrita, nonostante l’infinito numero di volte in cui lui l’aveva rimproverata, continuava a chiamarlo con il suo nome «Ci terrei molto.»
«Farò il possibile. Buona notte!» la sentì rispondere e riagganciare. Andare a pranzo dai genitori di Lyn significava ammettere di stare insieme, affermare che avrebbe potuto essere una storia seria. Era pronto per darle tutta quella fiducia? Dopotutto Chandra aveva ragione, Evelyn l’aveva ferito e non poco, far finta che non fosse mai accaduto non era un’opzione ma perdonare sì, e perdonare Evelyn significava darle l’opportunità che lei chiedeva, significava andare a quel pranzo.
 
 
«Sei arrabbiata?» Chandra scosse la testa «Andiamo, sii sincera. Lo so che sei arrabbiata.» Chandra sospirò «Chads…»
«Daniel per l’amor del cielo!» prese il caffè lo mandò giù tutto in un sorso e appoggiò nuovamente la tazzina sul piattino facendo molto più rumore del necessario «Non sono arrabbiata, se continui in questo modo però potrei diventarlo!»
«Okay.»
«Okay?»
«Sì, la smetto.»
«Bravo.»
«Pensi che abbia sbagliato?» l’aveva chiamata non appena si era alzato quella mattina, nonostante l’odio che Chandra provava per Evelyn doveva sapere il suo parere. Si erano dati appuntamento a metà mattina, prendendosi una piccola pausa dal lavoro alla tavola calda in cui si erano conosciuti. Erano passati otto anni ma non avrebbero mai potuto smettere di andare ogni tanto in quel locale che profumava di ricordi e abitudine.
«Penso tu abbia fatto un enorme cazzata.» lui storse il naso, non gli piaceva quando diceva parolacce, l’aveva sempre rimproverata in merito ma lei proprio non ce la faceva a trattenersi, se doveva dire qualcosa voleva esprimersi a modo suo, anche se ogni tanto il suo modo era un po’ troppo colorito.
«Devi sempre essere così sincera?»
«No, solo quando mi chiedi cose ovvie.» lui scosse la testa «Te ne pentirai, fidati.» e lo disse con una luce negli occhi e un sorriso che lo lasciarono per un attimo stupito.

Quando era diventata la donna che aveva davanti? Era sempre stato con lei in quegli otto anni e l’aveva sempre vista uguale, immutata, come se il tempo su di lei non avesse effetto. I lapislazzuli furbi che aveva al posto degli occhi, il sorriso dolce, l’aria sempre un po’ sognatrice. Ora, forse a causa del nuovo taglio di capelli, sembrava più donna, sempre con l’aria di chi ti sta prendendo in giro ma in un modo totalmente diverso, elegante, non più la ragazzina romantica.
«Cosa guardi?» la domanda interruppe i suoi pensieri.
«Niente, mi ero incantato.» lei sorrise e scosse la testa.
«Io credo invece che stessi meditando, meditando su come tirarti fuori da questo guaio.»
«Sciocchezze.» disse alzandosi e avviandosi alla cassa per pagare.
«Devo tornare al lavoro.» lo aveva già raggiunto e affiancato.
«Certo, anche io. A proposito tutto bene? » Chandra era una fantastica fotografa, per farsi conoscere faceva servizi soprattutto ai matrimoni di amici e parenti ma ogni tanto le arrivava qualche incarico più importante: una foto di famiglia richiesta da un lord, un servizio per un giornale.
«Sì, certo. Mi hanno appena assegnato un incarico per una pubblicità.»
«In bocca al lupo.»
«Crepi!» si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla guancia poi si affrettò verso la porta.
Due secondi dopo stavo tornando verso di lui: «Questa sera film a casa mia?» lui finse di pensarci su un istante, il tempo necessario perché lei mettesse il broncio, quella smorfia carina che usava tutte le volte per convincerlo a fare qualcosa che non voleva. Come se ci fosse stato bisogno di convincerlo a passare una serata con lei, le avrebbe detto di sì anche se gli avesse chiesto di scalare l’Everest, per il semplice fatto che lei era Chandra, la sua miglior amica e una delle donne a cui lui tenesse di più al mondo.
 «Va bene, ma lo scelgo io.» lei sorrise e scappò via di nuovo. Lui rimase un attimo a osservarla mentre con eleganza ed entusiasmo usciva dalla porta e salutava l’anziana signora che stava entrando. Una forza della natura, ecco cos’era diventata sotto ai suoi occhi.

 
Quando Chandra quella mattina rientrò in negozio si trovò Grace ad aspettarla appoggiata al banco di lavoro. Grace era la sua migliore amica e socia. Si erano incontrate alla scuola di fotografia ed avevano deciso di tentare la fortuna insieme.
«Allora? Che cosa vi siete detti?» Chandra alzò gli occhi al cielo mentre sorpassava l’amica e lanciava la borsa sul tavolo, l’amica, ovviamente, la seguì come un cucciolo in cerca di cibo.
«Quando?»
«Adesso, ieri sera, che importanza ha?» chiese con una pessima imitazione degli occhi del gatto degli stivali di Shrek.
«Niente, abbiamo parlato del più e del meno come sempre.»
«E avete concluso?» Chandra alzò di nuovo gli occhi al cielo mentre si avviava alla camera oscura per stampare le foto.
«Oddio, Grace! Ma cosa dovevamo concludere?» l’amica la guardò come se fosse matta.
«Insomma Chandra! Siete amici da otto anni, lui è un figo pazzesco e ancora non te lo sei scopa…»
«Grace!» la interruppe con un tono misto tra l’esasperato e lo sconvolto «Tra me e lui non ci sarà mai niente.»
«Ma se sei innamorata cotta!»
«Esce di nuovo con Evelyn Richards…» lasciò sfumare la voce nella speranza che l’amica lasciasse cadere il discorso. Speranza vana.
«Che figlio di…»
«Grace!» la riprese ancora una volta «La mia reazione è stata meno colorita ma il pensiero è stato lo stesso.» ammise alla fine ridendo.
«Cosa hai fatto?»
«Gli ho detto di fermare la macchina.» Grace allargò le pupille «Sono scesa sbattendo i tacchi e ho imprecato.» Grace la guardò ammirata.
«Batti il cinque tesoro! E lui?» sempre più curiosa.
«Mi ha detto di fidarmi di lui.» Grace tornò seria.
«Cosa hai provato?»
«Rabbia. Tradimento. Ingratitudine. E una stretta allo stomaco.» disse facendo pause piuttosto lunghe tra una parola e l’altra dovendo pensarci un attimo.
«Oh tesoro.» l’amica l’abbracciò.
«Sono così grave?»
«Molto peggio. Sei innamorata di lui.» Chandra iniziò a girare per la stanza «Ma lo sapevi già da tempo, no?» in realtà ci aveva pensato più volte, e più volte si era prontamente data dell’idiota per il semplice fatto che il pensiero l’avesse sfiorata. Lui era Daniel, l’amico inaspettato che la consolava nei momenti tristi, lo stupido che la prima volta che si erano incontrati le aveva fatto prendere la pioggia, quello che aveva visto il peggio di lei ma non si era mai lamentato. Poteva essersi innamorata di lui e di tutti i suoi difetti? La risposta chiaramente era ‘sì’, e lo sapeva da tempo.
«Esce con lei questa sera?»
«Viene a vedere un film a casa mia, questa sera.» disse svogliatamente mentre si allontanava per prendere una cosa.
«Sta con lei e passa il sabato sera con te? Interessante.» Grace la seguiva come un’ombra mentre Chandra si muoveva avanti e indietro per la stanza.
«Grace smettila.» l’amica trattenne una risata. «Grace?» Grace continuò a cercare di mascherare, tra l’altro in modo pessimo, un evidente euforia «Grace?!» insistette Chandra, il tono leggermente più acuto e irritato. L’amica non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata. «Si può sapere che diavolo ti prende?» Grace si ricompose.
«Niente, semplicemente pensavo che Evelyn è spacciata.» Chandra alzò entrambe le sopracciglia per sollecitare l’amica a continuare «Questa sera sfonderete il divano!» concluse. Gli occhi di Chandra si spalancarono e dovette lottare con la voglia di prendere l’amica per il collo e strozzarla.
«E questa tua consapevolezza su cosa si basa?» le chiese tentando di mantenersi razionale e non cadere in istinti omicidi.
«Mi pare ovvio, sul fatto che tra voi due la tensione sessuale è già alle stelle e che quel nuovo taglio di capelli ti rende irresistibile.» Chandra scosse la testa sconsolata e lasciò cadere l’argomento.
 
Dan arrivò come sempre puntuale e non si disturbò a suonare il campanello di Chandra, dopotutto lei gli aveva dato le chiavi per un motivo, si disse. La trovò raggomitolata sul divano, un sacco di fazzoletti da naso attorno e la televisione impostata su un canale che trasmetteva un telefilm dalla trama improbabile. Un nodo gli strinse il petto in una inspiegabile morsa.
«Che succede?» le chiese raggiungendola e sedendosi di fianco a lei. Le scostò una ciocca di capelli dagli occhi e sia accorse di quanto fossero arrossati a causa del pianto. Ti prego dimmi che è a causa del telefilm, si ritrovò a sperare. «Si tratta di Michael?» le chiese infine. Chandra tirò su con il naso e scosse la testa «Il telefilm?» le chiese, e ancora lei scosse la testa. Dan sbuffò esasperato, la prese per le spalle e la voltò  in modo che lo guardasse negli occhi.
«Di che si tratta?» le chiese infine dolcemente.
«Stavo pensando che se tu ed Evelyn tornerete insieme non ci sarà più spazio per me.» disse tutto di un fiato e mangiandosi le parole tre le lacrime. Lui sorrise e la strinse a sé.
«Sei proprio una sciocca, lo sai?» lei alzò la testa dalla sua spalla e lo guardò torva. Come poteva anche solo pensare che l’avrebbe abbandonata? Che se la lasciasse dietro le spalle come se niente fosse stato. Non poteva stare senza di lei, Chandra era parte di lui da otto anni, sarebbe stato come privarsi di una parte di sé.
«Così non mi aiuti.» disse imbronciata. Dan non poté far a meno di scoppiare a ridere.
«Chads, non importa con chi uscirò. Tu sei la mia migliore amica. Punto.» lei si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza.
«Evelyn non mi vorrà, mi chiederà di starti lontana, l’ha già fatto in passato.» lui perse il sorriso, si alzò e in due falcate la raggiunse.
«Ti ha chiesto di starmi lontana?» posò le mani sulle sue braccia incrociate, ansioso di sapere. Le mani che tremavano già un po’ dalla rabbia repressa alla sola idea che Evelyn avesse potuto fare una cosa simile. L’avrebbe uccisa, uccisa e lasciata, magari non esattamente in quest’ordine ma quelli erano gli obiettivi.
«Non me l’ha proprio chiesto.» solo uno sguardo interrogativo «Me lo ha fatto capire.»
«Come, di grazia?» le chiese sollevato. Sicuramente Chandra, con la sua insicurezza, aveva travisato il comportamento di Evelyn. Per quanto quest’ultima potesse essere snob, a volte, non si sarebbe mai sognata di fargli un torto simile, non sapendo quanto lui tenesse a Chandra. Si disse che era stato stupido, impulsivo ed esagerato.
«Non importa, tanto dal tuo sguardo si capisce che non mi credi.» si divincolò dalla sua presa e si sedette a tavola, poi cominciò a mangiare dal suo piatto. Troppo preoccupato per le lacrime dell’amica non si era nemmeno accorto che sul tavolo il cibo cinese ordinato stava aspettando di essere mangiato. Si sedette al suo fianco e tirò la sedia di lei verso di sé.
«Chads, non ho detto che non ti credo, solo penso che tu possa aver male interpretato il suo comportamento.» lei scosse le spalle e continuò a mangiare.
«Non ignorarmi.» la rimproverò ma lei continuò imperterrita a mantenere lo sguardo sul suo piatto.
«A volte sei tremendamente infantile.» le disse, però stava già sorridendo, perché non riusciva ad avercela con lei, nemmeno quando il suo comportamento era totalmente assurdo ed insensato. Prese un gambero dal suo piatto e glielo lanciò, lei alzò gli occhi indignata.
«Ma che diavolo?»
«Ah ora mi stai a sentire, vero?» due minuti dopo il cibo volava da un piatto all’altro, per lo più sparpagliandosi sui loro vestiti, se qualcuno li avesse visti da lontano non avrebbe mai potuto definirli persone adulte e in carriera.
Chandra si alzò dalla sedia, intenzionata a scappare a quella pioggia di cibo, girò intorno alla tavola ma lui fece lo stesso, minacciando di afferrarla e di riempirle i capelli con quella che doveva essere salsa di soia.
«Non oseresti.» tentò di dissuaderlo.
«Mettimi alla prova.» le rispose con quel sorriso impertinente che sapeva darle i nervi. L’unica via di fuga era rifugiarsi in bagno e chiudere la porta dietro di sé prima che lui la raggiungesse. Si mosse velocemente nella speranza di salvare i suoi capelli da quel liquido appiccicoso, Dan, tuttavia, fu più svelto di lei. Le afferrò la maglia e la tirò indietro, pochi attimi e tutti e due si trovarono sdraiati a terra, immersi nella salsa di soia. Scoppiarono entrambi a ridere. Sentì le braccia di Dan stringerla e la sua bocca lasciarle un bacio sui capelli. Il cuore fece un balzo e i suoi occhi incontrarono quelli di lui. Azzurro nell’azzurro, incatenati per un tempo indefinito finché  lui non spezzò quell’attimo con la sua voce.
«Sei piena di salsa.» le disse accarezzandole la testa ma restando mezzo coricato sopra di lei.
«Forse è meglio se ci diamo una sciacquata.» propose sicuramente rossa in viso. Un tentativo disperato di allontanarsi da quella situazione imbarazzante. Tante volte erano stati vicini, abbracciati, persino nello stesso letto, in quel momento, però, tutto era diverso. La consapevolezza di amarlo, aggravata dall’ammissione ad alta voce di quel pomeriggio, il pensiero che lui appartenesse già ad un’altra, rendevano le cose decisamente complicate e spinose.
«Sì, forse è meglio.» lo disse alzandosi, porgendole una mano, aiutandola ad alzarsi ma senza mai, nemmeno per un momento, distogliere gli occhi dai suoi, quasi fossero imprigionati.
 
Dan guardò Chandra entrare in bagno e si lasciò cadere su una sedia. Cos’era stata quella scossa che aveva sentito quando l’aveva avuta sotto di sé? E l’incapacità di distogliere gli occhi dai suoi, mare in cui naufragare? Cosa diavolo gli stava succedendo?
Era felice che la sua storia con Evelyn fosse ricominciata. L’idea di pensare a un futuro con una donna bella e intelligente con Lyn lo esaltava, eppure…eppure cosa? Si chiese, lo sguardo fisso su un punto della porta bianca dietro cui era sparita Chandra. Eppure poco fa si era sentito completo, disteso su quel pavimento, con il corpo della sua miglior amica in parte schiacciato dal suo. L’idea di una famiglia gli balenò in mente: Chandra che lo attendeva a casa con la cena pronta e il grembiule indosso. Chandra non Evelyn. Non di nuovo, si disse.
C’era stato un periodo, subito dopo la sua rottura con Evelyn, quando la sua miglior amica gli era stata particolarmente vicina, che aveva pensato a lei in un altro modo. A lei non come amica, o sorella, a lei come ragazza, come compagna. C’era stato quel periodo in cui aveva persino creduto di essere innamorato di lei. Era stato breve. Aveva posto fine a quella follia in poco tempo, non solo perché lei aveva trovato un ragazzo ma perché aveva visto la differenza nel modo che aveva di guardare lui e di guardare gli altri ragazzi. Lei non provava nulla per lui, non lo considerava nemmeno come essere di sesso maschile. Si era detto che confessandole quello che credeva di provare avrebbe solo rischiato di uccidere la loro amicizia e che era meglio lasciar perdere, questa convinzione si era pian piano fatta spazio in lui fino a che quel pensiero non era stato rilegato del tutto in un angolo della sua mente. Proibito. Ora, invece, l’idea di una famiglia con lei, di una vita con lei sembrava riaffiorare. La voce di lei lo riscosse.
«Ho finito, se vuoi andare. Ti ho messo degli asciugamani puliti e una tuta che hai lasciato qui la settimana scorsa.» era capitato più volte che per stanchezza lui si fermasse a dormire a casa sua così Chandra, sempre previdente, aveva preso l’abitudine di tenersi una sua tuta dal mucchio di panni che lui gli portava da stirare, giusto nel caso. Annuì e si affrettò ad andarsi a ripulire.
Quando uscì dal bagno lei aveva già sistemato la cucina.
«Resti qui questa notte?» gli chiese alzando lo sguardo dal pavimento che stava lavando. Non proprio la scelta migliore da fare visti i pensieri che gli ronzavano nella testa, e come privarsi, tuttavia, di altro tempo passato con lei?
«Se non ti disturbo.» lei lo guardò stranita.
«Da quando devi chiedere se disturbi o meno?» aveva ragione, lui non le aveva mai chiesto se la sua presenza notturna la disturbasse, si era sempre limitato a farle presente che quella notte avrebbe dormito a casa sua, esattamente come faceva lei. Mai una volta, forse solo la prima, si erano chiesti il permesso. Sperò non interpretasse quell’esitazione, sperò che ci passasse sopra considerandola un segno di stanchezza o di qualsiasi altra cosa che non fosse il vero motivo.
«Hai ragione, scusami.» lei gli sorrise e scosse la testa.
«Scegli il film che arrivo.» lui ubbidì.
Qualche minuto dopo lei lo raggiunse sul divano, accoccolandosi vicino a lui.
Nemmeno mezz’ora dopo stava dormendo con la testa nell’incavo della sua spalla. Lui sorrise guardandola. Quando dormiva sembrava ancora più vulnerabile e sicuramente appariva meno matta. Sorrise di nuovo a quel pensiero, la sua piccola pazzoide. Lasciò vagare un dito tra le sue ciocche corte, rigirandoselo come faceva quando ancora aveva lunghi boccoli dorati, il dito scese, sfiorandole la linea della sopracciglia, giù fino alla punta del naso dove posò un leggero bacio. È così bella, si ritrovò a pensare, stupendosi per la prima volta di quanto quell’affermazione fosse evidente e lui fosse stato un completo idiota a non accorgersene prima. O forse lo aveva sempre saputo e non lo aveva mai ammesso?
La prese in braccio e la alzò. La adagiò sul letto e la coprì, poi si stese al suo fianco continuando ad osservarla. Uno strano senso di pace e perfezione lo invase facendolo sentire a casa.
 
 
Quando domenica mattina la sveglia suonò Chandra si svegliò imprecando. Guardo il rumoroso oggetto sul suo comodino e si accorse che il suono non proveniva da lì. Si guardò intorno, assonnata e nervosa per essere stata svegliata, a suo parere, a un orario indecente. Dan dormiva di fianco a lei beato, il suo cellulare sul comodino opposto squillava con insistenza. Lo scosse piano, non volendo essere troppo brusca.
«Dan.» nessuna risposta «Dan.» ancora nulla «Dan, dannazione, il tuo cellulare sta strillando!» lui si alzò a sedere di scatto.
«Perché diavolo urli?» lei lo guardò incredula e lui finalmente sembrò sentire il suono del suo telefono.
«Cristo!» esclamò dopo aver guardato lo schermo, si alzò velocemente e si diresse verso il bagno.
La sera prima Chandra aveva messo da lavare i vestiti e lui sicuramente era in cerca proprio di quelli. Lei se la prese comoda, si tirò la pelle e guardò la sveglia. Le undici e mezza.
«Dove vai così di corsa?» gli chiese entrando in cucina. Si fermò all’istante sulla porta. Dan era nel bel mezzo della sua cucina, il cellulare retto tra la spalla e l’orecchio mentre tentava di allacciare i pantaloni eleganti, la camicia sbottonata.
«A pranzo da Lyn, ricordi?» disse tra un’imprecazione e l’altra. Chandra si costrinse ad avvicinarglisi, prese il suo cellulare e lo appoggiò sulla tavola poi si diresse alla macchinetta del caffè.
«Ne vuoi?» gli chiese. Dan si limitò ad annuire e la raggiunse. Le diede un bacio su una guancia mentre le prendeva la tazza dalle mani e Chandra trattenne il respiro mentre il cuore perdeva un battito. Era così estremamente perfetto. Svegliarsi la mattina accanto a lui, fare colazione insieme. Perfetto. Peccato non fosse reale. Peccato che lei non fosse perfetta. Lei non era Evelyn Richards, lei era Chandra Lowell, migliore amica, il che passava decisamente in secondo piano rispetto a una possibile fidanzata di alta società con un corpo da modella.

«Amo il caffè, un po’ meno la tua voce strillante come sveglia.» lei, ripresasi dai suoi pensieri, gli diede una sberla sul braccio rischiando di fargli ribaltare il caffè. «Non essere aggressiva, la rimproverò.» lei scosse la testa «Ora devo andare. Ti chiamo al più presto, grazie di tutto Chads.» le sfiorò il naso con un bacio e si avviò alla porta. Ancora una volta lei rimase imbambolata e solo il suono della porta che si apriva la fece risvegliare dallo stato di torpore in cui era caduta.
«Mi chiami sul serio?» gli chiese sul ciglio della porta.
«Promesso.» le disse mentre saliva in macchina.
Quando Chandra chiuse la porta dietro di sé, una leggera malinconia la colse. Il suo migliore amico, l’uomo che amava, che aveva passato la notte nel suo letto, stava per raggiungere un’altra donna. Una donna che avrebbe potuto essere la sua fidanzata. Una donna che gli aveva già presentato la sua famiglia in passato e che ora lo invitava di nuovo in casa. Benvenuto lui e il suo patrimonio, esclusa da quella parte della sua vita lei e il suo lavoro e il suo inesistente titolo nobiliare.
 
 
Daniel accettò di pranzare a casa di Evelyn sotto incoraggiamento di sua madre, ma qualcosa lo stupì non poco. Aveva detto di tenerci molto alla sua presenza a pranzo ma non appena lui aveva fatto il nome di Evelyn sua madre era partita in quarta, elencando tutte le buone qualità di lei e della famiglia, dopotutto non sapeva nulla degli avvenimenti passati.
«Allora Daniel, come va la carriera?» il padre di Evelyn, in impeccabile completo blu, lo guardava dalla parte opposta del tavolo con sguardo indagatore.
«Piuttosto bene a dire il vero, il mio nome comincia ad essere ricordato e posso annoverare un certo numero di clienti abituali.» gli occhi del capofamiglia si illuminarono a quelle parole, quelli della moglie brillarono di luce propria.
«E dimmi caro, come sta tua madre? È parecchio tempo che non ho la fortuna di incontrarla.» Daniel odiava i convenevoli e odiava ancora di più star seduto a tavola con persone che fingevano di interessarsi di lui e della sua famiglia quando lo scopo evidente delle loro domande era accertarsi che avesse una dote con cui mantenere la figlia.
«Sta benone, non disdegna mai una passeggiata in città quando c’è bel tempo, lei dice che è per mantenersi in salute, mio padre sostiene che sia più che altro passione per i vestiti.» aveva davvero detto ‘disdegna’? Chandra avrebbe riso di lui se l’avesse sentito parlare a quel modo. Era stata una sola volta a casa sua, non perché la sua famiglia non la vedesse di buon occhio, preferivano Evelyn ma non si erano mai mostrati dispiaciuti della sua amicizia con lei, piuttosto perché quello non era il suo mondo. Chandra diceva sempre che piuttosto che mettersi vestiti non suoi sarebbe andata in giro nuda, l’aveva sempre presa in giro, accusandola di essere melodrammatica, ora, invece, avrebbe voluto essere nudo. Essere se stesso, come quando stava con lei, come quando era nel suo ufficio a lavorare, non il pagliaccio che gli altri volevano vedere.
«Daniel, tesoro, ti va di farci un giro nel parco?» Evelyn gli aveva preso la mano e aveva già cominciato ad alzarsi.
«Tutto bene?» gli chiese quando furono soli. Lo sguardo di lui incrociò i suoi occhi poi lo lasciò scivolare sul parco della villa. Era magnifico, un tripudio di colori, gli alberi erano in fiore e il prato verdissimo, una farfalla passò loro accanto. Lapislazzuli, era color lapislazzuli. Come i suoi occhi, pensò. Poi alzò di nuovo lo sguardo, Evelyn attendeva una risposta.
«Sì, solo non sono più abituato ai pranzi della nobiltà.» voleva mettere dell’ironia in quella frase, tuttavia, mentre la pronunciava, si accorse di una cosa: Evelyn aveva gli occhi verdi. Smeraldo, non lapislazzuli.

«Grazie di essere venuto. È stato importante per me. Se sei stanco ora possiamo andare via, mi serve solo il tempo di avvertire i miei genitori.» lui annuì e la ringraziò. Dieci minuti e troppi saluti dopo erano diretti a casa sua.
 
 
Chandra continuava a girare impaziente per la stanza, erano le sei di sera e Daniel non l’aveva ancora chiamata per raccontarle del pranzo. Saperlo in compagnia di Evelyn e della sua famiglia ricca e snob la mandava in bestia. Lui non era così. Lui era gentile, premuroso e… lui era il suo miglior amico, non c’era nient’altro da aggiungere. Come poteva essere suo amico e allo stesso tempo essere interessato ad Evelyn? Le due donne che lui frequentava erano diverse come il sole e la luna. Forse è per questo, si disse, una come me può essere solo sua amica mentre Evelyn… non le andava nemmeno di pensarci.  Si ricordava come se fosse stato ieri il giorno in cui quella vipera lo aveva lasciato.
Erano le undici di sera quando aveva sentito suonare il campanello, si era alzata dal divano ed era andata ad aprire. Davanti alla porta c’era Daniel, completamente bagnato e bisognoso dello stipite per tenersi in piedi da tanto che aveva bevuto. L’aveva fatto entrare, l’aveva aiutato a sedersi sul divano ed era andata a prendere un asciugamano. Gli aveva tolto la maglietta bagnata e lo aveva aiutato ad asciugarsi, poi si era seduta sul divano e lui si era coricato appoggiando la testa sulle sue gambe. L’aveva coperto e aveva aspettato che lui parlasse. Non l’aveva mai visto in quelle condizioni, lui sempre perfetto, sempre impeccabile avvocato nel suo completo scuro laccato. Eppure, steso tra le sue braccia e con gli occhi rossi per la sbornia sembrava un bambino indifeso. Quando aveva cominciato ad accarezzargli la testa lui si era deciso a parlare. Le aveva raccontato di come aveva trovato Lyn, la ‘sua’ Lyn, a letto con il suo miglior amico. Lei ci era rimasta piuttosto male, non perché non se lo aspettasse da Evelyn, non l’aveva mai digerita e sapeva bene di cosa potesse essere capace, ma perché, invece, John le era sempre piaciuto, ci aveva addirittura fatto un pensiero più di una volta. Si era detta che non aveva importanza, non avrebbe più rivisto Daniel in quelle condizioni, avrebbe impedito a chiunque di fargli del male. Soprattutto a lei.
Sì alzò dal tavolo e prese il telefono componendo il numero di Dan ma dopo un paio di squilli partì la segreteria telefonica. Dan non aveva mai la segreteria telefonica inserita, nemmeno quando lavorava. Prese il giubbino e uscì diretta alla macchina, era decisa a raggiungerlo e scoprire cosa fosse successo.
Quando arrivò mezz’ora dopo davanti a casa di Daniel scoprì che la macchina era parcheggiata esattamente di fronte al garage. Lanciò gli occhi al cielo per la sbadataggine dell’amico che aveva dimenticato di chiamarla e si diresse su per le scale. Suonò il campanello tre volte prima di sentire i passi dall’altra parte della porta avvicinarsi, stava per rimproverarlo ma si bloccò. Mai si sarebbe aspettata quella vista.
Dan era in boxer. Solo in boxer. Si conoscevano da anni, erano andati al mare insieme e perciò l’aveva visto in costume, ma mai, mai in boxer. E c’era una bella differenza, per il semplice fatto che lei sapeva che quelli non erano di un costume da bagno. Si morse il labbro e cercò di guardarlo negli occhi, evitando accuratamente muscoli, bicipiti, pettorali e… Oh Dio! Lui sicuramente la stava considerando pazza. Imbambolata così davanti alla porta senza dire niente.
«Che ci fai qui?» le chiese visto che lei non si decideva a parlare.
«Sono» deglutì «sono venuta a cercarti. Non rispondevi alle mie chiamate ed eravamo d’accordo…» solo a quel punto, sentendo l’acqua della doccia scrosciare a pochi metri, capì. «Oh ma che idiota! Scusa io… me ne vado subito.» una nuova stretta al petto, fece per andarsene ma lui le bloccò il braccio.
«Ehi aspetta, certo non è il momento migliore ma non ti caccerei mai via.» lei scosse la testa. Doveva andarsene al più presto.
«Meglio se vado. Ci sentiamo domani, okay?» lui la guardò e annuì e lei corse lontano dalla porta, di nuovo in macchina.
Dire che era sconvolta era un eufemismo. Sapeva che Dan aveva delle relazioni, che ogni tanto faceva sesso occasionale con qualche donna, ma averne la certezza era tutt’altra cosa. Soprattutto non si aspettava di restarci così male.
Era innamorata di Daniel, questo era appurato, ed era anche il motivo per cui non aveva avuto una delle sue solite crisi quando Michael l’aveva lasciata: non gliene importava, o meglio, un po’ le dispiaceva, in fondo Michael era una brava persona e si erano lasciati in amicizia ma il vero motivo che l’aveva spinta a stare con lui era cercare di far ingelosire Daniel e allo stesso tempo non pensare a lui, due obiettivi che non aveva mai nemmeno sfiorato, figurarsi raggiunto. Il suo amore per Dan era anche il motivo per cui aveva preso così male la notizia di Evelyn, l’idea non le sarebbe andata giù anche se fosse stata un’altra a dire il vero, ma Evelyn l’aveva fatto soffrire e non si meritava una seconda chance. Non quando lei che gli era sempre rimasta vicina non ne aveva mai avuta nemmeno una.
E poi c’era l’idea di loro due. Di loro due abbracciati, di loro due che si baciavano, di loro due che facevano l’amore. Inaccettabile, soprattutto considerando che quella mattina lui si era alzato nel suo letto, non in quello di Evelyn, ma si disse che non significava nulla. Era rimasto solo per stanchezza, molto probabilmente aveva scelto il suo letto al posto del divano solo per comodità.
Era appena arrivata a casa quando il cellulare squillò. Era un messaggio di Dan e l’avvisava che la sera seguente sarebbe andato a casa sua per parlarle, non gli rispose e spense il cellulare. Aveva bisogno di stare sola, di pensare, magari con una vaschetta di gelato in cui affogare il dispiacere, magari al cioccolato.
 
Daniel passò il resto del giorno successivo ad attendere la sera. Doveva assolutamente parlare con Chandra e non solo per chiarire l’imbarazzante figuraccia del giorno prima. Era successo qualcosa, qualcosa che non sapeva spiegarsi e aveva bisogno di lei. Innanzitutto c’era il suo sguardo: lo sguardo che gli aveva riservato quando le era andato ad aprire la porta, e poi, c’era l’altro sguardo che gli aveva riservato, quello di quando aveva capito la situazione. Poi c’era lui, che era terribilmente confuso: sì, perché baciare una donna e vedere gli occhi di un’altra è un conto, ma fare l’amore con una donna, con cui sai da ricordi passati quanto sia bello farlo, e ritrovarti a desiderare di avere tra le braccia un’altra è tutt’altra cosa, soprattutto se l’altra è la tua miglior amica. Soprattutto se non riesci a toglierti dalla mente l’immagine di lei addormentata al tuo fianco.  Sono fottuto! Guardò l’orologio e si rallegrò del fatto che mancasse solo mezz’ora. Ticchettò per un momento con l’indice sulla scrivania poi si alzò prese la giacca e uscì diretto a casa di Chandra.
Chandra sentì il campanello suonare e corse ad aprire. Era già arrivato.
«Sei in anticipo.» lo salutò.
«Dobbiamo parlare.» il tono serio la fece preoccupare.
«Senti mi dispiace per ieri ma non pensavo che tu ed Evelyn foste già a quel punto della vostra relazione!» disse spostandosi per farlo entrare.
«Non è questo il punto.» le disse con una fermezza che non credeva di possedere.
«Okay, e allora qual è?» Chandra alzò un sopracciglio e fece una smorfia e lui si ritrovò a pensare di nuovo a quanto fosse assolutamente perfetta in ogni sua più piccola sfumatura.
«Il punto è che tu sei cambiata. Fisicamente, intendo.» lei aggrottò le sopracciglia e lo guardò camminare avanti e indietro per casa sua.
«Devo prenderlo come un complimento?» nessuna risposta «Non ti piace il mio taglio di capelli?» di nuovo nessuna risposta «Insomma, ti dispiacerebbe rispondermi?» lui si girò verso di lei, gli occhi erano un misto tra l’arrabbiato e il supplicante, e non riuscì proprio a resistere oltre. Inaspettatamente le prese il viso tra le mani e lei si ritrovò le sue labbra incollate alle proprie. Non fece nemmeno in tempo a rendersi conto di cosa fosse successo che lui si era già staccato e la guardava.
«Ora ti dispiacerebbe smetterla di fare la logorroica per un secondo?» lei annuì «Voglio dire, quando hai smesso di essere la ragazzina dalla luna storta e le idee balzane? Quando il tuo corpo ha smesso di essere una tavola da surf?» Chandra fu tentata di dargli una sberla.
«Sei venuto per insultarmi?»
«No! Sono venuto perché voglio sapere come mai erano i tuoi occhi che avevo in mente mentre baciavo Evelyn, mentre facevo sesso con lei.» Chandra lo guardò «E vorrei sapere come mai sei scappata in quel modo.»
«Non mi sembrava il caso di restare.» lui si avvicinò di nuovo e lei cercò di allontanarsi andando a sbattere contro il tavolo. Il bacio di prima, sebbene velocissimo, l’aveva sconvolta e non aveva nessuna intenzione di ripetere l’esperienza facendo capire a Dan i suoi sentimenti. Lui, però, a quanto pareva era di tutt’altro avviso perché la baciò di nuovo. Questa volta durò più a lungo. La mano di lui si intrufolò tra le sue ciocche corte, l’attirò a sé e insinuò la lingua nella bocca di lei. Chandra si fece scappare un gemito e si strinse di più a lui, poi accorgendosi di essersi esposta troppo lo scansò.
«Dimmi che non mi desideri come ti desidero io.» le disse, sfidandola a un gioco che non era sicura il suo cuore avrebbe saputo sostenere.
«Infatti.»  
«Bugiarda.»
«E' la cosa più carina che mi hai detto in questo weekend.»
«Il weekend è finito e tu sei bellissima.» si sentì avvampare le guance.
«Dan, mi vuoi spiegare che diavolo ti prende? Vieni qui, mi insulti, mi baci, mi dici che sono bellissima.»
«Ieri,  mentre ero con Evelyn,  mi sono accorto di una cosa: non era a lei che pensavo, non era con lei che volevo essere. Quando hai suonato alla porta, quando hai capito cosa avevo fatto, ho visto il tuo sguardo. Era triste, era accusatorio e allora ho sperato. Ho sperato di non essere l’unico ad aver cambiato idea, a non essere l’unico che all’improvviso si sente stretto in questa amicizia. È così Chads, dopo otto anni mi sono reso conto, per uno strano scherzo del destino, che non è la tua amicizia che voglio. Non solo quella.» lei abbassò gli occhi e si avvicinò «A dire il vero me ne ero accorto anche prima, qualche anno fa ma poi tu ti sei messa con Greg e…»
«George.» lo corresse lei con l’unica parola che le riuscì di far uscire dalla gola.
«Non importa. Il punto è che quella volta mi sono tirato indietro, e in questi giorni ho ripensato a quella volta e ieri mi sono detto che non voglio rifare lo stesso errore. Non voglio aspettare che arrivi un altro e che ti stringa tra le sue braccia, perché voglio essere io a stringerti.» concluse senza più fiato.
«Dan… io non sono Evelyn e nemmeno una di quelle donne che ogni tanto ti porti a casa. Se è una notte di sesso che vuoi non la troverai qui perché a me non basta. Perché ho capito che ti amo e non ho nessuna intenzione di ritrovarmi col cuore spezzato e un amico in meno per una sola notte.»
«Non potrebbe mai essere una sola notte con te.» accorgendosi solo a quel punto di quello che lei aveva detto. Le accarezzò una guancia e la sentì sospirare, si avvicinò e le posò un bacio sul naso, come faceva sempre, solo che quella volta aveva tutto un altro significato.
«Ti stancherai. Ti stancherai di me come di tutte le altre dopo di lei. Io non sono perfetta come lei.» gli occhi che si abbassavano in cerca di una via d’uscita.
«Mai. Chandra non lo avevo capito. Non fino ad oggi. Dopo che ho rinchiuso il pensiero di noi due in un angolo della mia mente, non ho mai capito. Tutte le altre erano passatempi, esperienze fatte nell’attesa.» si fermò un attimo ma non la vide reagire e decise di continuare «Nell’attesa di te. Non importa quanto in passato Evelyn sia sta importante, e non importa che abbia provato a uscirci di nuovo, non importa più nulla adesso che ti guardo e so che l’unica che voglio, adesso e sempre, sei tu. Nessun’altra.» prese un sospiro e si costrinse a dire le uniche due parole che aveva continuato a rimandare, non solo con lei ma anche nella sua testa «Ti amo.» vide il volto di Chandra illuminarsi e risplendere, sentì le sue braccia minute che gli avvolgevano il collo e la bocca di lei premuta contro la sua e seppe, senza più nessuna remora, che sì, ci sarebbero stati momenti difficili, attimi in cui entrambi avrebbero voluto lasciare perdere, ma che quello che c’era stato tra loro non poteva, in nessun modo, essere cancellato.
«E forse è vero che non sei perfetta. In effetti tu sei perfettamente imperfetta.» la baciò di nuovo per zittirla prima che potesse replicare.
«Per sempre?» la sentì sussurrare contro le sue labbra e non poté trattenere un sorriso.
«E anche di più, non ti libererai di me così facilmente. O,  e giusto per essere chiari, fai sparire quella foto di Michael da quella mensola.» Chandra non poté non scoppiare a ridere.
«Rivendichi già?» gli chiese mordendosi un labbro.
«Sono estremamente geloso e possessivo.» le disse stringendola più forte per farle capire che non stava esattamente scherzando.
«Bene, allora, giusto per essere chiari» lo citò «Fai in modo che ‘Lyn’ capisca che non sei più disponibile.»
«Dopo, prima c’è una questione da risolvere.» la prese in braccio e lei si aggrappò con le gambe ai suoi fianchi per non cadere.
«Che questione?» gli chiese confusa, l’espressione che diventava consapevole non appena il suo corpo toccava il materasso sul quale lui l’aveva appena lanciata. «Sei anche dispotico!» si finse sconvolta e indignata mentre in realtà il suo cuore batteva talmente forte da aver l’impressione che potesse scoppiare.
«Assolutamente.» le imprigionò la bocca con la sua, deciso a non lasciarla scappare da sé, né in quel momento né mai.
   
 
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