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Autore: pony    15/07/2011    11 recensioni
Lily Evans voleva solo far sparire quel sorrisetto idiota dalla faccia della sorella. Era stata avventata, ok, ma ora era nei pasticci.
James Potter era il suo ragazzo.
O almeno così aveva detto ai genitori.
Aveva iniziato un gioco insieme a Potter. Un gioco da cui non sarebbe stato facile uscirne.
Ma siamo sicuri che quel gioco sarebbe rimasto tale e non si sarebbe trasformato in qualcos'altro?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Lily Evans quella mattina si svegliò con un diavolo per capello. Possibile che non potesse starsene tranquillamente a letto nemmeno in vacanza?

La sorella sbraitava come indemoniata, mentre la madre rispondeva ai suoi strilli sbattendo qualcosa di non ben definito -probabilmente un mestolo- sul tavolo.

Ma che diamine aveva Petunia al posto delle corde vocali, si poteva sapere? Se avesse alzato un altro pò la voce l'avrebbero sentita solo i cani, perchè avrebbe cominciato a esprimersi a ultrasuoni.

E perchè quel dannato mestolo la madre non glielo sbatteva in testa, cosa la finivano tutte e due? Fra il rimbombo dei colpi e gli strilli pareva si essere finiti nel bel mezzo di un film horror. Non si sarebbe stupita se improvvisamente avesse sentito il rumore di una sega elettrica di sottofondo, mentre il padre sbraitava loro di smetterla di urlare.

"VOLETE SMETTERE DI URLARE COSI'!!!!!!"

Eccolo lì. Detto fatto. Non c'era nessuna sega elettrica, ma di certo il tono del padre, Daniel Evans, aveva una tonalità piuttosto assassina.

Sconfitta dall'evidenza di avere una famiglia troppo rumorosa, Lily si alzò dal letto.

Non aveva dormito molto quella notte e non solo quella, era quasi un mese che era praticamente insonne. Sbadigliò mentre si passava una mano fra i capelli, gettando un sguardo di sfuggita alla propria immagine riflessa.

Era bella Lily Evans, peccato che lei non lo sapesse, troppo occupata a girarsene per il mondo con l'autostima che guerreggiava con quella di un ragno morto a chi fosse quella più accettabile, battaglia che si concludeva ogni volta con la tempestiva e schiacciante vittoria del ragno.

Questo non significava che passasse la vita a compiangersi o a frignare di fronte allo specchio catalogando tutti i suoi difetti, mettendo su adorabili complessi adolescenziali, tanto errati quanto difficili da eliminare, anzi.

Aveva pacificamente preso atto della propria mediocrità ed era andata avanti con la sua vita.

Non che fosse mediocre, intendiamoci. Era la persona meno mediocre che esistesse sulla faccia della terra con i suoi capelli rossi come il sangue, la pelle diafana come quella di una principessa d'altri tempi e gli occhi di un meraviglioso verde smeraldo, che tante volte avevano fatto tremare il cuore dei suoi compagni di scuola senza che lei nemmeno se ne accorgesse.

Passava la vita a non accorgersi, Lily.

Inconsapevolezza era il suo secondo nome.

Non era per questo quindi, che quando vide il proprio riflesso, la rossina distolse lo sguardo, quasi disgustata.

Quando si specchiava, ciò che vedeva, non era l'immagine di una ragazza troppo magra o troppo
grassa, troppo bassa o troppo alta, troppo rossa o troppo poco... L'apparenza non le era mai
interessata. Il problema era più profondo, la ferita più difficile da eliminare.

Quando si guardava lei vedeva l'immagine della sconfitta.

Il suo sguardo, che comunicava più di quanto facessero le sue parole, era quasi spento ormai. Era lo sguardo di è stato tradito, lo sguardo di chi è rimasto solo, lo sguardo di chi sa che fidarsi di nuovo non sarà per niente semplice.

Il proprio orgoglio ferito le diceva di non mollare, quello stesso orgoglio che tante volte l'aveva allontanata dalle persone, ora era l'unica cosa che le impediva di lasciarsi andare. Se avesse sentito ancora una volta dire che l'orgoglio rovina la vita, avrebbe mangiato la testa a qualcuno.

Intanto al piano di sotto la guerra degli Evans continuava.

"... ma mamma!!! Stasera ci sarà a cena Vernon! Io lo conosco: lui è un uomo concreto. Lily lo mette a disagio con tutte le sue scempiaggini! Non voglio che se ne vada!"

La rossina sospirò alzando gli occhi al cielo: Vernon Dursley. Il ragazzo di Petunia.

Già a definirlo un uomo ci voleva del coraggio. Pareva di più una specie di tricheco con i baffi.

Comunque non si giudica un libro solo dalla copertina, quindi, quando si era presentato in casa la prima volta, circa 4 anni prima, Lily aveva promesso a sè stessa che avrebbe cercato di farselo andare a genio. I rapporti con Petunia erano già difficili così.

Peccato che quando Tricheco-man aveva aperto bocca, aveva dimostrato senza ombra di dubbio e senza lasciarle una minima speranza di cambiare idea, che era un completo e odioso idiota.
Aveva parlato per ore intere del suo lavoro e della sua azienda di famiglia, con il classico sguardo alla Blade Runner: io ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare. Pareva che costruisse navicelle spaziali perfettamente funzionanti con gli stuzzicadenti.

E invece produceva trapani.

Trapani. Cosa ci sarà mai da dire dei trapani? Bucano i muri e arrivederci.

Tuttavia Vernon aveva tantissime cose interessanti da raccontare in proposito: creazioni di nuove punte, nuovi motori che rendevano quegli aggeggi più potenti... Poi, siccome non riusciva a fare colpo sul signor Evans, che continuava a guardarlo con aria omicida stringendo spasmodicamente un coltello, aveva iniziato a raccontare poco credibili storie su trapani che avevano motori identici a quelli degli elicotteri.

Era ovvio che la storiella raccontata sui motori era completamente inventata, ma a peggiorare la situazione c'era il fatto, che Daniel Evans fosse un ingegnere meccanico. Non solo sapeva come si costruivano i trapani, ma sapeva pure progettare i motori degli elicotteri.

Il povero Vernon aveva quasi perso l'appetito quando l'aveva saputo, realizzando che tutte le cavolate di meccanica che aveva sparato per tutta la sera, erano state valutate con assoluta spietatezza dal signor Evans.

Lily adorava suo padre.

Alla fine comunque si era arresa, odiava il SuperTrichecoBaffuto con tutta sè stessa e se avesse avuto occasione un giorno l'avrebbe ucciso con uno dei suoi maledetti trapani.

C'era di positivo che un uomo così tremendo era perfetto per la sorella.

"Petunia, ti ho detto mille volte di finirla! Non posso buttare fuori di casa mia figlia ogni volta che il tuo ragazzo viene a cena!" sbraitò la madre, fuori di sè, sbattendo per l'ennesima volta il mestolo sul tavolo.

Cara mammina. Ogni volta tentava di difenderla.

Peccato che non ne fosse per niente capace.

Quando si innervosiva troppo infatti, la donna diventava praticamente violacea e cominciava a sparare frasi senza senso.

Hai la sensibilità di un pollo arrosto. Se mi capiti fra le mani ti strozzo con il sale. Mi fai diventare rossa come un coccodrillo... erano solo alcuni dei suoi cavalli di battaglia che erano passati alla storia come le frasi più insensate al mondo da utilizzare in una discussione.

C'era da dire però che quell'insensatezza aveva segnato la sconfitta del Signor Evans più di una volta, nel corso dei loro litigi: come facevi a rimanere arrabbiato quando una di sbraitava contro frasi del genere?

Quella mattina però era in forma. La storia di non poter buttare fuori di casa la figlia era pertinente, ma Petunia non demordeva e continuava a strillare come se la stessero sgozzando: sembrava un allarme antincendio. Almeno se qualcuno avesse avuto la malsana idea di tentare di rapirla, i soccorsi sarebbero arrivati in meno di un secondo.

Consapevole che la madre non avrebbe vinto la sua battaglia con la figlia, Lily iniziò a vestirsi.

Indossò un piao di pantaloncini di jeans, una maglietta azzurra e scese le scale scalza, cercando di non farsi sentire dalla due che ancora stavano litigando in cucina. Afferrò le infradito e scrisse un bigliettino per la madre:

"Stasera non rimango a cena, di a Petunia di non preoccuparsi"

Non aveva certo intenzione di discutere per rimanere a cena con il SuperEroe dei Trapani. Evitare quella cena non le dispiaceva affatto, anche se la feriva che la sorella volesse escluderla così dalla sua vita.

Aveva appena raggiunto la porta, quando una voce la chiamò, costringendola a voltarsi.

"Lily" disse l'uomo seduto su una poltrona vicina all'atrio.

"Papà..."

Daniel Evans, conosceva la figlia più di quanto si conoscesse lei stessa. Sapeva sempre quando c'era qualcosa che la turbava, sebbene lei non parlasse mai con i genitori, sapeva che non poteva capirla in pieno, visto che il mondo di lei era così diverso dal suo, e sapeva anche che questa cosa la faceva sentire tremendamente sola, ma non avrebbe permesso che lei si lasciasse andare senza aiutarla.

"Dove stai andando?"

"Esco." si limitò a dire lei, non sapendo bene cosa rispondere.

Non sapeva dove stava andando. Voleva solo andare via, lontana da loro, lontana da tutti, ma non voleva dire queste cose al padre, consapevole che l'uomo le avrebbe impedito di uscire, intenzionato a non lasciarla da sola.

"Questo lo vedo" rispose lui con voce bassa e profonda, ripose gli occhiali da lettura e il giornale, poi le sorrise "Vieni qui un momento, voglio parlarti."

Lily rimase ferma sulla porta, indecisa, lanciando uno sguardo fugace alla porta della cucina. Non aveva nessuna voglia di vedere Petunia.

"Si tratta solo di un secondo" insistte il padre, cosi la ragazza si avvicinò, lentamente e andò a sedersi di fronte a lui. "Allora bambina mia... che ti succede?"

"Niente, papà. Voglio solo evitare discussioni con Petunia."

"Non sto parlando di Petunia, cara... Sono arrivate diverse lettere di Allyson, ma ti ho visto gettarle nell'immondizia senza nemmeno leggerle, credevo che foste amiche..."

"Lo credevo anche io" rispose seccamente la ragazza, senza che la sua espressione mutasse, all'apparenza. Un osservatore più attento, però, che la conosceva bene come la conosceva lui, non poteva non notare l'ombra che era passata in fondo al suo sguardo, non poteva non notare il tono innaturalmente privo di sentimento.

Era chiaro che aveva toccato un tasto dolente, ma l'uomo continuò a parlare.

Voleva sapere che cosa le stesse succedendo.

"E il tuo ragazzo? Anche lui ti ha scritto spesso e..."

"Io e Russel ci siamo lasciati prima della fine della scuola, papà. Non mi importa se mi sta scrivendo, io non ho più niente da dirgli."

E cosi erano loro il problema: Allyson e Russel. La migliore amica e il fidanzato.

Suonava pericolosamente come l'inizio di una drammatica soap-opera.

Il padre tacque un secondo di troppo, così Lily ne approfittò per darsi alla fuga.

"Bene" disse alzandosi "se non hai altro da dirmi io andrei, ho già lasciato detto a mamma che non tornerò per cena. Ciao."

Uscì di corsa, appena prima che la madre e la sorella irrompessero nella stanza, senza che l'uomo riuscisse a rispondere al saluto.
 



Erano anni ormai che James Potter non passava una vacanza senza i suoi amici.

Quando era giunto ad Hogwarts sei anni prima, infatti, aveva conosciuto le tre persone che avrebbero segnato profondamente tutta la sua vita, da cui non voleva separarsi nemmeno in vacanza: i Malandrini.

Con loro aveva combinato talmente tanti guai che la metà dei loro compagni e praticamente tutto il corpo docenti erano afflitti da continui attacchi di panico, terrorizzati dall'idea che quel malefico quartetto avesse organizzato qualche cosa di nuovo. La McGrannit aveva minacciato più volte che li avrebbe uccisi, perchè pur di liberarsi di loro, avrebbe affrontato Azkaban con il sorriso sulle labbra.

Povera donna, quei ragazzi erano la sua croce e il suo orgoglio. Passavano dal fare incantesimi di trasfigurazione talmente perfetti da farle venire quasi le lacrime agli occhi, a scherzi infantili e imbecilli ai danni dei compagni, scherzi in cui -del tutto casualmente- rimaneva sempre coinvolta anche lei: per quattro volte consecutive si era trovata con i capelli pitturati di colori tanto orribili quanto sgargianti, che variavano dal rosa acceso al giallo limone. Alla fine visto che la sua credibilità di insegnante aveva cominciato a vacillare ed era veramente stufa dei loro comportamenti, aveva punito la mente di ogni loro operazione -Potter, ovviamente- togliendogli a tempo indeterminato la cosa a cui più teneva  dopo i suoi amici: il Quidditch.

Inutile dire che Potter aveva rischiato l'infarto. Dopo un mese intero senza Quidditch, quattro partite perse e parecchi tentativi di corruzione, i Malandrini si erano calmati, consapevoli che se non fosse tornato a giocare, James avrebbe tentato il suicidio.

I due mesi di tregua che seguirono, furono i più belli della vita della vicepreside, ma proprio quando si era convinta di aver finalmente calmato quegli animi inquieti, ecco che i Serpeverde ebbero la brillante idea di fare uno scherzo di cattivo gusto alla Grifondoro meno indicata, se non volevano subire più che spiacevoli ritorzioni.

Era, infatti, una cosa universalmente riconosciuta che James Potter avesse un debole per Lily
Evans e anche se lei non lo degnava della benchè minima attenzione, lui la considerava sotto la sua personale protezione. Fu per questo che quando i Serpeverde decisero di farle un incantesimo che l'avrebbe resa completamente calva, privandola dei suoi meravigliosi capelli rossi, la McGrannit seppe, come lo seppe tutta la scuola, che la tregua dei Malandrini era finita per sempre.

Poco importava che madama Chips le avesse fatto ricrescere i capelli nel giro di due minuti con un incantesimo, poco importava che la McGrannitt avesse punito i fautori dello scherzo con una durezza mai usata prima, poco importava che la stessa Lily Evans si fosse difesa più che egregiamente, schiantando i suddetti Serpeverde, dopo averli appesi al soffitto come salami: James voleva la sua vendetta. E i Malandrini lo avrebbero seguito, come lo seguivano sempre.
Gli scherzi fatti in quei mesi di fuoco furono tramandati di padre in figlio per anni, libri interi furono scritti a memoria di quella guerra che era esplosa senza lasciare scampo a nessuno... ma questa è un'altra storia.

Data la loro profonda amicizia, era chiaro che i quattro cercassero di passare meno tempo possibile lontano l'uno dall'altro.
Per farla breve i quattro ragazzi erano inseparabili. E lo erano per ottime ragioni.

Peter Minus non aveva mai avuto un amico prima di conoscere loro e sotto la loro protezione gli scherzi e le prese in giro che aveva dovuto sopportare per tutta l'infanzia erano finalmente finite.

Remus Lupin era un Lupo Mannaro. Convinto che loro non l'avrebbero accettato una volta venuti a conoscenza della sua vera natura, aveva mentito loro per due anni, prima che James scoprisse cosa nascondeva. I tre amici non solo non lo abbandonarono, ma anzi diventarono Animagi per lui, rimanendogli vicini anche durante la trasformazione.

Sirius Black viveva come un reietto. Non era mai andato daccordo con la famiglia, la madre era addirittura arrivata ad odiarlo e a sedici anni era fuggito di casa andando a rifugiarsi dai Potter, che lo avevano accolto a braccia aperte.

E infine James. Lui non aveva particolari problemi familiari, ma credeva fermamente dell'amicizia e avrebbe fatto di tutto per quei tre fratelli che aveva trovato in quella che lui considerava la sua seconda casa.

Tuttavia se erano tanto inseparabili, perchè James Potter vagava solitario e annoiato in un paesino dimenticato da Dio in Italia?

Per comprendere il perchè di ciò dobbiamo tornare indietro, a circa tre mesi prima, quando al ragazzo giunse una lettera piuttosto insolita scritta dalla madre, seguita immediatamente da un ancora più insolito bigliettino da parte del padre che lo pregava di non fare domande.

La lettera di Dorea Potter così recitava:

Caro James
come ormai avrai capito leggendo i giornali, la guerra è alle porte. Non so quanto passerà prima che esploda definitiviamente, gettandoci tutti nel caos più completo.
Tuo padre è un Auror, sarà in prima linea e so che nemmeno tu ti tirerai indietro quando sarà il momento di combattere.
Ho deciso quindi, che fino a che ne abbiamo la possibilità, è il caso di andare in vacanza insieme in un posto lontano da casa nostra, cambiare aria, passare i nostri ultimi giorni dorati di pace come famiglia felice.
So che è una scocciatura per te venire in vacanza con i tuoi vecchi genitori, ma si tratta solo di un paio di settimane.
Ci terrei veramente tanto.
Per favore.
Con affetto
Mamma.

Per una persona che non conoscesse Dorea bene come la conosceva James la lettera poteva non apparire così insolita: una madre che vuole passare gli ultimi giorni che precedevano una guerra insieme al marito e al figlio. Compensibile.

La signora Potter, però, non era il genere di donna che fugge dalle situazioni scappando in luoghi reconditi dell'Europa, fingendo che i problemi nel suo paese non esistano.

Se la guerra era alle porte, lei avrebbe combattuto. E lo avrebbe fatto fino all'ultimo respiro.
Tuttavia bisogna ammettere che la paura a volte fa brutti scherzi e che anche il più coraggioso di fronte a una minaccia come quella che rappresentava Lord Voldemort, si sarebbe potuto sentire un attimino vacillare.

Infatti, non era tanto ciò che diceva la lettera che aveva allarmato James, quanto il tono con cui era stata scritta, semraba quasi supplichevole. E questo era strano. Tremendamente strano.

Sua madre non pregava. Sua madre ordinava.

Se nella lettera ci fosse stato scritto: dannazione Potter, sei uguale a tuo padre!! Ho detto in vacanza! Subito!! il ragazzo non si sarebbe stupito per niente, ma quel per favore, scritto con l'inchiostro un pò sbavato, quasi vi fosse caduta su una lacrima, gli faceva sospettare che la donna nascondesse qualcos'altro.

Dorea Potter aveva un segreto.

E James l'avrebbe scoperto.

Peccato che quando erano arrivati in Italia la madre si era comportata esattamente come faceva sempre, senza particolari comportamenti sospetti.

Più volte il ragazzo aveva tentato di prenderla di sorpresa quando spariva. Irrompeva nelle stanze senza bussare, si calava dalle finestre... ma la sola cosa che aveva ottenuto era cogliere i genitori nel bel mezzo di atteggiamenti non proprio casti.

Alla fine si era arreso. Probabilmente si era sbagliato, Dorea era veramente solo spaventata.

Pareva che il Fato l'avesse attirato lì con l'inganno, quasi avesse qualcosa in serbo per lui.

Così a Potter non era rimasto altro che vagare per la città, aspettando che il suo destino si decidesse a compiersi, lasciando che i suoi pensieri vagassero con una frequenza allarmante su una certa rossina di sua conoscenza.

Chissà cosa stava facendo il quel momento.




Lily camminava senza meta per le strade della sua cittadina, senza avere la minima idea di dove andare.

Non era mai felice di lasciare Hogwarts. Era da quando aveva scoperto di essere una strega, infatti, che si sentiva un'estranea a casa sua.

All'inizio credeva che fosse solo questione di abitudine: presto la sorella avrebbe accettato la sua diversa natura e i genitori avrebbero cominciato a conoscere il nuovo mondo di cui lei faceva parte, ma si sbagliava.

Con il passare degli anni la situazione non faceva che peggiorare.

Le discussioni con Petunia erano diventate sempre più aspre e Lily aveva perso le speranze e soprattutto il desiderio di recuperare i rapporti con quella sorella che si ostinava a definirla un mostro. I genitori per quanto si sforzassero non riuscivano a capirla, non potevano.

Cercavano di essere partecipi della sua vita, chiedendole come andassero le cose a scuola e sforzandosi di imparare quanto più possibile sulla magia, ma allo stesso tempo Lily percepiva distintamente che tutte quelle cose a loro sconosciute, che sfuggivano a volte alla loro comprensione, lasciavano loro un senso di paura e inquetudine che non riuscivano a nascondere del tutto.

Non che avessero paura che la loro Lily potesse far loro del male o cose del genere, semplicemente al fianco della loro Strega prodigio, si sentivano fuori posto.

Lily faceva parte di un altro mondo.

Un mondo dove la sua diversità era la sua forza.

Un mondo che tuttavia la disprezzatava e la rifiutava. Esattamente come faceva la sorella.

Fra i Babbani era un Mostro.

Fra i Maghi una sudicia Mezzosangue.

Non avevano un solo amico al mondo. Tutti alla fine l'avevano abbandonata.
Prima c'era stata la rottura dell'amicizia con Severus. Ora Allyson.
Quando aveva incontrato Allyson, Lily si era davvero convinta di aver trovato un'amica. Le era sempre stata vicina nei momenti di difficoltà, anche se spesso di dimostrava un pò immatura.

Era la classica adolescente che utilizza tutti i luogi comuni che ha in repertorio per giustificare le proprie pazzie. Si vive una volta sola! Vivi la tua vita! I migliori agiscono. I perdenti parlano!! e cavolate varie, che Lily ascoltava pazientemente, con il sorriso sulle labbra.

Parlava d'amore come se fossero caramelle, parlava di vita come se ubriacarsi una sera significasse vivere, parlava degli attimi che dovevano essere colti, che ti sfuggivano fra le dita, ma soprattutto parlava di amicizia. Quella rara, magnifica amicizia di cui si parla nei libri e che pareva indistruttibile e incorruttibile, un'amicizia a cui Allyson diceva di credere con tutte le sue forze.

Che stupida che era stata, Lily. Solo una stupida. Così convinta di essere una delle poche disilluse che erano rimaste al mondo, una ragazza concreta, forse un pò cinica, ma di certo protetta da qualsiasi tipo di delusione e colpo basso. Nessuno può deluderti se non ti aspetti niente dalla gente e ormai credeva di aver imparato che anche il migliore degli amici poteva ferirti in modo indelebile. Ormai si credeva invincibile.

E invece la sua superbia l'aveva punita.

L'ultima di cui si era fidata l'aveva tradita come nessuno aveva mai fatto prima. Non si aspettava molto da Allyson. Certo era sua amica, ma sapeva che non era quel genere di amico che ti risolveva i problemi, che capiva quando stavi male anche se tu non dicevi niente, che riusciva a leggerti dentro con un solo sguardo, era solo una persona a volte un pò immatura a cui Lily voleva un bene dell'anima.

L'aveva sempre ascoltata quando lei aveva le sue assurde crisi, l'aveva aiutata quando credeva di aver trovato il principe azzurro e lui non l'aveva ricambiata, l'aveva protetta da chiunque l'avesse offesa, e lei cosa faceva?

Si scopava il suo ragazzo.

Nel suo letto.

Cosa c'era che non andava in lei? Perchè attirava persone che le facevano cosi deliberatamente del male?

Ricordava la scena di quando li aveva sorpresi insieme con una dolorosa chiarezza. Sapeva che non svrebbe mai dimenticato quel tradimento. Mai.

Stava cercando Russel in tutto il castello quel giorno. La sera precedente avevano litigato. Lui le aveva detto di essere innamorato di lei e Lily non aveva saputo rispondere.

Ti amo. Due parole. Cinque lettere.

Le cinque lettere che la terrorizzavano più di ogni altra cosa al mondo.

Pronunciarle significava esporsi. Pronunciarle significava gettarsi nel vuoto.

Aveva taciuto un secondo di troppo, così Russel se n'era andato, offeso e arrabbiato, lasciandola sola con i suoi dubbi.

Lily aveva poi passato l'intera notta insonne, a riflettere e alla fine era arrivata alla conclusione che non era una Grifondoro per niente. Lei ci teneva a Russel, gli voleva bene, anche se non era del tutto sicura di amarlo. Ma cos'era l'amore? Come avrebbe potuto riconoscerlo? Forse il segreto era buttarsi, senza pensare. Forse il segreto era vivere il proprio rapporto cun una persona senza timore.

La ricerca era andata avanti a lungo, tanto che alla fine la ragazza si era arresa ed era salita in dormitorio, sperando di trovarvi l'amica, Allyson e poterle svelare tutti i suoi problemi.

Peccato che quando aveva aperto la porta della stanza aveva trovato sia Allyson, sia Russel un tantino troppo impegnati per presarle attenzione.

Il dolore era stato talmente acuto, che non versò nemmeno una lacrima.

Era rimasta ferma, in silenzio, fissandoli come se nemmeno esistessero.

 Li guardò cercare di vestirsi in fretta, mentre cercavano di accampare qualche scusa, ma lei non poteva sentirli.

Si sentiva come se fosse appena caduta in acqua, i rumori ovattati, i gesti rallentati, i polmoni in fiamme, le forze che alla fine ti mancano a furia di lottare e il terribile desiderio di lasciarsi e finirla con una volta per tutte.

Aveta tentato di uscire dalla stanza, ma Russel l'aveva afferata per un braccio per un braccio, impedendole di muoversi.

"Lily, ti prego Lily ascoltami...." aveva detto lui senza trattenere le lacrime, stringendole ancora il braccio con una mano e con l'altra tentava di tener sù i pantaloni che non aveva ancora finito di riallacciare.

Era un bel ragazzo Russel, alto e atletico, a volte sapeva persino essere affascinante, ma adesso agli occhi di Lily era solo ripugnante.

Come osava piangere? Con quale coraggio piangeva di fronte a lei in quel modo dopo quello che aveva fatto?

Come? Come? Come?

Quelle lacrime false come lo erano state le sue parole, le avevano fatto perdere il lume della ragione. Aveva iniziato a scalciare e gridare, colpendo ogni parte del corpo del ragazzo che riusciva a raggiungere.

"Lily! Smettila!" aveva gridato Allyson.

La furia di Lily si era scatentata allora sull'amica, la vera traditrice in tutto quel frangente. Di lei si fidava dannazione! Si fidava ciecamente!

Ancora una volta aveva permesso a quelli che credeva suoi amici di ferirla.

Era solo una stupida.

Ma non sarebbe più successo.

Questa era una certezza.

Alzò lo sguardo proseguì il suo cammino a testa alta, ben decisa a non crollare nemmeno stavolta.

Lily Evans non crolla. Non crolla mai.

Era troppo immersa nei suoi pensieri per accorgersi che aveva appena imboccato la strada per Spinner's End.

  
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