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Autore: giughy    16/07/2011    3 recensioni
prima o poi i personaggi si dovranno lasciare per qualche nuova storia..sì ecco.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E camminava, su e giù per quella dannatissima e gelida stanza.
Le pareti arancioni non gli davano nessun calore ma gli restituivano solamente ciò che la sua anima proiettava nello spazio circostante: Freddo.
Cos'altro se non una stupida, lugubre, inutile, patina di freddezza?
Come ci era caduto?
Non lo sapeva o forse non lo voleva nemmeno sapere dopotutto.
Cosa ci avrebbe guadagnato?
Niente.
Bianco che avvolgeva la mente e che incatenava i pensieri in una gabbia che non lasciava scampo.
Cosa fare, cosa fare.
Cosa. 
Fare.
?
Nessuna delle due soluzioni pareva facile o bella avedersi.
Certo da una parte c'era lui, l'uomo di tutta una vita, Antonio, col quale aveva condiviso gioie e discrepanze della vita, ma dall'altra c'era quella personalità magnetica quale quella di Lance, che lo mandava fuori di testa in continuazione.
Quale dei due era quello cardine per lui?
Se lo avesse saputo subito di certo non si sarebbe trovato in questo baratro di nulla a dover decidere.
Non aveva mai detto di odiare le scelte? I bivi..
Ma doptutto era lui che si era cercato questa stupida ed inutile situazione
Loveless.
Forse?
No, mai, non avrebbe potuto.
Beloved.
Ecco, suonava già molto meglio.
Sospirò prendendo una foto dei ragazzi per mano.
Chiuse gli occhi e soppesò il peso del loro affetto.
Come una bilancia.
E si senì scioccamente Zeus che pesa il destino di Achille ed Etore.
No di certo, non sarebbe morto nessuno, qui.
Ma forse qualche cuore si sarebbe infranto, ci sarebbe stato un rumore di cocci calpestati.
Buttò le foto a terra e ci passò accanto senza degnarle di un'ulterirore sguardo.
Si mise alla scrivania e cercò di sforzarsi di essere coerete e di non dire fesserie.
Amava wquella scrivania, messa sotto quella finestra.
La luna non era più piena dalla notte precedente però le sorrise contatando che generazioni di poeti e artisti avevano riversato in lei le loro lunghe aspettative ed emozioni.
Cercò di farsi ispirare da quella madre celeste e si mise a scrivere.
La biro correva sul foglio bianco componendo le lettere, poi parole ed interi periodi.
Sì.
Non amava scrivere; non era il classico tipo da mandare biglietti o scrivere canzoni però sentiva che doveva andare così.
Ammirò l' 'opera' completa.
A dir la verità gli faceva schifo ma non ci poteva fare nulla.
La sua grafia era storta ed imperfetta ed era sicuro che il testo presentasse anche imprecisioni grammaticali, ma era il suo cuore che parlava.


“Tu.
Non mi va di mttere il nome; entrambi sappiamo di chi si parla, dopotutto.
Devo dire la verità, mi sento un verme.
Ma lo so che la cosa non cambierà.
È vero che ti ho amato, come potrei dire il contrario?
Sai quanto mi costa parlare così, sai che non è facile per me esprimere quello che voglio davvero specialmente qui, su un foglio di carta che potrebbe essere facilmente isto, riletto e manipolato, ma devo. Devo.
Penserai che è una cosa vigliacca, forse.
Dpvrei dirtle di persona certe cose, certo, non sono cose da affidare ad un messaggero muto quale la carta.
Ci saranno rintendimenti, non capirai.
Forse nemmeno io ho capito nulla di questa storia.
Abbiamo secoli alle spalle di dure ferite e grandi piaceri, come negarlo però..però non lo so.
Ripeto, mi sento uno schifo.
Dirtelo così, così.
Mi sembra di trafiggermi e trafiggerti con delle schegge di piombo.
Che vita solitaria e pesante che ci accoglie, eh?
Spero tu vorrai perdonarmi.
Io credo che al mondo ci sia molto di meglio che una persona come me.
Sono quel pomodoro acido che rovina un lungo lavoro per completare il sugo..
Io..io non so realmente cosa sto dicendo
Ma so che lo sto facendo.
Ti lascio in dono i crateri della luna; che ti sappia aiutare a trovare chi ti sa dare più di me.
Ricorda, io ti ho amato.
Forse ti amo ancora.
Non lo so nemmeno io, ma so che non posso continuare a sdoppiarmi così.
Soffrono tutti.
Non siamo invincibili; alla fine siamo umani anche noi.

Tuo, Roma.”


La fissò incantato come se fosse una qualche maledizione; una stregoneria scritta sul foglio.
Piegò con cura i fogli e li mise in una busta bianca.
Il colore dell'annullamento, ma anche della pureza.
Com'era dura ed ironica la simbologia; sembrava prendersi gioco delle persone, avolgendole e confondendole tra le sue spire.
La prese in mano, ed uscì da quella stanza, da quella casa.
La città, la regione, la nazione, tutto il mondo erano in vita e lui sembrava solo un punto indistinto in quella moltitudine di volti ed anime.
Camminò perso nei pensieri e molte volte cercò di tornare indietro, ma non era quello ciò che doveva fare.
Si ritrovò davanti a quel cancello, quel vialetto, quel giardino, quella buca delle lettere.
Sorrise ricordando i vecchi tempi.
Diede un bacio alla busta e la imbucò.
Se ne andò accompagnato dal vento della notte mentre mentre le sue confessioni venivano inghiottite dall'involucro di ferro di villa Fernandez Carriedo.
  
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