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Autore: SunshineEmily    17/07/2011    7 recensioni
A cinque anni preferiva tirarle i capelli e sporcarle i vestitini pieni di pizzi e fiocchetti perché era più facile che cogliere un fiore a Central Park e donarglielo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Her smile … And everything shines.
Autore: SunshineEmily
Personaggi: Blair Waldorf; Chuck Bass
Rating: Verde
Summary: A cinque anni preferiva tirarle i capelli e sporcarle i vestitini pieni di pizzi e fiocchetti perché era più facile che cogliere un fiore  a Central Park e donarglielo.
Note dell'autore: Questa è la mia prima storia Chair, una storia senza troppe pretese, è più che altro un esperimento, non ho mai scritto prima su di loro, spero non sia uscita fuori un’autentica schifezza. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, nel bene e nel male, sarò disponibile nel chiarire eventuali dubbi o incomprensioni. Vi auguro una piacevole lettura.
 

Her smile … And everything shines.
 

      

 
A cinque anni preferiva tirarle i capelli e sporcarle i vestitini pieni di pizzi e fiocchetti perché era più facile che cogliere un fiore  a Central Park e donarglielo.

A dieci anni era sicuramente più semplice beffeggiarla a scuola chiamandola secchiona che invitarla per un pomeriggio a casa sua ed osservarla concentrata nel risolvere un problema di geometria.

A quindici anni era più comodo per lui disprezzare le sue forme appena accennate piuttosto che ammettere a chiunque ma in particolar modo a se stesso, che avrebbe dato via perfino la celebre palla di Babe Ruth pur di poterla accarezzare.

A sedici anni era decisamente più appagante passare il tempo a ironizzare sulla sua imminente perdita della verginità con Nathaniel, anziché fermarsi un momento a riflettere che forse lui era grato che lei fosse ancora così innocente e pura e il suo migliore amico innamorato perso di un’altra ragazza che non era lei.

Da bravo bambino, ragazzo e adolescente viziato, Chuck aveva imparato a denigrare le rare cose che non poteva ottenere, era quindi infinitamente più facile disdegnare Blair Waldorf che confessare che la desiderava con tutto se stesso.

Era sempre stata bella, non bella come le modelle delle riviste di moda che si era scopato in quegli anni, no: lei possedeva una bellezza rara, i suoi profondi occhi scuri sapevano ipnotizzarlo, il profumo che emanavano i suoi boccoli morbidi quando venivano appena scompigliati dalla brezza leggera sapeva rapirlo, la sua pelle levigata, che aveva avuto l’onore di poter toccare in una recita scolastica, sapeva di bagnoschiuma alla pesca, o almeno così gli era stato riferito da Nathaniel.

Nathaniel, il suo migliore amico, il suo fidanzato.

Lui non la meritava, non apprezzava le sue qualità, non riusciva nemmeno a vederle tanto era sempre stato preso a sbavare dietro alle voluttuose forme di Serena.

Serena, Blair ne era costantemente messa in soggezione, con lei Blair aveva una guerra aperta dai tempi dell’asilo, una guerra per il cuore del bel Nate, una guerra che, se solo avesse saputo, le avrebbe fatto risparmiare energia e lacrime, perché nonostante su carta Nathaniel avesse scelto Blair, per lui non c’era mai stata storia tra le due ragazze, Serena aveva vinto subito: un sorriso con la bocca impiastricciata di gelato al cioccolato e l’aveva stregato.

Un sorriso, Blair ne concedeva raramente qualcuno a differenza della più aperta e solare migliore amica Serena.

“Non vedo il motivo per cui dovrei sorridere dalla mattina alla sera come un' ebete Bass, un sorriso si regala quando accade qualcosa di meraviglioso o di molto divertente.”
“Potresti rallegrare la giornata a molte persone se solo sorridessi più spesso.”
“Non sono una piccola benefattrice, cosa può importarmi di rallegrare la mattinata ad un vagabondo di Brooklyn?”

Era difficile trovarla tranquilla figurarsi vederla giuliva, ma quando questo accadeva a Chuck appariva conveniente aver aspettato settimane per quel suo sorriso.

Perché un suo sorriso illuminava ogni cosa, la sua giornata, il suo umore, i suoi occhi, spesso e volentieri tetri, e faceva venir voglia di sorridere anche a lui.

Ed era folle, completamente fuori da ogni schema, perché lui non aveva ragione di bearsi della sua letizia, perché lui non era il suo ragazzo, non era suo amico, lui era fumo tossico per lei, era depravazione per la sua mente falsamente candida, era disgusto per i suoi occhi alteri, era feccia per il suo futuro ambizioso.

Lei non lo voleva nella sua vita.

“Se non fossi stato amico di Nate, non ti avrei mai rivolto la parola.”
“Vale lo stesso per me, Waldorf.”

Eppure non riusciva a distaccarsi dalla malattia che era lui.

“Chuck, che ci fai qui sul tetto, da solo?”
“Lasciami in pace, andrei a controllare Nate se fossi in te, Serena questa sera è fantastica, avrà sì e no due centimetri di stoffa addosso.”
“Vedrai che arriverà, non può averlo dimenticato.”
“Se lo ricorda perfettamente che è il mio compleanno Blair, ed è questo l’intoppo.”

Lui d’altra parte adorava questa sua perenne indecisione, adorava vederla perdersi nella scoperta del suo lato oscuro, adorava come non ne restasse terrorizzata ma affascinata, lui la adorava, la amava, la amava inconsapevolmente dalla prima volta che l’aveva vista, seduta su una panchina a Central Park,  aggiustarsi le pieghe della gonna mentre gli altri bambini correvano esultanti per il prato, e aveva immediatamente pensato che fosse bella, un giudizio così giusto, così incontaminato da non apparire nemmeno come un pensiero partorito dalla deviata mente di Chuck Bass, Womanizer dell’Upper East Side.

 Il giudizio di un bimbo di quattro anni che indossa un papillon viola con una giacca coordinata, un abbigliamento non consono alla sua giovane età; un bimbo che sorride nel guardare una bimba di quattro anni, vestita di perle e merletti, un abbigliamento non consono alla sua giovane età, un bimbo che è felice perché finalmente non si sente più così difettoso, non si sente più tanto solo.
 

Fine. 
 

  
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