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Autore: _hurricane    19/07/2011    3 recensioni
Poteva quasi sentire lo sguardo divertito del suo maggiordomo alle sue spalle, ma decise di ignorarlo per concentrarsi sulla vista che aveva davanti.
Piccole mani pallide che si univano a coppa per alzare l’acqua verso il cielo.
Capelli neri come l’oscurità del suo cuore, ma di un nero diverso, luccicante sotto il sole del mattino.
Occhi grandi, sinceri e speranzosi rivolti verso di lui.
E il sorriso ingenuo di chi non sa ancora quanto sia triste il mondo.

[scritta per il contest "One shot dell'estate" indetto da EFP]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Ricordami ancora una volta perché lo sto facendo, Sebastian.”

“Perché la Regina tiene molto a suo nipote, e vuole che passi l’estate nella magione più bella e tranquilla della campagna inglese, signorino.”

“Dubito che la riterrebbe tale se sapesse che dentro ci vive qualcuno come te” concluse Ciel roteando la pupilla dell’unico occhio visibile.

Il suo maggiordomo accennò un sorriso divertito e gli versò dell’altro tè, per poi posizionarsi in piedi dietro la sua sedia, senza aggiungere una parola.

Il piccolo lord ne sorseggiò un po’, poi riprese a guardare dritto davanti a sé, scrutando i prati della sua tenuta che si stagliavano quasi a perdita d’occhio sotto il sole di luglio.

In effetti, in quel preciso istante sembrava davvero un posto sereno, bello, tranquillo e…

“Cieeeeeelllllllll!”

Era il suo nome, pronunciato in un tono e con una lunghezza decisamente familiare, ma da una voce diversa.

Ciel si voltò, la tazzina ancora in mano, giusto in tempo per vedersi arrivare letteralmente addosso un bambino dai folti capelli neri e la carnagione chiarissima.

Entrambi caddero sul prato verde, capovolgendo la poltrona bordeaux sul quale stava seduto fino a pochi secondi prima.

“Lawliet, quante volte ti ho detto che non devi saltarmi addosso all’improvviso?!” sbraitò il giovane Conte mentre si rimetteva in piedi, cercando di ripulirsi l’abito dalle gocce calde che vi erano finite sopra, ma senza grandi risultati.

Il bambino si alzò e si fece più piccolo di quanto non fosse, stringendosi nella sua maglia bianca e sformata che, per motivi che sfuggivano al resto del mondo, si ostinava a non voler cambiare. Rimase in silenzio, lo sguardo fisso sui suoi piedi nudi.

“Signorino, se posso, non credo sia decoroso rivolgersi al nipote di Sua Maestà con questo tono” azzardò Sebastian mentre sistemava la poltrona nella giusta posizione.

Come previsto, ricevette uno sguardo truce dal suo padrone.

“Tanto per cominciare, vorrei sapere dov’eri un attimo prima che mi travolgesse, visto che sarebbe tuo dovere proteggere la mia incolumità.”

“Chiedo scusa, non credevo che il contratto includesse salvarla anche da un bambino della metà dei suoi anni, signorino.”

“Quanto siamo spiritosi oggi” concluse Ciel a denti stretti, prima di sedersi di nuovo sulla sua poltrona. Si strinse l’attaccatura del naso tra due dita e inspirò profondamente, prima di riprendere a parlare.

“Allora Lawliet, cosa c’è?”

“Io… volevo fare merenda… con te” disse esitante il bambino, gli occhi scuri semi-nascosti dalle ciocche ribelli di capelli.

“E che cosa vorresti mangiare?”

“Ciambelle, e pasticcini e… una torta alle fragole e… e…”

Si portò il pollice all’angolo delle labbra e ci penso un po’ su, poi concluse: “E qualcosa a forma di orsetto!”

Ciel ricacciò indietro il sorriso che stava per delinearsi sul suo volto, appoggiando il gomito al bracciolo della sedia con finta aria seccata.

“Sebastian” disse semplicemente, prima di sentire un fruscio dietro di lui che si ripropose quando il maggiordomo tornò nel giro di pochi minuti, con un carrello pieno di delizie.

Il bambino vi si fiondò sopra senza tanti complimenti, prendendo un piatto e iniziando a riempirlo dei più svariati cibi iper-calorici.

Poi si arrampicò sulla poltrona che Sebastian aveva aggiunto al di là del tavolino da tè – di cui Ciel non si era nemmeno accorto – e vi si sedette sopra con le ginocchia strette sotto il mento, e il piatto su di esse.

Nonostante avesse detto di voler fare merenda con Ciel, non sembrò per niente infastidito dal fatto che lui non avesse preso nulla dal carrello, anzi, forse non se ne accorse nemmeno.

Il Conte rimase semplicemente a scrutarlo dall’altro lato del tavolo, il mento poggiato sul palmo della mano, riconoscendo in quei modi, seppur molto strani per un bambino, la sua vecchia e ormai perduta innocenza infantile.

Si perse nei ricordi così a lungo da non rendersi conto che Lawliet aveva già finito di mangiare.

“Adesso facciamo il bagno!” disse dopo aver ripulito il piattino dalle molliche.

Ciel tornò alla realtà e lo guardò con aria interrogativa.

“Il bagno? E dove?”

“Nella fontana!” rispose il bambino, come se fosse la risposta più ovvia del mondo.

Senza aspettare una risposta, scese giù dalla sedia e raggiunse la sua. Allungò una mano verso il suo braccio, invitandolo a seguirlo.

Ciel roteò la pupilla e lo assecondò con aria riluttante, alzandosi in piedi e inclinandosi leggermente per lasciarsi guidare.

Arrivarono alla fontana bianca che si trovava all’ingresso della sua tenuta, Sebastian pochi passi dietro di loro solo per il piacere di godersi la scena e scoprire se il suo signore sarebbe stato in grado di provare del puro e sano divertimento.

Ovviamente non fu così.

Ciel convinse Lawliet che non si poteva fare il bagno subito dopo aver mangiato, perché faceva male alla salute. Quando il bambino replicò che lui non aveva mangiato – cosa sorprendente, visto che non aveva alzato gli occhi dal suo piatto – il Conte dovette arrendersi e concedergli un “Mi siederò sul bordo per guardarti.” E così fece.

Si tolse le scarpe e si sedette sul bordo di marmo levigato, immergendo i piedi nell’acqua fresca.

Poteva quasi sentire lo sguardo divertito del suo maggiordomo alle sue spalle, ma decise di ignorarlo per concentrarsi sulla vista che aveva davanti.

Piccole mani pallide che si univano a coppa per alzare l’acqua verso il cielo.

Capelli neri come l’oscurità del suo cuore, ma di un nero diverso, luccicante sotto il sole del mattino.

Occhi grandi, sinceri e speranzosi rivolti verso di lui.

E il sorriso ingenuo di chi non sa ancora quanto sia triste il mondo.

Decise che forse poteva farlo davvero. Ospitare quel bambino per il resto dell’estate.

Certe volte lo detestava, per esempio quando gli saltava addosso senza preavviso o quando si svegliava in piena notte a cercare cose da mangiare nella dispensa, finendo puntualmente per svegliare anche lui a causa del rumore.

Senza contare il fatto che era la persona più strana e trasandata che avesse mai visto, il che la diceva lunga visto che aveva a che fare con l’ambiente dei bassifondi londinesi tutti i giorni.

Ma Lawliet era un nobile, era di sangue reale. Perché la Regina Vittoria non faceva nulla al riguardo? Perché gli veniva concesso di vivere come un bambino qualsiasi, senza preoccuparsi delle buone maniere o di come vestirsi?

Ciel sapeva che non sarebbe stato così per sempre. Prima o poi Lawliet avrebbe dovuto affrontare doveri e responsabilità, e chissà, magari lui si sarebbe persino ritrovato a lavorare alle sue dipendenze.

Si chiese se sarebbe rimasto ancora così spensierato, quando altre persone avrebbero iniziato a dirgli che cosa fare. Come stare seduto, come mangiare, come rivolgersi agli altri.

Molto probabilmente avrebbe perso la gioia che aveva negli occhi.

Ma in fondo c’era ancora tempo. Lui poteva concedersi di restare lì, con i piedi nell’acqua, a guardare il fantasma della sua infanzia perduta ridere e indicare le nuvole, e chissà, magari quel bambino sarebbe davvero riuscito a rallegrare la sua estate.

   
 
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