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Autore: lalla124    19/07/2011    4 recensioni
'Era intenta a mettersi lo zaino sulla spalla, perciò non si accorse dei miei occhi sbarrati. Bella? Bella?! O mio Dio. Era peggio dell’orribile. Bella! Se mi fossi chiamata Isabella non mi sarei mai, mai, fatta chiamare Bella! Bella! Mi sarei fatta chiamare Lisa, oppure ancora meglio Easy, ma Bella no!'
Questa è una mia nuova fanfic basata su un'idea che mi era venuta già l'anno scorso. Racconta gli ultimi tre libri della saga dal punto di vista di un nuovo e strano personaggio (non fatevi ingannare dal titolo) che si trasferirà a Forks insieme a una famiglia fuori dal normale. Rimarrò piuttosto fedele al libro, ma d'altra parte ci saranno anche grossi stravolgimenti! È un esperimento che ho provato a fare e spero tanto che vi piaccia. Buona lettura!
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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Venticinquesimo Capitolo

 

Venticinquesimo Capitolo

 

Il giorno dopo a svegliarmi fu un dolore allucinante al braccio. Senza aprire gli occhi, ancora mezza addormentata, cercai di muoverlo, ma senza risultati. Era come se non ce lo avessi più. Decisi allora di aprire gli occhi, per verificare che brutta fine avesse fatto. Ancora scombussolata, notai che si trovava sotto la mia testa: molto probabilmente, senza rendermene conto, lo avevo usato come cuscino, in assenza di un immediato sostituto. Seccata lo presi con l’altra mano e lo misi sul fianco. Un tremendo formicolio mi invase tutto l’arto superiore destro. Che orribile sensazione.

Innervosita da quella brusco sensazione, decisi di svegliarmi del tutto. Aprii del tutto gli occhi e i pochi e tenui raggi di sole che filtravano dalla tapparelle mi permisero di capire che non mi trovavo affatto nella mia stanza. Improvvisamente sentii un bisbiglio ed ebbi allora un sobbalzo nel sentire che accanto a me cerca qualcun altro che si muoveva.

Tempo due secondi, e capii di trovarmi in camera di Bella. Mi trovavo ai piedi del suo letto, accovacciata come se fossi il suo gatto, mentre sentivo il respiro della mia amica che dormiva. Mi tirai su a sedere e constatai felicemente che oltre al braccio che continuavo ancora a non sentire la schiena non si trovava in stati migliori. Cercai di distenderla il meglio che potevo e sentii tutte le vertebre scroccare rumorosamente.

Bella riemerse da sotto le coperte, mentre si stiracchiava anche lei, tirandosi indietro i capelli.

“Buongiorno” mormorai con la voce rauca.

“Oggi proprio non ci sta” brontolò lei, stropicciandosi la fronte. Io sorrisi per la sua risposta.

“Fidati, sarà come togliersi un cerotto” le ripetei io “E scommetto che alla fine ti divertirai almeno un pochino. Cavolo, chi non si divertiva al proprio matrimonio! Lei rimuginò qualcosa, scontrosa.

“Hai dormito bene?” chiesi allora, per cambiare discorso.

“Per niente” mi rispose lei “Strani sogni” tagliò corto. Io rimasi un attimo in silenzio prima di parlare.

“C’entra qualcosa la conversazione di ieri?” chiesi titubante.

Anche” rispose lei svelta. Passarono ancora alcuni secondi prima che io le parlassi.

“Scusami, Bella. Non sarei dovuta venire da te ieri notte a farti quei discorsi” mi scusai, sentendomi ancora in colpa. Lei sbuffò.

“No, figurati. Anzi, mi sono serviti da lezione” cercò di minimizzare lei. Aprii bocca per risponderle che farlo in un momento in cui era già abbastanza tesa non era la cosa migliore da fare, quando il rumore di qualcosa che ripetutamente sbatteva contro il vetro mi zittii. Quel rumore si ripeté ancora un paio di volte.

“Oh, questo dev’essere sicuramente Edward” Senza rendersene conto, Bella balzò dal letto alla velocità di una gazzella inseguita da un leone, per andare immediatamente ad aprire la finestra. La luce del sole che entrò mi obbligò a chiudere gli occhi.

“Buongiorno, Bella” disse una meravigliosa voce che non mi aspettavo di sentire “Mi dispiace tantissimo di averti disturbata, cara” disse terribilmente dispiaciuta.

“Oh, no, non fa niente, tanto eravamo già sveglie” rispose Bella, dispiaciuta che non fosse Edward. Io mi alzai di scatto dal letto e mi avvicinai alla finestra, mentre assonnata mi stropicciavo gli occhi. Vidi allora la mia mamma strepitosa aggrappata senza alcuna fatica alla finestra della camera da Bella.

“Mamma, cosa ci fai qua?” chiesi sorpresa. Con un elegante balzo fu subito dentro.

“Dobbiamo prepararti per il matrimonio, Abi” mi spiegò lei con tono meravigliato, come se fosse un qualcosa di lampante. “Ti ricordi che sei la damigella d’onore, giusto?” Passai una mano sulla fronte.

“Ah, già” mormorai al limite della sconsolazione “Grazie mille, Bella, per l’incarico” aggiunsi poi. Bella accanto a noi alzò le mani in segno di resa.

“Non guardare me! Ha fatto tutto Alice!” Il mio sguardo guizzò su di Bella. Cosa? Alice mi aveva detto che era stata Bella a dirle che voleva fossi io la damigella! Ma allora… era stata tutta una messa in scena di Alice!

“Forza, Abi, salta su. Non c’è molto tempo” mi mise fretta mia mamma, entusiasta come un bambino al parco giochi all’idea di questo matrimonio. 

“Mamma, è l’alba. Il matrimonio sarà questo pomeriggio” le feci notare scettica.

“Appunto” rispose lei, ancora con quel fastidiosissimo tono da evidenza “Suppongo che tu non ti sia vista, giusto? Ci sarà molto lavoro da fare.” La guardai stupita per quello che aveva appena detto. Mi ricordava molto i discorsi isterici di Alice.

“Ti sei fatta influenzare troppo da Alice o è una mia impressione?” Lei fece spallucce, stampandosi un sorriso da innocentina sulle labbra. 

“E’ che i matrimoni mi esaltano tantissimo” rispose semplicemente. Non s’era proprio capito. Mamma cambiò allora subito discorso, spostando l’attenzione su Bella, la persona che, purtroppo per lei, sarebbe stata servita e riverita quel giorno.

“Hai dormito bene, Bella” chiese mamma con tono zuccherino. Bella, senza alcun apparente motivo, arrossì leggermente, come faceva spesso, d’altronde.

“Non molto” rispose lei, ancora con la voce roca dal sonno.

“Sì, si vede. Hai delle occhiaie terribili. Alice non ne sarà contenta” constatò mamma esageratamente preoccupata, dopo averle dato una veloce e approfondita scansione.

“Già” mormorò sconsolata lei, all’idea di trascorrere un divertentissimo pomeriggio sotto le mani di Alice.

“Oh, Bella!!” scoppiò allora mamma, buttandole le braccia al collo. Sobbalzai per quell’atto troppo veloce ed inaspettato e così fece anche Bella. Quando mamma se ne accorse, si staccò subito, limitandosi a cingerle le spalle.

“Oh, scusami, Bella” disse, guardandola con un sorriso smagliante negli occhi

 “Anche se adesso ti sarà difficile crederlo, questa sarà un’esperienza meravigliosa, che non dimenticherai tanto facilmente.

“Vorrei che fosse come dici tu, Sophie” mormorò Bella, ancora provata per quel repentino contatto inaspettato.

“Lo sarà, vedrai” disse sfiorandole la punta del naso in atto giocoso. “Come sono contenta per te, Bella” disse mielosa per l’ennesima volta, evitando questa volta di abbracciarla. Bella non riuscì a trattenersi dal fare una smorfia, che in realtà doveva essere un sorriso, mentre guardavo esasperata il soffitto, in attesa che finisse l’esuberanza di mamma.

“Stai tranquilla, Bella” disse per l’ultima volta. “Abi, dai, su, che non c’è tempo. Io sobbalzai per il richiamo. Manco fossi un cagnolino. Nonostante preferissi restarmene a dormire ancora un po’ e pensassi che fosse una esagerazione assurda introdurmi all’inferno della preparazione del matrimonio all’alba, mi arrampicai sulla schiena di mamma.

“A dopo Bella” esclamò entusiasta mamma.

“A dopo” rispose lei.

“Ciao” mormorai invece io, non proprio al massimo della gioia, mentre l’attimo dopo mamma si lanciò dalla finestra.

 

Sentii per al massimo alcuni secondi la sensazione del vento che sferzava il mio viso, che eravamo già arrivati davanti a casa. Io scesi dalla schiena di mamma con malavoglia, al solo pensiero di quello che avrei dovuto affrontare, mentre non smettevo di sbadigliare dal sonno.

“Oh Abi, non fare così! Vedrai che sarà divertente” esclamò di nuovo esuberante. Io la guardai truce, non trovandoci proprio niente di divertente. Mamma allora sbuffò.

“Non fare la guastafeste!” mi ammonì lei, spingendomi verso l’interno della casa. “Almeno fingi di divertirti. Almeno così non rischi di contagiare l’umore di Bella” Feci nuovamente un respiro profondo, dovendo alla fine dare ragione a mamma. Dovevo dare prova di tutte le mie arti recitative, perché in questa occasione più che mai ce ne sarebbe stato il bisogno.

Aprii dunque la porta di casa Cullen, pronta ad affrontare l’insopportabile. Rimasi totalmente pietrificata davanti allo spettacolo che mi si pone davanti. Ogni cosa era ricoperta di nastri di tulle, ghirlande di boccioli bianchi, raso bianco ed una quantità innaturale di fiori di arancio, lillà, fresie e rose dappertutto. E non avevo ancora visto il retro, dove si sarebbe svolta la cerimonia. Tutto preannunciava un matrimonio elegante fatto alla grande. Io sbuffai nuovamente alla vista di quella sfarzosità: ovviamente Alice non aveva badato a spese.

Come farlo apposta, non appena pensai ad Alice, ecco che si materializzò davanti a me.

“Eccoti finalmente!” mi disse con quel dannato tono isterico che aveva da ormai due giorni. “Devi prepararti immediatamente” mi ordinò quel folletto. Senza troppe cerimonie, mi prese per il polso e mi trascinò fino ai piani di sopra, con una mamma tutta elettrizzata dietro di me.

“Alice, è l’alba! Non ti sembra di esagerare?” le feci notare io, un po’ irritata per essere trattata come una bambola di prima mattina. Alice si fermò di botto guardandomi truce. Quello sguardo mi impedì di proferire parole e mi fece pentire del commento che avevo appena detto. Lei si limitò a sfoderarmi un sorrisino, uno di quelli perfidi e malvagi tipici di Alice nelle sue crisi isteriche, che minacciavano guai seri nel caso in cui i suoi ordini sarebbero stati contraddetti. La sua attenzione si spostò sua mamma, senza più badare a me.

“Posso lasciarla nelle tue mani?”

“Senza alcun problema” rispose sicura mamma.

“Bene” rispose Alice, con l’autorità di un generale, per poi subito sparire chissà dove. Io guardai curiosa mamma, mentre mi portava nella camera sua e di papà.

“Alice?” chiesi dubbiosa. Ero assolutamente sicura che ad occuparsi di me sarebbe stata quel demonio di Alice.

“Deve occuparsi di Bella, quindi non ha molto tempo per sistemare te. Quindi ci penserò io” mi disse in un sorriso. Feci un lungo respiro di sollievo. Mi ero già costruita mentalmente tutto un film sulle orribili torture di Alice, quindi fui felicissima all’idea che a mettere mani su di me sarebbe stata mamma, che aveva un tocco decisamente più delicato.

Non appena entrai sobbalzai alla quantità di trucchi e creme tutte per me che era disposte sull’enorme bancone.

“Siediti, forza” mi invitò mamma, riferendosi ad una poltrona, più che ad una sedia. Io a malincuore obbedii e, chiudendo gli occhi, lasciai che mamma iniziasse.

“Verrai strepitosa, vedrai” mi confermò mamma.

“Sì, come no” ribadii immediatamente io. “Come se lo potessi essere, vicina a te” Mamma sbuffò infastidita.

Quando avrò finito ti farò rimangiare questa frase, e con gli interessi” mi avvertì mamma, mentre continuava imperterrita nella sua opera. Trattenni l’ennesimo sbuffo, pensando a come in realtà era del tutto inutile curare il mio aspetto fisico per una cerimonia di mezza giornata. Mentre ero in preda di queste mie riflessioni non molto ottimiste, sentii mamma canticchiare.

“Mamma, non riesco davvero a capire il motivo per cui sei così euforico per questo matrimonio” brontolai, esasperata dalla sua allegria che non mi contagiava affatto.

“Insomma, lo sai come la penso del matrimonio, no? E’ l’atto di amore che unisce due persone, per quanto formale sia, e che dà l’occasione alle persone care di partecipare a questo amore” mi rispose semplicemente, continuando a spalmarmi creme e cremine. “E poi sai che adoro vedere persone innamorate.

 All’udire questa particolare frase mi irrigidii e finalmente riuscii a uscire dalla mia prospettiva di totale rigetto per la cosa ed immedesimarsi nei suoi panni. Mamma, da quando la conoscevo, era sempre stata una persona con un grande bisogno di ricevere amore. Non mi aveva mai parlato molto della sua vita umana, che d’altronde non si ricordava chiaramente neppure lei, ma da quel poco che sapevo non era stata affatto una vita da rimpiangere, bastava solo prendere in considerazione che fine aveva fatto quell’obbrobrio di uomo che l’aveva messa incinta. Pertanto, come risultato di queste esperienze, mamma aveva cominciato a sviluppare una forte attrazione per l’amore: non solo riceveva e dava tutto il suo amore a me e a papà, ma si sentiva particolarmente coinvolta in qualsiasi forma d’amore. Molto spesso, infatti, la vedevo commuoversi davanti ad un film romantico, o soffermarsi ad osservare una mamma che sorrideva al proprio bambino incontrati per strada. Poteva essere scambiata sicuramente per una romanticona con troppe fantasie in testa, per chi non la conoscesse. Ed egoisticamente quella volta anch’io l’avevo per un attimo considerata come una romanticona piena di fantasia. Decisi allora, non solo per compiacere Bella, ma anche mamma, di sforzarmi di prendere seriamente questo matrimonio e svolgere in modo impeccabile il mio ruolo di damigella, iniziando prima di tutto a sopportare in silenzio questa tortura.

Mi lasciai allora trasportare dalle dita di mamma, che veloci mi massaggiavano le guance con qualcosa di liquido e cremoso. Questa dolce sensazione mi spinse a rilassarmi del tutto e a recuperare le ore di sonno perdute. Stavo quasi per addormentarmi, quando una domanda mi sorse improvvisamente spontanea.     

Perché non ti sei mai sposata con papà?” mormorai io nella beatitudine del suo massaggio, ma con viva occasione. Sapevo infatti che mamma e papà non si erano mai sposati, ma non avevo mai realmente preso in considerazione il motivo questa scelta, visto che i miei genitori si amavano come se lo fossero già da tempo.

Bhè, diciamo che non c’è mai stata occasione, con una piccola umana a cui badare” mi rispose lei senza un minimo di esitazione nella voce. “E poi non conoscevamo troppe persone da invitare”

“Ma adesso che la piccola umana è cresciuta e può pensare a stessa. Inoltre, adesso conosciamo un po’ più di persone da poter invitare” replicai io con fermezza. “Oltre ad avere un’ottima organizzatrice di matrimoni.

“Stai forse dicendo che saresti in grado di sopportare tutto questo un’altra volta?” domandò lei in tono ironico. Ci pensai su prima di rispondere.

Mmhh…. Per voi lo farei volentieri” Sentii la sua risata cristallina risuonare.

“Ti ringrazio per sacrificarti in questo modo per noi” continuò, ridendo. “Ma preferirei di gran lunga ora come ora assistere al tuo di matrimonio” disse senza rendersi conto di quello che diceva. Sentì le sue mani fredde fermarsi e scivolare via dal mio viso. Quella affermazione fu più che sufficiente per creare un’atmosfera di gelo: da un po’ di anni a questa parte, infatti, il mio futuro remoto era diventato un argomento piuttosto tabù. Aprii gli occhi lentamente. Vidi mamma osservare il pavimento in uno stato di avvilimento eccessivo, rispetto alla gioia che emanava prima, mentre le braccia le scendevano lungo i fianchi. Da quando ci eravamo trasferiti a Forks, per un problema o per l’altro non si era mai creata l’occasione di pensare a quella cosa.

“Oh, Abi, per quanto mi sia sforzata fino ad adesso di non pensarci, io…” mormorò con tono rotto. Io feci un respiro. Odiavo vedere mamma così. Ma d’altronde, se mi fossi trasformata, sarebbe stata molto peggio…

“L’uccellino deve abbandonare il nido prima o poi…” dissi, pronunciando per l’ennesima volta la frase che più sintetizzava il mio futuro e che troppe volte avevo detto e sentito.  “Mamma, è giusto così. Non puoi stare accanto a me per sempre. Le mamme di qualsiasi specie lasciano i loro piccoli” continuai con un tono di voce tranquillo e contenuto, convinto di quello che diceva.

“Lo so, lo so” continuò lei, alzò lo sguardo verso di me. Gli occhi era lucidi e a quella vista fu come se qualcuno mi stringesse il cuore. “Ma tu sei una rinuncia troppo grande, Abi. Chiusi gli occhi, incapace di resistere a quello sguardo.

“Anche tu lo sei per me, mamma” mormorai inconsciamente. Sentii allora le sue forti braccia fredde, in grado di spezzare la colonna vertebrale di un grizzly, leggere attorno a me.

Abi, Abi” mormorò ancora con la voce roca. Io mi staccai subito da quell’abbraccio che mi avrebbe ben presto portato alle lacrime. Non era ancora tempo per questo genere di commozioni.

“Su, bando alle ciance!” dissi con tono più esuberante possibile, per distrarre mamma e farla concentrare nuovamente su questo matrimonio. “Hai ancora tanto lavoro da fare, no?” Mamma mi fece un sorriso timido e titubante, ma riuscii nel mio intento.

“Hai ragione” disse non del tutto convinto, rimettendosi a spalmarmi creme.

 

Abi? Svegliati su!” Qualcosa di freddo sul collo mi obbligò ad aprire gli occhi improvvisamente. Davanti a me c’era il sorrisone a trentadue denti di mamma.

Sei magnifica, Abi” Sorpresa, il mio sguardo guizzò sui miei capelli, che ricadevano sulle spalle in boccoli impeccabili con un eccessivo profumo di lacca.

“Già fatto?” esclamai esterrefatta, ripensando alle due ore che ci aveva impiegato Alice. Mamma mi guardava compiaciuta.

“Sì. Hai dormito per tre ore. È stato piuttosto facile, senza le tue lamentele” Io trattenni un sorriso.

“Scommetto che adesso inizierai a truccarmi la notte per il giorno dopo” Lei rise

“Potrebbe essere un’idea” replicò, accucciandosi “Ora guarda verso di me, ti devo da una sistemata agli occhi” obbedii e ci impiegò al massimo due minuti per mettermi non so che cosa sugli occhi.

“Perfetto” Mi lanciò un sorrisone “Ora sei perfetta.” Stavo per girare la sedia e guardarmi allo specchio, quando mamma mi bloccò.

“No, no, no! Prima ti devi mettere il vestito. Mi fu impossibile non fare una smorfia, ma mi feci trasportare da mamma senza alcun problema. Mamma scomparì ed un attimo dopo comparve di nuovo con in mano un appendino ed il fantomatico vestito sbrilluccicoso. Senza lamentarmi troppo, iniziai a svestirmi ed indossai il vestito. Non appena ebbi tirato su la zip, come se fosse stato una sorta di richiamo, entrò un’Alice alquanto agitata. Indossava il medesimo mio vestito – a lei, ovviamente, stava molto meglio – ed i capelli erano raccolti in una complicata acconciatura, che la facevano sembrare molto più un folletto. Tremavo all’idea che quello che avesse fatto mamma non andasse affatto bene e che era necessario fare tutto da capo. Ciononostante, non appena mi guardò il suo viso si rilassò e sfoderò un grande sorriso. Guardò compiaciuta mamma.

“Hai fatto davvero un ottimo lavoro, Sophie. Davvero stupefacente. Non avrei saputo fare di meglio. Mamma ricambiò il sorriso, guardando nuovamente il suo prodotto con orgoglio, mentre io avevo tutte le intenzioni di tirare un sospiro di sollievo. Tuttavia, mi si bloccò in gola quando Alice, da non so dove, tirò fuori un paio di trampoli argentati.

“Deve riuscire a camminarci entro l’inizio della cerimonia. Dici che riuscirà a farcela?” chiese Alice a mamma, senza degnarmi di uno sguardo. Mamma fece spallucce.

“Non lo so. Possiamo provare” rispose dubbiosa mamma. Scu-scusate?! Dov’erano finite le ballerine?!?!

E le ballerine?” riuscì a dire io. Alice mi lanciò un’occhiataccia, come se fosse infastidita di averla interpellata.

“Stoni con le ballerine” si limitò a dire lei autoritaria. Io aprii bocca per replicare, ma Alice mi anticipò.

“Mi fido di te, Sophie” disse a mamma, affidandole le scarpe. “Io vado a occuparmi di Bella”

“Vedrò quel che posso fare, Alice” le rispose prendendole con cura. Dopo aver fatto un cenno autoritario, Alice se ne andò. Io mi voltai lentamente verso mamma, guardandola basita. Lei ricambiò il mio sguardo, facendo spallucce e facendo cenno alle scarpe.

“Ma stiamo scherzando?!?!” proruppi allora io, infastidita per non essere stata minimamente interpellata di niente.

“Alice ha ragione, tesoro” cercò di convincermi mamma “Sei l’unica damigella con le ballerine. E stoni tantissimo.” Io feci un respiro profondo, tentando di calmarmi, ma inutilmente, scoppiai lo stesso.

E chi se ne frega!” esclamai io. Inviperita, tentai di afferrare la lampo dietro al schiena, con tutte le buone intenzioni di togliermi quel vestito e ammutinarmi. C’era un limite a tutto e questo era davvero troppo. Il trucco ed il vestito potevo accettarlo, ma fare la passerella con quelle scarpe, non si parlava nemmeno.

Abi, Abi” Mamma veloce afferrò le mie mani e le bloccò. “Almeno prova, cosa ti costa?” Io la guardai truce.

“Costa la salute dei miei piedi! Ecco cosa costa!” tentai di liberarmi dalla presa, ma inutilmente.

“Senti, facciamo un patto, tu impegnati, se non ci riesci, convincerò Alice a darti le ballerine”

“Il punto è, mamma, che non ho nessuna intenzione di impegnarmi!” sbottai io. Mamma sbuffò.

Abi, dovrai prima o poi imparare a usare le scarpe col tacco, no?”

“Meglio poi che prima!” continuai cocciuta io. Lei allora mi sfoderò i suoi occhioni dolci, che puntualmente mi ricordarono che se non lo volevo fare per me o per Bella, avrei reso fatto contenta la mia super mamma. Così quegli occhioni furono sufficientemente potenti per convincermi almeno a provare. E feci l’ennesimo sbuffo della giornata.

 

Io e mamma andammo a provare direttamente dietro casa, dove si sarebbe svolta la cerimonia, lungo il tappeto bianco che portava all’altare e che non appena lo vidi mi sembrava non finire mai. Ovviamente anche tutto l’esterno era pieno di nastri bianchi, fiori profumati e cose così.

Fino a quel momento avevo sempre pensato che fare la damigella comportasse unicamente camminare in linea retta tenendo in mano un mazzo di fiori, e fin lì tutti erano bravi a farlo, ma non avevo per nulla preso in considerazione alcuni importanti fattori, come per esempio un centinaio di occhi puntati verso di me, l’inaspettato pericolo di inciampare, ipotetici e disorientanti flash delle macchine fotografiche. E adesso c’erano anche le scarpe. Oh no.

“E’ davvero stupendo!” esclamò estasiata mamma, che non ci stava più nella pelle. L’osservai e sorrisi involontariamente. La rendeva davvero felice assistere ad un matrimonio, sebbene non fosse neppure suo. Anche perché, pensandoci bene, doveva essere la prima volta della sua esistenza da vampiro, se non sbagliavo. Per un attimo la sua allegria riuscì alla fine a contagiarmi e a convincermi a fare un piccolo sforzo per renderla ancora più felice. Mi sedetti su una delle centinaia di sedie che c’erano, pronta a farmi infilare le scarpe.

“Forza, fuori il dente, fuori il dolore” la richiamai allora io alla realtà. Lei si riscosse un attimo per poi dedicarsi a me.

“Sì, certo” disse lei svelta e spaesata. Chissà a cosa stava pensando, mentre guardava quell’immenso spiazzo.

Tempo cinque secondi e mi aveva già legato ai piedi quegli orribili trampoli. Feci un respiro profondo e mi alzai. Subito barcollai, instabile. Caspita, quant’era alto il mondo da lassù! Dovetti immediatamente appoggiarmi a mamma. Lei in un baleno mi raddrizzò. Sentii già da subito i piedi farmi male.

“Mamma, toglimele” mormorai, aggrappandomi a lei nuovamente. Mamma sbuffò.

Abi! Non è un’impresa sovraumana!” ribadì lei. Prese nuovamente le mie braccia e mi ristabilizzò. Riuscii a farmi trovare l’equilibrio, almeno se stavo ferma.

“Coraggio, cammina!” mi esortò lei. Io la guardai dubbiosa.

“Come si fa?” mormorai impaurita. A quel punto mamma capii che da sola non sarei riuscita a muovere un passo. Quindi mi prese a braccetto e mi esortò nuovamente ad andare avanti.

“Tacco, punta, tacco, punta. Non è difficile!” Cercai allora di seguire i suoi consigli. Durante i primi passi continuai a perdere l’equilibrio, ma dopo un po’ riuscii a farli senza problemi. Mi sentii soddisfatta ed orgogliosa di me stessa all’idea di non essermi fatta battere da un paio di trampoli qualunque, anche se sentivo i piedi pulsare.

“No, non va bene, Abi” Come non detto. “Non devi arrancare, devi camminare!” Io la guardai dubbiosa. Perché, non andava bene anche solo riuscire ad andare avanti?

“Devi muovere i fianchi!” Io la guardai ancora più dubbiosa. Ecco, muovere i fianchi. Lo stava chiedendo alla persona sbagliata. Tentai di fare anche quello, ma l’inesperienza non aiutava affatto.

“Di più, Abi, muovili di più! Non avere paura di essere scambiata per una ragazza!” continuò mamma, con tono ironico. Io la fulminai con lo sguardo lanciandole un’occhiataccia. Non era esattamente il momento per fare dell’ironia. Ciononostante, a metà del percorso, riuscii a strappare da mamma un complimento.

Non appena terminai quella cavolo di passerella ed arrivai all’altare, mamma non mi diede neppure un secondo per esultare, che dovetti nuovamente tornare indietro. Dopo altri due minuti di quella prova, i miei ormai mi facevano così male che neppure li sentivo. Orami mi ero fatta prendere del tutto ed osservare serissima il pavimento, cercando di non cadere e di mantenere il ritmo che avevo acquistato. Quindi era normale il sobbalzo che feci alla vista di un flash. Osservai davanti a me, sorpresa. Vidi papà con in mano la sua macchina fotografica di ultima generazione guardarmi con un sorriso orgoglioso.

Io alzai gli occhi esasperata. Ovviamente dovevo prevederlo, che papà, con la sua passione per la fotografia, non perdesse l’occasione per scattare un bel po’ di foto. Almeno i Cullen avrebbero risparmiato con il fotografo, seppure nel loro caso non fosse necessario.

“Sei meravigliosa, Abi” mi disse in un tono del tutto estasiato. Come se lui nel suo smoking grigio fumo non facesse un figurone.

Anche tu sei un bel pezzo di gnocco, papà” gli risposi sfoderando tutta la mia classe.

“Molto fine, come sempre, vedo” mi sottolineò lui. Io in risposta gli feci una linguaccia.

“Sei arrivato giusto in tempo, Will” comunicò mamma, con voce sempre più entusiasta, mano a mano che si avvicinava l’ora “x”. “Puoi aiutare tu Abi? Devo ancora andare a prepararmi”

“Certo” rispose papà, stranamente entusiasta.

“Bene” diede conferma mamma. Mi appigliai allora al braccio di papà, mentre mamma si volatilizzava. Papà ricambiò la mia stretta, guardando leggermente confuso.

“Dimmi, esattamente cosa devi fare?” Io sbuffai. Ancora.

“Devo imparare a camminare consti cosi per la cerimonia, perché secondo quella pazza di Alice stono se metto delle ballerine” borbottai seccata. Papà trattenne un sorriso.

“Così però sei più bella, sai?” mi sussurrò papà all’orecchio, come sostegno. Io grugnii.

“Certo” risposi ironica. Papà sorrise sotto i baffi.

Eravamo a metà del secondo giro e mi sembrava di andare piuttosto bene.

“Pensavo fossi peggio a camminare con i tacchi, sai? Mi stupisci” osservò papà. “Solo che dovresti muovere di più i fianchi. Sei troppo rigida”

“Non avrei mai detto che proprio tu mi avresti detto di muovere di più i fianchi” gli feci sottolineare io. Papà fece spallucce, trattenendo un sorriso.

“Hai ragione”

D’un tratto, Emmett e Jasper spuntarono dal salotto, ovviamente vestiti in maniera impeccabile anche loro. Stavano portando ancora altri vasi di fiori da disporre. Come se quelli che già c’erano non bastassero già. Mi domandavo dove li avrebbero messi, visto che ormai non c’era più posto. Evidentemente anche loro non erano sfuggiti dalle grinfie di Alice, che li aveva soggiogati a dei burattini.

Speravo tanto che facessero quello che dovessero fare senza prestarmi troppa attenzione, ma me lo dovevo aspettare che non sarebbe andata così. Emmett, come sarebbe stato normale, non iniziò neppure a disporre quei cavoli di fiori bianchi che si immobilizzò a guardarmi dapprima curioso, per non riuscire a trattenere un sorriso subito dopo. Cercai di fare finta di nulla, ma quel suo comportamento da cretino mi irritava e mi distraeva.

Cosa stai tentando di fare, scusa?” mi chiese curioso e divertito, facendosi vicino.

“Camminare, se non si nota” borbottai irritata. Lui allora scoppiò a ridere.

“Se ce la faccio io, allora non vedo perché tu non puoi riuscirci. E detto questo iniziò a camminare velocemente, muovendo esageratamente i fianchi in un atteggiamento preoccupatamente femminile. Io mi abbattei ancora di più vedere Emmett fare quello che avrei fatto io molto meglio, questo bisognava dirlo. Doveva essere lui la damigella d’onore.

Fu allora che, troppo innervosita, misi male il piede e di sicuro sarei caduta come una pera, se mio padre non fosse stato tanto accorto da trattenermi. Di conseguenza, com’era ovvio, Emmett iniziò a sganasciarsi dalle risate, mentre io diventavo rossa come un peperone dall’imbarazzo.

Emmett, così non l’aiuto” intervenne mio padre in mia difesa.

“Sei un fascio di nervi” intervenne allora Jasper, che, a differenza di suo fratello, era molto più discreto e si era limitato a svolgere il compito affidatogli da Alice senza notarmi. “Devi stare più tranquilla” disse in tono particolarmente loquace.

Infatti, non appena ripresi a camminare, provai una grande sensazione di tranquillità e sicurezza che mi permisero di muovermi molto più decisa di prima, nonostante l’indiscreta presenza di Emmett.

Una volta arrivata dalla parte opposta dell’altare e compiuto anche il secondo giro, Emmett e Jasper avevano già finito da un pezzo e si erano diretti verso la sala dove si sarebbe svolta la cena, lasciando me e papà di nuovo da soli.

Non ce la feci più: raggiunsi la sedia più vicina e ci crollai sopra, con i piedi doloranti. Non osavo pensare alla quantità di vesciche che mi sarebbero venute.

“Aspetta torno subito” mi avvertì papà. Il secondo dopo era di nuovo lì, con un pacchetto di cerotti in mano. Benedissi quel santo uomo ed iniziai ad incerottarmi i piedi, infischiandomene completamente se per Alice questo sarebbe stato anti-estetico. Dopo aver fatto, papà mi aiutò a rimettermi in piedi e sfilò dalla parte opposta un bouquet enorme con gli stessi fiori sparsi per la sala. Io lo guardai, contemporaneamente disgustata e sorpresa.

“Questo dovrebbe essere il tuo bouquet” mi informò papà “Dovresti iniziare a prenderci confidenza” mi disse in tono ironico. Lo presi con malavoglia, prevedendo che non sarebbe stato affatto facile camminare e tenerlo in mano. Infatti, non appena mossi i primi passi, mi sembrai del tutto uguale ad una trapezista. Senza avvedermene, quindi, iniziai a canticchiare sottovoce la canzoncina del circo. Papà allora si mise a ridere.

“Esagerata!” disse dandomi un leggero pizzicotto “E non ti dimenticare che devi anche sorridere, oltre a fare tutto questo.” Non appena lo disse mi si dipinse automaticamente un’espressione da funerale. Come se non ci bastasse anche questa. Non avrei mai pensato che sarebbe stato così complicato fare una semplice camminata.

“Stai migliorando” mi comunicò papà. Sì, ma ancora non riuscivo a staccarmi dal suo braccio, purtroppo. Capendo dunque che parlare di quello che stavo facendo non serviva a molto, papà iniziò a distrarmi cambiando discorso.

“Ti ricordi quando da piccola giocavamo ai matrimoni?” mi ricordò sorridente. Io scoppiai immediatamente a ridere.

“Ci saremmo sposati almeno una cinquantina di volte!” esclamai io, con le lacrime agli occhi.

“Quasi sposati. Ti divertivi sempre a lasciarmi all’altare. La cosa più divertente era che ogni volta sceglievi un modo diverso”

“Hai ragione!” continuai io, ridendo come una matta per i ricordi della mia infanzia.

Quando ero piccola, io e mio papà giocavamo sempre al “gioco del matrimonio”. Non mi ricordavo ora bene come fosse saltato fuori, molto probabilmente avevo visto qualche film alla tv. Fatto sta che il gioco consisteva nello sposare papà, ma ogni volta che dovevo dire “sì”, mi inventavo ogni scusa possibile ed immaginabile per scappare. Alla fine finiva sempre che me ne andavo sul mio triciclo. Con il senno di adesso ammetto che era un gioco davvero stupido ed infantile, ma al tempo era il massimo il “gioco del matrimonio”.

“E come ti impegnavi a vestirti da sposa” continuò papà. Io non riuscivo a smetterla di ridire.

“E’ vero! Usavo quantità enormi di carta igienica per il velo!”

“E impiegavi ore per fare dei bouquet da sposa davvero orribili” sottolineò papà. Io gli lanciai una gomitata.

“Non è vero!” ribattei io.

“Fidati, è così” ribadì sicuro papà. “Attenta al gradino.” Allorché sobbalzai sorpresa, guardando davanti di me: eravamo già arrivati all’altare. Mi appoggiai a papà per salire. Lui mi raggiunse e lentamente mi prese entrambe le mani.

Bhè, almeno non potrò rimpiangere di non averti portato all’altare almeno una volta” disse con uno strano tono malinconico. Io mi paralizzai all’istante; il discorso, com’era successo con mamma, era finito di nuovo su quell’argomento anche con papà.

“Hai sentito il discorso con mamma?” bisbigliai, a disagio.

“No, affatto” mi rispose sincero lui “Ma non mi sorprende che non ne abbiate parlato.” Io mi limitai a tenere lo sguardo fisso verso il basso. Scese allora un pesante silenzio imbarazzante. Io continuai a mantenere lo sguardo verso il basso, in attesa che papà dicesse qualcosa.

Abi…” incominciò, per poi troncare il discorso lì, evidentemente perché, stranamente, non trovava le parole da dire. Lo sentii fare un respiro profondo, per poi cingermi le spalle con le braccia, mentre appoggiava le labbra fredde sulla mia fronte. Iniziò, in silenzio, a cullarmi lentamente, mentre con una mano mi accarezzava la schiena scoperta. Con grande fatica, ricambiai quell’abbraccio. Non aveva senso tutto questo, mancava ancora tanto tempo e non sarebbe servito a niente disperarsi ora. Sfoderai allora tutta la mia ironia ed il mio sarcasmo, facendo senza dubbio la figura dell’inconveniente e dell’indelicata.

“Non mi stringere troppo, papà.” La mia voce risuonava ovattata, da sotto la giacca di mio padre “O Alice mi concerà per le feste. In una risata fin troppo forzata, papà sciolse l’abbraccio. Mi guardò quindi con quel suo sguardo fiero, tipico di papà.

“Certo, hai ragione” disse, capendo sicuramente che non volevo toccare quell’argomento di discussione. Mi diede poi una dettagliata scannerizzazione dalla testa ai piedi.

Abi, da dove vengono fuori tutte queste curve” mi fece notare lui, tornando ad essere il padre super-preoccupato che amavo. “Mi devo cominciare a preoccupare sul serio, allora. Io sbuffai, alzando gli occhi al soffitto.

“Come no, papà” esclamai io esasperata.

“No! Dico sul serio!” continuò lui convinto. Fece allora un giro veloce intorno a me, osservandomi bene. Mi guardò decisamente preoccupato. “Ti preferivo con la tuta, sai?” Io sghignazzai in modo mascolino. 

“A chi lo dici, pah’.” Sobbalzai immediatamente alla vista di Alice davanti a noi. Mi diede un’occhiata veloce e mi lanciò un sorriso.

“Sei davvero splendida, Abigail.” Io sorrisi automaticamente, all’idea che Alice stessa mi faceva un complimento. Il secondo dopo, invece, mi diedi della totale stupida ad averlo anche solo pensato.

“Vediamo allora come cammini” continuò lei senza perdere entusiasmo. Io feci un respiro profondo. Ecco, la prova del nove era arrivata. Feci un passo in avanti convinta, ma persi immediatamente l’equilibrio senza l’appoggio di papà e con un bouquet in mano. Fortunatamente, papà mi afferrò subito, evitando di farmi cadere. Alice automaticamente cambiò umore, mentre si strofinava disperata una mano sulla fronte.

“Come non detto. Dovevo immaginarlo” esclamò seccata. “Ecco, tieni.” Da non so dove mi porse un paio di ballerine dal colore e dal tessuto identico a quelle con il tacco. Feci un grande respiro di sollievo, mentre velocemente mi toglievo quelle che avevo addosso.

“Avanti, fammi vedere come intendi camminare” mi esortò Alice. Improvvisai allora una breve camminata, facendo particolare attenzione a sorridere. Alice però non sembrava troppo convinta.

“No, non ci siamo. Ondeggia ancora un po’.” Dovetti pensare qualche secondo prima di capire che voleva che muovessi i fianchi. Cercai allora di camminare come avevo fatto fino ad adesso con le scarpe coi tacchi, seppure era una sensazione piuttosto strana, che mi metteva a disagio.

Mmhh… non c’è male” concluse alla fine Alice. Non mi lasciò nemmeno il tempo di respirare che mi trascinò via per un polso. “Forza, gli invitati arriveranno a momenti. Io, del tutto sconcertata, mi volsi in dietro, come richiesta d’aiuto a papà. Lui, però, si limitò a farmi l’occhiolino come gesto di incoraggiamento, lasciando che Alice mi trascinasse nelle camere di sopra.

 

 

 

 

 

Suonino le trombe, l’autrice ha pubblicato un nuovo capitolo! Dopo mesi e mesi di silenzio, finalmente mi rifaccio viva.

Purtroppo ho una bruttissima notizia da darvi: ho serie intenzioni di lasciare incompiuta questa fan fiction e fermarmi qua.

Non riesco più a scrivere, per poco perfino mi annoia farlo. Credo che ormai è scomparsa quella voglia di scrivere di due anni fa, quando ho postato il primo capitolo. E questo, dopo due anni, mi sembra anche un fatto normale. Purtroppo, mi sono posta un obiettivo troppo grosso. Mi dispiace solo mollare quando manca relativamente poco alla fine e quando accadranno i fatti centrali di questa storia!

Mi trovo quindi in una situazione piuttosto disperata, e credo di dover proprio chiedere l’aiuto di qualcuno, se spero di concludere questa fan fiction. È vero che da una parte mi è difficile lasciare questa storia nelle mani di qualcun altro, in quanto ci sono fin troppo affezionata. Dall’altra, tuttavia, desidero con tutto il cuore vedere questa mia storia finita, come molti di voi, e quindi sono più che disposta ad accettare l’aiuto di qualcuno. Quindi, chi vuole aiutarmi a concludere questa fan fiction, mi contatti pure!

Detto questo, è forse giunta l’ora di concludere con un ultimo saluto. Ringrazio, dunque, tutti voi, miei lettori, che avete apprezzato le disavventure di Abigail, che forse, spero, vi abbiano fatto sognare, come hanno fatto con me. 

Vi saluto, dunque, (forse) per l’ultima volta, mandandovi un forte, grosso e strabordante GRAZIE DI TUTTO!!!

 

Lalla124

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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