Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: agatha90    19/07/2011    2 recensioni
Frollo vedrà distruggersi tutte le sue convinzioni dopo che alla Festa dei Folli vedrà per la prima volta la zingara Esmeralda. Ma se anche Esmeralda si trovasse a dover scendere a patti con ciò che il suo animo le suggerisce?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era ancora un sabato, ma era mattina e, soprattutto, era primavera inoltrata.
Per la città quel giorno era speciale, nella piazza antistante la cattedrale di Notre Dame si sarebbero tenuti i diversi spettacoli che componevano la Festa dei Folli, evento popolare in cui cittadini, vagabondi, zingari e stranieri si sarebbero uniti in festeggiamento, per una volta all’anno, senza liti né recriminazioni. Era un’occasione di svago e divertimento e praticamente tutti i parigini, quel giorno, si sarebbero radunati in piazza per assistere alle esibizioni e partecipare ai giochi.
Il giudice Claude Frollo era di tutt’altro parere, naturalmente.
Quella mattina si era svegliato con l’ombra della festa, che sarebbe iniziata entro poche ore, che incombeva sulla pace dei suoi pensieri come una pesante spada di Damocle.
Come ogni anno era obbligato a partecipare, in quanto rappresentante delle istituzioni, ma tutta la situazione gli era estremamente odiosa, in quanto, essendo lo scopo della festa proprio quello di violare le comuni regole di comportamento, non poteva neanche intervenire come avrebbe voluto per ristabilire una situazione che il suo animo rigoroso avrebbe certamente tollerato meglio.

All’ora di pranzo andò a fare visita al suo figliastro e ciò che trovò non migliorò il suo umore tempestoso.
“Festa. Tu vorresti andare alla festa.”
“Voi ci andate tutti gli anni e…”
Certo che ci andava tutti gli anni, ma solo un idiota avrebbe potuto pensare che si divertisse. Un raduno orgiastico, gli abitanti della sua città che si lasciavano trascinare nei balli sacrileghi ideati per loro dalla feccia dell’umanità per traviarli e allontanarli dalla retta via. Era convinto che gli zingari usassero quell’occasione per prendersi gioco di lui impunemente. E il peggio era che non poteva in alcun modo impedirlo. La sua unica consolazione era il fatto che se qualche incauto zingaro fosse finito tra le sue mani nei giorni successivi alla festa avrebbe pagato per tutto e per tutti.
Fu piuttosto duro con Quasimodo. Doveva imparare a stare al proprio posto e non doveva più permettersi di esprimere certi desideri: doveva imparare a reprimerli. Solo così poteva sperare di rimanere sulla giusta via da cui il suo destino maledetto cercava sempre di deviarlo.

Una volta ritornato al Palazzo di Giustizia, Frollo fece conoscenza con il suo nuovo capitano delle guardie.
Al giudice (dovette ammetterlo) il capitano Febo non dispiacque: aveva lo sguardo fermo e determinato di chi aveva il carattere giusto per comandare e farsi obbedire senza indugio. Nei suoi occhi scorse anche una buona dose di lealtà verso la persona a cui prestava il suo servizio. Probabilmente, comunque, Febo era così per natura e non gli stava offrendo la sua fiducia perché lui era Frollo, il ministro di giustizia. Il giudice, tuttavia, era convinto che presto sarebbe riuscito a imporsi totalmente sul suo nuovo capitano e che avrebbe in breve tempo ricevuto una lealtà assoluta.
L’unico suo cruccio era che questi suoi progetti sarebbero potuti essere rovinati da una certa ingenuità che permeava ogni gesto e ogni risposta che Febo dava alle sue domande: doveva tenerlo d’occhio e istruirlo come si conveniva per evitare che venisse trascinato da qualche stupida e pericolosa fantasia che poco poteva avere a che fare con la vera giustizia.
Bene, avrebbe iniziato immediatamente: l’ora di recarsi in piazza era ormai giunta e avrebbe portato il capitano con sé.

Lo scranno sopraelevato dove Frollo avrebbe dovuto prendere posto era a pochissimi passi di distanza dal palco dove si sarebbero tenuti gli spettacoli. Anche il fatto che lo avessero sistemato così vicino sembrava una presa in giro e Frollo si sedette con un’aria di profonda irritazione.
Sotto di lui la gente era addobbata con colori sgargianti e fiumi di vino scorrevano tra la folla.
Con un cenno fece capire al suo capitano che voleva avere le guardie ancora più strettamente vicine a sé.
Lo spettacolo cominciò.
Il giudice prestava solo una vaghissima attenzione a ciò che aveva iniziato a succedere sul palco. La musica era iniziata in modo molto allegro e vivace, ma Frollo cercava in ogni modo di lasciar penetrare meno note possibili nella sua testa. Si sentiva sempre più sporco ogni minuto che trascorreva lì, ma l’unica cosa che poteva fare era appunto chiudersi in se stesso e aspettare.
A un tratto però la musica allegra cessò e ne iniziò una che involontariamente attirò l’attenzione di Frollo: era vivace, ma sensuale.
Il giudice cercò faticosamente di ignorarla, ma invano e la situazione peggiorò quando sul palco apparve, avvolta in un inebriante profumo di incenso la creatura più incredibile che Frollo avesse mai visto in vita sua.
Il giudice seguì con gli occhi spalancati le forme ben definite che si intravedevano attraverso il morbido abito rosso. La vista dei tratti di pelle abbronzata che non erano nascosti dai veli scarlatti e dei piedi nudi fecero deglutire Frollo in maniera indecente.
I capelli neri e lucenti erano sparsi in modo ingenuamente provocante sulla schiena castamente coperta e il giudice osservava i riflessi creati dai raggi del sole con le pupille che ormai avevano raggiunto la larghezza di due piattini.
Era una bellezza tutt’altro che divina. Era terrena, avvolgente e seducente.
Ma Frollo non ebbe il tempo di rendersene conto: la donna aveva iniziato a danzare e il lampo smeraldino, proveniente dai suoi occhi audaci, che lo raggiunse lo costrinsero a socchiudere la bocca per lo stupore.
Lei, nel vortice della danza, si avvicinò a lui. Ora Frollo la vedeva chiaramente. Ancora di più. Poteva distinguere le diverse sfumature di colore che la luce donava alla sua chioma. Sempre di più. Ormai poteva individuare tutte le tonalità di verde che componevano le sue iridi. Così vicina. Le labbra di lei erano a un passo dalle sue e il giudice fremette, spinto da un impulso ancestrale.
Era sua.
Ma tutto passò con la velocità di un lampo.
Lei fece un sorriso beffardo davanti agli occhi rapiti del giudice e si allontanò di nuovo verso il centro del palcoscenico e terminò la sua danza.
Frollo aveva l’espressione di chi aveva appena ricevuto un duro colpo.
Ma si riprese in fretta.
Zingara lussuriosa e oscena. Come aveva osato ridurlo in una condizione così indegna e vergognosa? Avrebbe pagato carissima la sua insolenza.
Era colpa sua se si era riscoperto debole. Era colpa sua se aveva peccato, se la sua carne era stata viziata. Per di più l’aveva anche deriso con quel suo potere demoniaco.
Il giudice era furioso. L’avrebbe punita di persona, quando i suoi uomini l’avessero catturata.
La voleva viva, ma non voleva assolutamente mostrarle il motivo vero della sua cattura. Farlo voleva dire scoprirsi e dare in pasto a lei le sue debolezze. No, doveva morire con l’ombra scura del terrore sopra di lei. Niente doveva esserle anche solo di vaga soddisfazione.
“Ecco a voi Esmeralda!”
Il nome le rendeva merito, pensò senza riflettere Frollo, pentendosene amaramente una frazione di secondo dopo. Si portò le mani alla fronte.
Cosa gli aveva fatto quella donna?
Nonostante fosse senza dubbio adirato nei suoi confronti, il ricordo di quelle labbra di fuoco a pochi centimetri dalle sue gli provocava un brivido lungo e profondo e sentiva la gola farsi secca e arida.
Non riusciva a darsi una spiegazione. Il desiderio carnale era per uomini comuni senza troppi scrupoli morali, non certo per lui che era il prediletto del Signore: l’incantesimo che aveva usato su di lui quella zingara doveva essere stato ben potente.
Stava per immergersi nuovamente nel pozzo buio delle sue minacce silenziose quando un frastuono rimbombò nella piazza.
Il giudice sollevò lo sguardo: c’era Quasimodo sul palco ed era appena stato acclamato Re dei folli e per di più gli stava rivolgendo un largo sorriso!
Frollo era fuori di sé: non si sarebbe mai aspettato una così grave disobbedienza dal suo figliastro. Credeva di essere sufficientemente temuto da lui, tanto da non aspettarsi particolari colpi di testa.
Quasimodo sembrava felice, circondato da quella marmaglia adorante.
Frollo, tuttavia, era convinto di conoscere abbastanza bene i parigini per indovinare quale sarebbe stata la prossima mossa.
Il giudice si sistemò meglio sulla sua sedia, per godersi comodamente la scena che era sicuro sarebbe iniziata a breve. Sarebbe stata la giusta medicina per far capire a Quasimodo quale fosse il prezzo della disobbedienza.
Quando vide il primo pomodoro attraversare l’aria seppe di aver avuto ragione.
  
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