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Autore: alechka    23/03/2006    6 recensioni
Prima opera in assoluto, ispirata a uno dei titoli più famosi della celebre Agatha Christie. Nell'affaccendarsi di personaggi vecchi e nuovi, una sola domanda: chi ha ucciso chi?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I

 

Piattaforma 9 ¾

 

 

 

 

La piattaforma brulicava, letteralmente.

Normale amministrazione da partenza incipiente si potrebbe dire, se non fosse per l’effettiva originalità dei particolari.

 Come ogni anno, da molti anni, la stazione di Londra ospitava uno stravagante campionario di esseri umani: ragazzini eccitati, gufi, calderoni, cappelliere e bauli; voci, grida e saluti. Incontri e, ovviamente, scontri. Madri che abbracciavano i figli confusi e padri frastornati che si preoccupavano di tenere sotto controllo il carrello dei bagagli.

 Qua e là volti noti e visi sconosciuti; un gruppetto di tre ragazzi del sesto anno, alle prese come gli altri con i loro fardelli, era preceduto, accompagnato e seguito da mormorii e occhiate di incuriosita ammirazione.

-Era da tempo che non partivamo con questo sole; speriamo che sia di buon auspicio per tutti!-, disse Hermione Granger con il naso all’insù, scrutando il cielo azzurro sopra la locomotiva.

-Già!-, si limitò a rispondere Ronald Weasley, trascinando a fatica un baule vecchio dall’aspetto decrepito.

-Mi servirebbero un paio di occhiali da sole con le lenti graduate-, osservò Harry Potter, pensando all’eventualità di dover affrontare Lord Voldemort proprio sulla piattaforma 9 ¾ e sotto quella luce accecante.

Eccolo, l’orgoglio di Grifondoro, il terzetto magico, venerato da mezza scuola ma anche odiato da mezza scuola: coraggiosi, onesti e sfacciatamente fortunati.

Ramel Simps scrutò i loro movimenti frettolosi nascosta dietro la sua placida flemma.

Qualcuno le strinse una mano sulla spalla magra coperta da uno spolverino estivo; Ramel, senza neanche voltarsi per scoprire a chi appartenessero quelle dita, inclinò il capo, offrendo in tal modo l’orecchio al suo gentile aggressore.

-Speriamo solo di non ritrovarci nello scompartimento con quei tre, potremmo rischiare di essere confusi per spie di Tu Sai Chi ed essere travolti in modo irreversibile dai loro temibilissimi…STUPEFICIUM!-, le disse Boris Fokine in un soffio, abbracciando la piattaforma con un ampio gesto del braccio.

Lei si girò appena per rivolgergli un sorriso indulgente.

-Quale incredibile avventura attende anche quest’anno l’Auror Clan? Chi, fra i professori salverà le loro preziose chiappe? Chi, all’interno del Ministero lavorerà giorno e notte per non farli spedire direttamente ad Azkaban? Chi, sconsideratamente giacchè sarebbe un gran sollievo, strapperà i loro brillanti ingegni dalle accattivanti grinfie della morte?-

Ramel scrollò le spalle.

-Boris, se continui così sarò costretta a immaginare che soffri di una forma di gelosia acuta. In effetti scusa, la cicatrice che hai sul labbro, sei sicuro che non sia un espediente per somigliare al capo dell’Auror Clan?-

-Sciocchezze. Io sono un uomo della steppa, cresciuto da mamma Russia fredda e implacabile come il ghiaccio. Non sono un inglesino qualunque, fradicio di pioggia e the. Io sono nato su un treno in mezzo ai babbani, non su un comodo letto al San mungo o chissà dove. La mia città ha i canali ghiacciati e le cupole dorate, non mercatini dell’usato e statue di cera!-

-Potresti rimandare l’invettiva di qualche minuto? Non posso nemmeno prendere appunti!-

 Ramel affondò le mani nelle tasche e riprese a camminare scuotendo la testa divertita.

Boris le stava accanto, spingendole lievemente il gomito.

 A volte si stupiva a ridere da sola ripensando a qualche considerazione irrazionale fatta dal suo amico, a come parlava di Michail, il suo gufo, come se fosse l’unico essere intelligente che conoscesse, ai suoi improvvisi accessi d’ira, a quando una volta in Sala Grande aveva scagliato un boccale pieno di succo di zucca contro Gazza che lo rimproverava, beccandosi una punizione affrontata con la più insolente aria di sfida.

 Boris non aveva bisogno di gridare, faceva un passo e l’aria tremava.

Veniva considerato arido da molti, da altri cinico. Aveva una fiera bellezza tartara: zigomi alti e pronunciati, occhi vivi come il mercurio, le labbra sempre pronte a distendersi in un sorriso di scherno, incise da una cicatrice della quale nessuno conosceva la reale origine.

Solo con Ramel la sua indole da animale in gabbia si placava.

 Il loro rapporto andava oltre l’amore. Era amicizia pura, un unico movimento, un unico respiro.

Si capivano al volo senza parlare, a volte senza guardarsi: era Legilimanzia senza incantesimi.

Quando qualche anno prima il professor Lupin insegnò agli studenti del quarto come invocare il proprio Patronus concentrandosi sul ricordo più felice, lei si stupì nel richiamare alla memoria l’immagine di Boris durante la cerimonia dello smistamento: ancora piccoletto, stava seduto tutto impettito con il Cappello Parlante calato sugli occhi tipo colbacco, mostrando un’espressione contrariata che gli dava l’aria di un generale dell’Armata Rossa in miniatura.

Sebbene l’amicizia vera e propria nacque tempo dopo, quel ricordo la riempì di gioia come una risata cristallina e le fece invocare uno tra i più bei Patronus che si fossero mai visti.

Non erano poche le persone che si stupivano della loro rapporto: all’apparenza così male assortiti, così diversi; eppure i loro caratteri l’uno all’estremo dell’altro si toccavano e si combinavano precisamente, facce di una stessa medaglia.

-Forza Ramel! Un po’ di energia! Non vorrei vedere le tue quattro ossa travolte da questo ronzante sciame di ridicoli stregoni. Tanto per dirne uno: patetico tirolese ore 12. Dritto davanti a noi.-

Otto de Fae-Strotten, un Serpeverde alto e allampanato del settimo anno, veniva loro incontro. Camminando a grandi passi, i vestiti lievemente stropicciati, gli occhiali di corno in una mano, la bacchetta nell’altra, abbozzò un inchino con un cenno del capo.

-Salve Ramel. Boris. Mai vista tanta confusione…e poi questo caldo, vero? Che chiasso insopportabile, non ne posso più!-.

Si portò gli occhiali alla bocca, mordicchiando la stanghetta.

Ramel lo guardò incuriosita, notando le nocche bianche della mano che stringeva la bacchetta.

-Otto, sei sicuro di stare bene? Non è che hai ingerito troppa pozione Ventiquattroresveglio? Hai delle occhiaie che ormai tendono al blu pervinca!-

Otto le sorrise debolmente, scoprendo i piccoli denti bianchi irregolari.

-Possibile…sai sono rimasto molto indietro con i compiti di Pozioni…sono messo molto male. A proposito non ti spiacerebbe dedicarmi due minuti? Anche dopo…è per Pozioni, insomma volevo chiederti se mi dai una mano, magari ho sbagliato con qualche dose, credo di essere nei guai, capisci?  Ho passato notti di inferno, temo di non avere via di scampo, Ramel. Allora posso contare sul tuo aiuto? Eh?-

Boris spalancò gli occhi, girandosi lentamente verso l’amica.

 Ma lei non ci fece caso: c’era qualcosa nell’atteggiamento di Otto che le comunicava disagio, tensione. Spostava il peso del corpo da un piede all’altro, si grattava nervosamente la nuca, aveva il fiato corto.

-Ma certo!-, esclamò dandogli un colpetto affettuoso sul braccio, -quando vuoi! Tanto lo sai qual è il nostro solito scompartimento! Passa pure più tardi…-

Ma Otto non la guardava più.

-Otto?-, lo chiamò lei.

Il suo sguardo aveva assunto una fissità spaventosa, il suo colorito era terreo.

Boris lo prese per le spalle e lo scosse con vigore, approfittando della momentanea apatia per rifilargli un paio di schiaffi.

Questa iniziativa parve sortire un buon effetto, poiché si riprese e farfugliando qualcosa che suonava come –A dopo-, Otto de Fae-Strotten girò sui tacchi e in un balzo salì sul treno.

-Ho sempre sostenuto che il tirolese non avesse tutte le rotelle in ordine. Un Serpeverde che chiede aiuto a una Corvonero! E per Pozioni, poi!Come se avere Piton come direttore della propria casa non rappresenti un nulla osta sufficiente verso la gloria. Che bisogno aveva di chiedere consiglio a te? Ad una figlia di babbani professori di storia babbana?-

-Idiota! Non hai capito che non mi stava chiedendo un aiuto per Pozioni? Era una richiesta di soccorso. Aveva paura per qualcosa. O dovrei dire…di qualcuno?-

 Una luce divertita le attraversò gli occhi

 -Guarda là in fondo, vicino all’Auror Clan: chi vedi?-

Boris si voltò e vedendo l’oggetto dell’allusione scoppiò a ridere, seguito da Ramel che tentava di camuffare i singhiozzi con un attacco di tosse: Kimberly Patson e Ralph Renaul si dirigevano tenendosi orgogliosamente per mano verso la carrozza sulla quale era salito Otto, superando con sdegno il Clan impegnato in una fitta conversazione con Geresh Bugow, un Grifondoro del settimo.

Lui, Ralph, un Serpeverde abbronzato, vantava possedimenti in vari angoli del globo e una personalità pallida e insignificante come la polo che indossava; non bellissimo ma molto ricco.

Lei, Kimberly, una Corvonero spigliata e ambiziosa, aveva un carattere detestabile accompagnato da un intelligenza poco vivace; di origini modeste, riscattava il suo misero conto alla Gringott con un’avvenenza particolare, che sfoggiava come se fosse l’opera d’arte di un maestro italiano quattrocentesco. La sua sterile antipatia era diventata ormai proverbiale: i pettegolezzi su come si fosse vendicata del suo ultimo ragazzo, reo di averla lasciata prima dell’estate, si rincorrevano e si arricchivano di particolari talmente raggelanti da mettere seriamente in discussione la sua ottusità.

 Il suo ultimo ragazzo, la sua ultima vittima, era proprio Otto de Fae-Strotten.

 Le chiacchiere più fresche vedevano anche il suo nuovo fidanzato, Ralph, impegnato nella cosiddetta “Operazione o con me o morto”, come era stata chiamata da Ginny Weasley in un articolo dello “Spioscopio”, giornale di Hogwarts specializzato in ciarle e malignità.

Kimberly e Ralph ostentavano un’aria di compiaciuto sussiego, attraversando la piattaforma come se fosse la loro personale passerella.

Boris osservò quella sfilata con malcelato divertimento, stringendo un poco gli occhi per metterli meglio a fuoco.

-Sembra proprio che Ralph sia stato messo al guinzaglio!- esclamò una  voce squillante e vivace.

 Una ragazzina dai capelli rossi e lunghi gettò le braccia attorno al collo di Ramel, stampandole un bacio su una guancia.

 Sempre scarmigliata, con uno stuolo di ragazzi al seguito, costantemente sintonizzata su onde positive Ginevra Weasley era una polveriera pronta a esplodere.

Ramel le rivolse uno sguardo raggiante.

-Sono davvero felice di rivederti, piccola pazza…anche se non mi hai ancora dedicato nemmeno due righe vagamente maligne su quell’insulso giornaletto. E io che ti reputavo mia amica!-

-Per mille bezoar, Simpsy! Per te e per il tuo aspetto da falsa clemente ci vuole un allegato speciale! Ma ti smaschererò uno di questi giorni!-, le disse agitando l’indice con fare minaccioso.

Poco più in là il Clan stava osservando la loro conversazione, lanciando occhiate impazienti in direzione di Ginny.

-Ora vado.- disse lei intercettandone una particolarmente contrariata del Capo Clan. -Ci vediamo alla bicocca o sul ferrovecchio.- indicò con il mento la locomotiva e si allontanò.

Ramel sorrideva ancora quando Boris attirò la sua attenzione tirandole la cinghia della borsa.

-Come fai?-

-Faccio cosa?-

-A trovarla divertente.-

-Non la trovo divertente. Ginny è divertente. E poi ammettilo: hai riso anche tu quando ha descritto gli innumerevoli rotoli della pancia di Pansy Parkinson, chiamandola Espansa Porkinson!-

-Andiamo, Ramel: la Weasley è una dell’Auror Clan! Tronfia, presuntuosa, convinta di avere le carte in regola per salvare il mondo!-

-No. Ginny è a posto. La tua è un’antipatia di principio. Come per Otto. Non lo sopporti perché non vuoi ammettere di trovarlo gentile e cordiale. Non sopporti Ginny proprio perché non puoi detestarla, non hai trovato un buon motivo-

-Rinuncio a capirti. Il procedimento che utilizzi per tentare di dipanare la matassa delle mie antipatie è un po’…- agitò la mano come per tentare di afferrare la parola giusta - ostico e capzioso-

-No, è molto semplice: ti limiti a detestare se non hai una ragione plausibile per disprezzare.-

Boris si strinse nelle spalle.

-Forse. In ogni caso solo un numero limitato di persone arriva a meritarsi il mio disprezzo, ma ritengo che per adesso non ci sia una sola persona all’altezza del mio odio.-

Ramel sollevò le sopracciglia e sospirò rassegnata.

-Ugualmente- continuò con un tono più basso nella voce guardandola dritto negli occhi -concedo raramente il mio affetto.-

Il fischio del treno riempì l’aria, accompagnando il sorriso di Boris.

-E adesso diamoci una mossa: abbiamo temporeggiato come due allegre comari.-

Sollevò Ramel di circa un metro per farla dolcemente atterrare sul pavimento della locomotiva, con una facilità tale da farla apparire fatta di carta velina. Lei si girò tendendo il palmo della mano verso il suo cavaliere, il quale spiccò un salto rimanendo un attimo sospeso per aria, immobile come una fotografia babbana.

Un secondo dopo sparì dietro la sua amica inghiottito dai corridoi della locomotiva.

Pansy Parkinson sbirciò con invidia la scena, chiedendosi se Tiger e Goyle fossero in grado di issarla con eguale leggiadria, ma soprattutto se Draco Malfoy, il suo eterno fidanzato, fosse capace di spiccare un salto così dinamico e perfetto da riuscire a mozzarle il fiato come aveva appena fatto Boris Fokine. L’immagine di un furetto bianco che si contorce nel disperato tentativo di volare, spazzò via con crudeltà le sue fantasie.

La piattaforma 9 ¾ si svuotò lentamente. Gli ultimi ritardatari raggiunsero i loro posti.

I calderoni e i bauli erano stati caricati. I ragazzini del primo anno appiccicavano i visetti sui vetri per non perdersi un ultimo sguardo carezzevole dei loro genitori, un ultimo sventolio di mano.

La locomotiva finalmente sbuffò, stanca di quel perpetuo indugiare, e partì lasciandosi dietro una scia di fumo e sorrisi.

 

 

 

 

 

 

Prossima fermata: omicidio

 

 

 

 GAZZETTA DEL PROFETA

                       

Londra. In un’aula affollata del Wizengamot si è concluso ieri pomeriggio il processo contro i Mangiamorte. Arrestati a giugno all’interno del Ministero della Magia, gli indagati sono stati condannati ad una pena detentiva di diciannove anni da scontare ad Azkaban.

“Dimostrerò l’innocenza e l’onestà di questi maghi. Non ho dubbi sulla loro irreprensibilità. Presenteremo un’istanza d’appello, e allora l’intero Wizengamot si renderà conto del clamoroso errore che ha compiuto nel condannare tre persone dall’animo retto e virtuoso.”, ha dichiarato Gregory Jugson, avvocato della difesa.

“Per ora”, ha affermato Fredrick de Fae-Strotten, giudice primario del Wizengamot nonché Direttore dell’Ufficio Applicazione della legge sulla Magia, “ci riserviamo di condurre indagini anche sulle testimonianze presentate dall’avvocato.”

Lucius Malfoy, William Nott e Peter Tiger non hanno dato alcun segno di turbamento alla lettura della sentenza, limitandosi a salutare i rispettivi familiari.

Narcissa Malfoy, scoppiata in un pianto che ha lacerato il silenzio sospeso dell’aula, è stata portata via dal giovane figlio.

Il processo, reso pubblico per volere del Consiglio, ha contribuito a squarciare il velo di silenzio imposto dal Ministero della Magia, sulla spinosa questione del ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Nel giugno dello scorso anno infatti, durante la finale del Torneo Tre Maghi, Harry Potter dichiarò di aver assistito alla rinascita del mago…( continua a pag. 2)

 

 

 

Gli occhi di Terry Boot, una graziosa ragazza di Corvonero del sesto anno, scorrevano avidamente le righe della Gazzetta del Profeta. Sporgendosi dalla sua poltrona anche Boris leggeva l’articolo.

-Gira pagina!- le ordinò tentando di afferrare il giornale.

-Aspetta! Io non ho ancora finito!- sbottò Terry, torcendo il busto dalla parte opposta per impedirgli la lettura.

-Hai sentito? Condannati. Diciannove anni di reclusione. Sembra che almeno per un po’ qualche Serpeverde metterà in soffitto la spavalderia!- disse quello girandosi verso Ramel, intenta a riporre la borsa nel portabaule.

-Per ogni Mangiamorte catturato, due nuovi Mangiamorte arruolati- disse sedendosi vicino all’amico.

– Tu Sai Chi ingrossa le sue fila e dal momento che ha potuto farlo indisturbato per un anno intero mentre il Ministero si limava le unghie, non vedo come possano tentare di arginare ora il problema.-

-Per quanto mi riguarda eviterei di allarmarmi troppo: non ritengo il Mago Oscuro molto più malvagio di altri.-

-Sei impazzito? Come puoi fare certe affermazioni?- chiese Morag Mac Dougal con veemenza, sporgendosi  dalla poltrona.

-Nel mondo babbano ci sono personaggi di una ferocia tale da far sembrare il Mago Oscuro un agnellino indifeso - replicò Boris.

-Questo è vero - ribattè Ramel -Ma noi viviamo in questa realtà, fatta di maghi e streghe.  Ne traiamo vantaggi incredibili, privilegi inimmaginabili per un comune babbano. Tuttavia questo mondo non è esente da insidie. Il fatto che l’universo babbano si sia macchiato nella storia di efferati delitti, non esclude che anche Tu Sai Chi sia malvagio e senza scrupoli, e che rappresenti il nostro nemico comune.-

Boris non rispose. Cambiò posizione sulla poltrona, incrociò le braccia sul petto e rivolse la sua attenzione al paesaggio che scorreva veloce.

Morag mostrava ancora un’ombra di stupore. Sua madre, ai tempi di Voldemort, venne accecata da una maledizione scagliata da un Mangiamorte introdottosi clandestinamente in casa loro.

Ramel l’aveva conosciuta un’estate di tre anni prima alla stazione.

Una donna che conservava intatta la sua bellezza: lunghi capelli biondi e un’espressione cordiale nei modi e nella voce. Si stringeva al braccio del figlio e gli parlava piano. Quando Ramel si presentò alla signora Mac Dougal non ebbe il coraggio di guardarla in faccia, per quanto gli occhi fossero nascosti da un paio di occhiali scuri. Dopo tre anni il ricordo di quel suo atteggiamento la infastidiva ancora: non si era mai sentita così infantile.

 

                                               *             *             *            *

 

Proseguirono per qualche minuto senza parlare.

Le voci degli altri scompartimenti arrivavano attutite. Michail, il gufo, dormiva nella sua gabbia coperta dal mantello che il padrone aveva adagiato sopra.

Terry leggeva silenziosamente, Morag succhiava concentrato una caramella e Boris continuava a guardare fuori dal vetro, facendo ciondolare una gamba con indolenza.

-Boris?- Ramel gli sfiorò il braccio.

Lui voltò lentamente il viso, soffermandosi per un istante a osservare il maglione a rombi di Morag per poi fissare lo sguardo sugli occhi dell’amica.

Rimasero così per qualche secondo, fino a quando lui non le prese il mento tra il pollice e l’indice.

-Sei tu l’erede di Albus Silente. Saggia e noiosa come lui-, la lasciò andare e lei sorrise cauta.

 -E…guardandoti bene,- continuò aggrottando la fronte -hai addirittura un principio di barba bianca!-

Ramel gli rivolse uno sguardo cupo, ma non riuscì a trattenere una risatina traditrice.

Terry ripiegò il giornale con un fruscio e lo offrì a Boris.

-Tieni! Ora è tutto tuo!- 

-No, basta. Non mi interessa più!- disse lui sbrigativamente e lo lanciò in un sedile vuoto.

- Ramel, che fine ha fatto il tuo gatto?- fece Morag notando l’assenza di una gabbia nella rastrelliera. Terry si chinò in avanti incuriosita.

-Oh! Rufus è morto…- rispose con naturalezza.

Morag si portò le mani alla bocca e spalancò gli occhi.

-Scusa! Non lo sapevo!-

-E’ una notizia terribile!-

-Anche Michail quando l’ha saputo ha avuto la vostra stessa reazione!- concluse Boris indicando la gabbia.

-Sei proprio un insensibile.- disse Terry scrutando Ramel, come se avesse paura di vederla scoppiare a piangere da un momento all’altro.

-Oh, sai, era un gatto molto vecchio e molto malato.- la rassicurò. -  Il veterinario ha detto di non averne mai conosciuto uno così longevo…-

-Era un animale simpatico!- esclamò Morag pescando fra i ricordi. - Non dava fastidio a nessuno.-

Ramel si alzò e prese la borsa dal portabauli; frugò in una tasca ed estrasse una fotografia per porgergliela.

-Gliel’ha scattata Colin Canon l’anno scorso.- lui sorrise nell’osservare i baffoni del vecchio Rufus che si alzavano e si abbassavano al ritmo del suo russare.- Dormiva per la maggior parte del tempo!-

Terry chiese di poter vedere la foto, scoccando uno sguardo di rimprovero a Boris.

- Potresti chiedere a Gazza di prestarti Mrs. Purr. O se preferisci puoi occuparti della pulizia della gabbia di Michail- le propose lui, tirandola per la manica, sorridendo come se avesse avuto un’idea grandiosa.

- Tienitelo tu quel vecchio barbagianni!- rifiutò lei fingendo una smorfia disgustata.

- No, non mi hai capito: non Michail, ma la sua gabbia!-

Lei lo ignorò sfacciatamente.

Boris si poggiò allo schienale della poltrona e seguì i movimenti fluidi di Ramel mentre alzava le braccia per rimettere a posto foto e borsa. La vide ridere a una battuta di Terry, piegando la testa all’indietro e osservò la linea del collo flessuoso esaltata dalla luce del sole che proveniva dalla finestra.

Ramel si voltò a guardarlo con i grandi occhi stretti in un’espressione interrogativa.

Boris estrasse la bacchetta e la agitò mormorando qualcosa sottovoce.

Si materializzò in aria un gatto in bianco e nero, come se fosse l’immagine di una vecchia pellicola. Fluttuò in aria, fatto di fumo. Non sembrava il vecchio Rufus, era solo un gatto. Avvicinò il muso impalpabile alla guancia di Ramel per farle le fusa. Lei vi soffiò contro e il gatto svanì.

Boris non si scompose.

- Magia da dilettanti- disse lei con sufficienza.

Tornò al suo posto e si immerse nella lettura di un vecchio numero dello “Spioscopio”.

 

                                              *              *            *         *

Il paesaggio aveva lentamente cambiato aspetto: dopo la periferia londinese industriale e suburbana, attraversavano pascoli che rilucevano al sole settembrino.

Un gran frastuono annunciò loro l’arrivo del carrello delle cibarie. Uscirono dallo scompartimento riversandosi sul corridoio affollato.

I ragazzi delle quattro Case invadevano la corsia del treno ordinando dolci, salutando amici, discutendo sull’ultima partita dei Cannoni di Chudley.

Morag comprò caramelle in quantità, una sua personale passione, aiutato nella scelta da Terry, mentre Boris ordinò solo una tazza di caffè nero bollente.

In fondo al treno, vicino alla toilette, Otto sventolò la mano nella loro direzione. Tentò di aprirsi un varco tra la folla, ma il caos era davvero troppo per lui che sembrava già abbastanza provato; roteò l’indice come per dire “ a dopo” e fece dietro front dirigendosi al bagno.

Cho Chang passò davanti a Ramel facendo ondeggiare i capelli neri e rivolgendole un saluto poco caloroso.

- Ciao.- rispose Ramel in tono piatto.

- Quest’anno la squadra avrebbe bisogno di nuovi giocatori.- disse Cho facendo una pausa come se le costasse continuare. –Non è che qualcuno di voi è interessato a fare i provini? Si terranno la settimana prossima.-

Boris, che aveva poggiato la spalla sullo stipite della porta sorseggiando il caffè, rifiutò laconicamente la proposta, liquidando con un – Preferisco fare altro nelle mie ore libere- la questione Quidditch.

Cho proseguì per la sua strada, superando un gruppetto di Grifondoro: Harry Potter aveva fissato al di sopra della spalla di Geresh Bugow tutta la scena. 

Ginny si staccò a fatica da una conversazione con Hermione, che sembrava non avere altra preoccupazione al di fuori della limitata vastità del programma di Aritmanzia.

-E’ troppo poco! Alla fine dell’anno ci ritroveremo con una preparazione scarsa e inutile!- continuava a ripetere.

Ramel aveva sempre pensato che assumesse quel tono da cervellona per tentare di giustificare l’aspetto trasandato e i capelli crespi.

Ron, rimasto l’unico spettatore di quel monologo incessante, alzò gli occhi al cielo e scappò nella cabina.

Ginny riuscì a sgattaiolare e raggiunse Ramel. Aveva le guance accese e un sorrisetto malizioso.

-Hai visto come Potter vi studiava con attenzione? Mi sa tanto che è ancora innamorato della Chang! Ho fatto fare a Colin una marea di foto, così le pubblichiamo nel prossimo numero con tanto di articolone strappalacrime sui loro cuori infranti! Sai che smacco per tutti e due?- rise Ginny.

Ramel la invitò a entrare, ma lei disse che doveva ancora finire il giro delle sette chiese: si trattava di andare a salutare tutte le sue talpe, studenti di Hogwarts che le passavano informazioni top secret per il giornale.

Ramel pagò un succo di zucca e si girò per tornare nel suo scompartimento.

Vicino al bagno notò Malfoy, Tiger, Goyle e Nott parlare sommessamente, lanciandosi sguardi foschi e passandosi una copia della Gazzetta del Profeta. Nott si accorse di essere osservato e sospinse gli amici all’interno della cabina, indirizzandole un’occhiata indecifrabile.

Lei rientrò e si sedette.

Ripensò a quei ragazzi e ai loro padri condannati. Immaginò l’ostilità della scuola che premeva contro di loro. Hogwarts, sempre pronta ad accogliere i giusti e i puri di cuore, sempre incline a celebrare con fasti i probi e gli onesti. Ma Hogwarts sapeva anche voltare la faccia e rendere la vita difficile a chi aveva il padre ad Azkaban, facendo pagare un conto amaro fatto di solitudine e pregiudizio.

Per quanto Ramel non avesse mai trovato neanche lontanamente sopportabile Draco e la sua gang,  concluse fra sé che quei ragazzi con tutta la questione dei Mangiamorte, non avevano nulla a che fare.

 

                                     *              *                *             *

 

Il treno continuò a sferragliare per qualche ora; molti si assopirono cullati dal movimento ritmico della locomotiva sulle rotaie. Un conciliante brusio accompagnò Ramel in un sonno leggero senza sogni, dal quale ogni tanto si destava, sbirciando da sotto la palpebra socchiusa quanto mancasse all’arrivo.

Quando il sole era ormai tramontato, i movimenti e le chiacchiere di Terry la svegliarono del tutto.

-Dobbiamo già cambiarci?- disse allungando braccia e gambe per stiracchiarsi ma si ritrovò avvolta in qualcosa di nero e pesante dalla testa fino alle ginocchia.

Boris la liberò dal suo mantello col quale l’aveva coperta durante il suo sonno, facendolo fluttuare in aria per poi adagiarselo sulle spalle.

- Ma non stava sulla gabbia del tuo gufo?-

-Si, ma ho notato che stavi andando incontro a un principio di assideramento e mosso da pietà ti ho salvato la vita.- rispose armeggiando con l’alamaro della chiusura.

La luce fioca della cabina gli illuminava solo una parte del viso mettendo in risalto la cicatrice sul labbro superiore. Con la divisa e il mantello, Boris aveva un magnetismo feroce, quasi irreale. Ramel notò che anche Terry era rimasta impigliata nella trama di quelle radiazioni; i loro sguardi si incrociarono ed entrambe ebbero la netta sensazione di avere stampata in faccia l’espressione rapita di chi vede la bellezza da vicino.

Terry annuì lentamente e le andò vicino con l’intenzione di porgerle la divisa.

- A volte è così bello che mi mette quasi in imbarazzo!- le bisbigliò in un orecchio ridacchiando e passandole la cravatta nera e blu.

Boris armeggiava con i bagagli; prese quelli di Ramel con un braccio e con l’altro i suoi.

Morag tentò di occuparsi della borsa di Terry ma la afferrò maldestramente, facendola atterrare con un tonfo sinistro sul pavimento.

Qualcosa di fragile all’interno andò irrimediabilmente in mille pezzi.

I lineamenti fini e delicati da bambino di Morag si contrassero in una smorfia di costernazione, i boccoli biondi parvero afflosciarsi. Ramel scoppiò a ridere, Boris si girò appena per valutare se l’episodio fosse degno della sua attenzione e Terry guardò la borsa come se non la riconoscesse.

- Mac Dougal.- mormorò - Pagherai per questo gesto da sprovveduto. Reparo!-

Agitò la bacchetta verso la borsa.

-Morag! Stavo scherzando! – gli disse ridendo e abbracciandolo.

Gli occhi azzurri e limpidi di Morag ripresero un’apertura normale e un po’ di colore tornò sulle sue guance.

Boris si girò verso Ramel scuotendo i capelli.

-Ma quanti anni hanno?-

Hogwarts apparve dietro la collina.

-Esattamente quanti ne abbiamo noi, mese più mese meno.-   

 Una pioggia sottile tamburellò sul vetro.

 -Mentalmente, intendo.-

Il treno cominciò a rallentare.

-Perché, quanti anni mentali credi di avere in  più?-

Si accesero le luci del corridoio.

-Intorno ai quindici.-

-Illuso.-

Poi un urlo lacerò l’aria.

Coprì il fischio del treno. Trapassò le pareti, fece vibrare i vetri e le rastrelliere. Risvegliò i gufi, spalancò bocche, perforò orecchie. Atterrì cuori e muscoli.

Harry Potter fece l’unica cosa sensata: lanciò le scintille rosse di pericolo verso il cielo blu cobalto.

In un istante riapparve la folla sulla corsia, ma questa volta non aleggiava nessuna spensieratezza.

I ragazzi accalcati facevano domande alle quali nessuno seppe rispondere. Solo una notizia certa giunse da uno scompartimento in fondo al corridoio.

Un ragazzo era morto.

-Ma chi?- chiese Ramel dalla soglia della sua cabina.

Infine, ecco, la risposta arrivava. Poteva quasi vederla rimbalzare di bocca in bocca, e la colpì come uno schiaffo in pieno volto.

-E’ morto Otto. Otto de Fae-Strotten. L’ha trovato Millicent Bulstrode. E’ lei che ha urlato.-

La folla perse i contorni, Ramel non vedeva più nessuno.

Serrò la mascella e dilatò le narici. Boris vide i suoi lineamenti farsi di ghiaccio.

Ramel strinse i pugni e si girò verso di lui.

-Fai tornare tutti negli scompartimenti.- aveva nella voce la freddezza dell’acciaio.

Boris uscì, implacabile e autoritario.

I ragazzi si ritrassero sgomenti sotto il suo sguardo severo.

Il treno era ormai giunto a destinazione.

La piattaforma della stazione di Hogsmeade brulicava, letteralmente.

Ma di paura e terribili aspettative.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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