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Autore: Deathstargaze    20/07/2011    3 recensioni
Mi guardo allo specchio pensando che, forse, forse dovrei davvero porre fine a tutto questo. Lo specchio però mi restituisce tutto un altro sguardo, uno che non è da me, quasi spaventato, confuso. So quel che dovrei fare, ma non posso... Non posso. Lui sorride nel sonno, accanto a me, cercandomi con le mani fra le lenzuola; è così ingenuo, così indifeso quando dorme... Non posso lasciarlo, non ci riesco.
Eppure, la condanna che grava su di me, l'angoscia che mi divora, mi obbligano a farlo.
Dovrei dirti la verità, Lavi, ma non ne sono capace.
Per questo, e per ciò che sto per fare, potrai mai perdonarmi?
[LaviYuu, MPREG]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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Questa storia non è intesa ad infrangere nessun copyright! I personaggi non sono miei, tutti i copyright appartengono agli aventi diritto! Quindi non perseguitatemi per questo!
Come si dice, io possiedo la storia, ma non gli attori!

Attenzione! Relazione sentimentale fra due uomini! A buon intenditor... poche parole! Insomma sapete cosa vi aspetta, quindi non lamentatevi del contenuto.



La Danza della Verità

 


Capitolo 1: Resta Accanto a Me



 

Kanda non credeva che per un semplice malessere fossero necessari tutti quei test e iniziava a spazientirsi, per il tempo infinito che era costretto a trascorrere nell'infermeria del Quartier Generale dell'Ordine Oscuro.

Infine, la porta si aprì e comparve il Supervisore Komui Lee.

Quando l'uomo gli si avvicinò con quell'espressione grave sul viso, Kanda non poté fare a meno di sentirsi profondamente spaventato. Per far rimanere serio uno come Komui, doveva esserci una ragione davvero importante dietro.

– Kanda-kun... – esordì lo scienziato, incerto su cosa dire.

– Allora, mi dai qualcosa per questo dannato mal di stomaco o no? – protestò il giovane, lasciando che la rabbia gli alterasse il viso solitamente impassibile, conferendo ai suoi lineamenti orientali un'espressione da antico samurai Giapponese.

Kanda si mise a sedere sul lettino e si strappò l'ago della flebo dal braccio con un gesto secco.

– Era lì dentro – Komui indicò il tubicino che ora penzolava di fianco a Kanda – dovresti sentirti meglio tra poco. – lo rassicurò. – Da quanto tempo hai questo fastidio?

– Dieci giorni, forse quindici, non so. – rispose Kanda pensieroso, cercando di andare indietro con la mente al momento esatto in cui aveva iniziato a star male. – Perché? È importante?

– Sì. – Komui lo fissò di nuovo con quell'aria così seria da mettere i brividi. – Devo capire dov'eri quando è cominciato.

– Perché? – chiese ancora Kanda, cui la situazione iniziava a piacere sempre meno.

L'uomo prese un profondo respiro e un tremito percorse la schiena di Kanda. L'atteggiamento così restio dello scienziato a rivelare cosa stava accadendo non gli faceva presagire nulla di buono.

– Kanda-kun – e qui esitò un istante prima di continuare – nel tuo corpo è imprigionata dell'Innocence. – disse infine.

A quella rivelazione il giovane spalancò gli occhi per lo shock.

– Cosa? – esclamò strabiliato.

Komui sospirò, quindi si spinse gli occhiali indietro sul naso, tornando a rivolgersi al suo paziente.

– Ancora non è chiaro se siano schegge, oppure un intero frammento. – gli rivelò con cautela. – Pensa alla tua ultima missione, qualunque evento strano che si è verificato, anche il più insignificante. Devo sapere dove è successo per capire come e soprattutto cosa fare.

– Non... è possibile estrarla? – chiese Kanda, deglutendo a vuoto, raggelato.

Sapeva fin troppo bene cosa volesse dire avere a che fare da vicino con l'Innocence, e non voleva ripetere l'esperienza mai più.

– Il problema è proprio questo. Si è... legata alle tue cellule, diciamo. – cercò di spiegare lo scienziato senza allarmare Kanda.

– Legata? In che modo? – domandò all'istante il giovane; aveva capito alla perfezione che non c'era niente di buono dietro quella notizia e non voleva gli fosse nascosto nulla. – Che significa esattamente?

– Ecco... – Komui sospirò. – Non siamo sicuri, ma... si sta... sviluppando. – rivelò con cautela.

Kanda aveva poca pazienza di base in condizioni normali, figurarsi nella situazione che gli si stava prospettando. Per cui risultava riduttivo dire che fosse esasperato dallo snervante non arrivare al punto del Supervisore.

– Komui, maledizione, parla chiaro! – scattò, prendendo l'uomo per la collottola. – Mi stai dicendo che l'Innocence si è fusa con il mio corpo?

Ora fu la volta di Komui di deglutire a vuoto.

– No... Non proprio. – rispose. – Ecco... Kanda-kun, c'è una concreta possibilità che stia crescendo dentro di te.

Kanda lo lasciò andare all'improvviso, pietrificato dalla rivelazione.

– Crescendo... cosa? – chiese sbigottito.

– L'Innocence si è unita a te e ha creato una specie di sacca, dentro la quale ha formato... qualcosa.

Komui distolse lo sguardo pretendendo di scorrere le sue carte, e Kanda si sedette di nuovo sul lettino, pesantemente, gli occhi sbarrati.

– Mi stai dicendo che quel qualcosa è vivo? – domandò quindi con un filo di voce.

– Probabilmente. – confermò lo scienziato con estrema calma, comportandosi come se non desse affatto peso a quell'affermazione e continuando ad armeggiare con i referti.

– Probabilmente? Cosa ho dentro? Un dannato parassita? – lo inquisì Kanda con rabbia.

– Tecnicamente, si sta comportando come un embrione, e... – rispose Komui, ma il giovane non gli fece terminare la frase.

– Un cosa? Parla in modo che io possa capire, maledizione! – tuonò; prima i giri di parole, adesso termini che non poteva comprendere e lui stava davvero perdendo la pazienza.

– C'è la possibilità che l'Innocence abbia usato le tue cellule per dare vita a un bambino. – disse infine Komui, osservando l'espressione incredula di Kanda con un certo timore.

Il giovane sprofondò il viso fra le mani scuotendo il capo e se Komui non l'avesse conosciuto così bene avrebbe detto che Yuu Kanda fosse disperato.

– Quando ho recuperato l'ultima Innocence, afferrandola ho visto una piccola scintilla fluttuare verso di me, ma non avrei mai immaginato che ne fosse parte. – mormorò Kanda con voce vuota. – L'ho vista scomparire e ho pensato si fosse consumata, non credevo...

– Quindi presumibilmente è accaduto durante la missione appena portata a termine, con l'ultimo recupero che hai effettuato. – Kanda annuì, lasciando ricadere una mano sulle gambe. – È un inizio. – commentò lo scienziato e annotò le informazioni, poi prese un profondo respiro. – Sei stato con qualcuno? – domandò infine, sebbene gli sembrasse impossibile che uno palesemente insensibile e per nulla interessato al sesso come Kanda si fosse concesso a qualcuno.

Kanda alzò lo sguardo di scatto e fissò Komui come se l'avesse appena trapassato con una lama. L'uomo si chiese se fosse perché aveva capito a cosa alludeva o perché riteneva la domanda assolutamente inammissibile.

– Non sono affari tuoi. – gli arrivò la risposta aspra di Kanda e fu la volta di Komui di essere sorpreso: quella era un'ammissione?

– Devo chiedertelo, cerca di capire, c'è anche la possibilità che il bambino sia completamente umano in quel caso. – si giustificò il Supervisore, assumendo un tono comprensivo.

Sperava di calmarlo almeno in parte, ma Kanda non era affatto propenso a incassare passivamente né le insinuazioni rivoltegli, né quell'assurda notizia che gli era stata appena data.

– No. Nessuno. Soddisfatto? – dichiarò in tono accusatorio.

Komui scribacchiò dell'altro sui suoi fogli, mantenendo l'insolito atteggiamento professionale che sfoggiava solo e unicamente quando la situazione era realmente tragica. Inutile dire che questo contribuiva grandemente al crescente senso di impotenza che Kanda sentiva man mano invaderlo, nel rendersi conto che non aveva una via d'uscita di fronte al potere dell'Innocence.

In realtà l'uomo stava solo cercando il modo di informarlo di ciò che gli stava accadendo senza rischiare che desse in escandescenze; e non lo trovava.

– Non siamo ancora in grado di stabilire se l'Innocence si sia unita a te soltanto o abbia invece semplicemente permesso l'unione delle tue cellule col seme di qualcun altro per ottenere una gravidanza. Per questo ti ho dovuto chiedere... – riprese a dire, ma prima che potesse finire di spiegare le sue ragioni, Kanda lo interruppe inorridito.

– Gravidanza? – alitò e improvvisamente gli venne a mancare la voce.

La piena comprensione della reale portata della cosa colpì Kanda come un macigno, facendolo sentire, per la prima volta nella sua vita, davvero disperato.

– Tecnicamente è quello che è... – cercò di giustificarsi Komui.

– Non m'importa se si tratta di Innocence, togli questo schifoso parassita dal mio corpo! – ringhiò Kanda contro lo scienziato, alzando la voce più di quanto non intendesse fare.

– Lo vorrei, Kanda-kun, davvero, credimi – disse Komui, allargando le braccia in un gesto a metà fra frustrazione e rassegnazione. – ma non è possibile, si è legata completamente a te. L'unica speranza è la mortalità iniziale, ma questo potremo saperlo solo tra tre mesi.

– Spiegati meglio dannazione! – ringhiò Kanda, incapace di accettare quella diagnosi impossibile.

Il suo autocontrollo era ormai andato definitivamente a farsi benedire, la tensione sul suo volto si era fatta estremamente evidente e negli occhi gli si affacciava una luce pericolosamente intrisa di follia.

– I primi tre mesi può verificarsi un aborto spontaneo. – lo informò Komui con voce pacata, cercando di non tradire la propria apprensione.

– E se non succede? – sibilò Kanda in tono tagliente.

– Dovrai avere il bambino.

La risposta di Komui sembrò colpire Kanda più duramente di quanto avrebbe mai potuto fare un qualunque Akuma.

Tch. – fu l'unico suono che lasciò le sue labbra. Il giovane distolse lo sguardo per un momento, digrignando i denti e serrando i pugni, quindi tornò a fissare lo scienziato di fronte a sé. – Io non permetterò mai che nel mio corpo cresca un mostro. Mai. – dichiarò e la terribile minaccia insita in quell'affermazione fece rabbrividire Komui.

– Kanda-kun, sii ragionevole, in questo momento sono tutte speculazioni. – lo supplicò l'uomo, cercando di calmarlo. – Sapremo qualcosa di certo solo trascorsi i primi tre mesi.

– Chi altro lo sa? – si preoccupò di farsi rivelare Kanda.

– Solamente io e Reever. – garantì Komui. – Stai tranquillo manterremo il segreto, ma non servirà a molto. Non puoi nasconderlo, la tua condizione sarà evidente appena il tuo ventre inizierà a ingrossarsi.

– Quando? – l'inquisì il giovane, sul volto una smorfia amara.

– Dipende dal tuo corpo, da come reagirà, non c'è una tempistica fissa. Solitamente dalla fine del terzo mese, ma potrebbe essere prima come dopo.

– Tre mesi. – mormorò Kanda, e Komui annuì. – Se resto qui impazzirò. Assegnami una missione. – pretese e lo scienziato parve allarmato dalla richiesta. – Non intendo scappare se è quello che stai pensando.

Komui lo scrutò a lungo prima di rispondere, domandandosi che cosa avesse in mente di fare se l'avesse lasciato libero di agire, se avesse acconsentito a inviarlo in missione.

– Sta bene – disse infine lentamente, soppesando la reazione di Kanda – ma sii prudente e rientra subito a recupero effettuato.

– Certo. – promise Kanda e annuì senza esitazione; Komui sospirò.

– Vieni nel mio ufficio domattina, preparerò qualcosa di adatto a te. – guardò Kanda annuire ancora, quindi alzarsi con decisione dal lettino diretto alla porta dell'infermeria. – Kanda-kun. – lo chiamò prima che uscisse e il giovane si bloccò davanti all'uscio, voltandosi appena verso di lui. – Niente colpi di testa, siamo intesi?

Tch. – fu la risposta di Kanda, mentre sbatteva la porta dietro di sé.

 

 

Un altro uomo sbucò dalla stanza adiacente appena il giovane giapponese ebbe fragorosamente richiuso la porta, rivolgendo uno sguardo significativo al suo capo. Reever, questo era il nome dello scienziato, affiancò il Supervisore, scuotendo la testa in modo molto eloquente.

– L'ha presa male vero? – domandò, e Komui sospirò sconsolato.

– Molto. – confermò. – Ma non posso dargli torto. Solo, mi spaventa quello che potrebbe fare.

– Credi che si farebbe del male? – azzardò Reever e Komui annuì, grave.

– Spero tanto che non lo faccia, ma ho paura che ci proverà. – confidò all'altro scienziato, che abbozzò un sorriso triste e gli posò una mano sulla spalla con fare consolatorio.

– Coraggio capo, portiamo a termine queste analisi, magari ci aiutano a far luce sulla faccenda. – lo esortò Reever, facendo strada verso i laboratori e Komui sospirò di nuovo, incamminandosi dietro di lui.

 

 

Kanda percorse con passo deciso la strada che lo separava dalla sua stanza, talmente preso dai pensieri che gli affollavano la mente che non vide nemmeno chi incontrava lungo il cammino. Il suo sguardo feroce, però, fisso davanti a sé, non mancò di spaventare più del solito i poveri malcapitati che lo incrociavano.

Non riusciva a capacitarsi che quella scintilla avesse prodotto un tale disastro, era sicuro che fosse svanita prima di toccarlo...

Maledizione! Che doveva fare adesso? A sentire Komui l'Innocence stava formando un qualcosa nel suo corpo, usando le sue cellule!

Oppure... Anche l'altra ipotesi gli risultava terribile da accettare, perché sapeva che era persino più plausibile. Sebbene avesse negato, era perfettamente consapevole di aver avuto un rapporto al ritorno da quella missione, quindi dopo che l'Innocence era entrata in lui.

Questo lo portava a credere che fosse stata solo un tramite e temeva avesse semplicemente messo il suo corpo in condizione di concepire, e... così la sua risolutezza nel non permettere quella nascita si indeboliva, al pensiero che potesse trattarsi di un figlio suo e di...

D'altro canto, se invece così non fosse stato, la prospettiva di crescere un mostro dentro di sé lo faceva impazzire, senza contare la vergogna di mostrare la sua condizione.

Si fermò di colpo, fissando il pesante uscio che gli si parava di fronte: non era certamente la sua stanza, senza rendersene conto era finito invece davanti alla biblioteca. Si affacciò con studiata indifferenza, trovandola stranamente deserta; così, si sedette sconsolato sul pesante divano, i gomiti puntati contro le gambe, e si prese il volto tra le mani riflettendo su cosa fare.

Come faccio a dirglielo? Come posso dirgli che non so cosa mi sta crescendo dentro?

Sospirò, appoggiando la fronte contro le mani intrecciate.

– Yuu? Come mai sei qui?

La familiare voce di Lavi lo fece trasalire. Tirò su la testa di scatto, voltandosi verso il giovane con aria sconvolta, come se fosse stato sorpreso a fare qualcosa che non doveva.

Kanda scosse il capo, riguadagnando la compostezza del viso e nascose prontamente ogni emozione dietro la sua facciata stoica; Lavi gli si sedette accanto, preoccupato.

– Ero sovrappensiero e mi sono ritrovato qui. – ammise in tono pacato.

– Yuu... Stai bene? – chiese Lavi e lo vide annuire, ma senza incontrare il suo sguardo, segno che mentiva. – Komui ti ha visto per i dolori allo stomaco?

– Era solo un po' di nausea, va tutto bene, mi ha dato qualcosa. – minimizzò, cercando di liquidare la questione in fretta.

Lavi gli sorrise, ma la preoccupazione non gli scomparve dal viso e Kanda non sapeva che altro dire per rassicurarlo.

– Tu non stai mai male, è strano, e... – iniziò ad argomentare Lavi e l'evidente apprensione nel tono della sua voce fece sì che non potesse terminare la frase: un "Tch" seccato di Kanda lo zittì brutalmente.

– Devo aver mangiato qualcosa di avariato, piantala di preoccuparti! – scattò il giovane con insofferenza; poi gli rivolse un ghigno compiaciuto. – Oppure è colpa tua, ed è per qualcosa che hai mangiato tu. – aggiunse fissandolo intensamente, sollevando un sopracciglio con aria accusatoria.

– Oh. – Lavi ridacchiò grattandosi la nuca. – Cercherò di lavarmi meglio i denti, promesso! – rispose avvicinandosi a Kanda e baciandolo senza preavviso.

Kanda lo scostò subito da sé, piano ma con decisione, guardandosi immediatamente attorno.

– Non qui, idiota! – sibilò contrariato. – Possono vederci! Bookman può tornare da un momento all'altro!

– Nella tua stanza? – propose allora il giovane, passandosi una mano fra quei capelli rossi e ribelli che l'altro tanto amava.

Kanda annuì, alzandosi, e Lavi fece altrettanto accodandosi a lui mentre usciva dalla biblioteca.

– Non seguirmi. – si raccomandò subito Kanda appena fuori la porta. – Ti aspetto stasera, come sempre, solita ora.

– Ho finito con i miei compiti, vengo con te, ti... – fece per proporre Lavi, ma non riuscì a finire la frase che Kanda lo zittì di nuovo con un tono che non ammetteva repliche.

– No. – ribadì secco. – Parli troppo e tocchi troppo. Voglio allenarmi in pace.

– Ma Yuu... – insistette il giovane, in tono lamentoso.

L'espressione ferita sul viso di Lavi fece sospirare il suo stizzoso interlocutore, che lo apostrofò con un altro "Tch" seccato, rivolgendogli uno sguardo rovente.

No. – ripeté lapidario.

– Ti prego, Yuu, starò seduto buono sotto un albero a guardare! Giuro che non ti darò fastidio! – supplicò allora il giovane.

Un altro, più profondo sospiro, sfuggì dalle labbra di Kanda, che scosse il capo.

Sapeva perfettamente perché Lavi insistesse tanto e non voleva che cercasse di fargli da balia, ma... quando faceva così non riusciva a dirgli di no.

Tch. – fu ancora una volta la risposta che oppose; girò sui tacchi, incamminandosi e lasciando il giovane impalato a fissarlo. – Sta bene – aggiunse senza voltarsi – ma fai un fiato e ti infilzo.

Sul volto di Lavi si fece largo il sorriso più dolce che Kanda gli avesse mai visto, se solo si fosse disturbato a guardarlo mentre gli parlava. Con quell'espressione radiosa stampata in faccia il giovane Bookman trotterellò felice dietro di lui.

 

Kanda avvertiva lo sguardo dell'altro su di sé, e questo lo metteva enormemente a disagio, cosa che prima d'allora non gli era mai successa. Non gli era mai importato di essere osservato da Lavi mentre si allenava, perché adesso era diverso?

Si sentiva... Certo. Adesso era diverso perché lui aveva paura che Lavi si accorgesse di qualcosa, che notasse una qualsiasi stranezza o peggio, che lui si sentisse male sotto i suoi occhi.

Ogni tanto lanciava una sbirciata di sottecchi al giovane, trovandolo assorto a seguire i movimenti che eseguiva con Mugen, concentrato nel rimanere immobile e in silenzio, l'espressione così ingenua da risultare disarmante.

Lo sforzo che stava facendo per non disturbarlo era quasi commovente, si vedeva che avrebbe voluto muoversi o dirgli qualcosa, ma si tratteneva... No, quello non era Lavi.

Kanda abbassò la spada di scatto, voltandosi verso il suo compagno, che lo fissò meravigliato.

– Se ho fatto qualcosa, mi dispiace, non volevo. – disse subito Lavi, assumendo un'aria costernata.

– Perché stai in silenzio? – la domanda di Kanda lo colse di sorpresa e il giovane sbatté le palpebre, guardandolo con l'unico occhio spalancato.

– Mi avevi detto... – balbettò confuso.

– Ma non mi aspettavo che lo facessi! – esclamò Kanda con un gesto di stizza.

– Ah, Yuu... – mormorò Lavi e gli sorrise con quella sua aria sbarazzina; il sorriso tipico di chi ha capito tutto del suo partner. Si alzò in piedi si avvicinò a lui a grandi passi e lo attirò a sé, abbracciandolo stretto. – Qualche volta dovresti dirmi cosa ti aspetti da me. – gli sussurrò, catturando le sue labbra in un bacio appassionato.

Dovrei dirglielo, ma poi non potrei... Non ci riesco.

– Yuu, sei così strano. – disse piano Lavi quando si separarono. – Sei sicuro di...

Kanda lo zittì con un altro bacio.

– Sto bene – lo rassicurò poi in tono burbero – solo un po' intontito, saranno le medicine di Komui.

Lavi annuì, ma non sciolse l'abbraccio, carezzandogli la lunga chioma corvina appena liberata. Kanda si strinse a sua volta a lui. Era così strano lasciarsi andare ai sentimenti, non si sentiva a suo agio quando permetteva che affiorassero.

– Hai fame? – chiese d'un tratto Lavi, attraverso la cortina di capelli scuri, cercando con le labbra il suo orecchio.

Kanda non rispose. Si limitò ad annuire, anche se non era vero: non aveva fame nemmeno un po', ma ammetterlo avrebbe solo contribuito ad aumentare la preoccupazione di Lavi e di conseguenza il suo comportamento iperprotettivo sarebbe peggiorato. Quindi, a malincuore, decise di mentire.

Il freddo improvviso del vento contro la sua pelle nuda lo riscosse da quei pensieri. Vide Lavi che si era chinato a raccogliere la giacca della sua divisa da sotto l'albero, per poi posargliela sulle spalle, tornando a sorridergli.

– Andiamo? – lo esortò; ancora una volta Kanda si limitò ad annuire, incamminandosi di fianco al giovane.

 

  
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