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Autore: Una Certa Ragazza    22/07/2011    4 recensioni
Quando il Generale Maggiore Roy Mustang subisce un attentato, a Riza Hawkeye non resta altro da fare se non vendicarlo. Ma chi si nasconde davvero dietro all'organizzazione terroristica che semina distruzione in tutto il paese? Nonostante le premesse non è una storia tragica. Royai con meno fluff possibile. Longfic, post-brotherhood e manga. Giallo per precauzione.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la mia prima Fanfiction. Se avete critiche (anche sul font, se risulta illeggibile ditemelo), consigli o pesci in facca da darmi non esitate! Si ambienta circa tre anni dopo il Giorno della Promessa, e fa parte di un progetto di long fic che sto realizzando e che cercano di essere il più canon possibile. Alcune note: Roy e Riza sono ormai di stanza a Ishbal e sono ancora in squadra con Havoc, Breda e Fuery, che però hanno sede stabile al Quartier Generale di East City. Roy infatti è comandante in capo di quest'ultimo, come lo era Grumman, ma sta lavorando alla ricostruzione di Ishbal. Le città nominate fanno parte di Amestris secondo le mappe che ho trovato in giro.
Buona lettura, miei venticinque lettori! *la linciano perchè ha citato Manzoni*.

Questa storia è dedicata a Jessica, la mia migliore amica, e ad Elena, mia sorella.
Spero che vi piaccia, ragazze!







 “E dopo avere diviso tutto, la rabbia, i figli, lo schifo e il volo
 questa è davvero l’unica cosa che devo proprio fare da solo.
 E dopo avere diviso tutto, neanche ti avverto che vado via
 ma non mi dire pure stavolta che faccio sempre di testa mia”
                                                                                “Viola d’Inverno”, Roberto Vecchioni
 
 
Quartier Generale di Central City, ore 10:30
 
La scrivania di Roy Mustang quel giorno era insolitamente in disordine. Fogli, penne e scatole erano sparsi ovunque in montagne precarie.
«Signore» sospirò Riza Hawkeye, entrando nell’ufficio «forse non avrebbe dovuto tirare fuori tutto il contenuto dei cassetti. Staremo qui solo pochi giorni, quando pensa di trovare il tempo per riordinare?»
«Non trovo più il rapporto. Potrebbe essere un problema, visto che la riunione è questo pomeriggio.»
«Il rapporto ce l’ho io.»
«Cosa? Lo cerco da ore! Perchè te l’avrei dato?»
«Proprio nell’eventualità che accadesse una cosa del genere, cioè che lei si dimenticasse dove l’aveva messo.»
«Oh. Suppongo che sia stata una mossa intelligente.»
«Le ho portato il caffè, Signore.»
«Grazie.»
Il Generale Maggiore Roy Mustang iniziò a guardarsi attorno, mentre sorseggiava rilassato il caffè.
Roy si sentiva perfettamente a suo agio nell’est, ma ogni tanto era bello tornare nel cuore dello stato con tutta la squadra.
Di solito aveva un sacco di lavoro da sbrigare, soprattutto a Ishbal, dove passava la maggior parte del tempo, perciò le sue visite a Central erano una specie di vacanza, inoltre era piacevole passare qualche giorno in un posto dove ogni angolo non gli ricordava la guerra.
Il Comandante Supremo Grumman aveva cura di riservargli tutte le volte il suo vecchio ufficio.
Gli occhi dell’uomo vagarono sui familiari scaffali di legno scuro e sulle scrivanie, in quel momento vuote visto che il resto della truppa si era dileguata causa pausa.
Roy non avrebbe mai potuto dimenticare i giorni in cui quel posto era stato vuoto davvero.
Riza colse lo sguardo di Roy. Sapeva a cosa stava pensando.
«Forse bisognerebbe chiedere al Fuhrer un altro ufficio.» disse la giovane, iniziando ad impilare ordinatamente alcuni dei fogli sparsi «Questo non è molto grande, e non c’è un ufficio personale per lei.»
«Da quando in qua hai queste manie di grandezza?» la prese in giro Roy, che aveva capito cosa sottintendeva il discorso del Maggiore. Poi tornò serio. «No, questo ufficio è un monito per il futuro. Per non ripetere gli stessi errori.»
«Come tenere troppo ai suoi subordinati?»
«No, come farlo capire alle persone sbagliate.»
«E pensa di farcela?»
Roy rise «Ci posso provare.» afferrò il giornale della mattina, che non aveva avuto neppure il tempo di guardare.
«C’è stato un attentato.» disse, incupendosi.
«Un altro? Dove?»
«Sempre a Ovest, al distretto militare di Wellesley.» continuò a leggere «Ci sono stati quattro morti, anche un civile.»
«Stanno mettendo a ferro e fuoco tutto l’occidente.» mormorò Riza.
Gli occhi di Roy si spalancarono mentre scorreva l’articolo «A quanto pare questa volta è stato un gruppo di abitanti di Pendleton.»
Riza ebbe un sussulto «Sono notizie attendibili? Dai cretesi delle città di confine me l’aspettavo...»
«Sì, loro cercano di riannettersi a Creta da quando abbiamo conquistato i loro territori. Non posso dire di essermi stupito quando sono iniziati gli attentati.»
«In quei posti c’è da sempre un gruppo di secessionisti» ammise Riza «ma Pendleton fa parte di Amestris da moltissimo tempo, ormai.»
«Già» fece Roy, pensoso «gli abitanti sono ben integrati, anzi, credo che sia raro trovare nella generazione attuale qualcuno che non abbia sangue misto.»
«Qualche idea sulle motivazioni, Signore?»
«Nessuna... ah, aspetta, qui dice che hanno rivendicato l’indipendenza della loro terra.»
«Mi sembrano un gruppo di esaltati.» commentò Riza «Non credo affatto che i loro concittadini siano d’accordo o abbiano una parte in questo.»
Roy annuì «Uhm...guarda. L’attentato è avvenuto con la stessa modalità degli altri: una bomba piazzata all’interno di edifici pubblici, nessuna informazione sull’ordigno e le stesse richieste. Tutte le volte i terroristi si fanno vedere ma non vengono presi.»
«Quindi sono alleati tra di loro e usano lo stesso metodo di sempre.»
«Ovvero prendersi gioco di noi e cercare di screditarci.»
«Se lei fosse nel Comandante Supremo che provvedimenti prenderebbe?»
«Nulla che quella volpe di Grumman non abbia già messo in atto. Mobiliterei l’intelligence, piazzerei uomini in incognito nei pressi dei possibili obbiettivi, effettuerei controlli incrociati per intercettare i fornitori... ah, e minaccerei leggermente Creta di riprendere i conflitti per indurla a disconoscere i terroristi – è probabile che le bombe vengano proprio da lì, ma penso che il governo non centri.  Ma soprattutto cercherei l’appoggio della popolazione. Metterei in chiaro che per farsi ascoltare da noi non era necessario uccidere nessuno, e che saremmo stati disponibili al dialogo, se non avessero usato la violenza. Organizzazioni terroristiche di questo genere di solito non hanno abbastanza mezzi per potersi permettere l’ostilità dell’opinione pubblica.»
«Da questo punto di vista si sono praticamente suicidati: con tutte quelle morti, specialmente tra i civili, la gente non vede l’ora che siano catturati.» constatò Riza.
«Possibilmente da morti.» disse Roy, sfogliando il resto del giornale. «Grazie a Dio tutto ‘sto casino non sta avvenendo sotto la mia giurisdizione.»
«Non capisco cosa credono di fare. Oltre a non raggiungere il loro scopo rischiano di alimentare un’ondata di xenofobia nei confronti delle loro etnie...»
Gli occhi di Roy si spalancarono. Guardò la pagina che aveva davanti, poi guardò Riza come se fosse stata la profetessa di una nuova religione, infine tornò alla prima pagina del quotidiano.
«Devo andare al tribunale militare.» disse, balzando in piedi e agguantando la giubba della divisa, che si era tolto per il gran caldo.
«Aspetti, Generale, vengo con lei!» esclamò Riza, confusa dal comportamento del suo superiore ma ben decisa a capire che cosa avesse in mente.
«No, Maggiore, tu rimani qui. Vai a cercare questi libri alla biblioteca.» scribacchiò qualcosa su un foglio e glielo tese «Trova tutte le informazioni disponibili sugli attentati, sia quelle diffuse al pubblico sia quelle degli archivi militari.»
«Ma questi sono i suoi vecchi libri di alchimia.» osservò Riza, leggendo il bigliettino.
«Esatto.»
«Che succede, Signore?»
«Non c’è tempo, il tribunale militare chiude a mezzogiorno. Fai quello che ti ho detto e non preoccuparti, sarò di ritorno immediatamente.»
«Sissignore.» rispose Riza, facendo il saluto militare, di malavoglia ma senza lasciar trasparire troppo il suo disappunto.
Roy era già sparito oltre la porta.
 
«Grazie mille, Sheska.» disse Roy, entrando nell’archivio speciale.
«Si figuri, Signore.» rispose la giovane, facendo un breve inchino e pensando che questa volta se non altro era tutto legale, visto che il Generale aveva libero accesso a quei documenti «Ora però dovrei tornare nell’altra ala, se non ha bisogno d’altro.»
«Non c’è problema, da qui in avanti sono a posto. Grazie mille.»
Sheska eseguì il saluto militare e sparì nel corridoio.
«E ora, al lavoro.» disse Roy tra sé e sé, estraendo un fascicolo dallo schedario con la lettera K.
«Ci rincontriamo, Roy Mustang.» fece una voce dietro di lui.
Roy chiuse la cartella con tutta calma e si voltò con estrema lentezza.
Sul suo volto si dipinse un espressione d’orrore quando vide gli occhi rossi e la carnagione scura dell’intruso «Tu...»
«Che hai, Generale? Non avevi già capito chi c’era dietro tutto questo?»
«Sospettavo.» ammise Roy, riprendendosi e irrigidendo la mano destra, pronto a schioccare le dita. «Ma questo va oltre le mie aspettative.»
«No, sei tu ad essere andato oltre le mie aspettative.» rise l’altro. Era una risata malata, da folle, ma in un certo senso aveva in sé una nota elegante. Non stonava affatto con quella voce. «Ho sottovalutato l’eroe di Ishbal. Gli uomini come me tendono a non dare troppo peso ai miti, sai... una vera fortuna che il nostro piccolo fuoco d’artificio fosse previsto per oggi, e una fortuna anche maggiore che io ti abbia visto entrare qui dentro. Uno come te avrebbe anche potuto uscirne vivo.»
Roy adorava la mania dello sproloquio tipica dei pazzi criminali. Aveva qualcosa a che fare col loro ego. In ogni modo gli aveva offerto tutto il tempo necessario a calcolare la giusta concentrazione di ossigeno per non finire arrostito anche lui in quell’inferno di carta.
Sollevò la mano per colpire e nello stesso istante percepì una presenza alle sue spalle. Si girò di scatto, producendo una fiammata che il suo nemico non riuscì ad evitare del tutto.
L’uomo urlò quando il fuoco ustionò il suo braccio.
Roy non fece in tempo a fare nient’altro perché sentì un forte dolore alla testa.
Sarebbe caduto in ginocchio se la persona che l’aveva colpito non l’avesse spinto mandandolo a sbattere con violenza contro gli schedari.
 «Toglieteli i guanti e legatelo.» ordinò l’uomo di Ishbal «Tu, Bingley» disse, rivolgendosi al ferito «raggiungi gli altri e fatti curare. Sei fastidioso quando ti lamenti.»
Roy ebbe un’ultima, disperata reazione e cercò di far schioccare le dita, ma la botta era stata talmente forte che la mano non rispondeva più a dovere.
Sentì che entrambi i guanti gli venivano strappati di dosso, poi la sua vista, annebbiata e divorata da buchi neri che gli impedivano di vedere con chiarezza quello che gli stava attorno, distinse la sagoma dell’uomo dagli occhi rossi che gli si avvicinava.
«Signori» disse quello ai suoi compagni, cha a giudicare dal rumore dei passi dovevano essere due «Vi presento l’Alchimista di Fuoco.»
Roy sentì gli altri due trascinarlo e legarlo con una corda d’acciaio ad uno dei pali di sostegno di un pesante scaffale di metallo, poi l’uomo si chinò su di lui «Mi deludi, Mustang. Dopo tutto questo tempo non mi conosci ancora? Non sono un pazzo qualunque.»
Guardò l’orologio «Ops, ora devo andare. Sai, quando si fa esplodere un edificio sarebbe meglio non esserci dentro.»
I suoi silenziosi compagni lo precedettero fuori dalla porta, mentre l’uomo si girava verso Roy un’ultima volta, facendo il gesto di togliersi un immaginario cappello a mo’di saluto.
«Sei tu che mi deludi.» mormorò tra sé e sé Roy quando l’altro se ne fu andato «Sarebbe meglio informarsi sulle abilità del nemico, in vista di uno scontro.»
I suoi polsi erano legati strettamente, ma le mani erano libere nei movimenti.
Con fatica, contorcendosi un po’, riuscì a congiungere i palmi tra di loro.
Non usava spesso quella forma di alchimia, ma ormai si era abituato alla sensazione che una tempesta di elettricità gli stesse correndo nelle vene.
Tempesta che in qualche modo andava scaricata.
Roy premette con urgenza le mani sul palo e lo sentì modellarsi sotto le sue dita.
Stringendo i denti e ignorando il dolore, cominciò a muovere i polsi in modo che la corda sfregasse contro il seghetto che aveva appena creato.
Presto, più presto...
Un boato lontano. Il fragore di pareti che crollavano, un rumore che conosceva fin troppo bene.
“Scusatemi, tutti quanti.” pensò “E più di tutti tu, Riza, perdonami ancora una volta.”
 
Riza aveva mandato a prendere i libri ed era andata a cercare tutta la documentazione esistente sugli attentati.
Era appena entrata nell’ufficio per leggerli con tutta calma quando il telefono squillò.
«Maggiore Hawkeye, una chiamata per lei dal Fuhrer. È della massima priorità.» il centralinista non attese una replica e la mise direttamente in comunicazione con il Comandante Supremo.
«Signore?» rispose Riza all’apparecchio, appoggiando la pila di fascicoli sul tavolo di fronte a lei.
«Riza» disse la voce dall’altro capo del filo «adesso devo dirti una cosa e... oh, mio Dio... promettimi che sarai forte, bambina mia.» non furono tanto le parole di suo nonno quanto il tono con cui le aveva dette a far crollare il terreno sotto i piedi di Riza.
Quella voce suonava al suo orecchio come una campana a morto, mentre il suo cuore sprofondava in qualche abisso e annegava.
«Cosa...cos’è successo?» per un attimo tornò la ragazzina che aveva visto morire suo padre, aggrappata alla soglia della sua camera da letto.
«C’è stata un’esplosione al tribunale militare. Il Generale Mustang è rimasto coinvolto e...»
La cornetta del telefono cadde.
 
 
 
 
 

   
 
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