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Autore: Hagne    24/07/2011    1 recensioni
"Svein poteva aver avuto le sue motivazioni per comportarsi a quella maniera , ma erano tre anni che lei reprimeva i suoi sentimenti , tre anni che voleva solo cancellare dalla sua memoria .
- Sai qual è la cosa più triste di tutta questa storia – cominciò con voce spenta e gli occhi tornati lucidi fissi in quelli di Svein – mi sono innamorata di te dal primo momento , ti ho amato per tre anni e tu non te ne sei mai accorto .
Una confessione che l’aveva svuotata di tutto , rabbia , dolore , tristezza , ora , l’unico sentimento che la portava a sorridere sofficemente era l’amarezza .
L’amarezza che si rifletteva nei suoi occhi scuri ..."
Una storia senza pretese di una stilista in erba , un modello ambizioso e un grande fraintendimento .
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se qualcuno le avesse chiesto di richiamare alla mente  il periodo più deprimente che ricordava di aver vissuto nei suoi sudati venticinque anni , Amelia avrebbe pensato senza remora alcuna ad un unico e solo periodo storico che l’aveva vista vittima delle angherie più crudeli che  una diciassettenne spaurita potesse mai vivere sulla propria pelle .
Il liceo .
Quella grottesca costruzione in cemento armato dai tetti spioventi color melanzana che l’aveva gettata in un serraglio di bestie bizzarre e maleodoranti , un mondo parallelo nel quale non eri più trattato come un essere umano ,  ma come l’esemplare più brutto e disgustoso che ci  potesse essere  su quello sputo di pianeta . 
Lei stessa , nel varcare quell’antiestetiche porte antincendio non era stata più Amelia Grimaldi , ultimo esemplare di una cucciolata di aitanti italiani bruni e affermati nel mondo del lavoro , figlia di due Hippy poco cresciuti , espatriati dalla calda penisola a stivale per cercare fortuna in quella fetta di mondo , nella decantata terra promessa .
Al suono della campanella , quando il suo viso dal pallore cadaverico aveva raggiunto la stessa tonalità dei suoi strambi capelli arancioni ,  il suo nome era come scomparso dall’anagrafe , sostituito dal nomignolo che una stangona bionda le aveva affibbiato , indicandola con le unghie laccate di rosso .
Amelia- dai – capelli –strani .
Quello il nome che l’aveva perseguitata per anni , persino nell’annuario che Taylor Moore aveva gentilmente fatto modificare con il soprannome che lei stessa aveva affibbiato alla povera Amelia .
Taylor Moore poteva essere vista come l’eccezione alla regola , la prova che a quel mondo c’era qualcosa di immutabile , di certo , perché in ogni liceo c’era sempre la bionda cheerleader , mangiatrice di uomini che ti trattava come l’ultima ruota del carro , l’atteggiamento che la ragazza aveva sempre riservato a  lei e lei sola .
Sua madre Andrea aveva minimizzato le crudeltà della cheerleader con la scusante che erano ancora giovani , stupidi e non consapevoli del male che le proprie azioni potevano arrecare agli altri , una giustificazione che Amelia aveva adottato fino al punto di rottura .
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso , il colpo basso che la Moore le aveva rifiato era stata la prima cattiveria che l’aveva portata a piangere per la vergogna ,  ed era stata la prima volta che non aveva reagito come suo solito , mandando al diavolo tutti  e controattaccando  con degli scherzi che i suoi stessi fratelli architettavano e le inviavano per fax , o via skype .
A pensarci bene  , anche  a distanza di tanti anni , Amelia continuava a pensarla come una bassezza , un gesto crudele che l’aveva fatta scappare in lacrime dal ballo  di fine anno sotto lo sguardo derisorio di tutto il corpo studentesco .
Perché tutte , almeno una volta nella vita avevano amato il belloccio del liceo , il giocatore di basket dalla folta chioma bionda e dal sorriso orgasmico , e persino lei era capitolata sotto gli occhioni blu di Adam Miller , anche se con più discrezione .
E come ogni adolescente che si rispetti , quando il ragazzo aveva mostrato un certo interesse per lei , un vero interesse per il suo bel viso e non per i suoi compiti ,  Amelia era caduta nella trappola con tutte le scarpe .
Adam l’aveva corteggiata per un anno intero , ininterrottamente , inconsapevole delle bestemmie dei suoi fratelli e dei loro tentativi di accoppare il giocatore con un colpo di spranga ben piazzata nelle gambe  o una borraccia di cianuro accuratamente nascosta nello spogliatoio maschile .
Ed era stato un sogno ad occhi aperti quando l’aveva invitata al ballo , a quel ballo che tutte desideravano passare con la propria anima gemella , il ballo che aveva visto lei con gli occhi di un panda per il mascara sciolto dalle lacrime e la risata divertita di Adam a ricordarle quanto fosse stata stupida .
L’aveva presa in giro su consiglio di Taylor , aveva giocato con i suoi sentimenti , l’aveva fatta innamorare per poi pugnalarla alle spalle e ridicolizzarla davanti a tutti senza la minima sfumatura di dispiacere .
Avevano esagerato , tutti quanti , e lei era scoppiata .
Non si era limitata a fuggire via in preda ai singhiozzi , non era nel suo carattere mostrare un lato tanto debole .
Fuori dalla palestra addobbata aveva scassinato l’armadietto del giardiniere , e rubata una tanica di benzina e un fiammifero dal giubbotto di un giocatore aveva fatto saltare in aria la  Land Rover grigio metallizzata che Adam sembrava amare più di se stesso .
Una vendetta che le era valsa l’aggiunta di un altro segmento al suo già lunghissimo soprannome .
Amelia -la-pazza-dai-capelli-strani .
Dopo tanti anni , Amelia aveva creduto davvero di aver superato quella fase , di aver messo una pietra sopra a tutta la sofferenza che Taylor le aveva causato .
Cazzate , grandi , abnormi cazzate .
Non aveva perdonato Taylor , anzi , se l’avesse avuta davanti le avrebbe tagliato la fola con il taglierino che aveva in mano .
Non aveva dimenticato il nomignolo , le prese in giro , le cattiverie , il senso di soffocante solitudine che l’aveva accompagnata per tutto il liceo .
Neanche ora che era una stilista affermata , con una collezione in uscita nelle  boutique più in di New York riusciva a non sentirsi sommergere da tutti quei ricordi , e al diavolo la maturità che doveva aver raggiunto alla sua età , nessuno avrebbe potuto cancellare un passato orribile come il suo  .
Specialmente ora  , con quell’invito per una rimpatriata con  i vecchi amici del liceo tra le mani ,  Amelia non riusciva ad immaginare un lieto fine per se stessa e per l’omicidio della Moore che il suo inconscio stava già meditando  .
Era impensabile ipotizzare la buon riuscita di quella serata , in particolar modo se si fosse presentata da sola al suo vecchio liceo , perciò aveva visitato  tutti gli studi fotografici di  Manhattan in cerca dell’unico vero amico sul quale potesse contare .
- Ehi Svein , hai visite – gracchiò con voce stridula un hair-stylist alla sua destra , ricevendo una parolaccia in norvegese che l’uomo tutto ingellato incassò con un ringhio sommesso .
- Fa come vuoi , manderò via Amelia . Coraggio bambola , il ghiacciolo del nord non ha tempo per noi comuni mortali – cantilenò civettuolo l’hair-stylist  , sorridendo  di sbieco nel sentire i passi frettolosi del modello alle sue spalle .
Amelia si concesse allora un sorriso caloroso quando Svein Ibsen le si parò davanti in tutta la sua terribile bellezza , perché quel ragazzo era davvero troppo bello per essere vero .
Ancora oggi si chiedeva come diavolo avesse fatto per  farlo diventare il suo migliore amico nonché coinquilino di casa per la bellezza di tre anni , un miracolo per il quale  aveva  però dovuto  sudare tutto il suo guardaroba invernale e metà di quello primaverile .
Infatti , il loro primo incontro era stato traumatico per entrambi , per lei lo era stato di  certo quando si era ritrovata a difendersi con ago e filo dagli attacchi isterici del modello e da quegli agghiaccianti lapislazzuli che il norvegese aveva come maledetti bulbi oculari quando l’avevano freddata con un occhiata omicida  .
Lui era stato il primo vero  professionista che aveva avuto per indossare  i suoi abiti ,  mentre le case di moda , capito il suo potenziale se la giocavano con regali e con modelli da dover vestire a suo piacimento , in stile barbie , e quello che le avevano inviato quella volta era stato il peggiore di tutti .
Brusco nei modi , acido nelle risposte , arcigno negli sguardi e menefreghista negli atteggiamenti , qualità che le avevano fatto partire un embolo per la rabbia se non fosse stato per un piccolo e insignificante particolare , Svein era tragicamente bello , così bello da essersi giocata qualche coronaria nell’osservarlo .
Perché Svein Ibsen era schifosamente bello , così perfetto tanto nel viso quanto nel corpo da rappresentare per lei la terra promessa , l’eden , la sua personale bambola da vestire e svestire  con le sue creazioni .
Perciò non aveva demorso , ad ogni ringhio aveva risposto  con un grugnito , ad ogni maledizione in norvegese aveva risposto con le peggiori parolacce del  vocabolario italiano e alle sue continue critiche sui suoi capelli aveva semplicemente alzato il dito medio  con un bel colorito ‘vaffanculo in risposta .
A quel punto , qualunque persona sana di mente l’avrebbe giustamente mandata a quel paese con un calcio nel posteriore , invece lui sembrava averla presa in simpatia se per simpatia si intende una carezzina sulla testa e un ghigno strafottente .
E seppure fosse  stato davvero  patetico da parte sua , se ne era innamorata perdutamente , persino l’attrazione per Adam le era sembrata la cottarella di una bambina dell’asilo , perché più che della sua bellezza Amelia si era innamorata della sua anima , di quel sorriso triste e amaro che a volte metteva sù pensando di non essere visto , e in lei era cresciuto una insana voglia di proteggerlo , di stargli accanto e farlo sentire amato .
Ci aveva provato ad essere normale almeno  in quello , ma le cose le erano sfuggite di mano come sempre , perché Amelia non aveva mezze misure , se diceva che una cosa era nera poteva anche essere effettivamente blu ,  ma per lei avrebbe continuato ad essere nera , per questo i suoi modi di proteggerlo avevano lasciato molto a desiderare .
Il fotografo che dietro le quinte del servizio gli aveva fatto capire tra le righe che se voleva avere la sua foto in prima pagina avrebbe dovuto farsi fottere come si deve ,  Amelia lo aveva rinchiuso nell’ascensore per sedici ore  , per dispetto .
Alla scrittrice che era stata incaricata di pubblicare un articolo sulla sua vita passata  , e che lo aveva ricattato di far sapere a tutto il mondo la sua infanzia da orfano malvoluto se non fosse andata a letto con lui  , aveva rasato i capelli nel sonno e ne aveva fatta una gonnellina piuttosto graziosa per il barboncino della donna .
Il  modello che , per gelosia , aveva provato a fargli cadere addosso un enorme muro di cartongesso usato nel videoclip che stavano girando  , lei lo aveva tramortito con una mazza da baseball prima di abbandonarlo in una comunità di barboni che gli avevano rubato portafogli e carta d'identità . 
Delle vere e proprie spedizioni punitive che , ovviamente , non erano passate inosservate , specialmente a Svein .
Sarebbe stato un azzardo pensare che lui non se ne fosse accorto , questo Amelia lo aveva sempre saputo , ma nulla le aveva impedito di sperare in qualche miracolo o manna dal cielo che , come era altrettanto ovvio ,  non venne mai .
Anzi , Svein l'aveva presa davvero male , tanto male da urlarle contro di farsi gli affari suoi , di continuare a fare il suo lavoro e di non intromettersi , perchè lei non aveva nessun diritto di entrare nella sua sfera privata , tutte cose vere e giuste  , eppure lei non aveva più retto ed era scoppiata a piangere .
Non un pianto silenzioso e dignitoso , ma un pianto osceno , con tanto di naso gocciolante e guance rosse per lo sforzo di trattenersi , e lei gli aveva vomitato addosso parole sconnesse , intervallate da vergognosi e imbarazzanti singhiozzi , lasciandosi sfuggire una mezza confessione su quanto lui fosse importante per lei , su quanto tenesse a lui più di ogni altro , un insieme di squittii e tirate di naso che le erano valse uno sguardo sconcertato di Svein .
Non si erano più visti per una settimana , con lei che lo evitava e lui che le stava alla larga come se fosse un appestata  , fino a quando non li aveva visti .
Era stato una coincidenza , un terribile e crudele gioco del destino che l’aveva portata a correre dal direttore della casa di moda nella quale Svein lavorava per dare le dimissioni e darsela a gambe levate , solo che Amelia non aveva trovato solamente  il direttore , ma anche il terribile norvegese che le aveva reso la vita impossibile e che baciava con espressione rilassata il suo capo .
Una scena raggelante che l’aveva lasciata con gli occhi che le ballonzolavano fuori dalla orbite e un urlo oltraggiato incastrato in gola , e il suo sogno d’amore era svanito , scomparso , cancellato da quell’immagine che le si era impressa a fuoco nella cornea e nel cervello .
Il ‘crack  del suo cuore era stato più silenzioso di quanto si sarebbe mai aspettata , come era stata silenziosa la goffa fuga nonostante i due uomini si fossero accorti di lei e di essere stati scoperti  .
E lei lo aveva atteso fuori dallo studio con gli occhi bassi e il cuore in mano oramai ridotto in brandelli  , solo per chiedergli scusa e poi  emigrare in un altro Stato con la coda tra le gambe .
Aveva riconosciuto i suoi passi ancor prima di alzare gli occhi lucidi , ma non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che lui le aveva accarezzato la testa con dolcezza prima di strapparle la promessa di lavorare insieme da lì in avanti .
Ed eccola là , con un coinquilino omosessuale del quale era perdutamente innamorata ma per il quale rimaneva solo Amelia-la-mia-amica-stilista .
Chissà se ci sarebbe mai stata una volta in cui qualcuno l’avrebbe trattata come Amelia-e-basta  , per il momento si limitava ad essere amica di quell’adone  , anche se era un grande ed enorme  spreco per tutto il popolo femminile che proprio lui fosse dell’altra sponda , lo pensava anche in quel momento mentre metteva sù  il suo ghigno affettuoso , un ossimoro inconcepibile .
Era bello Svein con i suoi capelli biondissimi , lunghi e lucenti  come una cascata di raggi di luna , perfetto con quei lineamenti felini di un tronfio gatto della Siberia .
 Elegante nel suo sorriso smorzato di labbra rosse e sottili e divino nell’etero pallore della sua pelle .
- Che cosa diavolo  ci fai qui ?
E tenero come potrebbe esserlo un morso alle palle .
Amelia gonfiò le guance con aria offesa , rigirando l’invito tra le dita affusolate mentre il modello con cui Svein stava posando tendeva l’orecchio per ascoltare la loro conversazione .
- Allora ? Non ho tempo da perdere IO !
Brutto zoticone senza cervello avrebbe voluto ringhiare , ma lui le serviva , lui era necessario per non cadere in una crisi isterica .
Per quello gli sorrise accondiscendente , sfarfallando gli occhi nocciola e sperando che la moltitudine di lentiggini che Svein aveva sempre trovato tenere  potesse in qualche modo andarle in soccorso .
Così fu  dal momento che il modello smorzò l’aria arcigna per rivolgerle uno sguardo più indulgente .
- Allora ?
- Bè- tergiversò con aria contrita – ci sarebbe un incontro con i miei compagni di liceo , con tutti i miei compagni di liceo e volevo chiederti se…
- Se mi andava di accompagnarti per evitarti di uccidere la Moore e crocifiggere Miller con gli stuzzicadenti dell’aperitivo ? – continuò per lei , zittendola con un occhiata saputa che le fece saltare un capillare per il nervoso .
Ora Amelia capiva che l’aver raccontato tutto a quel farabutto di Svein era stata una terribile terribile idea  , così facendo si era scavata la fossa da sola .
- In poche parole si , ma se hai da fare capirei , potrei …
- Verrò .
Un ‘oh di sorpresa stava per abbandonare le sue labbra  quando vide il collega del modello aprire e richiudere subito la bocca sotto lo sguardo omicida del biondo .
- Sei sicuro di essere libero ? – chiese con meno convinzione , sentendo sfumare la possibilità di mettere in ridicolo Taylor .
Svein le riservò uno sguardo altezzoso , sventolando la mano come per scacciare una mosca particolarmente fastidiosa .
- Ho detto che verrò . Punto . Ora tornatene a casa , vedremo di renderti quantomeno umana per stasera – la canzonò con quel suo accento straniero che normalmente le faceva battere il cuore ma che in quel momento stava dando una scossa ai suoi neuroni scazzati da tanto sarcasmo .
- Renderti quantomeno umana – gli fece il verso , facendogli un gestaccio prima di dirigersi verso l’uscita dello studio – ti faccio vedere io chi è Amelia Grimaldi – mugugnò infine , non accorgendosi del sorriso intenerito che Svein le aveva lanciato prima di tornare  a mettere la solita faccia scura che sembrava tanto attirare le donne come api .








°°°

 





- Ti  faccio vedere io chi è Amelia Grimaldi ‘sto paio di palle ! – strillò un tantino isterica , facendo vibrare persino lo specchio nel quale si stava rimirando  da più di mezz’ora .
 Perché erano le otto , ed Amelia era ancora in intimo , con dei terribili bigodini rosa nei capelli  e il volto stanco di chi ha dovuto attraversare il deserto del Gobi in due giorni .
Non che avesse fatto chissà quale sforzo sovrumano in quelle quattro ore , e quello  che la faceva strillare come una banshee assetata di sangue era il fatto che  , in effetti , non aveva davvero fatto nulla se non mettersi lo smalto alle unghie e scegliere l’unico completino intimo degno di quel nome .
Era sempre stata una frana con il trucco , perciò non aveva osato metter mano alla specchiera di Svein che sapeva ricolma di ombretti , rossetti e phard , e non aveva trovato nulla da mettersi , lei , una  stilista !
Gettò un occhiata alla radio sveglia sul suo comodino e per poco non si soffocò con la sua stessa saliva .
Erano le otto e dieci e lei avrebbe dovuto essere al suo liceo alle nove !
Sapeva di trovarsi sotto quintali di letame di mucca , e a rendere la situazione ancora più disperata , Svein non era ancora tornato a casa , non l’aveva neanche chiamata per avvisarla del suo rientro come era solito fare .
Come se davvero il suo coinquilino avesse udito le bestemmie in fiorentino  che gli stava tirando addosso  ,  il telefono cominciò a squillare ,  e senza esitazione pigiò il tasto verde con un diavolo per capello .
- Tu – cominciò , interrotta però da una voce maschile che non era assolutamente  quella di Svein .
- TU brutto idiota ! Cosa significa che hai cancellato il servizio con Valentino , dico io , Valentino ! Cosa diavolo devi fare di così importante da far infuriare uno stilista del suo calibro ?
Amelia percepì distintamente la morsa alla stomaco che la costrinse a prendere posto sul letto prima di tirare una capocciata contro un comodino nel lasciarsi cadere a terra .
Perché quella era la voce di Samuel , il suo capo , il presidente della casa di moda dove lei e il suo coinquilino lavoravano , l’uomo che aveva baciato il modello e che lei odiava sopra ogni cosa .
 Lo stesso presidente che la stava facendo sentire una dannata egoista , una pessima amica e una donna senza arte né parte , perché Svein aveva disdetto l’incontro più importante della sua carriera di modello per …per accompagnarla ad uno stupido incontro con i suoi compagni di liceo .
Lui aveva dato buca a Valentino per accompagnare lei ad una festa pietosa .
L’istintiva felicità nata a quella notizia fu completamente sotterrata dal senso di colpa che ora le inondava gli occhi di lacrime , distrutta dalla presa di consapevolezza di aver appena rovinato la carriera all’uomo che amava .
Ecco , ora si sentiva Amelia-la-stronza-sfascia-futuro .
- Sono a casa – la avvisò dalla sala principale la voce pacata di Svein .
Ed io sono una stronza  , rispose prontamente la sua coscienza .
In uno slancio di disperazione post-trauma  si lanciò fuori dalla camera da letto con il viso inondato di lacrime , fiondandosi sull’alta figura dell’uomo che fu sul punto di sfracellarsi contro il pavimento quando un piccolo vortice arancione si arpionò alla sua camicia .
- Sono una stronza – piagnucolò con il naso gocciolante , affondando il volto nel tessuto morbido dalla camicia .
Il modello inarcò un sopracciglio con aria stranita , dandole qualche piccola pacca sulla schiena .
- Lo so .
- Ed un egoista .
- Ovvio .
- E stupida .
- Questa non è una novità – le rispose prontamente , intensificando le pacche sulla sua testa .
Amelia a quel punto si chiese se davvero lui la stesse ascoltando , decidendo allora di testare la serietà del suo coinquilino .
- Ed ho appena deciso di trasferirmi a Cuba e contribuire al commercio di stupefacenti con le piantine che nonno Alfredo mi manda dall’Italia .
Le pacche smisero di picchiettarle sul cuoio capelluto d’improvviso , sostituite dal forte scuotimento di braccia con cui Svein la sballottolava come un dannato pungiball prima di cominciare a riempirla di insulti in norvegese .
E dal momento che lei non capiva un accidenti di norvegese , decise di zittirlo con grugnito di insofferenza che sembrò sortire l’effetto sperato .
- Amelia ?
- Si ? – mugugnò , fattasi piccola piccola sotto lo sguardo inceneritore del coinquilino .
- Sono le otto – la avvisò stizzito .
- Lo so .
- E tu sei ancora in mutande .
- Lo vedo .
- E potresti cortesemente spiegarmi perché ?
Svein cominciava ad alterarsi , questo lo capiva dal modo in cui contraeva la mascella nonostante la sua mimica facciale fosse difficile da tradurre , ma dopo tre anni di convivenza poteva dire con certezza che si stava arrabbiando , il che non era effettivamente il suo obbiettivo primario nella vita .
- Perché non voglio più andarci .
Amelia capì di aver appena detto qualcosa di estremamente sbagliato quando lo vide assottigliare quei dannati lapislazzuli , uno sguardo che se avesse potuto l’avrebbe trasformata in una frittatina  bruciacchiata .
- Non credo di aver capito bene – le sibilò a un millimetro dalle labbra , facendole partire l’ennesima coronaria per lo spavento .
- Non voglio più andarci . Punto .- tornò alla carica , mettendo il broncio e dandogli le spalle per chiudersi in bagno .
Il suo migliore amico non doveva però essere dello stesso avviso dal momento la trascinò di peso nella sua camera , gettandola  sul letto con un ringhio sommesso , chiudendo la porta a chiave e fulminandola con quei dannati occhi .
- Cosa diavolo significa che non vuoi più andarci ?
Era spazientito , lo dimostrava il fatto che aveva cominciato a camminare in tondo , eppure poteva leggere una sorta di amarezza in fondo agli occhi azzurri di lui , una specie di delusione che le  rimescolò tutto il sistema circolatorio .
- Non puoi comportarti sempre come una bambina , prima mi costringi a venire e poi ti tiri indietro , non è così che ci si comporta Amelia – la sgridò con un lieve tremore nella voce .
Solo che era lei quella che tremava ora .
Perché lei non lo aveva costretto , non lo aveva ricattato , gli aveva solo chiesto un favore , ma se lui vedeva ogni sua richiesta come una costrizione era meglio mettere subito le cose in chiaro ed andare a letto prima di allagare la stanza con le sue lacrime .
Gli avrebbe detto cosa pensava di tutta quella situazione , lo avrebbe affrontato con voce ferma e …
- Io non ti ho costretto a fare un bel niente !
Si schiaffò mentalmente il viso a quel pigolio imbarazzante , ma se le tremavano le corde vocali non era colpa sua , era colpa delle parole di lui e del loro significato .
Non voleva essere una palla al piede .
Non voleva essere una costrizione , meno che mai per lui .
Svein sembrò capire la gaffe quando tornò a guardarla negli occhi scuri ora pieni di lacrime , perché lei proprio non ce la faceva a rimanere impassibile , era sensibile LEI .
Il volto del modello si adombrò in un misto di dispiacere e rammarico che le mandarono in pappa il cervello , ma quello non era il momento per le sue fantasie da svitata .
- Avresti fatto meglio ad andare da Valentino piuttosto che sprecare tempo con una bambina – si lamentò prima di sorpassarlo senza guardarlo negli occhi , scassinando la serratura con una delle mille forcine che aveva nei capelli .
- Ed io avrei fatto meglio ad invitare qualcun altro , scusa per essere sempre una palla al piede .
Il suo monologo poteva dirsi concluso lì se non fosse stato per lo strattone con cui Svein l’aveva letteralmente scaraventata contro la parete opposta .
E fu allora che Amelia si ritrovò a sbiancare vistosamente nel vedere quanto fosse arrabbiato l’amico  , e quanto le sue parole sembravano avergli fatto male , perché sembrava ferito , ed era furioso e amareggiato , un mix di sensazioni che la lasciarono ansimante e sconvolta .
- Svein ? – provò a richiamarlo , ma lui le ringhiò di rimando , stritolandole un polso nella grande mano gelida .
- Avresti preferito invitare qualcun altro ? E chi di grazia ? Quell’idiota di Sebastian che ti fa il filo ? O quell’altro svitato di Paul ? – insinuò con voce melliflua , restringendo le palpebre in una sottile striscia di azzurro intenso .
Cominciava  a farle paura , molta paura .
Il viso era accartocciato in una smorfia irritata  , mentre le labbra rosse erano contratte in una linea così dura e dolorosa che facevano male solo a vederle così tese .
- Svein , mi fai male ! – sussurrò , irrigidita in quella presa che le faceva male .
Fu allora che l’amico tornò in sé .
Si scostò da lei con le pupille dilatate e le labbra schiuse in una posa incredula prima di nascondere sotto la frangia il suo sguardo .
- Vai di là , ho portato l’abito di punta della tua collezione, credo che sia perfetto per questa serata . Ti aspetto qui .
Amelia annuì con poca convinzione , trascinandosi con aria stralunata nel salottino dove le buste della sua boutique facevano bella mostra di sé .
Ci mise cinque minuti per indossare il grazioso abito color cioccolato , sistemando il corpetto rigido   e  i boccoli arancioni appuntati su un lato del capo con un delicato fiore di pesco in raso .
Non aveva però  voglia di tornare da Svein , era ancora sconvolta dal suo comportamento , ma erano in ritardo , ed era tempo per loro di cominciare ad avviarsi .
- Ehi ! – lo chiamò , facendo capolino dalla porta con un sorriso delicato in volto .
Svein le sorrise un po’ rigidamente , invitandola con un cenno della mano a farsi vedere, e quando lo fece , Amelia giurò di aver visto un lampo di desiderio adombrare gli occhi di Svein prima che lui tornasse ad indossare la solita espressione distaccata .
- Sei passabile .
Mise il broncio a quell’uscita , battendo i piedi con fare stizzito .
- Sei il solito cafone ! Ed io che pensavo di essere bellissima – si vantò civettuola ,  smuovendo un po’ la gonna svolazzante , per nulla convinta delle sue parole .
E di sicuro Svein stava per darle il colpo di grazia con qualche altro insulto  , ma non fece nulla del genere  , scosse la testa come per togliersi dalla mente chissà quale pensiero molesto prima di porgerle il braccio con un sorriso .
-  Vogliamo andare ? – la invitò con un portamento invidiabile , facendola arrossire un po’ per l’imbarazzo .
- Tanto sarà di una noia mortale – borbottò di rimando , contenta però di riavere con sé il solito e vecchio scorbutico Svein , l’impassibile e altezzoso norvegese tanto dissimile dall’uomo istintivo e passionale che l’aveva sbattuta contro la parete poco prima e che sembrava volerla baciare , anche se quell’ultimo particolare era probabilmente il frutto delle sue fantasie perverse e senza senso .









°°°
   





Se Amelia aveva erroneamente pensato che la festa  sarebbe stata di una noia mortale , capì  di aver utilizzato un aggettivo estremamente ottimista per quella serata che si preannunciava ancor più tragica di quanto già non fosse .
Come c’era da aspettarsi , la figura elegante di Svein aveva attirato gli sguardi femminili e maschili di tutti i suoi vecchi di compagni che le si erano rivolti con risolini imbarazzati e nomignoli agghiaccianti .
Per tutta la serata si era sentita chiamare cara  , dolcezza e tesoro da quelle oche giulive che ai tempi del liceo la chiudevano nel bagno delle ragazze , o che le nascondevano   pacchi di  sigarette nella tracolla per farla sospendere .
Ma colei che si era davvero superata era stata lei , Taylor Moore , ossigenata come se la ricordava , ma con accanto un vecchietto stempiato che le aveva fatto una enorme tenerezza prima di sapere che lui era il marito dell’ex capo cheerleader.
 E poi l’aveva chiamata amore  , proprio a lei , Amelia-dai-capelli-strani , e c’era mancato tanto così dal ficcarle in gola la forchetta della torta e sgonfiarle quei due canotti che aveva al posto delle labbra .
Sapeva che tutti l’avevano immaginata come una vecchia zitella senza uno straccio di lavoro , invece era una delle stiliste più promettenti  , con stuoli di bellezze maschili a portata di mano e con affianco un David di Michelangelo, anche se in quel momento il suo coinquilino si era appena barricato nel bagno per sfuggire alle avances delle sue amiche .
Le sfuggì un grugnito di divertimento a quel pensiero , ritrovandosi però a gelare quando una voce calda e sensuale sussurrò il suo nome con una cadenza che Amelia non avrebbe mai potuto dimenticare .
Perché lei aveva sperato che Adam Miller negli anni avesse subito chissà quale disgrazia , un assalto di api assassine , un attacco di acne irrecuperabile , un qualche attentato dai suoi fan che potevano avergli strappato un sopracciglio , invece niente .
Quando finalmente decise di voltarsi , l’uomo più attraente che avesse mai visto le sorrise con quella solita aria canzonatoria e quegli occhi blu che le avevano fatto fare un indigestione di gelato dopo la loro tragica rottura .
- Come stai ?
Come se mi avessero appena ficcato un palo nel culo avrebbe voluto rispondere , ma evitò di rendersi ridicola  a quel modo , preferendo smozzicare un sorriso un po’ seccato .
- Bene . Tu ? 
Adam non le rispose , contro ogni legge del buon senso le si avvicinò ulteriormente , respirandole ad un centimetro del viso mentre le sue mani le accarezzavano dolcemente la graziosa acconciatura .
- Sei uno schianto , te l’ho mai detto ? – osò sussurrarle contro la tempia , sfiorandole inavvertitamente il fianco prima di ritrarsi e schiaffarle metaforicamente  il suo povero cuoricino turbato .
Il suo turbamento però non c’entrava minimamente con il fatto che Miller le avesse appena fatto un complimento e che ci stesse ovviamente provando , ma più che altro era terrorizzata dalla possibilità che il giocatore potesse provarci anche con Svein , il suo Svein .
Erano entrambi belli da star male , prestanti e grandi seduttori , sarebbe stata scontata la conclusione di quella serata per loro , ma lei non lo avrebbe permesso , gli avrebbe morso le palle ancor prima di avvicinarle al suo coinquilino .
- Cosa c’è ? Sei ancora arrabbiata per quel piccolo scherzo ?
Il sorriso di circostanza le tremolò leggermente sul viso  , riuscendo però a riprendere il controllo di se stessa e allungare il collo per graffiargli accidentalmente la gola con il suo bel fermaglio .
- Figurati . Sono cose che succedono . Tu invece che mi dici ? Sei qui da solo ?
Amelia comprese di essersi scavata la fossa con le proprie mani quando un sorriso deliziato curvò le labbra carnose dell’uomo , lo sguardo malizioso puntato sul suo decolté .
- Si , sono solo . E tu ? Ho visto l’uomo con cui sei venuta , ma suppongo lui sia …
- Il suo fidanzato – proruppe una voce alle loro spalle , graffiante come un taglio inferto da un pezzo di vetro imbevuto di acido , e solo una persona poteva essere così maledettamente antipatica .
Svein , comparso come per magia  le circondò la vita con un braccio , schiacciandola contro il proprio fianco mentre scoccava un occhiata di avvertimento a Miller .
Amelia fu però tanto abile da mascherare l’incredulità dipintale in volto prima di farsene accorgere da Adam , gli occhi blu ora oscurati da un luccichio contrariato .
- Davvero ? – domandò il giocatore con un sopracciglio inarcato, fissando un tantino dispiaciuto la mano con cui Svein le cingeva il fianco destro .
- Si . Sono il suo fidanzato . Svein Ibsen , molto piacere .
Non che il tono minaccioso del modello e la morsa stritolatrice nella quale rinchiuse la mano del giocatore evidenziasse tutto quel piacere , ma al momento lei aveva altri problemi per la testa , tanti , troppi problemi .
Perché lui non poteva affermare con tale convinzione di essere il suo fidanzato , non poteva assolutamente stringerla in quel modo senza farle prendere un infarto per l’emozione .
Semplicemente , Svein non poteva dare una tale  mazzata al rigido autocontrollo che esercitava da tre anni per mantenere una parvenza di normalità nel loro rapporto , per salvaguardare la loro amicizia pur di stargli vicino .
Non poteva e basta .
Le facevano male quelle dolci bugie , la ferivano , perché erano solo quelle , bugie , crude e semplici bugie .
E lei non poteva accettarlo .
Svein dovette capire il suo disagio dal modo in allentò la presa sul suo fianco , invitando il giocatore a scomparire dalla sua vista con un cenno eloquente del capo prima di tornare a guardare lei .
Gli si allontanò come scottata , evitando di guardarlo negli occhi per correre all’angolo degli alcolici .
Aveva bisogno di bere qualcosa prima di dare di matto , e lo sguardo fisso di Svein sulla sua schiena rigida non le era d’aiuto .
Così come non lo sarebbe stato il notare come lo sguardo di lui somigliasse tanto  allo sguardo ferito di un uomo innamorato .




 





°°°









Va bene , bere non era stata una grande idea , specialmente per lei che non reggeva una goccia di vino , ma Amelia aveva bisogno di dimenticare quella serata , di dimenticare tutti , specialmente Svein che la fissava ballare al centro della pista con sguardo crucciato .
Quella era forse una delle cose positive della sua vita , perché la sbronza le permetteva di rimuovere ogni evento spiacevole , di cancellarli dalla sua memoria come se fatti e avvenimenti non fossero mai esistiti .
Di solito evitava di ubriacarsi per paura di trovarsi a dormire sotto un ponte ,  sbadata com’era , ma c’era sempre stato Svein con lei , e lui non le avrebbe mai permesso una cosa simile , come non si sarebbe mai approfittato del suo stato confusionale , anche se quello era un suo intimo e ricorrente desiderio .
Perciò ingurgitò il quinto bicchiere di tequila con un sorriso gongolante , dando della zoccola alla Taylor sotto lo sguardo sconcertato dei suoi amici , sfocando la sua rabbia contro Adam contro il quale scaraventò una cassa del dj , promettendogli di dar fuoco alla sua nuova auto , e vomitando tutto il suo rancore nei loro confronti .
Perché loro se ne sarebbero ricordati per tutta la vita , lei il giorno dopo non avrebbe ricordato neanche il suo nome .
Era libera , libera di esprimere il suo malessere , il suo disagio , la sua insofferenza per la sua situazione sentimentale piuttosto ingarbugliata .
Lei che era scesa a patti con se stessa pur di stare vicino a Svein , lei che soffriva come un cane nel poterlo avere ad una stanza di distanza e non poterlo  toccare , baciare , amare come avrebbe voluto , come voleva da una vita .
E faceva male quella consapevolezza .
Guardare ma non toccare , un auto imposizione che l’avrebbe portata prima o poi al punto di rottura come era successo con Adam .
Ma quando quel giorno sarebbe arrivato , Amelia si sarebbe già trovata ai Caraibi per la meritata vacanza che si voleva regalare il prossimo anno .
Lontano da tutti , lontano da lui .
Stava giusto appiccando fuoco ai capelli della Moore con una candelina della torta quando  Svein la prese di peso , caricandosela come un sacco di patate con un sibilare minaccioso che convinse i suoi amici a non avvicinarsi ulteriormente .
Si addormentò nell’auto sotto gli insulti di Svein , desiderosa di dimenticare presto quella brutta giornata e , perché no , sognare qualcosa di bello e di dolce.
Solo che quel sogno in particolare aveva smesso di farle visita da qualche mese , mentre ora si ripresentava nel suo stato inconscio con la forza di un uragano .
Perché Svein non l’avrebbe mai portata in camera sua , non l’avrebbe mai baciata come se ne andasse della sua stessa vita , non l’avrebbe guardata con quei lapislazzuli cangianti , combattuti e incredibilmente dolci .
Il suo era semplicemente un sogno, e quella notte voleva goderselo appieno , voleva amarlo almeno in quel mondo .
Rispose alle sue carezze , seguì i suoi movimenti decisi e insicuri nell’insieme , lo avviluppò tra le sue braccia come avrebbe voluto fare nella realtà .
La sua prima volta era stata disastrosa e imbarazzante , con Adam ovviamente , quando pensava di esserne innamorata , mentre ora , almeno nei suoi sogni , si sentiva appagata tra quelle braccia , desiderosa delle sue carezze , affamata dei suoi baci .
Lì Svein non le avrebbe fatto del male come Adam , lui non  l’avrebbe mai tradita con una tale cattiveria e crudeltà .
Fu proprio in un moto di rabbia che smozzicò tra le labbra il nome del giocatore , sentendo le spalle di Svein irrigidirsi d’improvviso  come se lo avessero pugnalato al cuore  .
Perché era quello lo sguardo ferito che le aveva rivolto nel prenderla , nell’affondare in lei , un misto di gelosia , rabbia e possessività che lo Svein del suo sogno manifestò nei suoi gesti più irruenti , nei suoi affondi più violenti , nei baci voraci.
A quel punto , il dolore di non poterlo avere davvero le causò uno strappo allo stomaco  che la portò a lasciare un segno sul collo dell’uomo con le  labbra ,  accucciandosi poco dopo l’illusorio orgasmo nel lato del letto ,  per dar sfogo al suo pianto silenzioso .
Era un bel sogno , un sogno con il lieto fine , allora perché , prima di perdere conoscenza , vedeva Svein  di spalle , con la schiena che sussultava e le mani nei capelli  , che piangeva ?











°°°









La mattina dopo  , tutto ciò che Amelia riusciva a ricordare era cosa avesse mangiato per colazione il giorno precedente , niente di più , niente di meno . Per questo  , quando capì di essere sola in casa percepì un brivido di disagio salirle per tutta la schiena .
Si sedette a tavola con sguardo stralunato , aggrottando le sopracciglia quando sentì la televisione darle il buon giorno alle sette di mattina .
Sette di mattina ?
Amelia si irrigidì sulla sedia con il cuore in gola , le mani gelate per il nervosismo e gli occhi dilatati dal terrore .
Perché Svein non si svegliava mai prima delle dieci , neanche se ad attenderlo alla porta ci fosse stato il Santo Padre , niente e nessuno poteva smuoverlo dal suo letto se non quando voleva evitare qualcosa o qualcuno .
E chissà perché , Amelia sapeva di essere lei quel qualcuno .
L’unica cosa che le restava da capire era perché Svein la volesse evitare , e per quanto tempo intendesse farlo , perché se voleva riproporre lo scappa e fuggi degli anni passati era proprio sulla strada sbagliata .
Non gli avrebbe permesso, di nuovo  , di allontanarsi e lasciarla fuori dalla sua sfera privata , non solo perché ne aveva diritto in quanto sua amica , ma perché non lo avrebbe permesso . Punto .
Purtroppo per lei , le abilità del suo coinquilino nel tagliare la corda si erano affinate negli anni , per questo , quando al dodicesimo studio fotografico le esibirono una faccia da gnorri , capì che era arrivato il momento di utilizzare il suo asso nella manica .
Svein poteva averli corrotti con la sua agghiacciante bellezza e con qualche moina , ma lei era una stilista , e per le stiliste c’era un solo modo per venire a capo di un dilemma del genere.
Il regalo esclusivo di una delle sue borse della collezione autunno-inverno .
Una stilettata al cuore  la colse nel porgere la sua bellissima creazione nelle mani di una sciocca costumista dal gusto raccapricciante , tuttavia , sebbene il suo cuore ne avesse sofferto , quell’oca petulante iniziò a sciorinarle il passa-parola che c’era stato tra i costumisti , i cameraman e gli stilisti , l’assoluto divieto di far entrare Amelia Grimaldi nello stesso stabile dove si trovava Svein Ibsen .
Un compito che tutti stavano svolgendo egregiamente , cacciandola con occhi diffidenti e accusatori , come se fosse stata lei a fare qualcosa al modello , come se fosse lei quella da punire .
Ma lei non aveva fatto nulla , o almeno non se lo ricordava .
Per questo lo cercava con tanto affanno, per chiedergli spiegazioni e malmenarlo per quello che le stava facendo passare .
Era sempre stata sola in quella casa di moda , con il suo stesso capo che la odiava a morte ma che la  coccolava per non farsi scappare un contratto da miliardi di dollari , persino i suoi colleghi la trattavano freddamente , un contesto che le ricordava tanto il liceo .
Svein non era però Adam , lui non l’avrebbe mai tradita ,  anche se si stava comportando come un bambino , perciò se incrociarlo a lavoro sembrava impossibile , lo avrebbe aspettato a casa , nella sua stanza .
L’attesa fu snervante e lunga secoli  , ma lei non si mosse da lì, stette in piedi fino a quando le dita indolenzite dei piedi non le chiesero un po’ di tregua , portandola ad appisolarsi contro la parete gelida , raggomitolata su se stessa per combattere il freddo che sentiva  dentro .
Poi lo scatto della serratura la invitò a socchiudere gli occhi , ed eccolo lì il bastardo .
Svein le lanciò un occhiata incredula prima di contrarre il viso in una smorfia contrariata nel sorpassarla , probabilmente per dirigersi in bagno a fare la pipì , o a chiudercisi dentro  le gridò la sua testa .
Balzò in piedi un po’ traballante , afferrandolo per la camicia per trattenerlo e farsi spiegare cosa diavolo gli fosse preso , ma ancor prima di riuscire a urlargli un sentito vaffanculo  la mano dell’uomo fu più veloce della sua lingua  .
La spinse bruscamente all’indietro , e lei , intorpidita com’era dal sonno si schiantò con un gemito di dolore contro la scrivania , facendo ribaltare la sedia che le si rovesciò addosso , picchiandole la fronte con un colpo secco che la portò a strizzare la palpebre per il dolore . 
Le lacrime presero a rigarle il viso ancor prima che il suo cervello registrasse il pulsare frenetico dello strato di pelle bianca che cominciava a gonfiarsi sotto le pupille dilatate di Svein , sbiancato tanto da sembrare sul punto di perdere i sensi per il terrore .
Ma era lei quella ad essere stata gettata  come una scarpa vecchia , era lei quella che si sentiva morire dal dolore per quel gesto e per il  suo significato .
Se davvero non voleva averla tra i piedi tanto da gettarla letteralmente fuori dalla sua vita , tanto valeva che morisse solo come un cane , lei ne aveva abbastanza per quella sera .
Tornò in piedi a fatica , reggendosi alla parete ed evitando con uno sguardo disgustato la mano che Svein le aveva porto nel chinarsi su di lei con quello sguardo ferito e colpevole che la infastidì .
Diamine ! Era lei quella ferita , possibile non smettesse mai di pensare solo e soltanto a se stesso !
- Amelia io…
- Cosa diavolo vuoi ora – gli ringhiò contro , schiaffeggiando via la mano che aveva nuovamente allungato nella sua direzione – vuoi scusarti ? Non me ne frega un cazzo delle tue scuse , e grazie per la manata , scommetto sarai un ottimo wrestler in futuro !
Si trascinò alla porta con una mano al volto , schiacciata sull’enorme bernoccolo che cominciava a dolerle da matti . 
Passi frettolosi accompagnarono la figura elegante di Svein che tentò di abbracciarla da dietro , ma lei lo  evitò accuratamente , abbassandosi e spingendolo lontano con la mano libera .
- Sono stanca Svein , sono troppo stanca !
E lei sapeva che quell’essere stanca non era solo riferito a quella sera , ma a tutta la situazione .
Era stanca di quell’amore a senso unico .
Era stanca di dover elemosinare le sue attenzioni .
Era stanca di quella vita infelice .
Perché  lei lo era con lui , una donna infelice .
Ne aveva abbastanza , di se stessa e di lui .
Forse Svein , nella sua ingenuità , non poteva capire la vera portata di quella frase , o forse si a giudicare dallo sguardo allarmato che le rivolse .
Tuttavia , per  quella sera  ne aveva avuto abbastanza , magari domani avrebbe provato a parlarci di nuovo , ma ora voleva  andare via da lì .
Uscì dalla stanza senza neanche un saluto , lasciandosi cadere sul proprio letto con gli occhi gonfi delle lacrime che da lì a poco avrebbe  versato , e così si addormentò , vestita di tutto punto ,  con i capelli incasinati e il viso umido di lacrime .
Sognò anche quella notte , un sogno triste , scandito dal pianto silenzioso di uno Svein che la abbracciava con forza , steso con lei sul letto ,  il collo bagnato dalle lacrime del modello e le mani intrecciate a quelle di lui .
Un sogno amaro  , amaro come le lacrime di Svein che le bagnarono le labbra per tutta la notte .







°°°







Il giorno seguente fu ancora più drammatico del precedente .
Amelia non aveva dormito bene , aveva continuato ad agitarsi e a gettare  qualche maledizione alla Moore in un groviglio di stanchezza , ansia e rabbia , e con quegli stessi sentimenti si era svegliata .
Era sola di nuovo , lo poteva dire con chiarezza nel non sentire il familiare trafficare di vestiti nella stanza accanto , perciò la sua sfuriata non era servita ad un cavolo , ed aveva pianto di nuovo per una stronzata .
Che andasse al diavolo Svein e il  carattere di merda che si portava dietro !
Per lei poteva anche morire assiderato per quel che le importava , e poteva anche fare una figura di merda nell’essersi dimenticato gli abiti per il servizio a giudicare dalla vistosa busta nera che aveva trovato in cucina .
Si , poteva venire messo in ridicolo per la sua sbadataggine , poteva venire additato come un idiota , poteva…gettò un occhiata caustica a quella busta prima di maledirsi per l’anima da buona samaritana che si ritrovava .
Al diavolo il suo spirito da crocerossina !
Non lo avrebbe aiutato, non lo meritava , non dopo quello che le aveva fatto , non dopo…ma si ritrovò comunque infagottata in un cappotto pesante fuori dal suo appartamento , gli occhiali da sole a coprirle le orribili occhiaie , un enorme e orrendo cerotto a nascondere il suo bernoccolo , e la busta dei vestiti stretta nella sua mano ghiacciata .
E siccome nessuno di quei grandissimi stronzi dei suoi colleghi le avrebbe detto in quale studio fotografico Svein lavorasse quel giorno , si decise ad andare dall’ultima  persona che voleva vedere in quel momento .
La stessa ostilità del suo sguardo adombrò le iridi scure di Samuel quando entrò nello studio , stravaccato nella sua bella poltrona di pelle con le dita intrecciate davanti al viso e l’espressione scazzata di chi l’avrebbe cortesemente accoltellata alla schiena .
- Ma che piacere !
Ma che faccia di bronzo avrebbe risposto , ma il suo buon senso era più forte della sua lingua biforcuta , e benché lui la odiasse quanto e forse più di lei , Amelia sapeva di essere un’inesauribile fonte di denaro per l’uomo , perciò le avrebbe accordato ogni richiesta .
- Dove si trova ora Svein ?
Un  sorrisino di scherno si delineò sul volto diafano del direttore , i riccioli neri che gli accarezzavano la fronte e gli oscuravano lo sguardo canzonatorio .
- Cosa c’è ? Tu e il tuo amichetto del cuore avete litigato di nuovo ? – la prese in giro con una evidente vena derisoria , enfatizzata dalla smorfia divertita che gli illuminava ora il volto .
La voglia di tranciargli la carotide con il tagliacarte sulla scrivania era tanta , troppa , e fu forse la sua poca inclinazione alla reclusione forzata in un carcere di massima sicurezza per omicidio a dissuaderla dal suo intento .
Mise sù il suo solito sorriso di circostanza per camuffare il ringhio che soffocò tra i denti .
- Potresti cortesemente rispondermi senza girarci attorno ?
Samuel alzò le spalle come se davvero potesse importagliene qualcosa dei loro problemi , porgendole un plico di fogli prima di rispondere alla sua domanda .
- I  tuoi sono italiani vero ? – si volle informare mentre lei dava un occhiata ai disegni dei suoi abiti  che , a giudicare dalle informazioni su quel documento , sarebbero stati presentati alla settimana della moda di Milano .
- Si , e allora ? – borbottò senza realmente comprendere dove lui volesse andare a parare , anche se un idea già ce l’aveva .
- Che ne diresti di andare tu di persona a presentare la tua collezione ? Sono sicuro che i tuoi genitori sarebbero contenti di sapere della tua visita – snocciolò tranquillo , con quella faccia da schiaffi che le faceva venire sempre voglia di ficcargli una cannuccia nella gola e lasciarlo soffocare .
Ed eccolo lì il suo sordido piano .
Voleva allontanarla il più possibile da Svein , e dal momento che Milano si trovava dall’altro lato del mondo , di sicuro quel farabutto avrebbe attentato alla virtù del suo coinquilino in sua assenza .
Ma se davvero credeva che gli avrebbe lasciato campo libero con lui  sbagliava di grosso , avrebbe pedinato Svein anche in bagno per evitare che i due si incrociassero anche per sbaglio .
Gli sorrise , di un sorriso malevolo e arcigno che riuscì a mascherare bene prima di strappargli l’indirizzo e dirigersi a passo marziale verso l’ultimo piano dell’Empire .
La  dea bendata sembrava avercela con lei quel giorno quando fu costretta a prendere le scale per il malfunzionamento degli ascensori , e lei , claustrofobica cronica non ne aveva voluto sapere , anche se l’attico dell’edificio era ad un piano con così tanti numeri da non riuscire neanche a ripeterli .
Sudò sette camice prima di giungere a destinazione , e il caos che vi trovò all’interno la portò a rendersi irriconoscibile con uno scialle che aveva rubato da una gruccia e con il quale si era coperta il capo per nascondere i suoi bizzarri  e facilmente riconoscibili capelli .
Girovagò un po’ per la sala , zigzagando tra  le attrezzature e i camerini improvvisati nel bel mezzo del set fotografico contornato da alcuni riflettori spenti , e fu proprio dietro di questi che lei si accucciò , osservando stranita la moltitudine di impiegati che facevano avanti ed indietro come piccole trottole impazzite .
Poi lo vide , lì , in quella calca , che svettava su tutti con la sua altezza spropositata e la bellezza nordica che lo rendeva facilmente riconoscibile anche a chilometri di distanza , l’immagine che invece non le piacque particolarmente fu l’avvicinarsi di una sinuosa figura femminile , il secondo essere umano che Amelia odiava dopo Samuel .
Maggie Evans , una rossa inglese delle orribili ciglia finte che a lei erano sempre sembrate peli di vacca incollati con la saliva di un lama , delle mostruosità che la modella metteva costantemente in risalto con lo sbattere quasi meccanico e rigido delle sue palpebre bianche , rigide come delle porte computerizzate che si abbassavano e alzavano a comando.
Non le era mai piaciuta , sia perché era più acida di uno yogurt scaduto , sia perché ci provava spudoratamente con Svein che , a dir la verità , non la calcolava di striscio con somma gioia di Amelia .
Anche se , a ben pensarci , il modello non avrebbe mai degnato di uno sguardo nessuna donna per la sua inclinazione , uno svantaggio e vantaggio allo stesso tempo .
Per questo , quando la flessuosa inglese gli si avvicinò con passo felino , per lei più bovino che altro  , lo sguardo dell’intera troupe si catalizzò su di loro , alti , belli  e incuranti del mondo che li circondava .
- Guarda chi si rivede , il pupillo del capo – gracchiò la modella , con una  vocetta fastidiosa e gli occhi blu che seguivano con interesse l’irrigidimento delle spalle del collega .
- Allora ? Che ne pensi del mio vestito ? – chiese civettuola , volteggiando nel delizioso abito di chiffon azzurro che lei aveva creato per la settimana della moda di Milano e che quella indossava con la leggiadria di un tricheco spiaggiato .
 La possibilità  di infilzarla con un ago era allettante , ma ora era più interessata alla faccia scura di Svein e al modo in cui tutta la troupe aveva cominciato a far finta di lavorare con un orecchio teso alla loro conversazione .
 - è stupendo non credi ? E non è forse te che dovrei ringraziare per aver circuito la nostra brava stilista ?
Circuito ?
Amelia assottigliò le labbra con gli occhi che le lampeggiavano dalla rabbia , stritolando tra le dita la busta degli abiti che si era quasi accartocciata sotto la sua presa .
Svein l’aveva circuita ? E quando ? Mentre dormiva ?
Soppresse una risatina isterica per non farsi scoprire , agitandosi leggermente quando colse l’occhiata di ammonimento che il modello lanciò alla rossa .
Maggie sorrise di rimando , ancheggiando con fare provocante .
- Cos’è quello sguardo ? Non è forse vero che il nostro Svein ha seguito alla perfezione gli ordini di Samuel ? Non sei stato tu quello incaricato di sedurre quell’italiana per farle accettare il contratto con la nostra casa di moda ?
Una costumista sussultò appena nel sentire il suo gemito di sorpresa , ma si tappò la bocca con la mano prima di attirare l’attenzione della donna .
La sua era stata una reazione spontanea , una reazione che ora la faceva sorridere .
Perché  Svein non avrebbe mai mentito  per strapparle una semplice  firma, non avrebbe finto per tutti quegli anni di essere omosessuale per tenerla buona e al guinzaglio , lui non era così crudele , ed ora avrebbe anche negato le assurdità della modella .
Solo che quando alzò lo sguardo speranzoso , l’ansia dipinta sul volto di Svein le gelò il sorriso e le ossa  , facendole contrarre la bocca in una smorfia incredula .
Indietreggiò di un passo , sbattendo contro un riflettore che fu sul punto di cadere al contatto con il tremore del suo corpo, reggendosi  con le mani al lungo palo di metallo per non crollare in ginocchio  .
Si sentiva male , un malessere che partiva da dentro e che le stava rimescolando gli organi come una mano che rovistava nel suo petto , tentando  di captare il battito di quel cuore che non sentiva più .
- Scommetto che te la sei portata a letto dopo una settimana ! O la piccola ha resistito di più ?
La voce di Maggie cominciava a risultarle insopportabile , storpiata dal fischio acuto che prese a ronzarle in testa quando la modella scostò con un sorrisino vittorioso il collo del maglione di Svein , mettendo in mostra un succhiotto piuttosto vistoso , un succhiotto che prese a fissare con sguardo allucinato .
E fu allora che tutti i sogni dimenticati , gli avvenimenti passati la sommersero come una valanga di dolore e umiliazione che la portarono ad inciampare nel tentativo  di correre via da lì.
L’infrangersi del faretto al suolo fece sussultare più di una persona mentre Amelia si muoveva nervosamente sul pavimento , tirando sul volto lo scialle che le scivolò via dal capo quando si ferì ad una mano con un pezzo di vetro .
Il suo gemito di dolore fu però sovrastato dal sussurro sconvolto con cui Svein aveva chiamato il suo nome , quel nome che ora voleva solo dimenticare .
Tutti la fissavano , tutti la compativano , tutti la ridicolizzavano mentre quelle due algide figure le riservavano uno sguardo sorpreso .
E fu catapultata indietro negli anni .
Le pareti spoglie della stanza si tinsero di rosa confetto , i soffitti color panna si coprirono di palloncini colorati , e il silenzio imbarazzato della sala venne sostituito dall’ultimo lento della serata .
Era al liceo , nella stessa identica posa che aveva assunto non appena Adam le aveva sbattuto in faccia la sua stupidità , ed erano proprio lì , Adam Miller e Taylor Moore , con nomi diversi ,  con il volto dell’uomo che amava e della donna che odiava , di nuovo .
Un dejavù grottesco che le fece venire voglia di vomitare e di piangere mentre tentava di asciugare il sangue che le colava dal taglio della mano con le dita tremanti .
- Amelia ? – la richiamò preoccupato  Paul , l’assistente costumista che però fece indietreggiare con una supplica tremolante, continuando instancabile ad arrotolare la mano nella camicia di seta che aveva disegnato per Svein ma che ora non gli sarebbe più servita .
Gli occhiali da sole le cascarono giù dal naso quando mosse nervosamente la mano sotto gli occhi lucidi , tentando di rendere la sua vista meno offuscata .
Alzò il viso rigato di lacrime con un sorriso triste , asciugandosi un occhio con la manica del cappotto .
- Deve essermi finita qualche scheggia nell’occhio , sarà meglio che corra in bagno – biascicò con un risolino isterico incastrato in gola , correndo fuori da quella stanza con la morte nel cuore e il nulla negli occhi .
Percorse i corridoi dell’Empire di corsa  , fiondandosi nei bagni dell’ultimo piano con una tale fatica da reggersi al lavandino per non scivolare sul  lucido pavimento in marmo .
E lì  da sola potè lasciarsi andare ad un pianto disperato che soffocò nelle proprie braccia , scompigliandosi i capelli con il respiro ingolfato dalle lacrime e il pulsare della ferita che le pizzicava le terminazioni nervose con una ferocia animale .
Eccola lì , intrappolata di nuovo in un incubo che questa volta era più ingarbugliato di una telenovela spagnola  , le mancava solo di scoprire che aveva un figlio in Argentina di nome Pablo  , ma era in America , e lì  i colpi di scena erano più tradizionali , come la ricomparsa del bastardo che ti aveva spaccato il cuore a metà .
Quando lo schianto della porta portò con sé il respiro affannoso e il profumo d’oceano di Svein ,  Amelia si limitò a concludere il suo sfogo con un sospiro pesante , tornando in piedi per sciacquarsi il viso e tornare a casa .
Si tamponò il viso con l’asciugamano pulita , osservando il proprio riflesso attraverso lo specchio .
Sembrava che un vagone merci l’avesse appena messa sotto stanca com’era , con il viso bianco come uno straccio e due occhiaie violacee a contornarle gli occhi nocciola e scurire le lentiggini sulle gote .
Gli stessi occhi che si ritrovò a socchiudere quando intravide la sagoma scura di Svein alle sue spalle .
- Amelia – la chiamò con voce esitante , zittito però dal su ringhio contrariato .
- Cosa c’è ? Vuoi che ti firmi un contratto anche per utilizzare la carta del cesso ? – gli sibilò contro , scrollando le spalle quando l’amico provò a richiamare la sua attenzione .
Vide lampeggiare quei lapislazzuli di una furia ceca prima di ritrovarsi con le braccia intrappolate tra le mani grandi e forti di Svein , il viso contratto dalla rabbia e la bocca tesa in una linea dura e frustrata .
- Stammi a sentire – le ordinò perentorio , ma lei non lo voleva ascoltare , non voleva più sentire le sue bugie .
Dal momento che il modello non sembrava intenzionato a lasciarla andare , caricò il colpo con la testa prima di tirargli una capocciata sul naso che costrinse l’uomo ad abbandonare la presa su di lei e portarsi le mani al volto .
- Amelia ! Sei impazzita per caso ! – le urlò contro in  uno slancio di dolcezza pura che la portò ad afferrare le saponette profumate e giocare al tiro a segno con la sua bocca .
Perché la fase depressa cronica era appena passata , sostituita dall’ uccidi-il-bastardo-di-una-morte-lenta-e-dolorosa , la sua preferita .
Non aveva macchine da distruggere come era accaduto con Adam , perciò non le restava che renderlo tanto brutto da fargli venire un infarto ogni qual volta provasse a guardarsi allo specchio .
- Tu ! Tu ti sei finto gay per tenermi buona ! – gli rinfacciò furiosa , afferrando anche il porta saponette in vetro e lanciandoglielo contro con gli occhi iniettati di sangue .
Svein lo evitò torcendo dolorosamente il collo e puntandole addosso due spilli azzurri .
- Io non ho mai detto di esserlo , sei tu che hai tirato le tue conclusioni !
Il flacone di crema rischiò di scivolarle dalla mano per l’ovvietà di quella frase , perché era vero  , lui non aveva mai detto di essere omosessuale , aveva solo baciato il suo capo davanti ai suoi occhi !
Glielo fece presente con una faccia schifata , e lui le diede un'altra e ovvia constatazione .
 Per farsi un nome nel mondo della moda bisognava mettere mano ad ogni mezzo pur di rendere noto il proprio talento , e lui aveva fatto lo stesso facendo qualche moina al presidente della casa di moda .
Amelia abbassò il braccio con sguardo accusatorio , tornando però a urlargli contro quando le tornò in mente un altro piccolo particolare .
- Tu hai approfittato di me quando ero ubriaca ! Tutte le volte che ero ubriaca ! Quanto devo averti fatto schifo per farti desiderare di venire a letto con me sapendo che il giorno dopo non avrei ricordato nulla ?
A quella domanda però Svein non le rispose , abbassò lo sguardo con le ciglia biondissime che sfarfallavano tristemente su quelle iridi chiare oscurate alla sua vista .
Fu proprio quel gesto , quell’arrendevolezza a farle capire quanto davvero fosse stata stupida quella volta , quanto tempo avesse sprecato a sperare in un qualcosa che poteva anche esserci ma che lui stesso non aveva voluto .
Perché ora non aveva più nulla da dire , più nulla da fare .
Svein poteva aver avuto le sue motivazioni per comportarsi a quella maniera , ma erano tre anni che lei reprimeva i suoi sentimenti , tre anni che voleva solo cancellare dalla sua memoria .
- Sai qual è la cosa più triste di tutta questa storia – cominciò con voce spenta e gli occhi tornati lucidi fissi in quelli di Svein – mi sono innamorata di te dal primo momento , ti ho amato per tre anni e tu non te ne sei mai accorto .
Una confessione che l’aveva svuotata di tutto , rabbia , dolore , tristezza , ora , l’unico sentimento che la portava a sorridere sofficemente era l’amarezza .
L’amarezza che si rifletteva nei suoi occhi scuri .
Fu impagabile l’espressione di pura incredulità di Svein che  sembrava tanto un bambino con quegli occhi lucidi e sgranati , le guance rosse per la sorpresa e le labbra schiuse in una O perfetta .
Era dolce , così dolce da farle venire le lacrime agli occhi .
- Torna all’appartamento , io ho già pensato ad un posto in cui stare  .  Credo che sia meglio per entrambi stare lontani l’uno dall’altra per un po’ .
Breve, coincisa e sicura , non ebbe neanche un tremolio delle corde vocali e quella sobrietà la inorgoglì .
Allontanò con un sorriso la mano dell’amico , incamminandosi verso l’uscita con il sussurro confuso di Svein lontano mille miglia da lì .
Nascose il naso nel colletto del cappotto quando il gelo di Manhattan la investì , pizzicandole le guance indolenzite da tutte quel sorridere .
Era stanca di New York .
Era stanca del freddo .
Era stanca di tutti quei volti estranei .
Voleva calore ,  voleva facce amiche , voleva la sua casa .
Digitò il numero di Samuel con occhi asciutti , inghiottita dal caos delle strade alla quale era sempre stata insofferente , anche se si trovò a ringraziare la mancanza di curiosità per quei passanti dall’aria triste e depressa com’era lei in quel momento .
Era stata brava , si era comportata da donna matura almeno all’ultimo .
Inforcò gli occhiali da sole con l’eleganza di una stilista del suo calibro prima di parlare .
- Samuel , sono Amelia . Accetto il lavoro a Milano . Parto questa sera .
Chiuse la chiamata ancor prima di sentire la risposta , camminando a testa alta verso l’aeroporto .
Perché lei era Amelia Grimaldi , stilista  affermata , donna in carriera , ultima di una cucciolata di aitanti italiani  bruni .
Amelia-la-pazza-dai-capelli-strani .
Amelia-la - stronza - sfascia-futuro.
Amelia-e-basta , una donna che poteva annoverare alla fine di quell’anno un cuore spezzato , un contratto cancellato e un nuovo futuro da stilista indipendente con una propria casa di moda .
Ci voleva stile anche nel saper perdere e nel rialzarsi dopo una caduta , e lei ci era riuscita ancora una volta .






°°°







Furono necessarie due hostess e l’altoparlante dell’aereo per svegliare Amelia dal sonno in cui era crollata dall’inizio del volo , e quando aprì gli occhi stanchi , il sole dell’Italia la abbracciò attraverso la piccola finestrella .
- Signorina ? – la richiamò debolmente un hostess nel mentre che si calcava il cappellino da baseball sulla chioma aranciata per scendere dall’aereo .
- Bè – inziò un po’ titubante la donna – il suo cellulare non ha smesso di squillare dall’inizio del decollo , credo che dovrebbe rispondere .
 Toh , non se ne era accorta minimamente con i tappi alle orecchie che aveva appositamente comprato prima del viaggio .
Diede uno sguardo al cellulare  e si stupì di notare come le trecentoquarantasei chiamate perse  fossero tutte di Svein .

Probabilmente aveva ricevuto la visita della ditta di traslochi che aveva chiamato la sera prima per inviarle le sue cose lì in Italia , tanto meglio .
Gettò il telefonino nella borsa , trotterellando allegra fino alle scalette sulle quali fu però costretta ad arrestarsi quando un nugolo di turiste lanciò qualche commento osceno sulle  bellezze italiane .
E le bastò notare gli sguardi sognanti di tutte quelle donne per capire che tutti i suoi fratelli erano venuti a prenderla .
Le sorpassò con un sorriso estatico , addolcendo lo sguardo quando intravide le chiome brune di Marco , Andrea , Francesco , Paolo e Salvatore Grimaldi allineate sulla pista di atterraggio .
- Lia !
Saltò il braccio al maggiore con un risolino divertito , tempestandogli il viso di baci sotto lo sguardo allucinato delle americane .
- Ehi ! Ci siamo anche noi qui ! – si lamentò Paolo , il più piccolo della combriccola .
Amelia gli volò tra le braccia con un tenero broncio , lasciandosi spupazzare dal resto della cucciolata con il cuore più leggero e sereno , almeno lo fu fino a quando il telefonino non cominciò a squillare , e lei sapeva già chi fosse.
- Chi è ? – si volle informare Andrea , assottigliando gli impressionanti occhi grigi nel notare come lei non avesse ancora allungato una mano nella borsa .
- Nessuno !
Marco fu più svelto di lei , le sequestrò la borsa e il suo contenuto con una luce curiosa nelle iridi verdi , imbronciando la bocca quando vide chi stesse chiamando .
- Svein ? Non è il tuo coinquilino gay ? Perché non rispondi ?
Amelia si morse il labbro inferiore con occhi lucidi , affondando il volto nel petto di Salvatore sotto gli sguardi sconcertati dei suoi fratelli .
- Lia , cosa…
- Non è poi tanto gay – biascicò con un filo di voce , pronta per lo scoppio della bomba , anche se quella che seguì fu una bestemmia irripetibile che non riuscì neanche a sentire grazie alle mani di Salvatore , poggiate con fare protettivo sulle sue orecchie .
Perché se i suoi fratelli avevano accettato il fatto che lei convivesse   con un uomo  era stato solo per l’inclinazione sessuale del suo coinquilino , per nessun altra ragione .
Non potè neanche sentire le parole che suo fratello urlava al telefono visto com’era infagottata nelle braccia di Salvatore , gli occhi neri duri e severi mentre le mani gentili le accarezzavano la testa .
E pianse tra le sue braccia , pianse le ultime lacrime che ancora le rimanevano , nascosta dalle ombre confortanti dei suoi fratelli , avvolta da quel calore umano che riusciva , in qualche modo , a sovrastare il gelo che sentiva premerle ancora da dentro .
Ricominciare una nuova vita non era mai semplice , e neanche per lei lo era stato .
Erano passati due mesi , e in quel lasso di tempo aveva cancellato il contratto con Samuel , si era trasferita nella vecchia villa di famiglia con i fratelli , in Toscana ,  e aveva preso contatti con sua zia Clotilde , decidendo di iniziare ad ingrandire la boutique di cui sua zia era proprietaria .
La sfilata di Milano le aveva permesso di far conoscere il suo marchio , ed era riuscita ad accaparrarsi una numerosa clientela non solo italiana ma  anche internazionale .
Svein aveva continuato a chiamarla , le aveva inviato lettere , le aveva scritto e-mail , ma lei non gli aveva mai risposto .
Le sue scuse non sarebbero servite , la sua pietà non le serviva  .
Era tempo di ricominciare , era tempo di cambiare , per questo quando Clotilde le aveva chiesto di cucire un abito da sposa aveva colto al volo l’occasione , accettando anche di indossarlo per il catalogo che la zia avrebbe inviato ai loro clienti .
E poi , lei e suo fratello si sarebbero divertiti a far venire un infarto ai loro genitori che si trovavano  in qualche villaggio sperduto della Cambogia   con la foto di loro in prossimità dell’altare , ed era sicura che a sua padre sarebbe partita la dentiera per la sorpresa .
Quel lavoro era una ventata d’aria fresca , la compagnia di suo fratello e gli scherzi orditi contro loro zia erano una ventata d’aria fresca .
Dopo tanto tempo si sentiva bene , tranquilla , serena , realizzata , e non avrebbe permesso  a nessuno di rovinarle quel momento  .
Neanche ad un  certo modello norvegese che aveva appena letto sul New Yorks Time l’improvviso matrimonio della stilista Amelia Grimaldi con un aitante italiano dagli occhi grigi .
Lo stesso modello che aveva dato le dimissioni da due mesi ,  che girovagava per Manhattan con occhi tristi e che ora si trovava su un volo diretto per Firenze , nel tentativo peraltro disperato di annullare quel matrimonio e riprendersi la donna che amava .








°°°




 


 
La villa di famiglia era stata scelta come  set fotografico per quell’evento  perché perfetta con il suo enorme giardino fiorito e il gazebo in legno sotto il quale avrebbe affiancato suo fratello .
Amelia si trovava nella sua stanza, vestita di tutto punto e intenta a sistemare il velo sui vistosi capelli arancioni che aveva acconciato in morbidi boccoli .
Sistemò con una mano lo strascico , sorridendo di sbieco all’immagine riflessa .
Era strano indossare quel vestito , la faceva sentire in qualche modo  più  bella .
Il corpetto rigido le accarezzava morbidamente le forme piene del seno , stringendo sui fianchi e discendendo nel tessuto liscio della gonna tanto simile ad una cascata di panna .
Raramente indossava qualcosa di così vistoso , ed un vestito da sposa era forse l’ultimo abito che pensava di indossare , ma ora si sentiva stranamente euforica .
Un tonfo sordo la fece sussultare leggermente mentre il rumore di passi dietro la porta la avvisava della venuta di Clotilde .
Probabilmente la zia era venuta a controllare perché ci mettesse tanto a prepararsi .
Diede un ultima occhiata al trucco , pestando i piedi per vedere se i tacchi vertiginosi che indossava l’avrebbero retta ,  quando le porte della sua stanza si spalancarono e l’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere ricambiò il suo sguardo incredulo con uno furioso .
Amelia sbiancò di colpo , rimpicciolendosi sotto i freddi lapislazzuli che gettavano lampi di rimprovero e fastidio nella sua direzione , e sebbene lo avesse davanti agli occhi , lui non poteva davvero essere lì , non poteva . Punto .
Eppure Svein Ibsen era proprio lì , a Firenze , nella sua stanza , più trasandato di come lo ricordava , con i capelli biondissimi lunghi fino alle spalle  legati da un codino e una leggera barbetta a renderlo più mascolino .
Per lui non aveva sperato in qualche calamità fisica, ma che almeno gli fosse spuntato qualche brufolo per la panciera di nonno Alfonso !
Quell’uomo era diventato ancora più bello in quei due mesi , e questo non la aiutava per nulla .
- Che diavolo ci fai qui ? Tornatene subito a New York ! Non abbiamo più nulla da dirci !
La sua sfuriata non doveva però  avergli fatto molto piacere a giudicare da come aveva contratto la mascella .
Lanciò un urletto quando Svein la caricò come un toro , ed era sicura che l’uomo l’avrebbe malmenata in preda a qualche colpo di testa , o che avrebbe ricambiato la capocciata dell’Empire , ma non si aspettava di certo che la prendesse di peso e se la caricasse come un sacco di patate sulla spalla prima di correre fuori dalla villa .
Lo shock iniziale che l’aveva ammutolita si volatilizzò quando in  lontananza vide la figura elegante di Andrea chiacchierare allegramente con Clotilde , ed urlò il nome del fratello con quanto fiato aveva in gola , attirando l’attenzione dei familiari sull’uomo che la stava rapendo .
- Lia !
Ma la figura di Andrea era già un  puntino nel verde del giardino  mentre Svein scorrazzava tranquillo per le vie di Firenze , attirando l’attenzione dei suoi compaesani che  lanciavano occhiate stranite a lei , vestite da sposa , e al bellissimo straniero che continuava a bestemmiare in norvegese .
- Lasciami ! Lasciami ho detto – strillò imbarazzata , tirandogli i capelli per farsi lasciare , ma il modello le ringhiò di rimando , aumentando la presa su di lei .
- Sta zitta !
- Sta zitto tu ! – sbottò offesa – come ti permetti di venire a casa mai e fare i tuoi comodi ? Non sei nessuno , non ne hai  alcun diritto , e non devi impicciarti degli affari miei !
Sembrava un orribile  remake delle sfuriate che Svein le aveva sempre imposto durante la loro convivenza , quando usciva fuori di testa e la prendeva a pesci in faccia , ma ora lei voleva solo essere lasciata in pace , nient’altro .
Allungò le mani per ancorarsi ad un lampione e frenare la corsa forsennata del norvegese che la strattonò come un indemoniato , facendo leva con una gamba per scollarla da lì .
- Smettila di fare la bambina ! Ho solo bisogno di parlarti ! – le urlò in faccia con un espressione sempre più esasperata .
Amelia provò a mordergli una mano , scalciando e cercando con lo sguardo qualche aiuto da parte dei suoi compatrioti per  quell’ attacco straniero , e fu per pura fortuna che vide il restante dei suoi fratelli seduti ai tavolini di un bar .
Cominciò a sbracciarsi e urlare i loro nomi , attirando l’attenzione del vecchio padrone , zio Remo , che la fissò con occhi stralunati .
- *Oh bischero ! L’è normale che la piccola Amelia  c’ha il moroso ?
 Paolo fu il primo a seguire lo sguardo del vecchio barista  , sgranando gli occhi nel vedere sua sorella vestita da sposa strattonata dal falso coinquilino gay che era diventato peggio di uno stalker in quei mesi .
Richiamò Salvatore ,  Marco e Francesco  con una gomitata , rovesciando la sedia nel vedere come quello stronzo avesse ripreso a correre verso i resti dell’antico porto di Firenze .
- Lia !
-Chi sono quegli energumeni – sbottò d’improvviso Svein nell’adocchiare i suoi tre inseguitori .
- I miei fratelli ! Ed ora mettimi giù prima che ti prendano a botte !
Riprese ad agitarsi come un anguilla , pizzicandogli il braccio con il quale la teneva ferma e riuscendo a strappargli un gemito di dolore che non la fece sentire minimamente in colpa .
D’un tratto i suoi piedi toccarono finalmente qualcosa di solido , ma ciò che i suoi tacchi raschiavano  non era il rugoso marciapiede , ma lo scassato fondo di una barchetta ormeggiata .
Svein fece leva con il piede per prendere il largo nel corso dell’Arno , lasciando i fratelli Grimaldi con tanto d’occhi alla riva  .
Solo allora , lontani dalla strada , lontani dal mondo , in mezzo a quel fiume , Amelia tornò a guardare Svein negli occhi dopo tanto  , troppo tempo .
Si tolse il velo con un gesto secco , gettandolo in acqua e osservando il loro riflesso tremolante sul pelo dell’acqua .
Era un immagine storpiata , opaca , offuscata , come i suoi sogni che non lo erano mai stati , come gli occhi velati di lacrime che la sorprendevano nell’ombra delle fredde notti di New York .
Lì invece  c’era  sempre il sole , come quel giorno , ma sentiva ugualmente freddo , lo stesso freddo che le intorpidiva i sensi e rallentava i movimenti .
Ma non era un fattore atmosferico , era Svein che le trasmetteva tutto quel gelo , solo lui  .
- Allora ? Volevi parlare , parla – lo invitò , raccogliendo le gambe al petto e dondolandosi avanti e indietro -  chiedermi scusa non servirà a nulla . Per quel che vale ti ho perdonato , ora puoi avere la coscienza pulita . Io non ho bisogno di altre bugie .
Non lo aveva guardato in viso neanche una volta per paura di leggere  comprensione nei suoi occhi , aveva giocherellato con i laccetti delle sue scarpette da principessa , perché lo era con quel vestito , una principessa senza un principe .
Una bella principessa che tentava di mascherare le ferite del suo cuore .
Ed il silenzio persisteva , un silenzio colmo di disagio e imbarazzo , lo stesso disagio che non le faceva scollare lo sguardo dal fondo della barchetta .
- Io non ti ho mai mentito .
Chiuse gli occhi per nascondere il lampo di dolore che le aveva offuscato la vista .
- è vero , all’inizio ti ho avvicinato perché Samuel me lo aveva ordinato , ma le cose sono cambiate .
 Mi sono sentito attratto da te , dalla tua creatività , dalla tua sensibilità , dalla tua bellezza . E non ti ho avuta per cacciarmi uno sfizio , ma perché volevo sentirti mia , e non volevo vedere il rimorso nei tuoi occhi la mattina dopo .
Erano belle parole , e sembravano anche sincere , ma credergli avrebbe significato tornare ad essere infelice , ad essere divisa a metà .
- Amelia .
Fece un po’ di resistenza quando Svein provò ad alzarle il mento con un dito , restia a concedergli un'altra possibilità .
- Guardami .
Lo fece , perché la sua voce era densa come miele e tenera come un bacio a fior di labbra , perché continuava ad amarlo  nonostante i suoi difetti , i suoi sbagli .
- Non permetterò a nessun uomo di averti , e se pensi che non sia capace di rapirti e portarti in Norvegia con me sei fuori strada . Sono disposto a tutto pur di saperti con me , anche a prendere a pugni ogni abitante di questo posto .
E…
- Era mio fratello.
Lo sguardo confuso del modello la fece sorridere sofficemente , mentre la barca scivolava leggiadra sull’acqua del fiume .
- Non stavo per sposarmi , mi sono offerta di posare con mio fratello per le foto di un catalogo . Era tutto finto .
Va bene , la sua uscita aveva rovinato il romanticismo di quell’attimo , ma era stato più forte di lei .
La reazione di Svein fu istantanea .
Aggrottò le sopracciglia come se non capisse veramente , schiaffandosi poi il viso con espressione a metà fra l’incredulo e il divertito primo di scoppiare a ridere di cuore .
Ed era una risata piena , dolce come una cascata di zucchero , tenera come l’abbraccio di un bambino , sollevata come quella di un uomo innamorato .
 - Puoi perdonarmi ? – le domandò con il riso ancora nella voce , l’espressione più rilassata e le labbra rosse curvate in un sorriso pieno di speranza .
Era schifosamente bello , lo era sempre stato , ma quella sfumatura insicura la inteneriva , le stringeva il cuore .
- Per quel che vale , cercheremo entrambi di essere buoni amici .
Un sopracciglio biondissimo rischiò di schizzargli via tanto lo inarcò in un moto di offesa che la portò di rimando ad aggrottare le sopracciglia , confusa .
- Amici ? – gracchiò infatti il modello con voce strozzata .
- Certo – commentò ovvia – non è forse per questo che sei venuto fin qui ? Per tornare ad essere amici ?
Svein cominciò a massaggiarsi le tempie con una faccia scura , fulminandola con gli occhi che grondavano sarcasmo .
- Non dirmi che non hai capito , ti prego , dimmi che stai scherzando – la supplicò , incredulo .
Amelia si imbronciò , colpita dal rossore che aveva cominciato a colorare le guance bianchissime dell’uomo .
- O diavolo ! Credi di essere l’unica ad aver amato in segreto per tre anni pensando di non essere ricambiato ? – sbottò d’un tratto , rosso come un pomodoro e così tenero da farle venire voglia di morderlo .
Ma ora il problema era un altro , ben più grosso per di più .
Poi quando le rotelline arrugginite del suo cervello cominciarono a scricchiolare nel muoversi , la lampadina fulminata nella sua testa prese di nuovo vita .
Tornò in piedi con un salto olimpionico , facendo ondeggiare pericolosamente la barca e il povero Svein che soffriva di mal di mare ma che aveva tentato di sopprimere il suo malessere pur di confessarle i suoi sentimenti .
Non poteva essere vero , non poteva …
- Tu ! Tu non …- Svein le prese la mano con la quale aveva provato a schiaffeggiarlo , baciandole i polpastrelli e soffiandole sul palmo un bacio pieno di sentimento .
- * Jeg elsker deg – le sussurrò con un filo di voce , stringendosela al petto e affondando il naso nella chioma aranciata .
Era una frase che molti avrebbero preso come una parolaccia , una bestemmia , ma per chi come lei aveva dovuto sorbirsi tre anni di scleri in norvegese del coinquilino straniero , era stato ovvio prendere qualche lezione per capire quando l’uomo la mandasse a quel paese  .
Quelle parole però la colpirono dritto al cuore .
Più di un ti amo nella sua lingua , più di un bacio passionale , più di un anello di rubini .
Lasciò che l’uomo la stritolasse tra quelle braccia dal profumo di oceano per qualche altro secondo prima di percepire l’incombere di un pericolo sulle loro teste .
Perché la barca aveva continuato a muoversi , ma dalla direzione opposta a quella desiderata dal norvegese, e quando la punta cozzò con il marciapiede , fu come  rivivere il tragico affondo del Titanic.
Amelia fu presa di peso da Andrea  mentre nel cielo limpido di Firenze un uomo bruno si appena lanciato con un paracadute da un aereo privato  .
Un uomo con un chè di isterico che attirò lo sguardo allucinato di Svein e quello allarmato dei suoi fratelli .
E quando Antonio Grimaldi , il capostipite della stirpe  toccò terra  , si aggiustò con sguardo scazzato il gonnellino di paglia che indossava , puntando con la lancia dalla punta di pietra il suo povero amico .
- Tu ora me la sposi !




°°°







Cinque anni dopo…


Svein non aveva mai capito la necessità di quel gioco di ruolo che Amelia ordiva  ad ogni rimpatriata tra compagni di liceo , a dir la verità , non la capiva quasi mai  .
Men che meno ora che era costretto a far finta di non interessarsi al suo arrivo e al vestito dorato che le aderiva deliziosamente al  fisico affusolato .
 Era bella come sempre , con i capelli arancioni tirati in un chignon e un sorriso amorevole che le faceva brillare gli occhi scuri , il sorriso che la donna riservava alla piccola palletta di carne che lei amava chiamare figlio .
E mentre alla donna era spettato il ruolo di madre single , a lui era toccato il ruolo del   modello miliardario che aveva accompagnato l’amica di una vita .
Non che quel gioco fosse stata una sua idea , era la punizione che la stilista gli faceva scontare  ogni anno per le bugie passate e i suoi attentati serali alla virtù di lei .
E a  nulla erano servite le sue spiegazioni , le sue giustificazioni , perché lui l’aveva amata davvero dal primo attimo , da quando quella piccola italiana lo aveva infilzato con un ago da cucito per farlo stare zitto , ma ci aveva messo un po’ di più a capirlo .
Solo che quando  ci era riuscito , la paura lo aveva fatto scappare a gambe levate , e quando si era presentata l’occasione di creare un fraintendimento che potesse comunque fargliela avere vicina , aveva accettato la visione che Amelia aveva avuto di lui .
In verità non gli era mai andato giù il fatto che lei lo vedesse solo come un amico , lo nauseava , ma sembrava che la figura di Adam Miller la assorbisse ancora .
Quella del giocatore era stata un ombra costante nella vita di Amelia , lo era sempre stata , e aveva cominciato ad infastidire anche lui dal momento che si sentiva sempre paragonato a quell’idiota .
Lui amava veramente la stilista , ma lei sembrava amare ancora il ricordo di quell’uomo , perciò aveva continuato a sopprimere i suoi sentimenti , approfittando di lei nei momenti di debolezza .
Perché il terrore che lei lo cacciasse dalla sua vita lo aveva sempre frenato dal confessarle tutto quanto , ora però poteva dar sfogo ai suoi desideri , come il prendere a calci Miller che ci stava nuovamente provando con Amelia .
Aveva resistito su per giù quindici minuti , ma quando il giocatore le aveva sfiorato la mano con un sorriso malizioso , le sue gambe si erano mosse da sole e il suo pugno aveva accidentalmente cozzato contro la guancia dell’uomo .
- Giù le mani da mia moglie ! – gli sibilò  con voce grave , attirando l’attenzione di tutta la sala su di sè  .
Sua moglie gli si affiancò con un sorriso divertito , tirando in braccio il loro bambino che fissava la sua nemesi con lo stesso sguardo scazzato .
- Ha ragione papà , sei una  *akterdekk !
Era  sempre stato orgoglioso di suo figlio , ma ora lo era più che mai .
Mandò a quel paese la Moore che aveva continuato a provarci con lui , dando un taglio a quella messinscena per tornare finalmente in Toscana , da suo suocero che gli aveva dato il coprifuoco di cenerentola .
Prima di lasciare il parcheggio però , l’esplosione di una Land Rover grigio metallizzata attirò la sua attenzione e quella di sua moglie che prese a fissarlo con rimprovero , ma davvero lui non era stato quella volta .
Per pura curiosità diede un occhiata al piccolo di cinque anni sul sedile posteriore ,  sgranando gli occhi chiari nel vedere suo figlio nascondere dei fili recisi  sotto il seggiolino , sfarfallando gli occhi tanto simili ai suoi sotto le carezze di Amelia .
A quanto sembrava , lo spirito da piromane di sua moglie era stato ereditato anche dal figlio , sperava solo che il suo piccolo non attentasse alla sua vita quando suo suocero gli avrebbe raccontato come i suoi genitori si erano incontrati .
Tempi duri si prospettavano all’orizzonte , ma se sua moglie poteva dare lezioni di stile su come riprendersi da una mazzata , lui poteva darli ai poveri mariti che come lui si sarebbero trovati con qualche ossa rotto e un viaggio di sola andata per il martirio .







The End



 


*Oh bischero ! L’è normale che la piccola Amelia  c’ha il moroso ?  : Amo Firenze , che questo sia chiaro ,  e ho tentato di rendere credibile e divertente questa frase nella speranza di strappare una risata e di non offendere nessuno , spero di esserci riuscita .   
* Jeg elsker deg : Ti amo
* Akterdekk : Cacca


Storia senza pretese o scopo alcuno se non quello di farvi passare qualche minuto diverso dal solito .
Ringrazio in anticipo chi leggerà , commenterà e aggiungerà tra le varie sezioni .
Un abbraccio , Gold eyes


  
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