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Autore: Lovely Grace    24/07/2011    7 recensioni
Isabella Swan è una giovane giornalista, laureata a pieni voti alla NY university. Vive in un appartamento nella periferia di New York con la sua migliore amica Alice Brandon.
Per il compleanno di quest’ultima, i genitori della ragazza le regalano una piccola vacanza di un week-end a Las Vegas.
Alice riesce a convincere Bella a partire, seppur non sia entusiasta.
Ma cosa succederà quando, il giorno dopo la festa di compleanno, Isabella di sveglierà con una fede all'anulare sinistro?
Spero di avervi incuriosito.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo

Bella Pov


I miei occhi si posano sull’ultima frase, ed un sorriso soddisfatto nasce sul mio volto.
Salvo il documento e spengo il pc.
Sono le diciotto in punto, e anche se il mio turno finisce alle diciassette e trenta, per una volta posso dire di essermi trattenuta poco a lavoro.
Raccolgo tutte le mie cose sparse sulla piccola per non dire minuscola scrivania che mi ritrovo, afferro giacca e borsa, e mi preparo ad uscire.
Saluto Jane, una delle tante colleghe, e attendo l’arrivo dell’ascensore.
Forse ciò che starò per dire sembrerà falso, un discorso costruito, una sorta di auto-convinzione o ancora peggio un clichè colossale, ma… il mio lavoro mi piace.
Certo, non posso dire che lo amo, ma mi piace.
Che cosa faccio?
Lavoro nell’editoria al New York Times. Già, il Times.
Quante volte da adolescente mi ero ritrovata a ritagliare articoli di giornaliste in carriera, sperando di diventare come loro? Un sacco.
Ed ora, a soli ventiquattro anni, mi ritrovo qui, dentro l’ascensore di lusso con tanto di moquette e vetrate , nella sede del New York Time.
E non sono una semplice segretaria, no.
Certo, ho dovuto fare la mia gavetta: portare il caffè, fare le fotocopie, rispondere al telefono o semplicemente sbattermi su e giù in cerca di un qualcosa di inesistente.
Eppure, a differenza della stragrande maggioranza delle altre stagiste, sono a bordo.
Ok, non sono ancora la donna in carriera che sogno di essere, ma ho una scrivania tutta mia, seppur piccola, una mia postazione, seppur circondata da altre, un mio computer, anche se si blocca ogni qualvolta che faccio ricerche su internet, ma, soprattutto, i miei articoli vengono pubblicati. Con il mio nome. Isabella Swan.
E non c’è niente di più bello del comprare il New York Times e trovare un intero articolo che porta il tuo nome.
Non mi occupo di moda, di viaggi o di attualità, ma di libri: il mio lavoro è leggere libri su libri, saggi su saggi, biografie su biografie e scrivere recensioni critiche o positive su di essi.
Aiuto gli scrittori a vendere i propri libri e diventare famosi, sperando che un giorno il mio nome sia abbastanza conosciuto tra le case editrici da poter pubblicare qualcosa di mio.
Beh, non sarà moto, direte voi, ma la mia vita, tutto sommato, mi piace.
Non dico che la AMO, che sono la persona più felice del mondo, ci mancherebbe altro.
Dico solo che, rispetto a quella di molte altre persone, non è affatto male.
Insomma, mi sarei potuta ritrovare a fare la spazzina, la baby-sitter o peggio l’edicolante.
Oppure sarei potuta diventare una di quelle ex studentesse che si credono Dio solo perché hanno una laurea in letteratura inglese e un dottorato in scrittura creativa, topi di biblioteca convinte, che protestano con un cartello attaccato al collo in Time Square contro la guerra in Afghanistan, o le pellicce, o semplicemente le discriminazioni raziali
Non che sia una menefreghista, sono contro queste cose, ma non mi comporterei mai così.
Una volta fuori, zigzago tra il traffico dell’ora di punta a New York, e mi dirigo a grandi falcate verso il mio appartamento.
New York non è male, ma i suoi ritmi caotici sono piuttosto fastidiosi. Almeno per una ragazza del nord come me.
Accanto a me scorrono fiumi di persone: uomini in giacca  e cravatta, con la loro 24 ore di pelle; donne in tailleur e tacchi 12 cm, rigorosamente firmate Prada o Chanel; turisti in pantaloncini e t-shirt, il solito cappellino da baseball indossato al contrario, le infradito ai piedi; studentesse in jeans e camicetta, libri in mano, occhiali sul naso.
Ed tu, vi chiederete.
Beh, io non so in quale categoria rientri.
Indosso un paio di decolleté di pelle con tacco sette centimetri, gonna attillata a vita alta e camicetta sbracciata bianca, con tanto di favali sul petto. Ho i capelli raccolti in uno chignon leggermente sbarazzino, con qualche ciocca che ricade sul volto, e un leggero strato di trucco sul viso. Ho anche una borsa di pelle bianca, enorme, e fascicoli stretti tra le braccia.
Ma, a differenza di tutte le altre donne che mi passano accanto, non mi credo la più importante sul lavoro, la più tenace o la più bella ed affascinante.
So di avere una laurea a pieni voti ed un dottorato ottenuto in tempi record, di non essere particolarmente attraente e di non navigare nell’oro.
Ma, soprattutto, non sono sull’orlo di una crisi di nervi e non soffro di bulimia.
Amo mangiare, ho la fortuna di non ingrassar e troppo, ma se ciò accade, non mi faccio problemi ad acquistare un abito di una taglia più grande.
Naturalmente ciò non significa che non mi tenga in forma: a casa ho una cyclette che uso quotidianamente, seppur a malincuore.
Finalmente, dopo circa una camminata di venti minuti, arrivo di fronte ad un condominio, anonimo come tutti gli altri, ma almeno situato in una zona tranquilla, con vicini più o meno affabili ed educati, anche se pur sempre vicini.
Entro di nuovo in un ascensore, anche se questo è leggermente degradato rispetto a quelli del Times, e leggermente vecchio, tanto che più di una volta vi sono rimasta chiusa dentro.
 Ma ho i piedi a pezzi per colpa dei tacchi, le gambe distrutte e piuttosto di farmi sei piani di scale mi getterei dall’enorme vetrata che da sul giardino condominiale, una chiazza d’erba piena zeppa di giocattoli, biciclette e skateboards dei vicini.
Quando organizzano grigliate condominiali, preferirei rimanere tre giorni chiusa in ascensore piuttosto che tirare su il mio sorriso di gentilezza, un obbligo in quelle occasioni.
Se la domanda che vi state ponendo è se vivo da sola, la risposta è assolutamente no.
Divido l’appartamento con Alice Brandon, conosciuta all’università e diventata la mia migliore amica.
Non so cosa farei senza di lei, e sono quasi certa che anche lei pensi lo stesso su di me.
Alice è una mia coetanea, anche lei ex studentessa alla NY University, settore Designe.
Eh sì, Alice è una patita della moda, oltre che un’eccellente sarta, ed attualmente collabora con la rivista Mary-Claire, scrivendo articoli sulla moda ed occupandosi di visionare il campionario per le sfilate o i servizi fotografici.
Appesi al muro della sua stanza, ci sono dozzine di foto di lei e stilisti di grande fama come (inserire nome e cognome di Prada e altri stilisti)
Alice li tiene come oracoli, e guai a sfiorarli con dito se davvero tieni alla tua vita.
Nonostante la sua ossessione per la moda, Alice è una persona fantastica.  E non lo dico per convenienza: è la verità.
è una persona umile nonostante la sua ricchezza, allegra e giovanile, capace di farti sorridere quando desidereresti morire ma, soprattutto, un’abile ricattatrice.
Ma in fondo le voglio bene anche per questo.
Questo week-end sarà il suo compleanno ed ho già pensato al regalo: una pashmina  di chiffon rosa con i glitter, di un famoso stilista francese, di cui si è perdutamente innamorata qualche giorno fa.
Non sarà il massimo, ma non posso permettermi chissà che cosa, e sono sicura che Alice apprezzerà.
Giro la chiave nella serratura, entrando dentro con un sospiro di sollievo.
Alice non c’è, probabilmente si sarà trattenuta a lavoro, penso mentre mi sfilo le scarpe e muovo le dita dei piedi indolenzite.
La prima cosa che faccio, è entrare nella mia camera, ovvero un’ampia stanza, con le pareti bianche, un clichè, un grande letto matrimoniale moderno al centro, due comodini scuri da ambo le parti, entrambi muniti di abt-jour, una lampada da terra, un moderno obbrobrio ricoperto da una specie di carta bianca, regalo poco apprezzato della vicini Tilly Kellis, una donna sulla quarantina, un divorzio alle spalle ed una malignità capace di far ingelosire Satana.
Un grande armadio bianco occupa una buona parte della parete, costantemente riordinato e riempito da Alice.
Uno scrittoio antico stona parecchio in un contesto moderno, ed è per quello che lo si nota subito una volta entrati. Era di nonna Swan, e a quanto pare vi si sedeva a scrivere lettere al nonno che era in guerra.
Mi spoglio dei miei “abiti da lavoro”, e indosso i pantaloni della tuta ed una canottiera, naturalmente liberandomi anche dal reggiseno.
Poi corro in bagno, struccandomi immediatamente e liberando i capelli dalla morsa delle forcine.
Il bagno è molto piccolo, con un solo mobiletto stipato di trucchi di Alice, ed ha solo una doccia con la tendina, un wc ed un lavandino.
Siamo fortunate che c’è una finestrina da cui circola, seppur con difficoltà, l’aria.
Comunque sia, abbiamo capito da tempo che non possiamo stare contemporaneamente in bagno, almeno che non si voglia diventare sardine.
Quando finisco, vado in cucina, o meglio nell’angolo cottura in fondo al piccolo salottino.
Sì, il nostro appartamento non è un granché, ma perlomeno abbiamo un tetto dove vivere ed il riscaldamento d’inverno. E pure l’acqua calda.
Insomma, anche se potrebbe sembrarlo, non è una topaia.
Apro il frigorifero, sperando sia avvenuto un miracolo, ma lo trovo vuoto come sempre.
Poco male, ordineremo cibo ad un Takeaway.
Mi siedo sul divano, accendendo la televisione e facendo zapping.
Trovo una telenovela da quattro soldi che guardo giusto per passare il tempo.
Qualche minuto più tardi, sento qualcuno armeggiare con la serratura, e subito dopo un uragano di nome Alice si precipita dentro, gridando parole incomprensibili come una matta.
Inizialmente penso si tratti di un incendio, ma quando la vedo sorridere come se avesse appena visto la Madonna, capisco che forse è solo entusiasta di qualcosa.
< Oh mio Dio Bella! Non puoi neanche immaginare cosa sto per dirti! È una bomba!> Grida isterica, facendo cadere la lampada di fianco al divano, che si schianta sul pavimento,  rompendosi in mille pezzi.
Ma non è certo quel piccolo disastro a catturare la mia attenzione, piuttosto un’enorme pila di volantini e fogli vari, tutti colorati e con grandi stampe.
E prima ancora di riuscire a capire di cosa si tratta, Alice mi precede gridando: < Andiamo a Las Vegas tesoro!>.


Note dell’autrice

Salve a tutte! Per chi mi conosce, capirà che questa è un’altra delle mie trovate.
è un’idea nata così, per scherzo, che mi sono ritrovata a scrivere.
Questa Fan Fiction non sarà né drammatica né malinconica, ma  leggera e comica, o almeno è mia intenzione.
Non è il genere che di solito scrivo, ma volevo cimentarmi in qualcosa di nuovo, così, per puro divertimento.
Quindi fatemi sapere chiaramente cosa ne pensate: se vi piacerà, continuerò a postare, altrimenti la cancellerò e scriverò solo per me, quando e se avrò voglia e tempo.
Un bacio, Chiara.
   
 
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