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Autore: effewrites    24/07/2011    11 recensioni
"Oggi, dicevo, è il diciassettesimo anniversario della tua morte e, come ogni anno, sono qui seduta sotto il mio pino a scriverti una lettera che non riceverai mai."
Come ogni anno, Talia cerca almeno per un giorno di far finta che Luke sia ancora con lei. Ma questa volta qualcosa è cambiato. Solo che lei ancora non lo sa.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luke Castellan, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Spazio autrice: D'accordo, d'accordo, sono stata costretta a postarla. Ma mi piace, abbastanza. Scritta ascoltando a ripetizione "Stay" di Miley Cyrus, e consiglio a chiunque la legga di ascoltare questa canzone durante la lettura. Cavolo, Taluke! D: E' il mio OTP di Percy Jackson, e non ho mai perdonato a Rick Riordan la fine che gli ha dato çwç Quindi, siccome sono una di quelle persone che vuole sempre l'happy ending, ecco qui il mio u.u
Non odiatemi :'3 
Effie



I WILL STAY.

 

Caro Luke,
 
con oggi, sono esattamente diciassette anni da quando te ne sei andato. Diciassette anni, e ancora non riesco a credere che mentre tu morivi da eroe, io ero incastrata sotto una stupida statua maledicendo Era. Chi l’avrebbe mai immaginato che di lì a poco tempo avrei saputo della scomparsa del mio migliore amico.
 
Oggi, dicevo, è il diciassettesimo anniversario della tua morte e, come ogni anno, sono qui seduta sotto il mio pino a scriverti una lettera che non riceverai mai. Andrà ad unirsi alle altre sedici che ho scritto e poi bruciato.
 
Spero tu stia bene, ovunque tu sia. Da poco tempo noi Cacciatrici siamo tornate al Campo con Artemide. La vedo turbata e mi evita, pur tenendomi sotto controllo in ogni momento. Immagino sia perché anche lei ricorda in che giorno dell’anno siamo. Forse si rende conto che almeno oggi, un giorno su trecentosessantacinque, posso smettere per un attimo di essere la Luogotenente delle sue Cacciatrici ed essere solo Talia.
 
Spero che tu non ce l’abbia con me per questo, perché ti dedico solo un giorno ogni anno della mia immortalità, ma mettiti nei miei panni: quando sono con Artemide è come se vivessi in un altro mondo in cui io e te non ci siamo mai incontrati, tu non mi hai mai tradita e non te ne sei mai andato. Ciò non toglie che oggi vorrei fossi qui con me. Avrei tanto da raccontarti – una lettera non potrebbe mai bastare.
 
Percy e Annabeth stanno per diventare mamma e papà per la seconda volta. Hanno detto che se stavolta fosse maschio gli darebbero il tuo nome, ma è ancora presto per sapere il sesso del bambino. Aspetteremo.
 
Ah, tempo fa siamo andati sull’Olimpo, per far vedere a Poseidone e Atena la loro nipotina. Ti risparmio la scena, stava per salirmi il diabete a livelli preoccupanti. Ho visto tuo padre, impegnato come al solito, che ci ha fatto il grande onore di concederci due minuti del suo prezioso tempo. C’era anche mio padre. Abbiamo parlato.
 
Mi ha chiesto se avessi mai pensato in tutti questi anni di lasciare le Cacciatrici. Non mi ha sorpresa, d’altronde è sempre stato contrario a questa mia scelta fin dal primo momento.
 
Ci ho pensato, sai? Lasciare Artemide, tornare al Campo Mezzosangue, ricominciare a crescere e smetterla di avere per sempre sedici anni meno un giorno. Poi però mi chiedo cosa farei. Non ho più una madre – e comunque non sarei tornata da lei – e tutti i miei amici sono cresciuti. Non ci sei più neanche tu.
 
Sono diciassette anni che provo a vivere senza te, e ancora ogni anno in questo dannato giorno piango. Ogni tanto mi domando se anche per te è stato lo stesso, quei cinque anni senza di me. Ti sentivi anche tu a tratti vuoto, a tratti scosso da una tempesta dentro? Anche il tuo desiderio più grande era di sentire la mia voce anche solo per una volta ancora?
 
Luke, anche tu eri innamorato di me?
 
Artemide lo sa, e lo accetta. Provo l’amore che si prova verso un migliore amico, verso un fratello, un amore intoccabile e inattaccabile. Durante l’anno non ci penso tanto, e credo sia giusto così. Entrando nelle Cacciatrici ho fatto un giuramento che non ho intenzione di infrangere.
 
Per tutti gli dei, a volte immagino cosa succederebbe se ti incontrassi di nuovo. Percy ha detto che potresti rinascere, perché sei morto come un eroe e come un eroe hai il diritto a tre nuove vite.
 
Non ci spero tanto. Non voglio rimanere delusa. Non da te.
 
Voglio solo ricordarti come il ragazzino di dodici anni che incontrai una vita fa, quello stesso che fu la mia sola famiglia insieme ad Annabeth, quello che fu il mio primo amore e il mio più grande amico. Quel ragazzino non l’ho mai dimenticato. Rimarrai per sempre con me.
 
Tua,
Talia.
 
La ragazza dai corti capelli neri scompigliati dal vento si asciugò gli occhi e piegò la lettera in due, poi la piegò ancora e ancora, finché non fu più possibile. Mormorò una benedizione in greco antico e la posò in un cerchio fatto da grandi pietre grigie. Poi, in religioso silenzio, la sfiorò con un dito e dallo stesso partì un fulmine azzurro che diede fuoco alla carta.
 
Era una mattinata limpida e serena. C’era vento, ma a Talia non dispiaceva affatto. Era seduta a terra con la schiena poggiata contro la corteccia del pino della Collina Mezzosangue, e osservava il cielo mentre il leggero crepitio del fuoco faceva da sottofondo.
 
Era passato un altro anno.
 
Non le andava di pensare, perché se l’avesse fatto avrebbe trovato altre parole che avrebbe voluto scrivere nella lettera, diventata ormai cenere, e questo l’avrebbe fatta incazzare di brutto. Si sentiva già irrequieta per conto suo, e la colpa non era solo dell’anniversario della morte di Luke. C’era Artemide, che la teneva a distanza da quando erano arrivate al campo con le altre Cacciatrici; c’era Chirone, che l’aveva sì e no degnata di uno sguardo. Cos’avevano tutti?
 
Talia sospirò, mentre il fuoco si spegneva lentamente e una piccola spirale di fumo grigiastro si levava verso il cielo. Chiuse gli occhi, poggiando la testa contro l’albero e mangiucchiandosi l’unghia del pollice, immaginando che quel fumo contenesse tutte le parole che aveva riversato su carta. Forse avrebbero raggiunto Luke, il suo spirito o quello che era. Forse lui avrebbe sentito la mancanza della sua migliore amica. Forse avrebbe deciso di farle visita, di mettersi in contatto con lei, e così forse Talia…
 
« Ciao. Sei tu Talia, vero? Chirone mi ha mandato a chiamarti, penso che voglia parlare con te »
 
… avrebbe sentito di nuovo la sua voce.
 
Il cuore della figlia di Zeus fece un salto arrivando fino alla sua gola, e la ragazza si sentì senza fiato. Le spiegazioni plausibili erano davvero poche: o si era lasciata trasportare fin troppo dai ricordi, o aveva inavvertitamente bruciato qualche strano tipo di pianta allucinogena insieme alla lettera, inalandone i fumi. Oppure, per qualche strano e crudele scherzo divino, uno dei ragazzi del campo aveva la stessa voce di Luke.
 
Non voleva voltarsi. Si premette una mano sul petto e con un misto di odio e terrore seppe che il suo battito cardiaco era aumentato all’inverosimile. Un tum-tum-tum preoccupante le martellava nella cassa toracica.
 
« Ehi? Emh… mi hai sentito? Tutto bene? » domandò il ragazzo, spostandosi in modo da piazzarsi esattamente davanti Talia. La ragazza non ebbe la forza di distogliere lo sguardo, perché una non tanto piccola parte di lei le imponeva di non farlo.
 
Aveva i capelli corti, biondo scuro. Era alto e aveva lunghe braccia muscolose – Talia immaginò che il ragazzo avesse dovuto avere all’incirca la sua età, forse un anno in più. Non sorrideva, ma le labbra erano increspate in una smorfia che Talia trovò tremendamente familiare. Avrebbe creduto di trovarsi davanti un fantasma, se non fosse stato che gli occhi del ragazzo erano di un caldo color nocciola e non c’era nessuna cicatrice che gli sfregiava il volto.
 
Il ragazzo deglutì, guardando Talia con espressione confusa. « Io… tu… ci siamo già visti da qualche parte, per caso? Mi sembra di conoscerti… »
 
E allora, gli occhi blu della figlia di Zeus si riempirono di lacrime, mentre una folle idea si faceva largo nella sua mente. Artemide, Chirone, loro lo sapevano. Sapevano che Percy aveva ragione.
 
« L-Luke? » balbettò la ragazza mentre si alzava in piedi, la schiena ancora poggiata contro la corteccia del suo albero, come se ancora entrambi traessero forza vitale l’uno dall’altro.
 
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. « In realtà mi chiamo Trevor. Ma… umh, Luke è il mio secondo nome. Sono figlio di Ermes » disse, grattandosi una tempia, come fosse a disagio. « E tu da dove esci fuori? Con quel trucco pesante sembri tutto fuorché una semidea » disse con un sorriso accennato, che lasciò subito il posto ad uno sguardo confuso e scioccato.
 
Talia sapeva perché. Ventisei anni prima, un figlio di Ermes di appena dodici anni aveva pronunciato la stessa identica frase a una ragazzina dagli occhi cerchiati di nero.
 
« Sono Talia. Figlia di Zeus » mormorò cacciando indietro le lacrime, e solo dopo si rese conto di aver “dimenticato” di presentarsi come una Cacciatrice di Artemide. Avrebbero dovuto parlare, lei e la dea. Ma qualcosa diceva a Talia che sua sorella sapeva già ogni cosa.
 
« Woh. So che suona folle, forse anche un po’ inquietante, però… giuro, io ti conosco. È come se ti avessi incontrata già da tempo »
 
« Lo so. È lo stesso per me »
 
Rimasero in silenzio, guardandosi, e mentre lui non si rendeva conto del piccolo miracolo che era appena accaduto, lei ringraziava gli dei per quell’inaspettata seconda occasione.
 
« Sembri stanca. Se vuoi stare da sola… »
 
« No! Rimani»
 
Il viso di Luke – di Trevor – si illuminò con un sorrisetto sbilenco. L’avrebbe ammesso solo parecchio tempo dopo, ma in quella risposta ci aveva sperato. Guardava la ragazza, Talia, la figlia di Zeus, e nella sua testa si formavano immagini di una vita vissuta e dimenticata, che in quel momento più che mai avrebbe tanto voluto ricordare.
 
« Certo. Rimango con te » le sorrise, mentre una voce nella sua testa gli suggeriva una piccola aggiunta alla frase.  « Rimarrò sempre con te »
 

  
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