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Autore: Sweet Intoxication    27/03/2006    3 recensioni
Il seguito di Save Me, fanfiction ispirata a The Phantom Of The Opera. Buona lettura!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap
Cap.1 – Tutto l’amore che c’è
 

 

“Non domandate che cosa sono.

Nulla sono, a nulla anelo.

So soltanto della mia felicità.

Non domandate se la merito, sappiate che è grande e profonda.”

 

Paul Klee

 

 

“La felicità non è avere ciò che si desidera. E’ desiderare ciò che si ha.”

 

Oscar Wilde

 

 

Il sole splendeva alto e giocoso nel caldo pomeriggio di Giugno, ed una fresca brezza spazzava la ridente campagna ai confini di Saint Germain.

 

Estelle sedeva in veranda, con in grembo il consueto lavoro di cucito. L’ago ed il filo scorrevano veloci nella trama della stoffa grazie all’abilità delle sue dita, e ben presto l’abito di Madame Jordy sarebbe stato pronto.

Ogni tanto alzava lo sguardo per dare un’occhiata a suo figlio che giocava tranquillo in mezzo al prato. Gabriel aveva da poco compiuto due anni, ed era la copia esatta di suo padre; più cresceva, e più la somiglianza con Erik si faceva impressionante: aveva gli stessi capelli scuri, i lineamenti perfetti anche se ancora dolci e rotondi, e gli occhi color della giada, grandi ed intensi. Estelle ricordava ancora il giorno in cui aveva annunciato ad Erik che sarebbe diventato padre: nel suo sguardo aveva visto stupore, felicità e paura, paura che la sua progenie portasse sul viso lo stesso terribile marchio che lo aveva condannato ad anni di oscurità e disperazione. Ma Estelle lo aveva abbracciato stretto stretto ed aveva scacciato le sue paure con un bacio:

 

“Sarà un maschio, ed avrà la tua bellezza ed il tuo genio. Lo sento. E sarà il bambino più amato del mondo, te lo prometto.”

 

Per nove mesi Erik aveva tentato di celare il timore che continuava ad insinuarsi subdolo nel suo animo. Finchè arrivò il grande giorno. La partoriente si era barricata in casa con Constance, che era ostetrica, e la piccola Colette che, da brava bambina qual era, voleva a tutti costi aiutare Maman a far nascere il fratellino, mentre il povero Erik era confinato in veranda in preda al nervosismo più sfrenato. Non si era sentito così impotente nemmeno quando era stato imprigionato da una tribù di predoni in Persia.

 

“Andiamo Erik, calmati! Se continui a camminare avanti ed indietro in quel modo consumerai le assi della veranda” gli aveva detto Pierre, il marito di Constance, nel tentativo di calmare l’amico.

 

Erik era rimasto in silenzio, la mascella serrata e la fronte imperlata di sudore.

 

“Stai tranquillo…..Constance ha tirato fuori dal forno decine di pagnotte perfettamente riuscite! Però ti capisco, io ci sono passato tre volte…. E la prima ho abbattuto un albero a colpi d’ascia per il nervosismo!”

 

Erik stava considerando l’idea di prendere anche lui ad asciate un tronco per sfogare la tensione, quando dall’interno dell’abitazione si era sentito gridare e poi piangere a squarciagola. Aveva quasi sfondato la porta per precipitarsi in casa, per poi fermarsi bruscamente davanti a Constance che teneva in braccio un fagotto urlante.

 

“E’ un maschio…..ed è sano e forte!” gli aveva detto trionfante.

 

Erik con mani tremanti aveva preso in braccio il piccolo, il quale improvvisamente aveva smesso di piangere; padre e figlio si guardarono per un lungo istante, gli occhi dell’uno riflessi in quelli dell’altro. Poi quelli di Erik si erano riempiti di lacrime alla vista del viso perfetto del bambino.

 

“E’………è meraviglioso….”aveva sussurrato tra le lacrime.

 

Estelle ricordava ancora commossa come Erik era entrato in camera sua sorridente e le aveva porto il bambino, per poi sdraiarsi accanto a lei sul letto abbracciandola e ricoprendola di teneri baci nonostante fosse esausta e sudata.

 

“Grazie…..grazie amore mio……”

 

Le calde lacrime di lui sul suo viso le avevano fatto dimenticare subito il dolore e la stanchezza.

 

Poi erano stati raggiunti sul lettone da Coco, felice come non mai, la quale aveva dichiarato solenne:

 

“Il mio fratellino è il più bello del mondo. Sembra un angioletto come quelli che hai dipinto in camera mia, non è vero papà?”

 

Erik ed Estelle non potevano essere più d’accordo. Per questo il bambino fu battezzato Gabriel Alexandre Johanson: il nome di un angelo, il nome del padre di Estelle, ed il vero cognome di Erik.

 

Gabriel era un bambino dal carattere dolcissimo e dall’intelligenza precoce: nonostante avesse solo due anni aveva già manifestato un notevole interesse per la musica: adorava presenziare alle lezioni da canto che Erik impartiva a Coco, la quale, grazie ad un innato talento e ad un Maestro d’eccezione, prometteva di diventare una superba cantante d’opera. Estelle si sentiva scaldare il cuore di fronte all’orgoglio di Erik per i suoi due bambini. Era un padre tenero ed affettuoso, ma sapeva anche essere severo al momento giusto; tutto ciò aveva lasciato Estelle piacevolmente stupita: era a conoscenza della terribile e dolorosa infanzia del suo amato e dei  lunghi anni vissuti in solitudine, e non avrebbe mai creduto che potesse adattarsi così facilmente ad un ruolo tanto difficile ed importante….ma per Erik sembrava naturale, ed Estelle ringraziava Dio ogni giorno per averle fatto incontrare quell’uomo.

 

Una vocetta limpida ed allegra la distolse dai suoi pensieri: era Coco che era andata a raccogliere fiori sulla riva del fiume ed ora ritornava cantando allegramente la canzoncina che Erik aveva composto apposta per lei:

 

Risplende la tua luce

Nel buio della via

Non so di dove vieni

Neppure chi tu sia

Sembri così vicina

E sei tanto lontana

Non conosco il tuo nome

So solo che sei bella

Ed ovunque ti trovi

E chiunque tu sia

Scintilla scintilla

Piccola stella!

 

 

La testolina bionda di Colette comparve dal folto degli alberi: indossava un delizioso abito verde, e tra le braccia aveva un enorme mazzo di fiori di campo….sembrava davvero una fatina dei boschi.

Si fermò per dare un bacio al fratellino e poi appoggiò i fiori sul tavolo della veranda.

 

“E’ ora, Maman! Andiamo a prendere papà? Avrà quasi finito di lavorare, ormai!”

 

“Il tempo di finire quest’orlo, Coco, poi potremo andare. Intanto metti i fiori in un bel vaso sulla tavola.”

 

La bambina obbedì prontamente ed entrò in casa.

Dopo qualche minuto Estelle, Colette e Gabriel, saldamente aggrappato al collo della sua mamma, s’incamminarono verso la fattoria di Pierre e Constance Vaillant.

Il fienile della fattoria era stato distrutto alcuni anni prima in un incendio nel quale Pierre era rimasto gravemente ustionato, dopodiché non era più stato ricostruito. Erik ne aveva progettato uno nuovo ed ora i lavori erano quasi al termine: la nuova costruzione era così armoniosa a vedersi che pareva una abitazione signorile invece di un semplice fienile.

 

Mentre si avvicinavano, Estelle notò Erik intento a montare alcune assi, ed il suo cuore fece un balzo: Dio, com’era bello, suo marito. Si era tolto la camicia a causa del il caldo eccessivo, e gocce di sudore imperlavano la pelle abbronzata dal sole ed il petto scolpito dal duro lavoro. Alzò lo sguardo su di loro e li accolse con un bellissimo sorriso: da quando lui ed Estelle si erano sposati non portava più la maschera, e senza quella copertura opprimente la pelle piagata del lato destro del suo viso era molto migliorata, grazie anche al sole ed ad un unguento miracoloso che Constance aveva preparato apposta per lui, secondo una delle sue segretissime ricette erboristiche. Era lo stesso medicamento che aveva usato per curare le ustioni di Pierre, ed Erik ne aveva tratto grande giovamento: la piaga sotto l’occhio destro era guarita, ed ora la palpebra si chiudeva normalmente. La pelle era diventata più morbida e aveva acquistato un colore più uniforme, anche se le cicatrici sulla guancia e l’alopecia erano rimaste. Tuttavia Erik aveva preso l’abitudine di portare i capelli non più lisciati all’indietro, ma più liberi e “spettinati”, con un ciuffo sul davanti a mascherare l’area calva e la mancanza del sopracciglio. Quest’acconciatura lo faceva sembrare persino più giovane e gli dava un’aria da “poeta ribelle”, come diceva Estelle, che nulla toglieva al suo fascino misterioso.

 

“Hei Erik, è arrivata la tua allegra famigliola!” esclamò Pierre che usciva in quel momento dal fienile insieme al suo figlio maggiore Didier, e salutò affettuosamente i bambini che si gettarono subito tra le braccia di “zio Pierre”.

Erik si asciugò il viso con la propria camicia, poi si avvicinò ad Estelle: le sollevò il mento con una mano, e posò un morbido bacio sulle sue labbra. Lei si perdette per un attimo nell’immensità dei suoi occhi di giada poi gli sorrise dolcemente.

 

“Devi aver faticato molto oggi!”

 

Lui la guardò con ironia:

 

“E cosa te lo fa pensare? Non vedi come sono fresco e riposato?”

 

Estelle aggrottò la fronte:

 

“Già, già. A casa ti aspetta un bel bagno. Sappi che stasera non ti permetterò di venire a letto finchè non sarai pulito e profumato!”

 

Erik assunse un’aria ferita.

 

“Ma come? Pensavo ti piacerti così, in tutta la mia verace mascolinità!”

 

Tentò di abbracciarla, ma Estelle fu lesta a scappare, ridendo come una ragazzina.

Erik sfoderò il suo sguardo più minaccioso e dichiarò:

 

“Scappa pure….tanto prima o poi riuscirò a prederti, ed allora vedrai….”

 

Estelle si finse terrorizzata, poi Erik fu raggiunto in pieno viso dalla sua camicia appallottolata.

 

***********************

 

 

Giunse la sera.

 

Erik terminò di cantare la dolce ninnananna di sua composizione, e si fermò ad osservare i suoi bimbi addormentati nei loro lettini: il piccolo Gabriel a pancia in su con i pugnetti chiusi e Coco sdraiata sul fianco, i capelli sparsi sul cuscino in una cascata d’oro. La sua principessa aveva ormai sette anni, e diventava ogni giorno più bella. In lei Erik aveva trovato non solo la figlia che aveva sempre desiderato, ma anche un’allieva estremamente talentuosa. Coco adorava il suo padre adottivo, e faceva di tutto per compiacerlo: avevano due caratteri molto simili, e nonostante fossero entrambi estremamente testardi, andavano d’accordo su tutto. Erik avrebbe fatto qualunque cosa pur di renderla felice, e pensava con una punta di preoccupazione al giorno in cui un baldo giovane l’avrebbe portata via. Sperava solo che i suoi due adorati figli, una volta divenuti adulti, trovassero il vero amore come era capitato a lui, perché come diceva sempre Estelle “non c’è benedizione più grande”.

 

“Buona notte, miei angeli.” mormorò. Li baciò sulla fronte ed uscì.

 

 

Estelle era seduta sul bordo del letto e si pettinava la lunga chioma . Erik entrò in camera ed iniziò a spogliarsi per la notte, con movimenti lenti ed inconsapevolmente sensuali. Estelle lo guardava di sottecchi: sarebbe rimasta ad osservarlo per ore…..amava particolarmente il morbido solco tra i forti muscoli della sua schiena, in corrispondenza della colonna vertebrale. Lo trovava particolarmente….attraente. Si morse il labbro inferiore, arrossendo per l’audacia dei propri pensieri, e volse lo sguardo altrove.

Indossati i pantaloni del pigiama, Erik si sedette dietro di lei, le prese il pettine dalle mani e, come faceva ogni sera, cominciò a passarlo delicatamente tra i capelli di seta della sua amata alternando i colpi si pettine a piccoli baci.

 

Estelle chiuse gli occhi e sospirò di piacere.

 

“Domani mattina devo andare a Saint Germain a prendere del materiale, ma sarò di ritorno nel primo pomeriggio” disse Erik.

 

Estelle annuì senza aprire gli occhi.

Dopo il matrimonio, Erik aveva ristrutturato la casetta di Estelle costruendo una dependànce nella quale aveva ricavato il suo laboratorio. Vi erano un pianoforte, regalo di nozze di sua moglie, ed un tavolo enorme ricoperto di attrezzi di ogni tipo con i quali realizzava le sue creazioni artistiche. Infatti, sebbene Erik e la sua famiglia potessero vivere tranquillamente di rendita (durante i tristi anni come Fantasma dell’Opera Erik aveva accumulato una vera fortuna grazie allo “stipendio” mensile elargitogli dal patron) sia lui che Estelle intendevano continuare con la loro professione: lei col suo lavoro di couturière ed Erik con quello di artista. I suoi balocchi erano ormai conosciuti in tutta la Francia: realizzava carillon e scatole magiche così perfetti ed originali da sembrare magici. Tuttavia Estelle avrebbe preferito che continuasse a dedicarsi al suo vero grande amore: la musica. Ma sebbene si ritrovasse a comporre di tanto in tanto, Erik aveva praticamente abbandonato pentagramma e calamaio.

 

“Quando non ero che un Fantasma, la Musica era tutto ciò che avevo per sentirmi vivo. Ne ero quasi ossessionato, era una droga per colmare l’immenso vuoto del mio animo. Ma, anche se resterà sempre la mia linfa vitale, ora il mio cuore è talmente pieno d’amore e di felicità che quel fuoco creativo ed insieme distruttivo si è spento. Adesso la mia più grande gioia è cantare insieme a te, Estelle, od insegnare a Coco.”

 

Estelle aveva accettato la sua scelta, ma dentro di se pensava che fosse ingiusto che tanto genio venisse sprecato. Tuttavia Erik ora era il ritratto della felicità, e lei non poteva desiderare di più.

 

Erik appoggiò il pettine sul comodino, ed iniziò ad accarezzare dolcemente le spalle di sua moglie.

 

“Sei stanca?”

 

Estelle aprì gli occhi. Il malcelato desiderio nella voce di Erik aveva improvvisamente risvegliato tutti i suoi sensi.

 

“Non particolarmente……tu invece devi essere esausto, dopo il duro lavoro di oggi…..”

 

Erik spostò i capelli di Estelle da una parte.

 

“Ora non più.”

 

Abbassò il capo, e le sue labbra si posarono dolcemente sulla spalla di lei. Estelle richiuse gli occhi e chinò la testa da un lato per consentirgli migliore accesso.

Le labbra di Erik iniziarono a danzare sulla sua spalla, sul suo collo, fino alla sensibile area dietro l’orecchio. Le sue mani l’accarezzarono gentili ma avide, accendendo di desiderio il suo corpo.

Dopo un minuto Estelle si girò verso di lui, cingendogli il collo con le braccia, ed i loro sguardi si incontrarono. Erik chinò il viso, ed Estelle chiuse gli occhi: quello era il momento che amava di più, quell’attimo prima che le loro bocche si sfiorassero……..era solo un istante, ma per lei comprendeva tutta l’eternità. Estelle dischiuse le labbra ed Erik accolse l’invito approfondendo il bacio con tale trasporto da toglierle il respiro. Estelle riusciva ancora a stupirsi di quanta passione a quanta tenerezza Erik riuscisse a mettere in ogni bacio, anche dopo tre anni dal loro primo incontro: con lui era come se fosse sempre la prima volta. Più passava il tempo e più la passione tra di loro cresceva; non riuscivano a saziarsi l’uno dell’altra, e non solo dal punto di vista fisico: ogni nuovo giorno insieme era per entrambi una scoperta ed un’immensa gioia, fatta di piccole e grandi cose.

 

Si interruppero per prendere fiato. Estelle ne approfittò per liberarsi della camicia da notte, dopodiché Erik la prese tra le braccia e la fece sdraiare sul letto. Frenò il proprio impeto per ammirare il corpo stupendo della sua amante: Dio, era così bella da fare male. Le due gravidanze non avevano minimamente scalfito la sua perfezione, degna di una dea. Estelle si sentì incendiare sotto quello sguardo di fuoco, e dalle sue labbra uscì un sussurro implorante:

 

“Erik….”

 

Erik si chinò su di lei e la baciò dappertutto. Le sue mani scorrevano sul suo corpo come carezzevoli onde marine indugiando sui punti più sensibili che ormai conosceva a memoria. Infine le sue dita sfiorarono il bocciolo segreto tra le sue gambe, ed Estelle emise un gemito. Le sue mani si mossero freneticamente per slacciare i pantaloni di Erik, ed eliminare così l’ultimo ostacolo alla loro passione.

 

Gemettero entrambi quando i loro corpi si unirono. Erik iniziò a muoversi lentamente dentro di lei, lo sguardo fisso sul suo bellissimo viso per non perdersi neanche un attimo del suo crescente percorso verso il sommo piacere. Il respiro di Estelle si fece accelerato e si aggrappò disperatamente a lui: gli cinse la vita con le gambe, e la diversa angolazione impose al corpo di Erik di muoversi più rapidamente. Dopo pochi istanti, l’estasi travolse Estelle con ondate di piacere intensissimo, e presto Erik la raggiunse, soffocando un grido ed affondando il viso nella curva del collo di lei.

 

Estelle gli accarezzò teneramente i capelli, incollati alla a nuca a causa dell’intenso calore sprigionato dai loro corpi. Erik sollevò il capo e la guardò intensamente negli occhi, quegli occhi blu come il cielo nelle notti di primavera.

 

“Mio Dio Estelle, quanto ti amo……”

 

Estelle sentì lacrime di gioia salirle agli occhi, come ogni volta che Erik le diceva così.

 

“Baciami Erik. E giurami che non smetterai mai di baciarmi come fai ora.”

 

Erik avvicinò il viso al suo, a sfiorare appena le labbra di lei con le proprie.

 

“Te lo giuro, Estelle”.

 

 

 

 

 

 

  
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