Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |      
Autore: naccho    25/07/2011    5 recensioni
{AU}Olanda/OC!Irlanda
Quando Katherine O'Donnel, ufficiale del ministro della Cultura e Turismo irlandese riceve l'incarico di rappresentare la sua nazione al T20 che si sarebbe svolto nei Paesi Bassi quell'anno, non può nemmeno immaginare cosa potrà succederle nelle due settimane di permanenza ad Amsterdam. Specie se da subito si ritrova a scontrarsi con il pretenzioso, intrattabile e spigoloso direttore esecutivo dell'hotel, Jan Willem Verkuilen.
A questo si aggiungono l'insopportabile ufficiale del ministero inglese Arthur Kirkland e tanta altra gente che pare non avere proprio voglia di farsi i fatti propri.
"Dus welkom bij Hotel Blauwe Lucht en veel geluk."
E' la prima het che scrivo dopo nove anni, spero vi possa piacere. La storia è basata su un drama coreano che adoro
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
New Page 1


Amsterdam era veramente una città strana, non c'era di che dire.
In realtà, tutti i Paesi Bassi erano piuttosto strani.
Quando Katherine O'Donnel, 29 anni, irlandese doc, direttrice del reparto relazioni estere al ministero della Cultura e del Turismo irlandese aveva messo piede sul suolo olandese le era sembrato di fare ingresso in un universo parallelo.
Niente a che vedere con l'aria tranquilla che si respirava a Dublino ogni giorno, esclusi i week end.
Si passò una mano tra i lunghi capelli rossi e si fermò a fissare la cartina dov'era segnato l'hotel dove avrebbe dovuto alloggiare e dove si sarebbe tenuto il T20 Tourism Ministerial Meeting organizzato dall'UN World Tourism Organization.
Ovviamente era stato scaricato tutto su di lei ed era stata costretta a partire per la capitale olandese quasi due settimane prima dell'evento.
Una bellezza.
Ed ora era lì, all'uscita della Centraal Station di Amsterdam con quella mappetta mal organizzata che gli aveva fornito il ministero.
“Prendere la linea 53 e scendere a Verrijn Stuartweg. Poi prendere il tram numero 16 e scendere a Emmastraat. Da lì sono 3 minuti di cammino” recitava la piccola annotazione sotto la mappa.
“Ma forse è meglio se prendo un taxi.” si ripeté la ragazza, storcendo le labbra. No, non era una buona idea. Gli spostamenti erano pagati dal ministero e se sforava il budget avrebbe dovuto scrivere una di quelle inutili lettere di scuse che non leggeva mai nessuno.
Aveva troppo da fare per mettersi a scrivere lettere di scuse!
Si passò nuovamente la mano fra i fin troppo lunghi capelli rossi e sospirò, prendendo la sua valigia e andando verso la pensilina della metro 53 più vicina.
Ovviamente doveva scegliere l'ora di punta per arrivare ad Amsterdam. Pressata com'era nel piccolo vagoncino praticamente non respirava più, complice anche la sua... ehm, non proprio gigantesca statura.
Katherine misurava 1,63 cm di altezza. Una misura di tutto rispetto per una donna, certo, se non fosse che dove abitava lei l'altezza media della donna superava il metro e settanta. Sin da piccola era sempre stata presa in giro per la sua statura, per questo motivo aveva cominciato a portare scarpe con il tacco già da adolescente.
Non che avesse cambiato molto, dopotutto. Il suo vizio di tenere i capelli spropositatamente lunghi l'aveva sempre fatta sembrare una bambina.
“Oh?! Ah! La mia fermata!” esclamò, cercando di farsi spazio tra la gente. Ok, era in Olanda, ma capire mezza parola di inglese, questi armadi olandesi, no, eh?! Cominciò a spingere con le sue esili braccia e uscì dal vagone durante il bip sonoro. Per un pelo la sua valigia non rimase incastrata tra le porte, ci sarebbe mancato solo quello! Era ad Amsterdam da nemmeno un'ora e già la detestava.
Si aggiustò per l'ennesima volta i capelli davanti al viso e sbuffò infastidita. Agli occhi di chiunque sarebbe sembrata tutto tranne che un ufficiale del ministero della Cultura irlandese.
Ricontrollò la mappa mentre era sulle scale mobili che la stavano portando fuori dalla stazione della metropolitana. Adesso avrebbe dovuto prendere l'autobus numero 16. Si guardò intorno, cercando un cartello della fermata e proprio in quel momento vide, dall'altra parte della strada, il numero 16 che stava giusto partendo dalla pensilina.
“Cazz--” trattenne, portandosi i capelli dietro le orecchie e afferrando la valigia, cominciando a correre sulle strisce pedonali forsennatamente. “Aspetti! Aspetti un secondo!” urlava, mentre il semaforo verde lampeggiava pronto per diventare rosso.
“Un moment--!” esclamò, prima di sentire un rumore sordo e di vedersi irrimediabilmente precipitare verso quelle candide strisce.
Sbam. Si guardò il piede. Il tacco a spillo della sua scarpa aveva deciso di staccarsi proprio in quel momento. Ma Katherine non ebbe nemmeno il tempo di lamentarsene visto che un bolide nero frenò bruscamente a pochi centimetri dal suo corpo.
Fissò il paraurti nuovo di zecca di una Spyker C8 nera e lucida che sembrava volesse mangiarla. Il cuore le era praticamente esploso in petto, non era ancora riuscita a respirare.
Ma dico, era pazzo?! Totalmente esaltato?! Cosa diavolo avevano gli olandesi al posto del cervello?!
Dal posto di guida uscì un uomo spaventato, in giacca e cravatta neri e dal sedile posteriore un altro uomo, vestito di tutto punto.
“Ma chi vi ha dato la patente?! Razza di sconsiderati! Siete pazzi! Ma a cosa diavolo pensate quando guidate, alle vacche?! Dio cane!” esclamò, rivolgendosi ad entrambi gli uomini. Incavolata com'era aveva parlato in un inglese così veloce... e poi non si aspettava di certo che qualche olandese riccastro la capisse.
Schioccò la lingua tra i denti e li fulminò entrambi con lo sguardo. L'uomo con il suit grigio e i capelli ridicolmente alzati uscito dal sedile posteriore superò l'altro e si pose proprio davanti a lei.
“Con tutto il dovuto rispetto che si merita.” cominciò, fissandola dalla sua strabiliante altezza, con due occhi freddi come il giaccio. “È stata lei a fermarsi nel bel mezzo delle strisce pedonali quando il semaforo era completamente rosso da notevole tempo. Non le abbiamo chiesto noi di attraversare in tutta fretta il viale nel momento in cui il semaforo lampeggiava. Chiedo scusa per la brusca frenata, niente più.” concluse, chinando leggermente il capo e indietreggiando di qualche passo. Il suo occhio cadde sul tacco rotto della ragazza e passò da lì al suo sguardo furente e scioccato allo stesso tempo.
Questo era davvero il colmo. Non solo quella specie di idiota con un banano sulla testa l'aveva quasi investita, aveva avuto pure il coraggio di rispondergli a tono. Katherine non sapeva se essere arrabbiata, confusa o inviperita.
Il giovane uomo si piegò all'improvviso verso di lei, mentre le auto in fila cominciavano a suonare i propri clacson per incitare la liberazione della corsia. Si guardò in giro un secondo, poi prese tra le mani la povera scarpa ormai inutilizzabile.
Roteò gli occhi al cielo e con un gesto repentino prese la giovane in braccio, ordinando con un cenno al suo autista di spostarne la valigia.
Katherine smise di nuovo di respirare. Decisamente qualcosa non andava. Dove stava andando, trasportata come una principessa nelle braccia di un perfetto sconosciuto in una città straniera di un paese a chilometri e chilometri dal suo?!
“Aspetti un moment--! Mi metta giù” esclamò, battendo la mano sulla spalla dell'uomo. Cominciò a guardarsi intorno per chiedere aiuto ma il giovane la fece accomodare per terra prima ancora che potesse dire qualsiasi cosa.
Katherine sbatté gli occhi, ritrovandosi praticamente dall'altro lato della strada, sul marciapiede, accanto alla pensilina del tram numero 16.
“Dietro quell'isolato c'è un negozio di scarpe, se le può interessare” commentò l'uomo, ridandole la scarpa rotta tra le mani. “Cerchi di guardare a destra e sinistra e di non attraversare con il rosso, non mi pare lei abbia cinque anni” la congedò, con un veloce inchino della testa, facendo dietro front immediatamente e richiudendosi nell'auto senza troppi indugi. L'autista posò la valigia accanto a lei e si allontanò altrettanto velocemente, riprendendo la guida dell'auto e sparendo a velocità lungo il viale.
Tutti gli occhi erano puntati su Katherine, con una scarpa rotta in mano, un piede nudo e praticamente in ritardo. Ma non poteva di certo presentarsi in quel modo! Storse le labbra in un verso contrariato e scorse il negozio di scarpe che il maleducato le aveva indicato prima. Meglio che presentarsi con una scarpa rotta. Saltellò coprendosi il viso, sperando che nessuno avesse fatto foto o video.
E già cominciava a spendere soldi inutilmente. Per lo meno le scarpe del negozio erano carine.
Sospirò pesantemente, ritornando indietro con un paio di scarpe nuove ai piedi e mettendosi pazientemente ad aspettare il maledetto tram numero 16.

La giornata era cominciata decisamente male, sotto ogni punto di vista. Detestava quelle mattine in cui andava tutto storto, a cominciare dai pedoni che gli tagliavano la strada con il semaforo rosso quando era già abbastanza in ritardo per conto suo. E come se non bastasse le persone di cui aveva bisogno non erano mai a lavoro quando serviva.
Sì, Jan Willem Verkuilen, 28 anni e direttore esecutivo del Blauwe Lucht Hotel di Amsterdam detestava i ritardatari più di ogni altra cosa.
“Ancora nessuna notizia dell'ufficiale del ministero irlandese?” sbottò innervosito, scuotendo la testa e rivolgendosi al suo assistente Leen, che non sapeva proprio che fare.
"Sarebbe dovuta arrivare un'ora fa ma non si è ancora presentata. Forse si è persa...?” provò ad ipotizzare il giovane segretario.
Il giovane uomo si fermò un secondo, fissando dritto davanti a sé. Poi aprì la bocca, alzando un sopracciglio. “Dubito fortemente che un'ufficiale al quinto livello del ministero del turismo e della cultura si possa perdere in una città. Convieni con me che non stiamo parlando di una bambina di cinque anni.” rispose, tagliente come un coltello, continuando a tirare dritto per il corridoio.
“Ah... sì.” si limitò a biascicare Leen, guardandosi intorno spaesato.
Jan era diventato direttore esecutivo dell'hotel un anno prima, prendendo il posto di sua sorella maggiore che si era sposata con il presidente di una filiale belga dell'albergo e l'aveva seguito per gestire lì il business.
Nonostante la giovane età, era uno dei più stimati uomini d'affari della nazione e l'hotel da lui gestito era rinomato in tutto il paese per essere il migliore.
Certo, questo quando tutti si presentavano in orario.

Katherine picchiettò con nervosismo la mano sulla sua valigia, mentre il pullman numero sedici la stava conducendo verso l'hotel. La giornata non poteva andare peggio di così. L'Olanda era veramente un paese del cavolo, piena di gente maleducata e soprattutto piena di sfortuna.
Il conducente dell'autobus le indicò gentilmente la fermata, ma non ce n'era affatto bisogno. Il Blauwe Lucht Hotel si stagliava in tutta la sua magnificenza ed era visibile già dalla strada. Affacciava sul fiume Amstel, circondato da un piccolo parco e con attraccati dei traghetti di proprietà dell'hotel stesso.
Katherine rimase per un attimo senza parole. In foto non rendeva assolutamente l'idea i ciò che era in realtà. Semplicemente da mozzare il fiato.
Sbatté un attimo gli occhi e si risvegliò dalla trance, attraversando la strada e facendo ingresso nel vialetto contornato dal parco che portava all'imponente ingresso.
Due garzoni ben vestiti le aprirono le porte di vetro finemente decorate con le iniziali BLH stampate e Katherine si ritrovò davanti la hall più spettacolare che avesse mai visto. Non che si fosse spostata poi così spesso dall'Irlanda, il massimo a cui era potuta arrivare era un minuscolo viaggio di lavoro a Parigi di due giorni qualche anno prima e i vari spostamenti verso Londra che non mancavano mai.
Ma questo... questo era veramente qualcosa che quando era entrata nell'aula per il concorso nel ministero non si sarebbe immaginata neanche con un telescopio interstellare.
Non ebbe nemmeno il tempo di sussurrare qualche parolaccia di sorpresa che il suo cellulare cominciò a vibrarle nella tasca. Si risvegliò per la seconda volta dalla trance e rispose prendendo un respiro, quasi come a volersi riprendere da uno spettacolo del genere.
“Sì, pronto?” mormorò, senza staccare gli occhi dallo scenario, dal bancone della reception alla saletta per gli ospiti gremita di poltrone che solo a guardarle sembravano morbidissime, all'entrata che portava ad uno dei bar del pian terreno, con le pareti nere decorate a fiori rossi, chiamato 'Bloemgracht', al pavimento di marmo lucido e al soffitto altissimo, puntinato da lampadari probabilmente di cristallo. Qualcosa di veramente inabbordabile!
“Signorina O'Donnel?” domandò una voce con uno spiccato accento dall'altra parte “Sono Leen Eberhard dal Blauwe Lucht Hotel. È più di un'ora che l'attendiamo, eravamo in attesa di ricevere sue notizie...”
Ma porc... era davvero passato così tanto tempo?! Si maledì, maledì le sue scarpe e l'idiota che l'aveva quasi investita.
“Chiedo enormemente perdono, sono appena arrivata in hotel. Ho avuto alcuni problemi durante il viaggio... a... arrivo subito” biascicò, quasi tremante. Rabbia, ansia, nervosismo. Tea, aveva bisogno di tea o non si sarebbe calmata! Ma non aveva di certo il tempo di sedersi al bar ed indugiare fissando i muri floreali. Corse poco finemente verso la reception che prese in custodia il suo bagaglio e la indirizzò verso il trentaquattresimo piano, dove il direttore esecutivo già la attendeva... da un'ora probabilmente.
Katherine si colpì la testa più volte, aspettando l'ascensore in corridoio. Primo giorno, e già era andato tutto storto. Sperava che le due settimane passassero il più in fretta possibile.
Salì sull'ascensore e si rannicchiò in un angolo, a testa bassa, continuando ad inveire contro se stessa come una bambina. Sì, doveva calmarsi o non sarebbe riuscita a spiccicare parola.
Fissò il suo riflesso nella porta dell'ascensore e ripensò a quanto aveva lavorato per tutto l'anno precedente per fare in modo che l'Irlanda non facesse magre figure e non poteva di certo arrendersi adesso.
Raggiunse il trentaquattresimo piano e cominciò a guardarsi intorno, chiedendosi dove andare. La raggiunse un giovane uomo con gli occhiali e i capelli rossicci, salutandola con un leggero inchino.
“Signorina O'Donnel, ben arrivata, io sono il segretario Leen Eberhard. Il direttore si è allontanato un attimo, la accompagno in ufficio dove potrà attenderlo” sorrise lui, mentendo spudoratamente visto che il suo caro direttore era sparito di nuovo, come ogni volta quando si innervosiva troppo.
Lanciò un grosso sospiro che lasciò Kath un po' perplessa e la condusse nell'ufficio, che da solo era grande quando tre vani della sua casa a Dublino.
Stupidi ricconi. Fu il primo pensiero, mentre storceva il naso.
Il segretario scomparì dietro la porta e Katherine rimase in piedi ad attendere. Dieci minuti. Quindici minuti. Venti minuti. Venticinque minuti. Trenta minuti.
Ok, lei aveva un'ora di ritardo ma non era carino far attendere una donna!
Aprì la porta in modo furtivo, per sbirciare; ma nel corridoio non c'era anima viva. Oh, ma allora era una presa in giro.
Si guardò intorno e lasciò l'ufficio, avventurandosi per il piano. Non sapeva se essere ammirata o disgustata, quei corridoi erano quasi più grandi della sua camera da letto.
Dietro l'angolo si apriva un'enorme vetrata con una vista mozzafiato sul fiume. C'erano delle poltroncine e un tavolino e poggiati al muro una macchinetta per il caffè e... praticamente qualsiasi altra bevanda calda esistente in circolazione e un contenitore per l'acqua.
Oh, qualcosa uguale ad un ufficio normale... pensò Katherine, avvicinandosi alla macchinetta e prendendo un tea. Mentre premeva il tasto corrispondente notò che su una poltroncina ben nascosta, all'angolo del piccolo punto ristoro, c'era seduto qualcuno.
Prese il suo tea e aggrottò le sopracciglia. Ad occhio e croce... ma sì, quel suit grigio e la ridicola pettinatura a banana... il pazzo che aveva tentato di farla diventare tutt'una con le strisce pedonali olandesi!
Il giovane uomo si girò verso di lei, con una tazzina di caffè tra le mani. Alzò un sopracciglio sorpreso quando la vide nel suo maglioncino e i suoi pantaloni stretti mentre stringeva una tazza di tea tra le mani.
Non poté fare a meno di buttare un occhio alle scarpe, notando che effettivamente erano diverse.
Alzò entrambe le sopracciglia e accavallò le gambe, girando lo sguardo. “Devo averla sottovalutata, visto che la ritrovo cliente di questo albergo” disse, lanciandole un'altra veloce occhiata. Sembrava tutto, tranne che una persona tale da spendere i seicento euro a notte che erano la tariffa base dell'hotel.
Katherine storse il naso e bevve un sorso di tea, fissando il panorama. “Oh, e immagino invece che per i ricconi maleducati come lei sostare qui sia come andare al bar la mattina” rispose, schioccando la lingua tra i denti.
Ricconi maled...? Jan spalancò gli occhi, non sapeva nemmeno se ridere o adirarsi. “O come accomodarsi sulle strisce pedonali mentre il semaforo è rosso”, puntualizzò, rigirando la tazzina del caffè con un gesto della mano.
Cosa...?! Katherine si voltò verso di lui con uno sguardo furioso e Dio solo sa cosa la trattenne dal mandarlo violentemente a quel paese.
Calmati, Kath. Non accogliere la provocazione, sii matura. Sii seria.
“Que... quello è stato un incidente. Ma fossi in lei cambierei autista, visto che quello che ha è sicuramente cieco. Non vorrei che la prossima volta una bambina di cinque anni la faccia finire in tribunale.” borbottò, storcendo nuovamente il naso.
Che... ma davvero, questa ragazzina. Jan aggrottò le sopracciglia sorpreso, poi si lasciò sfuggire una risata per niente divertita. “Non mi permetterei di dare un consiglio spassionato, ma d'ora in poi io bloccherei gli acquisti di calzature di dubbia provenienza orientale e, visto che a quanto pare si può permettere di posare piede in questo hotel, punterei a delle scarpe un po' più resistenti, magari realizzate da qualche calzolaio italiano a mano, qualche pezzo unico che non voli via alla prima occasione, magari su delle strisce pedonali” sorrise beffardo lui, alzando la tazzina di caffè come a volerle augurare una allegra bevuta.
Katherine spalancò la bocca e la tazza quasi le cadde dalle mani.
“Vuoi morire...?!” farfugliò, aggrottando le sopracciglia e pronta ad esplodere. Gli avrebbe staccato quel ciuffo a banana un capello alla volta e gli avrebbe legato quel completo di lusso intorno al collo fino a fargli maledire il giorno in cui l'aveva comprato.
“Direttore!” la voce del giovane assistente ruppe il silenzio nella saletta e probabilmente evitò un omicidio premeditato.
Il riccastro maleducato si alzò e lasciò la tazzina sul bracciolo, passando Katherine e avvicinandosi al poverino che ancora ansimava. “L'ho cercata dappertutto, l'ufficiale del ministero irlandese è già...” si bloccò, lanciando l'occhiata a Katherine. “...dietro di lei”
Jan si girò verso di lei, spalancando gli occhi, per ritrovare la stessa identica espressione negli occhi della ragazza.
Ufficiale del ministero?
Direttore?!
Quel maleducato riccone con il ciuffo a banana che aveva appena insultato era il direttore dell'albergo?!
Katherine sentiva di stare per svenire. Oh, certo. Certo, una cosa del tutto normale, no? Un tizio quasi ti investe ed è il direttore dell'albergo per il quale devi lavorare. Ironia della sorte!
“Vi siete già conosciuti? Lei è il direttore del reparto relazioni estere al ministero della Cultura e del Turismo irlandese. Il suo nome è Katherine O'Donnel.”
Dio, che figura di merda! Neanche nei suoi incubi peggiori era mai capitata una cosa del genere!
Jan rimase in silenzio un secondo, il tempo di assimilare. Quella ragazzina isterica di nemmeno quindici anni era direttore e ufficiale del ministero?! Qualcosa non tornava. Allungò la mano con fare riluttante e quando sentì quella della ragazza tra le sue dita ne ebbe la conferma: era troppo piccola come mano, non poteva essere altro che quella di una ragazzina!
“... Ja... Jan Willem Verkuilen.” mormorò, scettico, e di certo lei non gli rivolse uno sguardo migliore, anche se più imbarazzato. “Non sapevo assumessero i quindicenni al ministero irlandese”, stupida boccaccia.
Katherine lo fulminò con lo sguardo e saldò la stretta, affondando le sue unghie nella pelle chiara dell'olandese. “Ho ventinove anni, direttore, non uno di meno. Ho passato un regolare concorso e sono stata assegnata al mio incarico dal ministro stesso. Se gradisce posso farle inviare i documenti via fax” rispose, tirando un sorriso e usando un tono beffardo, sibilando a denti stretti ogni singola parola.
Ventinove...? Quella sottospecie di vaporoso nano da giardino con quelle deliz--... infantili lentiggini sul naso e quegli enormi occhioni verdi aveva ventinove anni? Ovvero un anno in più di lui?!
Nemmeno se gli avesse mostrato il certificato di nascita.
“È un piacere fare la vostra conoscenza, signorina O'Donnel. Spero potremmo collaborare ottimamente per l'evento che ci attende” rispose lui, sfoderando la sua migliore espressione da uomo d'affari, liberandosi dalla tenaglia che gli ancorava la mano.
“Sarà un vero piacere, direttore.” sibilò lei, tirando un sorriso ancora più falso del suo.
“Me ne compiaccio. Dus welkom bij Hotel Blauwe Lucht en veel geluk.
  
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: naccho