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Autore: Melardhoniel    25/07/2011    3 recensioni
In nome dello sfavillante mare dell’Est, ecco a voi la regina Lucy, la Valorosa.
In nome del grande bosco dell’Ovest, re Edmund, il Giusto.
In nome dello splendente sole del Sud, la regina Susan, la Dolce.
In nome del limpido cielo del Nord, ecco re Peter, il Magnifico.

I Pevensie sono stati incoronati; ora sui troni di Cair Paravel siedono due figli di Adamo e due figlie di Eva. Quindici anni dopo, i quattro fratelli si ritrovano accanto all'armadio alla stessa ora in cui erano partiti.
Ma cosa è successo in quei quindici anni?
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Peter Pevensie, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sus, credi in te.




I cavalli galopparono veloci come il vento, e le due sorelle, spaventate, si guardarono più volte indietro, come per paura che ci fossero altri nemici, che potessero essere nuovamente attaccati, quasi feriti.
Mentre Susan dopo qualche minuto tornò a guardare il terreno davanti a sé, chinandosi verso la testa della cavalla per avere una maggiore presa, Lucy sembrava non trovare pace: si affannava a cercare con lo sguardo un brusio, un fruscio, una macchia di pelo arancione, qualsiasi cosa che le potesse dimostrare che non era pazza, che Aslan le si era davvero presentato davanti. Che non l’aveva mai abbandonata.

Peter smontò da cavallo, accompagnando Stardust per le briglie verso la sua tenda. Pochi minuti prima aveva avuto un’altra sensazione che lo aveva paralizzato: ma non era stata come quella provata quando il suo cavallo si era di colpo immobilizzato a pochi metri dall’accampamento, era stata angosciosa, preoccupata, sofferta. Il suo sesto senso di fratello maggiore lo stava mettendo in guardia. Gli diceva: “Peter, attento. Qualcuno a cui tieni è in pericolo”.
Il ragazzo deglutì rumorosamente: voleva che i suoi fratelli arrivassero in quel medesimo istante al campo. Non riusciva a sedersi nella sua tenda senza sapere che Lucy e Susan erano a Cair Paravel a ricamare e a governare durante la sua assenza o che Edmund era vicino ad Oreius a preparare il piano d’attacco.
Perché in quel momento le due sorelline erano in mezzo ad una foresta di cui solo loro conoscevano il percorso (il re Supremo infatti non sapeva della notte durante la quale Aslan si era sacrificato per il Giusto e della seguente corsa dalla Tavola di Pietra al castello della Strega Bianca)ed il suo caro fratello poteva essere a miglia come a centimetri da Beruna.
Peter cominciò a girare in tondo attorno al cavallo. I soldati vicino a lui lo guardavano quasi impietositi, capendo perfettamente cosa doveva provare un ragazzo con così tante responsabilità come lui.
Il re alla fine si lasciò pesantemente cadere a terra, producendo un sonoro clangore con l’armatura, e si prese la testa fra le mani.
-E ora dove sono finiti? Io lo sapevo, non avrei dovuto accettare! Non posso vivere sapendo che a loro è successo qualcosa, non posso continuare la mia vita senza di loro!-
-Mio re…- Oreius picchettò leggermente una mano sulla spalla del maggiore.
Peter alzò la testa sconsolato.
-Che cosa c’è, buon Oreius?-
-Guardi…- Il centauro indicò un punto non lontano dalla tenda del re Supremo: là, accanto all’enorme telo rosso a righe oro che copriva la provvisoria sistemazione dei due sovrani maschi, con un’aria distrutta, temprato dalle quattro ore di viaggio a cavallo, stava Edmund.A fianco a lui la sua scorta.
Sul viso di Peter comparve un sorriso di gioia nel rivederlo, di gratitudine nel saperlo vivo, di affetto da fratello maggiore e di orgoglio nel sapere che era riuscito a portare a termine la sua missione con precisione e giudizio.
Gli corse in contro, ed Edmund smontò da cavallo, per raggiungerlo.
Peter gli buttò le braccia al collo, lo strinse a sé, e così fece Edmund, che gli diede sonore pacche sulle spalle.
-Ed! Oh, Ed…sei vivo!-
-Certo che sono vivo, Peter. Sono re Edmund il Giusto, non so se mi spiego.- Peter gli tirò uno schiaffo sul braccio.
-Ma tu guarda che fratello montato che mi ritrovo!-
Edmund rise di gusto.
-Come è andato il viaggio?- Domandò il maggiore.
-Bene…- fu la risposta. –A parte qualche dolorino basso, non so se ci capiamo…- ghignò il minore.
Solo allora il re Supremo notò che il fratello, come lui, camminava a gambe larghe.
-Gran bella cosa i cavalli, eh?- domandò Peter, ridacchiando.
-Assolutamente adorabili, specie dopo quattro ore di viaggio.- Edmund passò un braccio attorno alla spalla del fratello, partecipando alle risate.
Erano così felici di vedersi dopo tante preoccupazioni che camminando a gambe larghe con le braccia l’uno attorno alle spalle dell’altro sembravano una coppia di ubriachi.
Gli stessi guerrieri di Narnia si guardavano attoniti e divertiti.
-Senti, Ed… dimmi un po’…notizie di Susan e Lucy?- Peter fissò il minore dritto negli occhi, con la preoccupazione che si faceva di nuovo strada in lui.
-No…- Edmund abbassò lo sguardo.
-Diamine…ormai le quattro ore sono più che passate. Dove possono essere finite?-
Peter osservò il sole: erano partiti intorno alle sette, ed erano pressappoco le undici e un quarto.
E allora perché le due ragazze tardavano?
Nemmeno Edmund, che di solito era il più rilassato e ragionevole dei due maschi –infatti tra i quattro fratelli la più riflessiva e ragionevole era Lucy-, riusciva a darsi pace.
Un conto era cercare di convincere Peter che le ragazze non correvano il rischio di essere rapite se andavano ad allenarsi vicino al Grande Fiume in compagnia di Oreius, un altro era se le suddette sorelle erano partite per affrontare un lungo viaggio attraverso un bosco che solo loro ed il grande leone Aslan conoscevano.
E Edmund aveva paura: sapeva che rischiavano di non riuscire ad orientarsi nel bosco se fosse venuto loro in mente di partire per cercare Susan e Lucy, e quindi poteva accadere che le ragazze arrivassero all’accampamento e, trovandolo deserto, si addentrassero nuovamente nella foresta, oppure che i guerrieri di Narnia si perdessero in mezzo agli alberi secolari e che le sorelle, nel caso fossero state in pericolo, non avrebbero potuto essere salvate.
Il dubbio lo tormentava: andare o restare? Restare o andare? E più il tempo trascorreva, più il peso che gli schiacciava il cuore si faceva pesante.
Peter era sempre più inquieto, Edmund lo vedeva, lo capiva, ma non sapeva come avrebbe potuto fermarlo nel caso avesse deciso di punto in bianco di saltare in sella e di puntare dritto alla tavola di Aslan. Avrebbe dovuto seguirlo, per assicurarsi che non si cacciasse nei guai.
Si lasciò lentamente cadere in terra, e giunse le mani. “Oh, Aslan, ti prego, ti prego! Dove sono Susan e Lucy? Tu lo sai, lo so che lo sai…”
“…ti prego, falle tornare”. I pensieri di Peter si intrecciarono a quelli di Edmund.
Rumore di zoccoli in fuga, di corsa sfrenata, di arrivo alla salvezza: i due re alzarono lo sguardo, e videro uscire dalla foresta due cavalli, uno nero e uno marrone. In groppa al nero stava il signor Tumnus, spaventato a morte ma anche felice di essere finalmente arrivato all’accampamento.
Lo sguardo di Peter ed Edmund passò subito al cavallo marrone che velocemente annullava le distanze fra loro: sulla sua groppa, sul davanti, stava Susan, i capelli corvini che rimbalzavano sulle spalle, la corona d’oro scintillante alla luce del sole mattutino, lo sguardo fiero e regale, i vividi occhi azzurri che si posavano sui fratelli, la rosea e carnosa bocca che si apriva in un sorriso; dietro di lei, con il viso che spuntava da sopra la spalla della sorella, Lucy; sguardo maturo e più grande della sua età, gli occhi color del cielo che nel vedere i sovrani si erano spalancati ed illuminati, la bocca aperta in una risata di commozione, quasi volesse dire senza parlare ‘siamo qui! Siamo vive! Ce l’abbiamo fatta’, la corona d’oro bianco che nonostante gli scossoni del cavallo rimaneva salda sui capelli castani ramati, le ciocche mosse dal vento che quando cessava si adagiavano sulle spalle.Nella mano destra un pugnale insanguinato, simbolo di quel valore e di quel coraggio che non l’avrebbe abbandonata mai.
I due re scoppiarono in una risata, urlando ad una sola voce, e corsero verso le sorelle.
Speranza e Tenacia puntarono gli zoccoli sul terreno, si fermarono e le due regine scesero.
Lucy gettò il pugnale a terra e si fiondò tra le braccia di Peter, che la sollevò in alto piangendo silenziosamente. Susan, che aveva avuto qualche problema a posare i piedi sul terreno fangoso, corse verso Edmund, tendendosi alto un lembo del vestito rosso. Edmund l’accolse nella sua stretta fraterna, e le diede un bacio sulla guancia: era passato quasi un anno dall’incoronazione, ma il ragazzo era cresciuto di parecchi centimetri, arrivando quasi alla stessa altezza della maggiore.
Peter posò a terra Lucy, e le schioccò un bacio sulla testa, lei si sciolse dall’abbraccio e lo guardò raggiante, per poi lanciarsi addosso ad Edmund.
-LUCY!- esclamò lui che, conoscendo l’indole espansiva della sorella, si chiedeva quando l’avrebbe assalito.
La strinse a sé: era stato così preoccupato!
Susan si avvicinò a Peter, che la strinse in un abbraccio, e la baciò sui capelli.
-Sono stato così in pensiero per voi, Su. E anche Ed non riusciva a darsi pace.-
La ragazza aumentò la stretta e una lacrima le scivolò non vista lungo la guancia destra: prima o poi avrebbero dovuto dire ai fratelli dell’attacco.

-CHE COSA??-
Ecco, l’avevano fatto. E ora Peter strillava frasi insensate da più di mezz’ora.
Susan sospirò: sapeva sarebbe finita così.
Lucy si scambiava sguardi preoccupati con Edmund. -Peter, ragiona. Non puoi inoltrarti ora nella foresta! Finiresti per essere catturato anche tu, o peggio, ammazzato.-
Peter lo guardò invelenito; sembrava quasi rimproverarlo di non preoccuparsi abbastanza, anche se poco prima era esploso anche lui in un sonoro “CHE COSA??? Per Aslan! CIO’ NON RESTERA’ IMPUNITO!”. Ma molto probabilmente la memoria di Peter era entrata in stand-by e poi aveva resettato tutto.
-Pete, calmati. Stiamo bene, davvero.- Cominciò Lucy.
Peter, quasi invasato, spostò lo sguardo da lei al suo pugnale sporco di sangue rappreso.
-Lucy…Lucy…ma ti rendi conto? Avreste potuto morire! E guardati! Sei così…- il ragazzo si fermò poco prima di pronunciare la parola fatale.
-Così come, esattamente, Peter?- Sputò Lucy, furibonda come non lo era mai stata.
-Avanti, dillo!- rincarò la dose nel vedere che il fratello non rispondeva.
-…piccola. Lucy, è inutile negarlo. Lo sei, e basta.-
Gli occhi della Valorosa si ridussero a due fessure. –Sono anche io una regina. E so difendermi da sola.-
-Peter, ha…ha…ucciso un minotauro.- Sussurrò Susan in risposta all’espressione poco convinta del re Supremo.
Lui rimase in silenzio e si limitò ad alzare un sopracciglio: un’espressione che doveva risultare impassibile ma che in realtà lasciava intravedere stupore.
Edmund voltò di scatto la testa verso la sorellina.
-LUCY! Tu…tu- Era troppo, troppo presto. La sua sorellina era troppo giovane per conoscere gli orrori della guerra. Tuttavia, benché i suoi doveri di fratello più grande dovessero tutelarla e farle riconoscere i suoi sbagli, non riuscì a trattenere una nota di orgoglio ben intendibile dalla voce che uscì.
Peter lo guardò di nuovo, poi proseguì, con tono di voce piatto: -E come è successo?-
Lucy sembrava essersi calmata. –A dire il vero non lo so…- Divenne pensierosa.
-Ero confusa, tutto girava, i nemici erano di fronte a noi e cercavano di ucciderci. Io non sapevo cosa fare, avevo paura, quando tutto si è fermato ed è apparso Aslan. Le sue parole mi hanno infuso sicurezza e poi ho solo cercato di difendere Susan e il signor Tumnus.- Alzò lo sguardo fiero verso i sovrani.
Susan sorrise senza essere vista dal fratello maggiore, che si avvicinò a Lucy e la strinse nuovamente a sé.
-Non posso dirti che te l’avevo detto che venire con noi non sarebbe stata una buona idea. Tuttavia posso farti sapere che mi dispiace che tu abbia dovuto vedere gli orrori della battaglia così presto, e così spaventosamente…- Le sorrise. –E tu, Sue, come stai?-
Peter era tornato il dolce fratellone di sempre. La cosa bella di lui era che si poteva capire il suo stato d’animo dai modi in cui chiamava la maggiore delle sorelle: se era arrabbiato o preoccupato urlava “SUSAN!” per tutta la casa, solitamente la chiamava Su, mentre quando desiderava che lei facesse qualcosa che sapeva non avrebbe gradito il suo appellativo era Sue; anche se spesso usava quel nomignolo quando era in vena di tenerezza. ‘Sis’, “sorella”, e “Sus” invece, erano usati quasi quotidianamente, ma più spesso in frasi come “sei d’accordo?” oppure “coraggio, passa pure, io chiudo la fila”.
Lucy e Edmund si scambiarono uno sguardo d’intesa, e lui le fece l’occhiolino.
-Chi vi ha attaccato?-
Fu Susan a rispondere. –Una furia, un nano e un minotauro. Ma ho riconosciuto solo il nano, Ginarrbrik.-
Nel sentire quel nome il Giusto abbassò lo sguardo: ricordava fin troppo bene quel nano, e ucciderlo sarebbe rapidamente diventato il suo obiettivo per quella guerra.
-Coraggio…- Peter spinse delicatamente Lucy verso il signor Tumnus. È tempo di andare a preparare il piano. Se tutto va bene, dovremmo attaccare domani mattina, ed entro domani sera sul tardi potremmo ritornare a Narnia.- Si morse il labbro. –Salvo imprevisti.-
Fissava un punto davanti a sé, ma si capiva che parlava delle due sorelle, le quali si scambiarono una smorfia di disappunto.
-Ci risiamo…- sussurrò Lucy.

Era giunta la sera, e Susan si avviò stancamente verso la tenda sua e della sorellina: aveva passato tutto il giorno a studiare piani con i fratelli ed Oreius, e non riusciva a reggersi in piedi.
Aveva anche provato nuovamente a centrare una pigna con il pugnale di Lucy, ma niente. Per quanti sforzi facesse, mancavano sempre quei due o tre centimetri necessari per colpire il bersaglio: poco, direte voi. Ma in battaglia è proprio quel “poco” che detta la differenza tra ucciso e uccisore.
Sospirò scostando di lato la leggera tela della tenda, e trovò Lucy addormentata, seduta su una sedia, la cintura di cuoio ancora stretta in vita. Il pugnale, pulito abilmente da Peter, era posato sul tavolo lì vicino, e per terra c’era un libro, aperto e con le pagine stropicciate.
Susan sorrise: di sicuro stava leggendo e per il sonno le era scivolato il libro di mano.
Lo raccolse e lo posò sul tavolo; molto probabilmente il signor Tumnus era stato nella tenda a suonarle una ninnananna di Narnia, la prima che le aveva fatto ascoltare quando si erano conosciuti.
Sapeva quanto Lucy tenesse alla sua chiacchierata quotidiana con il fauno, erano molto legati.
La Dolce accarezzò il viso della sorellina e la prese in braccio, per spostarla sul suo letto.
La adagiò delicatamente tra le lenzuola e la coprì con uno spesso plaid tutto colorato, perfetto per la natura gioiosa della piccola.
Mentre le rimboccava le coperte udiva i mugugni di Lucy, che odiava essere disturbata mentre dormiva.
Susan ridacchiò: certo che se si addormentava sulla sedia, era ovvio che prima o poi qualcuno l’avrebbe spostata!
Doveva assolutamente dire al signor Tumnus di suonarle la ninnananna solamente quando era già nel letto.
Si spostò una ciocca ribelle dietro all’orecchio sinistro.
-Ehi, Sus…come sta Lucy?-
Susan guardò nuovamente la sorella, con un dolce affetto che le cresceva dentro. –Bene, Peter…dorme. È stata una giornata faticosa per tutti noi.-
Peter si sedette accanto a lei, ai piedi del letto della minore delle sorelle.
-E tu, Su? Come staitu?- la ragazza rivolse lo sguardo altrove.
-Bene…sì, va tutto bene.-
-Sul serio?- il re era scettico.
-Sì, Peter…davvero.- abbozzò un sorriso.
-So che stai perdendo la fiducia in te stessa…- gli occhi azzurri del fratello la scrutavano indagatori.
Susan lo guardò stupita, poi aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di riuscire finalmente a parlare: -Ma come?... Ah, Edmund.- Sibilò
-Ebbene sì…- sospirò il re Supremo, cingendole le spalle con un braccio.
-Sus, lascia che ti dica una cosa: non sono gli oggetti a comandare noi, ma bensì noi a dirigere loro. Non impedire che la magia sminuisca le tue abilità naturali.-
La regina appoggiò la testa sul petto di Peter.
-A volte è così…difficile!-
-Lo so… la guerra non è mai semplice, credimi, te ne accorgerai. Ma dovrai essere pronta, concentrata sulla battaglia e sul tuo obiettivo. Se ti distrai, potrebbe essere l’ultima cosa che fai.-
Susan rimase in silenzio, la paura che cresceva dentro.
-Immagino che dirti che siete ancora in tempo per ritirarvi non servirebbe, vero?- proseguì Peter. Lei scosse la testa: -No… ma grazie per il pensiero. Mi ucciderebbe di più sapervi soli sul campo di battaglia. E poi…- un sorriso furbo si aprì sul suo volto. -…Non possiamo vincere se non siamo uniti!-
Peter ridacchiò, fingendo di indignarsi. –Oh, e quindi dalle tue parole devo intendere che senza la tua presenza la battaglia contro la Strega Bianca sarebbe stata un fiasco?-
Susan gli fece una linguaccia. –Nooo… umh, ma priva di spettacolo sì!-
Peter le scompigliò i capelli con una tale forza che la corona le cadde dalla testa e tintinnando rotolò sotto il letto della Dolce che, inveendo a bassa voce contro il fratello e la sua goffaggine unica del suo genere, gattonò per due metri buoni prima di riuscire a riemergere dalle coperte stringendo vittoriosa la sua corona.
Per evitare di disturbare il sonno di Lucy i due reali uscirono dalla tenda, e si sedettero vicino all’abbeveratoio dei cavalli a contemplare il cielo stellato.
Nemmeno due secondi dopo essersi seduti Edmund corse furiosamente verso di loro, i piedi che picchiavano con forza sull’erba e sul fango per la fretta.
-PETER!- Urlò
-Shh! Idiota, Lucy dorme!- lo apostrofò Susan, leggermente acida.
-Peter!- Esclamò allora di nuovo, più a bassa voce, raggiungendo il fratello. –Guarda!- e gli indicò un punto non lontano dall’accampamento, in mezzo alla foresta.
-Cosa devo guardare, Ed?- domandò pazientemente il re Supremo.
-Là, in mezzo agli alberi… vedi? Ogni tanto si vede un bagliore, quasi fosse il flash delle macchine fotografiche. Dura pochi secondi…ECCO!- Gridò di nuovo. –L’hai visto?- si voltò verso il maggiore.
-Per Aslan, sì!- Peter cominciò a preoccuparsi.
-Cosa succede?- Chiese Susan agitata.
-Soltanto tre cose possono produrre bagliori nel cuore della notte, Sus: il flash di una macchina fotografica, una torcia, e il riflesso della luce lunare negli scudi o nelle armature dei guerrieri…- spiegò Peter; Susan si portò le mani alla bocca.
-E, visto che siamo a Narnia, ritengo più probabile la terza opzione.- continuò Edmund.
-Ottimo spirito di osservazione, Ed.- Peter tirò una gomitata affettuosa al fratello.
-E quindi, se i bagliori sono effettivamente prodotti dai guerrieri e sono poco distanti da qui…- cominciò Susan.
-…vuole dire che ci stanno per attaccare!- intervenne una voce imperiosa e autoritaria alle loro spalle.
I tre sovrani si girarono.
-LUCY!-
Esattamente: Lucy, svegliata dalla grazia di Peter, era saltata giù dal letto e, nel sentire le parole dei fratelli, era intervenuta, per evitare che la lasciassero dormire mentre loro combattevano.
-Io ti consiglierei di schierare le truppe, Pete…- Mormorò dolcemente, stringendosi in vita la cintura con la pozione del Fiore di Fuoco.
Come risvegliato da un lungo sonno, Peter si alzò velocemente in piedi, quasi avesse le molle, e corse insieme ad Edmund ad avvisare l’esercito.
Nella confusione che si generò durante i successivi cinque minuti, Lucy ne approfittò per afferrare l’arco della sorella e la faretra piena di frecce e correre lontano dalla tenda, accanto ad Edmund.
-SUSAN!- urlò Peter. –COMANDA GLI ARCERI!-
“Gli arceri, sì.” Susan si diresse come una furia verso la sua tenda, alla disperata ricerca del suo arco. Fuori, le truppe si muovevano più veloci dello stesso vento che soffiava imperioso, per distanziare il punto di collisione con i nemici il più possibile dall’accampamento.
In testa a loro, vedeva Peter allontanarsi sempre di più, spinto dalla mischia, mentre ancora la cercava affannosamente con lo sguardo.
“Arco…arco…arco!” nella fretta la ragazza rovesciò la brocca in avorio sul comodino, che cadde sul soffice manto erboso e non si ruppe, limitandosi a creare una profonda pozza.
All’improvviso, scorse un bagliore proveniente dal tavolino al centro della tenda, e si avvicinò: alla luminosa luce della luna brillava quasi beffardo un pugnale.
-Lucy!- esclamò Susan, preoccupata. Quel nome suonò più che come un “ho capito” come un “oh no!”: sua sorella era là, nel buio, tra gli alberi, diretta verso i nemici, piccola, indifesa, sebbene così fiera…con un’arma che non le competeva.
Chissà quanti sapevano dello scambio di armi.
-LUCY!- Susan gridò il suo dolore con quanta più forza possibile, e afferrò il pugnale, correndo all’abbeveratoio.
-Speranza!- slegò le briglie della cavalla e le montò in groppa.
-Mia regina, qual è il problema? La credevo già in battaglia…-
-Ti prego, galoppa dai miei fratelli. Lucy ha il mio arco ed è sola e indifesa…temo che Peter e Edmund non sappiano niente-
La cavalla nitrì e partì alla volta del campo nemico.
Cosa provava Susan in quel momento? Paura? Ovvio, l’aveva sempre avuta, al cospetto dei nemici.
Ma non era paura per sé, temeva per i suoi fratelli: per Peter ed Edmund, così giovani eppure già così maturi, sbattuti in un mondo che aveva bisogno di loro e li attendeva da secoli, piccoli, responsabili, con un enorme carico sulle spalle, là in guerra, a fronteggiarsi con spade pesanti contro avversari più grossi ed inferociti di loro.
Avversari che non conoscevano il significato della parola pietà.
E poi per Lucy, Lucy così coraggiosa, Lucy così dolce che a volte poteva passare per ingenua, Lucy così forte, tenace, Lucy così schierata con il suo arco.
Susan deglutì, cercando di non pensare al peggio, ma l’immagine del cadavere della sua sorellina infilzato da un arma di un nemico senza volto si riaffacciava prepotentemente alla sua mente, ogni volta più spaventosa.
Speranza galoppò veloce come il vento, non preoccupandosi di creare rumore perché il fragore della battaglia impediva anche di udire i propri respiri affannati ed i battiti troppo forti del cuore.
In breve raggiunse le schiere in fondo all’esercito Narniano, e con orrore la regina potè constatare che la battaglia era già iniziata: corpi di creature erano stesi in terra, amici o nemici, feriti o morti, non importava; intorno a loro la lotta imperversava.
Cercò Lucy con lo sguardo, facendosi largo tra i soldati, non provando ad attaccare e nemmeno a difendersi, preoccupata che la spaventosa immagine fosse in qualche modo reale.
Si avvicinò ai soldati schierati sul davanti, tentando di aprirsi un varco pugnalando con la forza del dolore ogni mostro che si frapponeva tra lei e la sua sorellina.
Speranza nitriva, affaticata dalla grande corsa, ma non si fermava: Susan avanzava sempre di più, scorgendo a tratti tra le armature lo sguardo di Peter e Edmund.
Si avvicinò ai fratelli, impegnati a duellare con Ginarrbrik e un lupo che era appartenuto alla schiera di Maugrim.
-Peter!- urlò, provando a sovrastare il rumore della battaglia. –Edmund!-
Si girarono verso di lei, il clangore delle spade non cessava.
-Susan!- negli occhi di Peter si leggeva il puro terrore. –Non dovevi comandare gli arceri?-
Edmund trafisse un orso che aveva tentato di sbranare un loro soldato e si voltò nuovamente verso la sorella, spostandosi una ciocca sudata dagli occhi.
-Avete visto Lucy?­- domandò Susan, con le lacrime agli occhi. –Quando sono entrata in tenda per prendere l’arco e ho visto solo il suo pugnale, ho capito che era corsa in battaglia con un’arma non sua!-
Edmund impallidì.
-Oh, ragazzi, mi dispiace! Mi dispiace! Avrei dovuto riporre meglio il mio arco!- lacrime calde cominciarono a scorrere giù per le guance della ragazza.
-Su!- gridò Peter, ferendo il lupo che lo sovrastava. –Trova Lucy, te ne prego!-
-Non è abbastanza grande per badare a sé stessa!- continuò Edmund, per rincarare la dose.
Susan annuì tra le lacrime, trafiggendo un mostro che si avvicinava al signor Tumnus.
Corse nuovamente facendosi largo tra amici e nemici, uccidendo chi osava sbarrarle la strada.
-PRONTI? MIRATE!- una voce come una luce nel buio, una spinta in un lago ghiacciato, una corsa nel fuoco. Lucy.
La Dolce alzò la testa e la vide, il volto coperto da un elmo narniano, l’arco teso e la freccia pronta a scoccare.
-TIRATE!- fu il nuovo ordine, al quale milioni di frecce si alzarono sibilando nell’aria, andandosi brutalmente aconficcare nelle retrovie di Jadis.
-LUCY!- urlò la sorella. –Lucy!- si arrampicava piangendo e gridando sull’altura, scivolando sul muschio, inciampando tra le pietre, schivando frecce e colpi, il pugnale stretto in una mano.
Nel sentire la voce della sorella maggiore, Lucy si voltò di colpo, ed i suoi occhi incontrarono quelli di Susan: azzurro e celeste, cielo su mare, dolore e pentimento, rimprovero e scusa.
Voleva parlarle, abbracciarla, correre da lei, ma la guerra impazzava ed ogni minuto poteva essere l’ultimo.
Susan tentò di raggiungerla, mentre Lucy gridava dinuovo agli arceri di scoccare le frecce.
-Lucy, ATTENTA!- fu il nuovo strillo della maggiore, che aveva visto una furia volare fino all’altura con il becco che schioccava pronto a strappare e lacerare la carne che avrebbe incontrato sul suo passaggio.
La Valorosa si abbassò e la schivò, ferendola con la punta di una freccia; ma era in bilico sull’estremità della roccia, ed il muschio scivoloso la fece cadere. La bambina franò tre metri più in basso.
-LUCY!- singhiozzò Susan. –NOO!- nel sentire le urla, Peter, Edmund e il signor Tumnus si voltarono, e videro la regina in piedi sulla roccia distrutta dal dolore coprirsi gli occhi di fronte al corpo della sorella che giaceva parecchi metri più in basso.
-Sue!- Urlò Peter, ma Edmund lo fermò. –No, Peter.- trafisse il corpo di un nemico. –Servi di più qui.-
Peter annuì, e deglutì a vuoto, cercando di concentrarsi sulla battaglia.
“Sta scritto e così sarà
che solo quando dell’arma si fiderà
la paura che la ostacola vincerà
allora l’arma a lei sconosciuta padroneggiare riuscirà”
Una voce calma e profonda risuonò nell’aria.
Susan alzò lo sguardo, rendendosi conto che solo i suoi fratelli, mentre combattevano, si guardavano intorno per pochi attimi, confusi almeno quanto lei.
La Dolce guardò l’arma che stringeva nella mano, e capì.
-Aslan…- sussurrò, sfiorandosi l’orecchio.
-VIA. DA. MIA. SORELLA!- Gridò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre correva verso il burrone e scagliava il pugnale più forte che poteva.
La lama roteò nell’aria, sibilando come una vipera infuriata, e si fermò, vibrando, nel corpo della furia che poco prima aveva cercato di uccidere Lucy.
Il mostro, troppo vicino alla Valorosa, cadde a terra scosso dagli spasmi, e poi morì.
-La furia è morta! Ritirata!- A parlare fu Ginarrbrik, che con un gesto della mano incitò i compagni rimasti a fuggire.
Ma non andò lontano: Susan scese giù dal dirupo, puntellando i piedi con fatica e saltando gli ultimi due metri, e afferrò il suo arco, rimasto accanto alla mano inerme di Lucy.
Un colpo e il nano era a terra.
Una sferzata di lama e l’ultimo lupo lo seguì.
Un’altra spada e una furia fu vicino a loro.
Gli altri, che non avevano osato obbedire al nano, rimasero immobili nel prato, senza reagire, e Peter li congedò con un cenno della mano.
L’alba spuntò su Narnia: la battaglia era terminata.

***


Sono qui, ancora, dopo un ritardo mostruoso. :)

Spero che non mi odierete per essermi fatta aspettare così tanto ^^ con questa battaglia si chiude il primo cerchio: i nemici di Jadis sono stati finalmente debellati; ma ora? Cosa accadrà ai nostri reali? (non lo so bene neanche io!! ._.)
scusate ancora per il ritardoooo!!
Che ne pensate del capitolo? E' meglio che vada a coltivare rape o è passabile? xD

baci,
Marty

  
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