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Autore: Maggie_Lullaby    26/07/2011    8 recensioni
Reid è scomparso nel nulla, non un biglietto, non una chiamata, niente. Mentre la squadra indaga, ripercorrendo gli ultimi giorni in cui è stato visto giovane collega, vengono a conoscenza di un segreto ben nascosto, che li porta a chiedersi se veramente conoscono Spencer Reid.
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Imploro perdono. Giuro. Scusate, scusate, scusate, scusate. Non era mia intenzione postare così tardi. Vi chiedo sinceramente scusa.

Alla fine le l'ho fatta a scrivere questo capitolo, alleluia! Dovrebbe essere il terzultimo di questa fic... penso, o il quartultimo. Vedremo! Il prossimo capitolo fosse l'ultima cosa che faccio lo posterò tra circa una settimana, oppure il tempo potrebbe un pochino allungarsi di un'altra settimana dato che parto di nuovo... Comunque entro due settimane dovrei postare il nono capitolo.

Scusate ancora. Spero che questo capitolo vi piaccia.

Capitolo 8.


L'inserviente?!”, esclamò Emily, alla guida di un SUV scuro, con un'espressione scioccata sul viso mentre rievocava nella propria mente il momento in cui aveva parlato con Edward Jacobs, il giorno prima, e le aveva raccontato con tutta tranquillità del suo ultimo – presunto – incontro con Reid.

La squadra era divisa in due macchine scure, tutti indossavano un giubbotto proiettile e le pistole nella fondina, pronte all'uso.

Alison Juliet era rimasta a Quantico e, quando erano usciti, l'avevano vista seduta sulla sedia della scrivania di Reid, le mani sul volto in un gesto stanco e disperato. Sembrava quasi stesse pregando che trovassero il suo ragazzo vivo, e che si sentisse terribilmente in colpa per non essersi resa conto prima delle attenzioni che Edward Jacobs le rivolgeva.

Emily inchiodò davanti all'entrata del teatro John F. Kennedy Center for the Performing Arts e uscì sbattendo la portiera, imitata dal resto della squadra; Morgan, Hotch e Rossi, i quali si trovavano sull'altro SUV, scesero pochi istanti dopo.

Morgan si mise davanti alla porta e fece un respiro profondo, prima di entrare abbassando la maniglia – la porta era aperta.

L'atrio del teatro era semibuio, e illuminato solo da una piccola luce che rifletteva le loro ombre sulle pareti.

Edward Jacobs?”, chiamò ad alta voce Hotch, la mano appoggiata sulla pistola.

Aspettarono qualche secondo, in silenzio, i loro cuori che battevano all'impazzata e il respiro pesante.

Edward Jacobs, FBI!”, gridò Morgan, con quanto fiato aveva in corpo.

Le luci sopra le loro teste si accesero all'improvviso e dalla penombra di un angolo uscì la figura tarchiata dell'inserviente, tra le mani uno straccio grigio.

Che cosa diavolo sta succedendo?!”, domandò con tono stridulo. L'intera squadra si voltò verso di lui.

Mani dietro la testa”, ordinò Rossi, guardandolo con un'occhiata profonda.

...Che cosa?”, balbettò Jacobs, nervoso.

Mani dietro la testa, ho detto!”, gridò di nuovo l'agente FBI.

Morgan si avvicinò lentamente a Edward da dietro le spalle e gli prese le mani, ammanettandole.

Edward Jacobs, è in arresto per il sequestro di Spencer Reid. Qualunque cosa dica potrebbe essere utilizzata contro di lei in tribunale. Può chiedere la presenza di un avvocato, se non può permettersene uno gliene verrà assegnato uno di ufficio”, recitò Emily Prentiss, osservandolo con un'occhiata assassina.

Che cosa state dicendo?!”, ringhiò l'inserviente, cercando di divincolarsi. “Io non ho fatto niente!”. Il tono con cui disse l'ultima frase a JJ parve tremendamente falso.

Vedremo sino a che punto”, sbottò Morgan, spingendolo verso l'uscita.

Hotch seguì la scena tenendo sempre alta la pistola e la riabbassò solo quando vide Edward Jacobs varcare la porta d'uscita.

Aveva l'orribile presentimento che quell'uomo non avrebbe ceduto molto facilmente alle loro domande.

**

Morgan sbatté un pugno sul tavolo, facendolo tremare, gli occhietti acquosi di Jacobs puntati su di lui.

«Non te lo chiederò di nuovo, dimmi dove si trova Reid!», urlò Derek, l'espressione minacciosa di chi non scherza.

«Ed io non so più come dirglielo: io. Non. Lo. So.», sillabò l'inserviente, ricambiando lo sguardo verso Morgan.

Morgan si morse la lingua per non doversi mettere a urlare. Voltò le spalle all'interrogato e uscì dalla sala interrogatori, sbattendosi la porta alle spalle.

All'uscita trovò il resto della squadra, tutti con la medesima espressione spaurita, chi cercava di nasconderlo e chi meno.

In mezzo a loro, c'era Alison Juliet.

«Niente?», domandò. Non stava più piangendo, sembrava aver finito le lacrime, ora la sua voce era decisa, secca.

«Niente».

La bionda fece un gran respiro.

«Fate provare a me», enunciò nel silenzio improvviso.

«Come? No. Non hai una preparazione, non sai cosa fare, non puoi», rifiutò categoricamente Morgan.

«Lui vuole me. Posso fargli dire dove si trova Spencer, ho un'idea. Fidatevi.», li guardò tutti negli occhi, uno ad uno. «Vi prego».

Hotch e Rossi si scambiarono un'occhiata.

«Che idea sarebbe?», domandò poi quest'ultimo.

**

David aprì la porta con forza, sbattendola, una mano serrata intorno a un braccio di Alison. La ragazza stava facendo una smorfia, e questa si accentuò ancor di più quando Rossi la fece sedere a malo modo sulla sedia davanti a Edward Jacobs.

Edward, al contrario, sorrideva improvvisamente alla vista della ragazza e cercò di lamentarsi sentendola gemere.

«Cinque minuti.», ringhiò David, guardando la bionda negli occhi per poi uscire dalla porta con passo pesante.

«Alison...», sospirò Edward, gli occhi che gli brillavano. «Cosa ci fai qui?».

La ragazza alzò gli occhi su di lui.

«Che cosa ci fai tu, qui, piuttosto», commentò acidamente. Edward si strinse nelle spalle udendo quel tono e abbassò il cavo.

Alison scosse la testa e disegnò sul viso una nuova espressione.

«Scusami», sussurrò, melodica. «Sono... stanca, spaventata. Mi accusano di una colpa assurda».

Jacobs corrugò la fronte, incuriosito.

«Dicono che ho rapito Spencer», sbottò. «Io, ti rendi conto?! Perché mai dovrei fare una cosa del genere?».

«Ti accusano di che cosa?!», esclamò Edward, sbalordito. «Ma non è possibile!».

«È quello che dico anch'io! Come potrei fare una cosa del genere, per quanto mi piacerebbe che spariss-». Si zittì all'improvviso, abbassando la testa.

Edward la fissò confuso.

«Hai detto... hai detto che ti piacerebbe se lui... sparisse?». Nascondeva a stento la gioia.

Alison Juliet si guardò intorno per la stanza, alla ricerca di qualche telecamera. Non trovandone, proseguì.

«Sì», confessò, mordendosi il labbro inferiore. «Vorrei che sparisse dalla mia vita una volta per tutte».

Edward era perplesso, continuava a fissarla come se non credesse alle proprie orecchie.

«Ma... ma tu lo ami, voi vi sposerete», pronunciò l'ultima parola come uno sputo.

La bionda lo fissò, inarcando un sopracciglio.

«Ho rotto il fidanzamento qualche giorno fa, Ed. Venerdì sera, per la precisione».

«Ma non è possibile, voi vi stavate baciando, e abbracciando, e lui ti ha portato fuori a cena...», balbettò l'uomo.

«Come mi ha riaccompagnato a casa l'ho lasciato», ammise lei. «Non potevo più continuare a fingere».

«Io... io non capisco, Alison».

La giovane donna fece un sospiro, guardando velocemente alle proprie spalle.

«Non ho molto tempo, hai sentito quell'agente dell'FBI, mi sono stati concessi solo cinque minuti. Ho rotto con Spencer, perché non potevo più mentire a me stessa... né a lui. La verità, è che in lui ho cercato un sostituto, qualcuno che sostituisse il vuoto che ho dentro di me per non poter avere l'uomo che desidero». Lo prese per mano, accarezzandogli il palmo. «Tu».

«Io?!».

«Tu. So di averti trattato sempre con diffidenza, ma pensavo che standoti lontana avrei smesso di provare per te ciò che in realtà ancora provo: amore. Sei sempre stato così gentile, con me, così delicato, buono, generoso... Ma sapevo di non poteri avere, di non essere abbastanza per te. Così ho ripiegato su Spencer, che sembrava pronto ad accogliermi tra le sue braccia. È stato così per anni, ma non potevo sposarlo con la consapevolezza di amare un altro, non potevo. L'ho lasciato... e ora dicono che sia scomparso, mi accusano di essere stata io a sequestrarlo. Ma non sono stata io, lo giuro».

Lo fissò negli occhi. Sembrava che Jacobs stesse per scoppiare a piangere per la gioia.

«Ho saputo che anche tu sei sospettato, quindi mi sono detta... hanno sbagliato su di me, ma può anche darsi che... Ed, io non ti sto accusando di niente, ma... sei stato tu, non è vero? A prendere Reid?».

Ci furono degli attimi dei secondi durante i quali sia Alison che l'intera squadra all'esterno della sala interrogatori trattennero il fiato.

Poi, Jacobs annuì.

«Sì, sono stato io».

Alison Juliet riprese a respirare, cercando di non mostrarsi sollevata.

«Tu... tu mi ami?».

Di nuovo, Jacobs annuì.

La ragazza fece un gran sorriso.

«Confessa», lo supplicò.

Edward spalancò gli occhi.

«Cosa?! No!».

«Ti prego.», lo supplicò la violinista, stringendo più forte la sua mano. «Se confessi, se dici dove si trova, diranno che hai collaborato e ti abbrevieranno la pena, uscirai prima di prigione e se ancora mi vorrai potremo passare il resto delle nostre vite insieme».

Jacobs non parlò.

«Se vado in prigione io... non so quando mi faranno uscire. Spencer potrebbe essere ancora vivo, l'accusa per ora è solo di rapimento, ma se mai lo ritrovassero morto si trasformerebbe in accusa di omicidio e potrei passare il resto della mia vita in prigione...».

«È ancora vivo».

Alison sentì un enorme peso lasciarle il petto.

«Ti prego, confessa e dì dove si trova, fallo per me... fallo per noi».

Jacobs rimase ancora qualche istante in silenzio.

«Fattoria Turner, poco distante dal ponte Cartage. È lì».

Alison sorrise ancora di più.

«Grazie».

Rossi irruppe in quel secondo, trascinandola fuori dalla sala.

«Geniale», commentò, congratulandosi con lei.

Alison sorrise. Spencer era vivo. Sapeva dove si trovava. Sarebbe andato tutto bene.

«Andiamo a prenderlo».


Continua...

  
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