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Autore: Danda93    27/07/2011    0 recensioni
Lui è uno Hyur, un Midlander, leale, sincero, combattivo. Ho preso un volto dal nuovo videogioco di Final Fantasy XIV e mi sono chiesta: cosa succederebbe se smarrisse la via dopo una battaglia?
Questa storia non era nata per essere inserita in questa serie, ma dato l'argomento, mi sembrava fosse adatta, alla fine.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Letters from Broken Hearts'
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Camminavo nel bosco senza una meta precisa, non sapevo più dove andare ed ero ferito, stanco... Lo scontro mi aveva sfiancato a tal punto da non reggermi quasi in piedi...
Eppure continuavo, com'era possibile?
Eppure non riuscivo a smettere di arrancare tra gli alti alberi, incespicando tra le radici, senza ben vedere dove andavo.
Sapevo solo che non dovevo fermarmi, per nessun motivo.

Il sangue si era seccato sull'armatura, che ormai non era più lucente, sentivo le gocce di sudore scivolare lungo il volto, per poi scendere sul collo... Mi sentivo sporco, terribilmente sporco... Stavo quasi per chiudere gli occhi quando sentii un rumore d'acqua, pensai subito ad un fiumiciattolo, o ad un torrente e mi misi a correre con foga, dovevo raggiungere quella sorgente di vita, dovevo rinfrescarmi o sentivo che avrei ceduto!

Sbucai in una piccola radura circondata dalla boscaglia, dall'altro lato, accanto all'unico salice piangente del bosco v'era un ruscello. M'avvicinai incantato da quel luogo che aveva qualcosa di magico, di surreale, di strano. Lasciai a terra la spada, poi smontai pian piano l'armatura e la riposi accanto alla spada, immersi le mani nelle acque gelide e lasciai che un brivido mi percorresse la schiena, mi sentivo sollevato. Mi sciacquai il volto, il collo, volevo immergermi completamente, ma sapevo di non avere molto tempo per rifocillarmi, dovevo ripartire per ritrovarmi con le Miqo'te.

Mi distrasse un fruscio proveniente dal salice davanti a me, alzai lo sguardo verso l'albero, ma non vidi altro che foglie, rami e foglie, nient'altro. Mi alzai scavalcando con un breve salto il ruscello, solo dopo aver raccolto la spada, e mi addentrai tra le fronde che oscillavano leggere mosse dal vento
"Chi c'è?" Niente. Nessuna risposta, solo un fruscio più accennato "Chi sei? Vieni fuori!" Impugnai bene la spada e aggirai il tronco, non vidi nessuno, quindi alzai lo sguardo. Rimasi sbalordito.

"Che ci fai qui?" La voce delicata, dolce, ma decisa, sembrava quasi una melodia. Non risposi, tanto ero preso ad osservar quella figura esile aggrappata ai rami del salice, apparentemente senza nessuna fatica. "Che ci fai qui? Come ha fatto uno Hyur come te a trovare questo posto?"

Una Elezen se ne stava appesa sopra la mia testa, fissandomi con quegli occhi verde acqua, il volto inclinato da un lato, incorniciato da capelli blu notte, la pelle liscia e candida. "Che fai qui?" Ripeteva quelle parole quasi fosse una cantilena ed io non rispondevo. "Sono capitato qui per caso, dopo un combattimento... Scendi, non ti farò nulla..."
Lei guardò la spada, se ne stava immobile, rannicchiata tra due grossi rami, a piedi nudi e con delle cinghie di cuoio a polsi e caviglie "Posala. Non vogliamo violenza qui." Guardò me e poi la spada che ancora impugnavo. La lasciai cadere a terra senza distogliere lo sguardo dalla figura dell'Elezen. Mi era capitato di vederne molti in combattimento, agili, scattanti e forti. Tutti avversari temibili. Però non avevo mai visto una donna, ad un certo punto mi ero anche chiesto ingenuamente dove le nascondessero. "Scendi ora..."

Lei sembrava titubante, ma con un balzo si chinò dietro di me, dandomi le spalle. Con la coda dell'occhio la vidi afferrare la spada da terra e istintivamente mi voltai di scatto per fermarla, ma notai che la stava solo spostando più lontana da me, così mi rimasi immobile. "Non dovresti comunque essere qui..." "Avevo bisogno di rinfrescarmi... Sono debole..." Lei sembrò guardarmi attentamente per valutare la verità della mia affermazione, poi rilassò le spalle e distese le labbra in un sorriso mentre con le dita della manca mi scostava delle ciocche di capelli castani dal volto. "Non ti farò del male, come tu non ne farai a me." Mormorò guardandomi negli occhi. "Non avevo mai visto uno Hyur da vicino, ne avevo solo sentito parlare, o li avevo visti nella tenda di mio pardre, ma mai da così vicino." Mi guardava come si guarda una novità, come fossi speciale. "Neanche io avevo mai visto una Elezen, avevo incontrato solo guerrieri finora. Arceri abilissimi, ma non troppo amichevoli o loquaci nei nostri confronti." "I nostri popoli sono stati in guerra per secoli, bisogna capire i dissapori rimasti nonostante la presente pace." "Già..."

Sorrideva mentre mi osservava curiosa, un po' di dava fastidio avere il suo sguardo addosso, nonostante fossi lusingato di quelle attenzioni, soprattutto perchè nemmeno io mi sarei guardato nelle condizioni in cui ero. La camiciola bianca era ormai bagnata di un rosso cremisi intenso e vi erano macchie di fango qua e là, i pantaloni bruni si presentavano come la maglia e gli stivali erano luridi. Insomma, mi facevo schifo da solo, per farla breve. "Ho tanto desiderato di incontrare uno come te, che ora non so quali delle mille domande, che affollano la mia mente, farti."

Mi piaceva il suono della sua voce, era soave, melodioso, mai acuto, o stridulo. "Se ti trovano qui ti uccideranno." Mi guardò e notai una luce di preoccupazione mentre parlava "Non mi faranno niente, non se sapranno il motivo per cui sono qui." "Tu non hai capito. Se ti trovano non avranno pietà per te, qualunque sia il motivo che ti ha spinto qui. Tu hai invaso il territorio del mio popolo e loro non ti perdoneranno." Sembrava seriamente spaventata. "Non mi cattureranno se mi aiuterai a nascondermi." "Comprendi ciò che ti risponderò ora, perchè non è pronunciato con cattiveria o con rimorso per liti passate: io non ti aiuterò. Io non posso aiutarti se loro verranno a prenderti." Mi sentii tradito da quella donna che nemmeno conoscevo. Mi sentii in trappola. Ma quando la vidi sedersi davanti a me, immergendo i piedi nudi nelle rive del ruscello, non so cosa mi trattenne dal raccogliere la spada e andarmene prima di correre pericoli inutili. Mi sedetti accanto a lei.

Restammo a parlare delle nostre razze, delle nostre famiglie e delle nostre vite finchè la Luna non fece capolino tra le fronde degli alberi. Ridemmo, scherzammo come fossimo stati due amici di lunga data, eravamo da soli, seduti sotto un salice, in pace con noi stessi. Poi, al chiaro di Luna lei si alzò, senza dire nulla nonostante io continuassi a chiederle cosa avesse intenzione di fare. Lei si alzò e immerse i piedi nel ruscello, completamente. Poi mi guardò e mosse i piedi nudi, come trascinata da una brezza impercettibile, come se ci fosse una musica silenziosa nell'aria che la costringeva a muoversi, a danzare, con movimenti fluidi, creando giochi d'acqua e di luce. Rimasi incantato mentre lei si muoveva davanti ai miei occhi increduli, mentre lei mi prendeva per mano e mi faceva alzare per unirmi a lei. Non sono mai stato un bravo ballerino, così sono rimasto immobile e lei mi scivolava attorno, come fosse stata vento, come aria fresca, mentre i miei occhi azzurri a tratti non riuscivano a seguirla, tanto era veloce. Poi rallentava, come a darmi tempo di contemplarla, poi tornava a muoversi veloce, in una sorta di incantesimo.

Attorno a noi delle piccole lucciole ci circondavano, come a farci da sfondo, ero ammaliato dalla bellezza della Elezen. Non volevo fermarla, non riuscivo a smettere di guardarla. Poi si allontanò e uscì dall'acqua, lasciandomi lì, coi piedi ormai divenuti insensibili, tanto era gelido il ruscello. E si fermò ad alcune spanne da me. "Prendimi." Si lanciò in una breve corsa verso di me e saltò ad un passo dalla mia figura. La afferrai al volo, tenendola saldamente per i fianchi, mentre lei si distendeva aprendo le braccia come fossero ali. Sorrisi incantato e le feci poggiare i piedi sopra i miei stivali, tenendola sempre per i fianchi, non volevo lasciarla andare. "Si dice, tra gli Hyur, che voi Elezen siate magici. Ed ora so che è vero. Mi avete incantato solo muovendovi attorno a me, siete pericolosa, Milady." Sorrise e poggiò la dritta sulla mia guancia, mentre la manca si adagiava sul mio petto. Mi carezzò il volto dolcemente e fece scivolare le dita tra i miei capelli. "Non avete ragioni per temere di me. Non voglio nuocervi, Messere. Sono solo una Elezen a cui piace danzare. Nulla più, nulla meno." "Vorrei potervi portar con me, il mio viaggio è lungo ancora e vorrei che mi accompagnaste. Purtroppo so ciò che questo comporterebbe. E non posso provocar altre liti tra le nostre classi. Non me lo perdonerei mai." Lei mi guardò malinconica, aveva capito. Sapeva che non sarebbe potuta partire con me, nemmeno se l'avesse desiderato. "Vorrei trattenervi qui con me. Per parlare ancora, per danzare, per ridere. Vorrei che il vostro lungo e faticoso viaggio fosse terminato ed io fossi la meta, ma so che non è così e so che così non potrà mai essere. Me ne rammarico." Si alzò in punta di piedi e poggiò delicatamente le labbra sulle mie, nulla di più successe quella notte. Si allontanò da me in silenzio, con un profondo inchino, senza sorridere, ma son certo di aver visto una lacrima scendere a bagnarle il volto. "Andate."

Dopo quella notte di Luna Piena non la rividi mai più.

  
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