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Autore: puffolapigmea    28/07/2011    2 recensioni
Era vero, era maledettamente vero.
Troppe cose li dividevano, niente li accomunava.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ma cosa vuoi che sia una canzone

 

 

Attraversò l’enorme atrio diretto a destra, verso le doppie porte che conducevano alla Sala Grande.
Si soffermò qualche istante sulla soglia; la Sala era esattamente come la ricordava, prima che l’ultima battaglia la riducesse, come buona parte del Castello, ad un cumulo di macerie. Non sapeva a chi avessero affidato il compito di riportare Hogwarts al suo antico splendore, ma chiunque fosse stato ad occuparsene, aveva fatto davvero un buon lavoro.
Era riuscito a cancellare le tracce della guerra, a ridare al Castello il suo vecchio aspetto tanto che, anche quella sera, il soffitto rifletteva per incanto il cielo fuori; terso, trapunto di stelle e illuminato da uno spicchio di luna. Una serata splendida, nonostante il freddo pungente.
Si addentrò di qualche passo, guardandosi attentamente intorno. Non c’erano le solite quattro tavolate; il loro posto era occupato da una ventina di tavoli più piccoli disposti lungo le pareti e illuminati da lanterne ad olio. Al centro, era stato lasciato dello spazio, probabilmente per ballare. Dove di solito si trovava il tavolo dei professori, c’era una specie di podio, con un giovanotto che armeggiava intorno a quella che doveva essere la fonte della musica. Non ne era sicuro, ma gli sembrò di riconoscere Dean Thomas.
La Sala era addobbata diversamente dagli anni precedenti, in maniera decisamente più sobria; dalle pareti pendevano ghirlande d’agrifoglio, alcune decorate con sfere di cristallo, altre con candeline, ma mancavano gli enormi alberi di Natale. Certo, i recenti lutti rendevano la festa meno vivace, ma anche più densa di significato. L’atmosfera rimaneva comunque la solita, calda ed accogliente.
Gli scocciava ammetterlo, ma era in difficoltà. Trovarsi di nuovo lì, a poco più di sei mesi di distanza, lo faceva sentire a disagio.
Era strano.
Strano sì, ma in un certo senso rassicurante; significava fare ancora, bene o male, parte di quel mondo.
Lui immaginava nel bene, altrimenti qualcuno aveva combinato un gran pasticcio con gli inviti.
Si diresse verso l'angolo bar, nella speranza che servissero alcolici; aveva bisogno di qualcosa di forte, non credeva di riuscire a sopportare la serata senza un valido aiuto. Rammaricato di doversi accontentare di una Burrobirra, afferrò la bottiglia con una mano e si voltò, dando le spalle al ragazzo dietro al banco, per osservare i presenti.
La Sala era ancora semivuota e riuscì facilmente a riconoscere alcuni professori.
Un'altra rapida occhiata fu sufficiente per individuare alcuni Tassorosso, dei Corvonero e gli onnipresenti Grifondoro.
Una smorfia increspò le sue labbra.
Ovviamente, nessun appartenente alla sua Casa.
Non era stupito dall'assenza dei Serpeverde, né si sentiva di biasimare chi aveva stilato la lista delle persone da invitare, visto il comportamento dei suoi compagni nell'ultima battaglia, ma questo lo portò ad interrogarsi ulteriormente sulle motivazioni della sua presenza.
Ad essere onesto, era rimasto parecchio sorpreso nel ricevere l'invito alla festa d’inaugurazione della rinata Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Mai si sarebbe aspettato che la sua partecipazione potesse essere gradita ad un evento simile, soprattutto dopo che era stata ampiamente dimostrata l'appartenenza della sua famiglia alle schiere del Signore Oscuro. No, non riusciva a pronunciare apertamente il suo nome, e dubitava di poterlo fare in futuro. D'altra parte nemmeno gli interessava, intenzionato com'era a mettere più distanza possibile tra se e il passato.
Benché non avesse ancora compreso perché qualcuno si fosse preso il disturbo di invitarlo, dato che anche lui non aveva agito in maniera del tutto irreprensibile, si trovò a ripensare alla ragione che lo aveva spinto ad accettare.
La vide quasi subito, era impossibile non notarla. Stava vicino ad uno dei camini, e chiacchierava con alcune amiche. La folta chioma rossa, raccolta in un morbido chignon, risaltava nel gruppetto di ragazze. Non fu difficile riconoscerle: l'immancabile Granger, la strampalata Lovegood, le chiassose Patil e Brown. Lei, indossava un lungo abito nero, che metteva in risalto la vita sottile, le curve dei fianchi e del seno. Ed era bella, molto più di quanto ricordasse.
Decise di tenerla d'occhio per un po’, e aspettare il momento migliore per avvicinarla, per sferrare il suo attacco.
Si rese presto conto che, la ragazzina che gli aveva tenuto testa fino a pochi mesi prima, non esisteva più. Ginny era cresciuta, e non solo in altezza.
Era diversa, profondamente. Si evinceva dal suo modo di muoversi, molto più composto, e dall'espressione del suo viso, non tesa o contratta, bensì consapevole. Di certo, la morte del fratello, aveva lasciato il segno.
Riusciva ad avvertire il suo cambiamento senza bisogno di parlarle. Era strano come si sentisse così vicino a lei, soprattutto se considerava che non avevano mai avuto buoni rapporti.
Legati alle loro origini, si erano comportati esattamente come il mondo si aspettava che facessero. Ignorandosi, quando era possibile, aggredendosi, quando era inevitabile.
Non le portava rancore, né per le fatture che gli aveva scagliato contro, né per le sconfitte rimediate sul campo di Quiddich . Si sentiva, anzi, in debito con lei: suo padre aveva cercato di ammazzarla, mentre Ron Weasley, a lui, aveva salvato la pelle.
Vide molte persone andare a salutarla, qualcuno con fin troppo entusiasmo. Poteva passare sopra alle strette di mano e ai leggeri baci sulle guance, ma gli abbracci gli sembravano davvero troppo forti. E in più di un'occasione, la vide attraversare la Sala per dare il bentornato a qualche conoscente.
Dovette riconoscere che Ginny Weasley era ancora molto popolare, soprattutto tra i ragazzi, e che avvicinarla si stava rivelando più difficile del previsto.
I continui spostamenti della ragazza gli avevano permesso di osservarla bene.
Il vestito aveva uno spacco, che all'inizio non aveva notato e che sembrava piuttosto profondo, ma i passi misurati di Ginny non scoprivano la gamba oltre il ginocchio. La scollatura rotonda si assottigliava in due spalline che, unendosi in una bretella sulla schiena, la lasciavano scoperta.
Decise che non era il momento di abbandonarsi a fantasticherie; piuttosto doveva rimanere lucido, pronto ad agire.
Fu costretto ad attendere ancora; aveva l'impressione che tutti i presenti avessero compreso le sue intenzioni e cercassero di tenere Ginny il più possibile lontana da lui. Diversi Grifondoro la invitarono a ballare, e anche un paio di Corvonero. La sua unica consolazione fu che Potter non appariva intenzionato ad avvicinarla.
Finalmente giunse il momento che aspettava. Ginny si era accostata alle doppie porte che davano sull'ingresso, probabilmente in attesa di qualcuno che non era ancora arrivato. Le si avvicinò di lato, cercando di non spaventarla. La guardò per un istante; era così assorta che non avrebbe visto neanche un troll di montagna.
- Balli? - chiese.
Che domanda banale.
Proprio come si sentiva lui in quel momento.
Avrebbe potuto rivolgersi a lei in qualsiasi altro modo, ma aveva scelto quello più scontato.
Eppure, aspettava quel momento da più di un'ora. L’attesa più lunga della sua esistenza.
Aveva cercato di impiegare quel tempo nel modo migliore, ma gli era pesato comunque attendere.
Non era abituato a farlo, non lo era mai stato. L'impazienza, era uno dei pochi aspetti della sua vita che nessuno, nemmeno la guerra, era riuscito a modificare. Anzi, proprio il periodo buio e incerto della guerra aveva rinforzato la sua convinzione che, se desideri qualcosa, non ha alcun senso aspettare.
Perchè non sempre si ha una seconda occasione.
Ma era stato fortunato, gli veniva concessa l'opportunità di fare quello per cui non aveva mai trovato il coraggio.
Coraggio.
Fegato.
Audacia.
Caratteristiche che non gli appartenevano, qualità che non avrebbe mai posseduto.
Eppure, sapeva di doverne trovare almeno un briciolo, per riuscire ad approfittare al meglio della possibilità che gli era stata data.
Poter parlare con lei, rivelarle i suoi sentimenti.
Non sapeva più nemmeno lui quali fossero, ricordava solo l'enorme sollievo che aveva provato nel vederla ancora in piedi dopo l'ultima battaglia.
Sì, sollievo e uno strano, meraviglioso senso di leggerezza, come se la morsa d'angoscia di cui era stata a lungo prigioniera la sua anima, si fosse improvvisamente dissolta.
Durante il sesto anno, benché fosse stato impegnato con il piano per uccidere Silente, non aveva potuto fare a meno di notare il suo cambiamento; Ginny si era fatta decisamente carina, e avvicinata pericolosamente a Potter, tanto che alla fine i due si erano messi assieme. Ma Potter l'aveva abbandonata, per inseguire gli Horcrux con la Granger e Weasley. L'avevano lasciata tornare a scuola da sola, e nel corso del settimo anno scolastico lui si era scoperto improvvisamente a desiderarla. A desiderare il suo coraggio, la sua forza, la sua solidità.
Non si era piegata a niente la piccola Weasley, né alla sua prepotenza né ai Carrow. E lui non era riuscito a non provare ammirazione per lei e la sua tenacia, anche se in certi casi rasentava la stoltezza.
Era consapevole di non poterle dire quelle cose, o perlomeno che non sarebbe stato facile farlo.
Forse non si trattava nemmeno di coraggio, ma di parlare di emozioni e sentimenti, e lui era assolutamente incapace di trattare argomenti simili. Ciononostante, sentiva il bisogno di confessarle queste sue sensazioni. Non sapeva perchè fosse diventato di vitale importanza che sapesse, in fin dei conti non esisteva nemmeno una remota possibilità che lei potesse corrispondere.
E poi, era più probabile che si trattasse di turbamenti, piuttosto che di sentimenti veri e propri.
- Con te? -
Tipico.
Di una donna, rispondere ad un quesito con un altro.
Di un Weasley, farlo con quel tono.
Non si era ancora voltata, non l'aveva nemmeno guardato, ma aveva sicuramente riconosciuto la sua voce.
Non gli piaceva essere ignorato; avrebbe ottenuto la sua attenzione, in qualsiasi modo.
- Beh, mi sa che se aspetti Potter, diventi vecchia - disse con un leggero cenno del capo.
Ginny si voltò a guardarlo, poi nella direzione indicata dal ragazzo. E li vide.
Harry e Cho Chang, che ballavano insieme.
- Già, pare anche a me.-
- Credevo che la Chang fosse storia vecchia.-
- Sì, anch'io.-
L’amarezza nella voce di Ginny era palese, ma lui non si scoraggiò. Non avrebbe permesso a Potter di rovinargli la serata, non lo avrebbe permesso a nessuno.
- Come mai sei qui?- chiese Ginny.
- Mi hanno invitato. -
- Sicuramente qualcuno ha fatto confusione con gli inviti.-
- Sicuramente.-
- Allora?- chiese lei porgendogli la mano.
- Cosa?-
- Mi hai invitata a ballare, o sbaglio?-
- Non credevo che accettassi.-
- Per questo mi hai invitata? Contavi sul mio rifiuto?-
- Assolutamente no! Sono solo…sorpreso.-
Nello stesso istante in cui pronunciava l'ultima parola, la musica cessò.
- Bene signori, adesso rallentiamo il ritmo - gracchiò la voce di Dean.
Un altro pezzo, decisamente meno vivace di quello che l'aveva preceduto, risuonò tra le pareti della Sala.
Un lento.
Dean Thomas, aveva messo su un lento.
Draco e Ginny rimasero immobili alcuni istanti, mentre prendevano coscienza di quello che stava per accadere.
- A quanto pare, le sorprese non sono finite - mormorò Ginny.
Era stata lei la prima a riprendersi.
- Non è la tua serata fortunata, Malfoy. Se davvero vuoi ballare con me, dovrai toccarmi - aggiunse leggermente imbarazzata.
- Che ne sai Weasley, magari è l'occasione che aspetto da anni - le disse con un ghigno.
Ginny arrossì. Non aveva compreso se lui stesse scherzando, ma decise comunque di stare al gioco.
- Allora è proprio la tua serata fortunata - ribatté sorridendo.
Ginny gli porse di nuovo la mano, lui la prese e la condusse al centro della Sala.
Non fu necessario guardarsi intorno; sapevano di essere osservati. Sentivano gli occhi di tutti addosso. Sguardi curiosi, indagatori, sorpresi e persino indignati.
Weasley e Malfoy che ballavo insieme, al centro della Sala Grande.
Draco era sicuro che Silente avrebbe apprezzato.
- Ci guardano. -
Non sapeva cosa dirle, anche perché non aveva capito se era una domanda o un'affermazione.
- Sì - mormorò. - Suppongo di sì.-
- Ti spiace?- chiese lei.
- Figurati! Adoro stare sotto i riflettori, e adoro sentire Lenticchia che ringhia alle mie spalle.-
Ginny sorrise.
- Beh, te la sei cercata.-
- Verissimo. -
- Forse, ringhia perché mi stringi troppo.-
No, non la stava stringendo troppo, o almeno non quanto avrebbe voluto. In realtà i loro corpi si sfioravano appena, ma quel leggero contatto gli procurava delle sensazioni estremamente piacevoli.
- Secondo me, lo fa perché esisto.-
- Probabile. -
- Sicuro.-
- Sei sempre di così poche parole?- chiese seria.
- Potrei fare bella figura e dirti che sono ammutolito dalla tua bellezza, ma non mi crederesti. Perciò ti dirò la misera verità: mi sto concentrando per evitare di pestarti.-
- Beh, è comunque carino da parte tua. Sai, non è piacevole ballare con qualcuno che ti pesta di continuo le dita dei piedi.-
- No, immagino di no. -
Rimasero in silenzio seguendo il ritmo della musica, fino a quando Draco decise che era arrivato il momento di osare.
- Aspettavi qualcuno, prima?-
Ginny sussultò, come se si fosse improvvisamente risvegliata da un sogno.
- Sì, - mormorò - qualcuno che… che in ogni modo non verrà.-
- Fred?- chiese con un filo di voce.
Ginny lo fissò, spaventata.
- È così evidente?- chiese.
- No, - disse cercando di rassicurarla - ma i gemelli erano una specie di istituzione… quasi come Hogwarts. Ti manca, eh?-
- Sì, molto.-
- Io… non volevo rattristarti - biascicò.
- Non l’hai fatto. Non sono mai triste quando parlo di Fred, so che lui non me lo perdonerebbe.-
Il silenzio calò di nuovo; Draco avrebbe voluto ancora parlare con lei, sentire la sua voce, ma capì che doveva aspettare.
Il primo brano era già finito da un pezzo; al termine del secondo, turbato dai suoi propositi, aveva cercato di lasciarla andare, seriamente intenzionato a tornarsene a casa. Ma Ginny l'aveva trattenuto e adesso si apprestavano a ballare il quarto.
Sempre un lento, ma diverso dagli altri. Da quando aveva portato Ginny in pista, non aveva manifestato nessun interesse per il motivo su cui si stavano muovendo, ma quello catturò la sua attenzione.
Era sicuro che quella musica provenisse direttamente dal paradiso, ma le parole lo riportarono dritto verso quello che era il suo inferno.

 

I like the things that you hate

And you hate the things that I like

But it hurts

Honesty’s your church

 

Era vero, era maledettamente vero.
Troppe cose li dividevano, niente li accomunava.
Cominciava davvero a non essere più sicuro di volerle parlare, di volerle dire quello che sentiva per lei. Non poteva rischiare di mettersi alla sua mercè, non aveva bisogno di rendersi ridicolo ai suoi occhi.
Eppure, aveva affrontato i fantasmi del suo passato per tornare fin lì, per giungere a stringerla tra le sue braccia. Forse non era il caso di buttare tutto all'aria, non per colpa di una stupida canzone.
- Vorrei parlarti… da solo - le sussurrò all'orecchio.
Ormai era fatta, non poteva più tirarsi indietro.
- Adesso?- chiese lei incuriosita.
- No, aspettiamo che finisca.-
Ma quella dannata canzone sembrava non voler finire; per un breve, folle istante, ebbe la sensazione che qualcuno si stesse prendendo gioco di lui.

 

I am the vinegar and salt

And you are the oil that dissolves my frustration - limitations

 

Per questo aveva bisogno di lei, per questo stava per osare.
Ginny riusciva a cancellare la sua insoddisfazione, a farlo sentire in pace con se stesso.
Istintivamente la strinse un po’ di più a sé.
- Tutto bene?- chiese Ginny.
- Sì. È che hai un buon profumo - disse per giustificare il gesto. - Volevo sentirlo meglio.-
- Me lo ha regalato Harry.-
- Non gli manca il buongusto. A parte la Chang…-
Ginny rise ancora. Trovava piacevole ballare con lui, e inspiegabilmente facile parlarci.
Era consapevole di aver attirato altri sguardi su di loro, ma non le importava. Per la prima volta da molto tempo si sentiva bene, si sentiva serena.
Nonostante l'imbarazzo di Draco.
Lo avvertiva chiaramente, come se il suo corpo fosse scosso da una serie di forti vibrazioni.
Non riusciva a spiegarsi il repentino cambio d'umore, perché all'improvviso avesse la sensazione di ballare con un estraneo.
Avrebbe preferito di gran lunga una serie di offese, piuttosto che l'inatteso silenzio del ragazzo.

 

But sometimes it’s better to lie

 

Finalmente la musica cessò.
Senza neanche rendersene conto, Draco tirò un sospiro di sollievo.
Quella canzone, con la melodia così dolce e le parole così dure, si era subdolamente insinuata nella sua testa e lui non riusciva a pensare ad altro.
Era rimasto immobile al centro della Sala, con le mani di Ginny Weasley ancora strette tra le sue, attirando su di loro l'attenzione dei presenti. Improvvisamente, ebbe la sensazione che tutti avessero compreso le sue intenzioni, e che lo biasimassero per la sua presunzione.
Per un istante si sentì indegno di trovarsi lì, di calpestare ancora il suolo di Hogwarts.
Ginny lo guardò attentamente.
- Sicuro di stare bene? - gli chiese preoccupata.
- Sì, certo.-
- Volevi parlare… dove…?-
- Fuori. Se per te va bene - rispose nervoso.
- D'accordo, vado a prendere il mantello.-
- Io prendo qualcosa da bere. Ci vediamo fuori.-
Non attese la risposta della ragazza, ma si diresse risoluto verso l'angolo bar.
Aveva preso la sua decisione: si sarebbe inventato qualcosa, qualsiasi cosa pur di non rivelarle la verità.
- Due Burrobirre - chiese al ragazzo dietro al banco.
- Quando hai il processo?-
Hermione Granger comparve alle sue spalle.
I lunghi mesi che la ragazza era rimasta in clandestinità avevano lasciato il segno, tanto che lui non l'aveva sentita arrivare. Per un istante fu tentato di farglielo notare, ma poi si trattenne: non era certo il caso di sprecarsi in complimenti. Non con lei.
- Allora è vero che sai sempre tutto, Granger - rispose acido.
- Sarà una buona occasione…-
- Una buona occasione? - chiese incredulo. - Rischio di essere rinchiuso ad Azkaban, e tu me la definisci una buona occasione? Per cosa, scusa?-
- Per chiudere definitivamente i conti con il passato. Credo che lei se lo meriti. -
- Di cosa stai parlando? - chiese con espressione colpevole.
Hermione sorrise.
- Sembri un bambino sorpreso a rubare la marmellata. Pensavi davvero di passare inosservato? Oh, andiamo, ma se non hai fatto altro che fissarla per tutta la sera. -
- Stai farneticando…- biascicò.
- Sai, credo se ne sia accorta anche lei - continuò imperterrita Hermione.
- Sei ubriaca… fradicia, direi.-
- D'accordo - disse lei sorridendo - starò al tuo gioco. Però ti avverto, - proseguì facendosi improvvisamente seria - falle del male e renderò la tua vita un incubo.-
Draco non le rispose, si limitò ad afferrare le due bottiglie e ad andarsene.
Non voleva discutere con la Granger, non voleva farlo con nessuno.
Raggiunse rapidamente le doppie porte di quercia che conducevano all'esterno e le attraversò.
Non fu difficile trovarla; stava appoggiata ad una colonna poco distante dall'ingresso, avvolta nel lungo mantello dei Grifondoro.
- Hai freddo?- chiese porgendole la bottiglia.
Lei scosse leggermente il capo, mentre la prendeva.
- Pensi che nevicherà? - gli chiese indicando il cielo ormai coperto di nubi.
- Non credo, fa troppo freddo.-
Il silenzio scese tra i due, sembrava che non ci fosse altro da dire. Rimasero così per un po’, poi Ginny si voltò verso di lui.
- Tornerai a scuola il prossimo settembre?- chiese.
- Tu?-
- Sì, ho intenzione di prendere il diploma.-
- Non ti accontenti dei G.U.F.O.? -
- Certo che no! Tu, però, non mi hai risposto.-
- Non credo che tornerò. Ho il processo fra due settimane.-
- Oh, io… io ti chiedo scusa, l'avevo dimenticato.-
Draco non rispose, ma si limitò ad un’alzata di spalle.
- Hai paura? - gli domandò.
- Non lo so, cerco di non pensarci. Forse dovrei… anche se non ci sono più i Dissennatori, Azkaban resta lo stesso un brutto posto.-
- Sì, ma… io non credo ti rinchiuderanno. Insomma, non sei stato…-
- Sono stato un disastro Weasley, comunque tu guardi la cosa. -
- Beh, se mandassero tutti i disastri ad Azkaban, sarebbe esplosa da un pezzo. Sai, credo che dovresti provare ad essere ottimista, qualche volta.-
- Ottimista? - chiese incredulo.
- Sì. Sei vivo, i tuoi genitori anche. E qualcuno ti ha invitato qui, stasera. Vorrà dire qualcosa, non credi?-
- Se lo dici tu.-
- Certo che lo dico io. Anzi, a proposito di cose da dire… non vorrei sembrarti sfacciata, ma mi era parso di capire che desideravi parlarmi.-
- Sì, io pensavo di volerti dire… ma, riflettendoci bene, non so se è il caso.-
- Perché?-
- Perché è meglio che ti lasci stare.-
- Lasciarmi stare? LASCIARMI STARE?- disse alzando la voce.
- Sì, Malfoy, è meglio che la lasci stare.-
Ron.
Non si erano accorti di lui, né di Harry e Hermione, che comparvero al suo fianco.
Draco sorrise, amaro. Non si fidavano di lui; era stato invitato a Hogwarts ma quei tre ancora non si fidavano. Avevano seguito lui e Ginny, li avevano spiati.
E non riusciva a biasimarli.
- Cosa vuoi? - chiese rabbiosa Ginny al fratello.
- Sapere cosa stai facendo qui fuori con questo… individuo.-
- Non sono affari tuoi. E comunque, stavamo solo parlando.-
- Parlando? Io ti ho sentita gridare.-
- Non era niente… - mormorò Ginny arrossendo leggermente.
- Niente? Stavi gridando, Ginny.-
- Sei diventato sordo, Weasley? Ti ha detto che non era niente.-
Non sapeva perché era intervenuto. Sarebbe dovuto rimanere in silenzio e aspettare che se ne andassero, invece aveva risposto alla provocazione, rimettendo in moto l'antica rivalità.
- Non parlavo con te, Malfoy. Anzi, forse sarebbe il caso che te ne tornassi a casa - disse Ron.
- Smettila, Ron. So cavarmela benissimo da sola, e poi io e Malfoy non abbiamo ancora finito. Vero?- chiese Ginny voltandosi verso Draco.
Lui non rispose, ma si limitò ad alzare le mani in segno di resa.
- Beh, non finirete un bel niente, perchè tu vieni con me - disse Ron afferrando la sorella per un braccio.
- Smettila, Weasley. È con me che ce l'hai, lasciala in pace.-
Ron si girò a guardarlo, furioso.
- Sì, è proprio con te che ce l'ho. Sei un insolente; non saresti qui, se avessi un briciolo di pudore.-
Hermione li fissò. Sarebbero arrivati alle mani, e lei voleva evitarlo. Soprattutto per Ginny.
- Ron, adesso smettila! Ho freddo, torniamo dentro.-
Lo aveva mascherato da favore personale, ma quello era un ordine.
Draco sorrise; la Granger era una che sapeva farsi rispettare.
Ron lasciò andare Ginny e si avviò deciso verso l'ingresso, seguito da Hermione.
Harry, invece, si trattenne ancora qualche secondo.
- Sta attento a quello che fai, Malfoy - disse prima di andarsene.
- Che significa per te lasciarmi stare?- chiese Ginny appena rimasero di nuovo soli.
- Lascia perdere. Ha ragione tuo fratello; non sarei dovuto venire.-
- Quindi, pensi di andartene senza dirmi niente?-
- Sì.-
- Non puoi arrenderti così. Sei venuto fin qui, hai affrontato Harry e Ron, il tuo passato… e poi ti tiri indietro? Non farlo, non perché una stupida canzone ti ha fatto venire dei dubbi.-
- Tu non capisci.-
- Capisco, invece. Perfettamente. Stai solo pensando a te stesso, o forse alla reazione di tuo padre.-
- Non è vero!-
- Mi spieghi che sei venuto a fare, eh? Potevi benissimo restare a casa, continuare per la tua strada, invece di venire qua a creare scompiglio. Dannazione Malfoy, era una canzone. Solo una canzone.-
Draco la guardò sorpreso. Ginny aveva capito.
- Come…-
- Credevi che non l'avessi sentita? Che non mi fossi accorta del tuo cambiamento?-
- Io…- mormorò imbarazzato.
- Anch'io ho pensato le stesse cose, ma non lascerò che sia una canzone a decidere della mia vita. In fin dei conti, si tratta solo di musica e parole.-
Sperava di essere riuscita a toccare le corde giuste, a convincerlo che, qualunque fosse la cosa che lui stava per dirle, era proprio quella che lei voleva sentirsi dire.
Draco la fissò per un istante. Quella che aveva davanti era la donna che desiderava; coraggiosa, combattiva, determinata.
Se voleva rischiare lei, perché non poteva farlo lui?
- Mi piaci - le disse.
Poi la baciò.

But sometimes I don’t dare to ask why

 

 



 

 

 

 

Note: i personaggi di questa storia non sono miei, ma di J.K.Rowling.

Il brano musicale è Vinegar & Salt del gruppo Hooverphonic.


 

  
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