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Autore: apochan kenshiro    30/07/2011    1 recensioni
Diletta è una ragazzina normale, come tante: frequenta la seconda media, studia, si diverte, ha la sua prima cotta... ma basterà una giornata e vivrà un'avventura completamente fuori dal comune...
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Salve, sono apochan kenshiro... pubblico per la prima volta qui fra le storie comiche... spero che le premesse vi abbiano incuriosito...
Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si parte!


 

Era ormai sera, il momento di coricarsi, e Diletta non vedeva l'ora: la sua giornata a scuola era stata lunga e aveva dovuto affaccendarsi molto. Il pomeriggio, poi, aveva avuto i laboratori, dei quali uno in particolare le stava a cuore: la professoressa aveva dato a ciascuno dei suoi compagni di classe, compresa lei, uno stato europeo, sul quale studiare e redigere una scheda dettagliata, dalla storia, all'economia, alla geografia, fino addirittura a creare un itinerario turistico ideale attraverso di esso. Lei non avrebbe potuto chiedere di meglio: le era stata assegnata la Gran Bretagna e, poichè la sua storia si intrecciava indissolubilmente per secoli con la sua "vicina", aveva avuto in consegna anche l'Irlanda, paese che adorava e che aveva visitato l'estate scorsa con la sua famiglia.

Contenta e soddisfatta, ed anche molto stanca, quindi, si diresse in camera sua, sbadigliando sonoramente; entrata, si buttò proprio come un sacco di patate sul letto e, tirate su le coperte, non fece in tempo a darsi la buonanotte che sprofondò immediatamente nel sonno.

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"Diletta!!" "Mh?". Con la bocca impastata dal sonno, Diletta mugolò, mentre sentiva una voce familiare chiamarla. "Allora, Diletta, sei fra noi?" "Ancora cinque minuti mamma..." "Spiacente Bellinzoni, ma presumo che tua madre sia a lavoro; qui siamo in classe, dormito forse poco stanotte? Visto un film un po' troppo lungo alla televisione?" "Eh?". In quel momento, mentre a poco a poco la voce che le parlava si faceva più nitida, Diletta si rese conto che quello dove teneva le sue braccia incrociate, in cui aveva affondato la testa, non era il suo morbido cuscino: si trattava piuttosto del suo duro e scomodo banco. Alzò repentinamente la testa, spalancando gli occhi, che le fecero vedere che si trovava in mezzo alla sua classe, intenta a fare un pisolino.

"Ommioddio! Ma è lei professoressa Rossellini!!!" "Chi altro dovrei essere, Bellinzoni? Siamo in classe e stiamo facendo lezione... capisco che sia l'ultima ora e che per una volta probabilmente non ti sei riposata abbastanza, ma non mi sembra un buon motivo per dormire sul banco!" "Ommamma, ma io...". Diletta era più confusa che mai: ma cosa ci faceva in classe se qualche ora fa era andata a letto?

"Professoressa, io..." "Lascia stare, Diletta, per questa volta chiuderò un occhio, è la prima volta che ti succede... però mi raccomando di stare attenta: mi spiacerebbe molto dover parlare con i tuoi genitori, lo sai..." "D'accordo, grazie..." "Bene... allora, come stavo dicendo, Cavour venne a patti segreti con Napoleone III a Plombieres, perchè il regno Sabaudo avesse dei validi alleati, in quella che doveva essere una guerra..."

Diletta ascoltava sempre meno la voce della professoressa, che le arrivava alle orecchie semrpe più ovattata. Non riusciva davvero a capire... tutto le appariva insensato e decisamente strano. Abbassò gli occhi, per constatare sul serio se si trovasse al suo banco, e vide, come comparsi dal nulla (era sicura di aver tastato solo la superficie fredda di compensato del banco...) il suo diario, il suo astuccio ed il suo libro di storia, aperto proprio sulle premesse alla seconda guerra d'indipendenza. Sbirciò dunque ai suoi piedi, dove vide il suo adorato zaino fucsia, con centinaia di pupazzetti e dediche, ed a quel punto si rassegnò: aveva sicuramente sognato di essere a casa ed andare a letto, non c'era altra spiegazione...

"...Quindi avvenne che, dalle premesse della guerra di Crimea...". A quel punto la voce della professoressa fu interrotta dal suonare della campanella, che decretava la fine delle lezioni. "Bene, per oggi terminiamo qua! Domani riprenderemo dal paragrago sette... per il momento vi saluto e salutiamo il vostro compagno Massimo, che per una settimana andrà a Lione, nella regione dei castelli, con la sua famiglia.". Detto ciò tutti i compagni di classe fecero, chi più chi meno, gli auguri di un buon viaggio al ragazzo. Diletta posò gli occhi su di lui, sentendole il cuore sussultare: Massimo, alto, capelli neri, carnagione chiara ed occhi scuri, il suo amore, sarebbe partito e non lo avrebbe visto per una settimana! Anche lei andò a salutarlo, come tutti, forse un po' timidamente, ma non appena si rese conto di essere rimasta improvvisamente solo in classe, proruppe in un grido disperato.

"NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Massimuccio!!!!!! come farò senza di teeeeeeee!!!!!!". Grossi lacrimoni le salivano incontrollati agli occhi ed intorno a lei, vide pian piano formarsi un grande pozzanghera sul pavimento; tentava di calmarsi di darsi un contegno, non si sentiva proprio in sè, ma era inutile: piangeva allagando la classe. "Buuuuuuuuuuuuuuuuuuhhhhhhhh!!! Perchè????". All'improvviso, mentre era ancora tutta intenta a disperarsi, sentì qualcuno picchiettarle sulla spalla. "Uh?", fece voltandosi e tirando su forte con il naso; era la bidella che, con tutto il suo armamentario di secchi, scope e detersivi, la guardava con uno sguardo fra l'apatico e l'irritato. "Senti gioia, qui devo pulire, quindi: uno, smetti di piangere, altrimenti ci metterò una vita a dare il cencio; due, se non esci di qui, ti chiudo dentro la scuola...". Diletta, con grandi occhi da cerbiatto annuì, cessando di piangere, poi si diresse in tutta fretta all'uscita, zaino in spalla, miracolosamente pronto.

Si buttò dunque a rotta di collo oltre il cancello, che subito dopo si chiuse sbattendo violentemente. Si fermò, guardandosi intorno, poi finalmente vide la piccola utilitaria grigia della madre, dove dentro scorse entrambi i genitori. Si avvicinò alla vettura, e la madre abbassò il finestrino mostrandole un sorriso a trentadue denti:"Ah, eccoti tesoro! Forza sbrigati, non ti ricordi che dobbiamo partire?", fece sua madre con allegria; lei la guardò con occhi piccoli come fessure ed un grande punto interrogativo sulla testa; forse in quel momento le parve addirittura di sentir ululare un coyote ed il fischio del vento, che trascina gli sterpi secchi per il deserto arido del Far West. "Scusa, mamma, ma da quando avevamo in porgramma di partire?". Suo padre si abbandò ad una grassa risata, mentre la madre manteneva quel sorriso da capogiro, che le arrivava da un orecchio all'altro. "Ah, la mia bambina", fece l'uomo gioviale, "sempre così distratta... ma non ti ricordi che avevamo programmato il fine settimana a Roma?" "Quindi adesso io dovrei salire in macchina e poi partiremmo, giusto?" "Giusto, tesoro.". Diletta si mise un attimo a riflettere: doveva partire? Poi un'assurda idea le balenò in mente ed una strana espressione le comparve il volto ... quel giorno si sentiva decisamente strana, bene, ma strana ... fece due più due: Massimo partiva, lei partiva ... cosa c'era di più semplice?

"Papino?" "Sì orsacchiotta?" "Dobbiamo andare per forza a Roma?" "Tesoro, certo, avevamo deciso così..." "Sicuro, sicuro, sicuro?", fece la ragazzina con una vocina dolce e zuccherosa, sbattendo esageratamente le ciglia, divenute misteriosamente lunghe. "Ma sì, mia cara..." "Ne sei proprio SICURO?!?!?!?". Il volto Diletta si era improvvisamente trasfigurato, divenendo bordeaux; le tempie le pulsavano paurosamente e gli occhi erano in procinto di uscire dalle orbite, tutti costellati da miriadi di capillari rosso sangue; ma ciò che era più spaventoso era la voce, divenuta roca e stridula, così alta da spaccare i timpani. I genitori, fattisi piccoli piccoli, si abbracciarono, come se fosse arrivato il giorno del Giudizio; la madre tentò di prendere la parola:"Perchè tesoro", disse con voce flebile e tremante, "dove preferiresti andare?". La ragazzina tornò istantaneamente versione dolce-carina-e-zuccherosa, e, con occhi scintillanti, disse semplicemente:"In Francia!" "Beh," fece il padre riprendendo la parola, "allora partiamo!" "Sìììììììììììììììììììììììììììììììììììì!". Il grido di felicità di Diletta costrinse madre e padre a tapparsi le orecchie.

Poco dopo era già in macchina, in viaggio, diretta verso la Francia. Tutta quella giornata era curiosa, ma ora non le importava: si sentiva leggera, euforica e spensierata, ed ilsuo obiettivo era uno ed uno soltanto: MASSIMO.

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"Oh, accidenti, che fastidio!" "C'è qualcosa che non va Massimo?". Una donna corpulenta e massiccia si voltò indietro, verso i sedili posteriori della macchina, dove siedevano i figli. "No, tutto ok, mamma... mi fischiava un orecchio..."


 

To be continued...


 


 


 


 


 


 


 

Salve a tutti! Questa è la prima volta che pubblico nella sezione, ma è da tantissimo tempo che avevo scritto questa storiellina (dalle medie...) ed avevo voglia di pubblicarla... è stata un po' modificata, rendendola in primis più leggibile, poi un pochino meno demenziale (ma solo dello 0,000000 ..... 00001 % ...) ed infine le ho dato una trama un po' più comprensibile...

Spero vi abbia interessato un pochino... se vi piacesse, mi farebbe molto piacere se lasciaste un commentino, di qualsiasi natura (quelli critici sono ben accetti, eh!)

Alla prossima!!! 

  
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