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Autore: Maricuz_M    31/07/2011    2 recensioni
Inizialmente si rifugiava sugli alberi per scappare. Un litigio, magari, o l’ennesimo trasferimento. Col tempo, però, era diventato il luogo dove dar sfogo alle sue riflessioni, ai suoi pensieri. La luce che cambiava, la solitudine, le voci che pian piano scemavano per lasciar spazio al silenzio. Tutto questo lo rilassava e lo ispirava.
Sotto quel cielo, ovunque sia stato, aveva creato tutto ciò che era veramente suo. La sua musica, i suoi scritti, i suoi disegni.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, questa è la mia prima storia coi Mars, perciò siate clementi. Scherzavo, se non vi piace offendetemi pure, ma con accortezza. Grazie! ;)
Ovviamente, non scrivo a scopo di lucro (proprio no), e non conosco Jared Leto. Mi piacerebbe (e non solo a me), ma non lo conosco. Men che meno, voglio offenderlo. Vale lo stesso per Shan e per gli altri due personaggi che popolano la One Shot.
Mi scuso in anticipo per eventuale errori e..
Grazie per l'attenzione!
Buona (spero) lettura! :)
Marica




Rainbow

 
Camminava a passo spedito, sicuro della propria meta. Capelli sotto il cappuccio, occhi chiari dietro le immancabili lenti scure e mani nelle tasche della felpa.
Il cielo era ancora azzurro, anche se sarebbe rimasto così ancora per poco. Arrivò al parco, si diresse vero l’albero che lo ospitava quasi tutte le sere, quando non era in tour, e non appena vi giunse, tolse le mani dalla loro tana.
Poggiò la sinistra sul ramo più basso e la mano ed il piede destro sul tronco. Sì issò e iniziò ad arrampicarsi.
La prima volta che lo fece, era un ragazzino. Gli era sempre piaciuto starsene lì, da solo, in santa pace ad osservare il cielo che mutava sotto i suoi occhi. Dal tardo pomeriggio, ci rimaneva fino a notte. Azzurro, rosso, blu scuro.
Inizialmente si rifugiava sugli alberi per scappare. Un litigio, magari, o l’ennesimo trasferimento. Col tempo, però, era diventato il luogo dove dar sfogo alle sue riflessioni, ai suoi pensieri. La luce che cambiava, la solitudine, le voci che pian piano scemavano per lasciar spazio al silenzio. Tutto questo lo rilassava e lo ispirava.
Sotto quel cielo, ovunque sia stato, aveva creato tutto ciò che era veramente suo. La sua musica, i suoi scritti, i suoi disegni.
Si sistemò appoggiando la schiena sul tronco e stendendo le gambe, una sopra l’altra, lungo il ramo dove era seduto.
Dopo essersi tolto gli occhiali, respirò profondamente alzando la testa verso quella tavola immensa decorata da bianche nuvole. Poteva sentire le risate spensierate dei bambini che giocavano poco più in là e sorrise intenerito. Chiuse gli occhi per qualche attimo, beandosi di quel suono.
-Mh.. Signore?- la voce incerta di un bambino lo riscosse da quel breve momento di tranquillità e lo fece voltare verso il basso.
Se ne stava lì, in piedi su un ramo più vicino al terreno, ancorato al tronco e con gli occhi vispi, di un verde magnifico, fissi su di lui. Fece un cenno con la testa sorridendo lievemente per incitarlo a parlare.
-Lo disturbo se sto qui un pochino? Vorrei guardare il cielo. Lo sta guardando anche lei, vero?- domandò innocentemente, con un espressione un po’ tesa.
-Vero.- confermò annuendo –Non disturbi, comunque.-
Il volto del piccolo si aprì in un grande sorriso, si sedette e cominciò a dondolare le gambe con il nasino rivolto verso l’alto. Si girò nuovamente verso l’uomo e gli parlò, meno insicuro di prima.
-Come si chiama?-
Jared non riusciva a togliersi il sorriso dalla faccia. Quel bambino gli ricordava se stesso da piccolo, e poi quel suo dargli del “lei” lo divertiva.
-Jared.. Tu?-
-Julius!- rispose allegro l’altro –E quanti anni ha?-
-Trentanove.-
-Non è vero.- disse prontamente Julius.
-Perchè no?- chiese Jared incuriosito.
-Boh. Non sembra.-
Rise –E che età mi daresti?- 
-Non lo so, non sono bravo in queste cose.-
L’uomo scosse la testa divertito, poi rivolse la stessa domanda al piccoletto.
-Io ne ho 7!-
-Non è vero.- lo imitò Jared con un sorrisetto sghembo.
-Si si! Lo giuro!-
-Mh.. Ok. Allora ti credo.-
-Perchè guarda il cielo?- il bambino cambiò argomento, curioso. Non aveva smesso di far ciondolare le gambe e i suoi occhi vivaci erano ancora puntati su di lui.
-Perchè mi piace vedere i colori che cambiano, le nuvole che si spostano lentamente e il sole che lascia il posto alla luna e le stelle.- rispose con voce calma e quasi dolce.
Julius sorrise, soddisfatto per la risposta ricevuta, alzò il mento fiero ed esclamò –Io da grande ci andrò, lassù!-
Jared ridacchiò –Davvero?-
-Sì! Io da grande voglio fare il pilota! Quelli che guidano gli aeroplani! Te cosa fai?- era passato al “tu”, trovandosi sempre a più a suo agio con lo sconosciuto trovato steso su un ramo.
Ci pensò un po’, poi rispose –Io canto e recito.-
-Bello.. E hai mai volato nel cielo?- chiese emozionato il bambino.
-Sì, tante volte.-
-E com’è? E’ bello? Sei stato anche nello spazio?-
-In un certo senso, sì.- rispose dopo una risatina.
-E hai mai toccato l’arcobaleno? Si può toccare un arcobaleno, vero?-
Abbassò lo sguardo e rifletté sulle parole di Julius.
 
-Shan! Vieni Shan! Veloce!- Jared corse nel giardino appena finì di piovere, finché non scivolò sul fango e non si ritrovò a terra, sporco.
Shannon scoppiò a ridere, fermandosi di colpo e piegandosi in due, con le braccia che si tenevano lo stomaco.
-Che stupido!- continuò a ridere.
-Smettila!- urlò l’altro bambino, offeso. Si rialzò e si guardò la maglietta.
-Bravo genio! Tanto la mamma te la sorbisci tu!-
-Chi se ne frega!- lo fulminò Jared, rialzando lo sguardo –Tanto io adesso vado laggiù, cammino sull’arcobaleno, salto su una nuvola e vado su Marte!-
Informò il fratello dei suoi progetti indicando l’arcobaleno dietro di sé stendendo il braccio verso di esso.
-La mamma mi aveva detto di non darti troppa cioccolata..- borbottò perplesso Shannon, poi continuò –Guarda che su Marte non ci arrivi così.-
-E come faccio ad andarci?-
-Devi dormire e sognare.-
-Ma io ci voglio andare!-
-Jay, non si può andare su Marte! E poi che ci vai a fare?-
-Per guardare la terra come se fosse una stella..- mormorò abbassando la testa, ma continuando a guardarlo negli occhi.
-Non puoi guardare le stelle da qui?-
-Ma non è la stessa cosa..-
Il bambino più grande scrollò le spalle facendo una smorfia dispiaciuta –Mi spiace bro, ti devi accontentare..-
Jared abbassò gli occhi e si girò, per non far vedere al fratello che si stavano inumidendo. Era già molto orgoglioso e odiava piangere davanti agli altri, anche se con suo fratello a volte trasgrediva la sua regola.
Shannon si avvicinò e gli scrollò i capelli sorridendo, poi provò a rimediare –Alla mamma dico che ti ho spinto così mi prendo la colpa, per la maglietta sporca. Vuoi altra cioccolata?-
Il più piccolo annuì lentamente, si strofinò gli occhi con le mani e seguì il fratello dentro casa.
 
-Non credo si possa toccare l’arcobaleno. Io da bambino volevo camminarci, ma non posso..- provò a dirlo nel modo più dolce possibile.
Il viso di Julius si rattristò, ma non smise di guardarlo negli occhi. Non accennava a dire niente, così Jared parlò ancora –Però.. Secondo me è bello così. Quando non sai com’è una cosa, è bello sognarla e immaginarla in tutti i modi possibili, no?-
Il bambino annuì, rilassandosi un po’.
-Anche per le nuvole è così?-
-Sì.. Da piccolo volevo arrivare su Marte grazie a loro.-
-Quindi su Marte non ci sei arrivato..- concluse il bambino.
-Sì, ma non fisicamente.-
-E come?-
Jared si portò l’indice sulla tempia –Mente, sogni e fantasia. Loro non si possono controllare e non hanno limiti. Sono infiniti.-
Gli occhi verdi di Julius brillarono, mentre guardavano l’uomo davanti a loro ammaliati.
-Ah.. E te usi spesso mente, sogni e fantasia?-
Jared sorrise teneramente –Senza di loro non sarei qui..-
Julius annuì –E posso usarli anche io?-
Il cantante rise –Solo perchè sei tu.-
Il morettino sorrise felice e i suoi occhi, se possibile, brillarono ancora di più.
-Io quindi posso immaginarmi come vorrei il mio papà! Non ce l’ho..-
Jared socchiuse gli occhi confuso.
-Julius! Scendi da quell’albero!- una voce femminile interruppe la loro conversazione, e Julius si girò verso la sua sinistra.
-Si mamma! Sto parlando con Jared!-
-E chi sarebbe Ja.. Oh. Salve.- una donna sulla trentina comparve nella visuale dell’uomo, che rispose al saluto sorridendo tranquillo –Buonasera!-
Ora so da chi ha preso il colore degli occhi Julius” pensò.
-Ehm.. Spero non l’abbia disturbato..- si scusò titubante la donna.
Jared la scrutò meglio, mentre aiutava il bambino a scendere dal ramo.
Capelli scuri e mossi lasciati sciolti, lineamenti dolci, labbra carnose, ciglia lunghe e nere. Niente trucco. Una bellezza semplice, ma pur sempre una bellezza. E probabilmente pure single, se il bambino aveva detto di non avere un padre.
Sorrise –Nessun disturbo, anzi. Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata.-
Julius sorrise raggiante, poi guardò la madre, con tono di rimproverò –Presentati! E’ un mio amico!-
Lei sospirò –Piacere, Allie.-
-Piacere mio, Jared.- sorrise e scese dall’albero agilmente, per stringerle la mano.
-Jared canta, e ha trentanove anni, anche se non sembra! E mi ha detto che posso usare la mente, i sogni e la fantasia!- saltellò prendendo la mano di Allie, che sorrise teneramente.
Jared ridacchiò, quasi imbarazzato da quella situazione. Gliene erano capitate tante, ma questa mai.
-Può venire con noi a prendere la pizza? Per favore?- Julius sfoderò il suo sguardo da cucciolo.
-No, Jared avrà sicuramente da fare e non possiamo portarcelo con noi. Non è mica un cane abbandonato!-
-Ma mamma! E’ un mio amico! Mi deve raccontare ancora tante cose! Lui da piccolo voleva andare su Marte e ci è arrivato! Magari mi dà dei consigli e ci vado pure io! Dai, dai, dai!!-
-Julius..- lo supplicò poi, lei.
-Jared, non hai niente da fare, vero? Il cielo l’hai visto tante volte, magari oggi salti e lo guardi domani! Per favore..-
Jared guardò Allie, che stava sospirando e sembrava non avesse idea di controbattere. Sorrise, stranamente contento, riportando gli occhi sul bambino.
-Io prendo la pizza vegetariana. A te come piace?-
Julius lanciò un gridolino eccitato e riprese a saltellare –Si!-
Ridacchiò guardandolo. Il quel periodo aveva già riflettuto abbastanza. Il cielo non si sarebbe certamente offeso se per questa volta non sarebbe stato lì a contemplarlo.
E siccome credeva al destino, forse la donna che teneva per mano il piccolo Julius era il prossimo soggetto che avrebbe vagato indisturbato per la sua mente, e doveva approfittarne.
Vabè,” pensò “carpe diem.
   
 
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