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Autore: Jerry93    31/07/2011    32 recensioni
Lunga è la via per la redenzione. Sofferenza, dubbi, odio. Gioia, certezze, amore. Hermione e Draco. You and Me.
"Lo Slytherin alzò un sopracciglio. Lei arrossì.
-Posso baciarti?-
Il sorriso che si aprì sulla sua bocca fu il più bello che Hermione avesse mai visto.
Gioioso, gentile, grato.
-Accomodati- le rispose, come ad invitarla ad entrare in una casa in cui, da tempo, aveva lasciato le sue valige.
Soddisfatto, solare, semplice.
Lei si alzò sulle punta dei piedi, così da poter essere alla sua altezza.
Dolce, desideroso, destabilizzato.
Cercò, improvvisamente spaesata, il contatto con le sue mani. Lui gliele fece trovare subito.
Le loro dita si intrecciarono in un nodo indissolubile.
Afrodisiaco, ansioso, attratto.
Hermione si sporse, instabile sul suo appoggio improvvisato.
Posò la sua bocca su quella di lui.
Indeciso, impressionato, innamorato."

[Chapter 12, Abstinence and Satisfy]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Becoming Us'
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Chapter twenty, The Last Matriarch

Il suo corpo, morto a causa di quell’Avada Kedavra, giaceva a terra in posizione scomposta dopo il forte urto con il suolo. A nulla erano valsi il suo vispo intelletto e le sue grandi capacità, perché da quell’attacco non avrebbe mai potuto difendersi. Così, con quella Maledizione, il Mangiamorte aveva spento la sua vita, soffiando sull’ardore di un’oramai consolidata speranza.

Solo carne e sangue, impossibilitati nel movimento dal gelo del trapasso, che erano stati privati della loro luminescente guida, della valorosa anima di ogni erede di Godric Gryffindor.

Chi aveva amato il suo spirito, presto avrebbe cominciato a soffrire per la sua mancanza e per l’ampio spazio vuoto di cui il suo decesso sarebbe stato la cagione.

In molti avrebbero versato lacrime di dolore, in molti lo avrebbero compianto. Perché, tradito dall’uomo in cui riponeva maggiore fiducia, Albus Silente era caduto, piegato dagli anni e dalla sua bontà.

Per lui si erano dischiusi gli aurei cancelli dell’Eterno Riposo.

Per lui, presto, nell’aria avrebbe risuonato il malinconico canto della Fenice Fanny.

 

***

 

La sua voce fu la prima cosa che avvertì non appena si riprese. Sentiva i suoi urli, i pesanti insulti che rivolgeva ai Mangiamorte con cui stava combattendo e persino i respiri poderosi di un guerriero sfiancato e di un uomo improvvisamente troppo solo. Avrebbe voluto alzarsi, avrebbe voluto rassicurarlo, avrebbe voluto combattere al suo fianco. Ma non poté farlo.

I suoi sensi, dopo quell’attacco da cui non era riuscita a difendersi e in seguito alla possente collisione che aveva avuto con il pavimento, sembravano far fatica a riprendere la loro usuale funzione. A causa di una forte emicrania, che le riempiva la mente di dolorose stilettate, era costretta a tenere gli occhi chiusi, schermandola da ciò che la circondava. Il suo olfatto, poi, sembrava concentrarsi solamente sull’insopportabile odore ferroso del sangue che riempiva l’aria attorno al suo corpo. Percepiva, infine, i singhiozzi disperati di Ginny, i quali, spesso, coprivano con le loro lacrime anche le urla di Draco.

Il resto era solo un continuo contrasto tra caldo e freddo. Il gelido pavimento, sferzandole la pelle, la manteneva sveglia e donava sollievo ai numerosi lividi che, di lì a poche ore, avrebbero maculato la sua pelle ambrata. Un avvolgente rivolo di puro calore le scendeva lungo la nuca, diramandosi in minuscoli ruscelli fino a divenire piccole gocce cremisi sui suoi capelli ricci. Poco oltre l’elegante confine segnato dal suo collo sottile, sovrastando il suo petto che quasi non si muoveva per accompagnare il continuo movimento dei suoi polmoni che le permetteva di respirare ancora, Vulcano, il fabbro degli dei, sembrava torturarla con un puntello arroventato.

Cercò di rimettersi in piedi, ma non appena l’intenzione di quel movimento raggiunse la parte inferiore del suo corpo, una fitta, simile ad una lama conficcata nella carne e trascinata fino a recidere ogni muscolo, l’attraversò togliendole il respiro.

Fu proprio in quell’istante, quando già stava per darsi sconfitta, che quel ringhiò, simile a quello di una bestia ferita, raggiunse il suo cervello. Draco.

Dischiuse appena gli occhi.

- Ginny –

Sussurrò Hermione, cercando di attirare l’attenzione della ragazza che la fiancheggiava, facendo attenzione affinché i loro corpi non si sfiorassero neppure, e che tentava inutilmente di fermare con le mani le lacrime che le rigavano il viso.

- Hermione!- urlò l’altra in risposta, fiondandosi addosso al suo corpo dolorante.

-Sei viva?- le domandò la rossa, intontita dalla situazione, mentre l’aiutava ad alzarsi. Quel supporto fu subito ben accetto e, gettando un braccio attorno alle spalle dell’altra e zoppicando con il piede sinistro, Hermione si rialzò.

Si guardò attorno cercando la propria bacchetta, ma il suo sguardo si fermò subito sul centro del campo di battaglia.

Vide solo la profonda ferita sulla gamba di Draco e Daphne, che, inginocchiata al suo fianco, continuava a lanciare incantesimi Scudo per proteggere entrambi. Evidentemente, si disse la Granger, non voleva essere ricordata come quella che non aveva avuto il coraggio di combattere. Perché questo era accaduto: quando lei era stata colpita dall’Avada Kedavra solo i due Slytherin aveva continuato a dar battaglia, mentre gli altri erano rimasti immobili ed ammutoliti.

Presto Ron, che continuava a ripetere a Denise di stare dietro di lui, le raggiunse porgendo all’amica la bacchetta che le era scivolata di mano durante la caduta.

-Come hai … - cominciò il ragazzo, venendo bruscamente interrotto da Hermione.

- Stupeficium!- esclamò non appena si fu rimpossessata della sua arma.

L’attacco fu blando, ma, avendo colpito Fenrir in pieno petto, fu sufficiente ad impedirgli di colpire i due Slytherin.

Non appena la sua voce era risuonata nella stanza, tutti i combattimenti erano cessati e l’attenzione era stata rivolta solo a lei.

- Hermione?- le domandò la Greengrass incredula.

Lei, affaticata e indolenzita, annuì piano in risposta, prestando pochissima attenzione alla ragazza. Lui era lì, ferito e sbalordito, incredulo dinnanzi a quello che non poteva essere chiamato in nessun altro modo se non miracolo. Draco muoveva adagio le labbra, cercando inutilmente di formulare almeno una parola. La paura, però, che lei sparisse di nuovo alla prima emissione di un suo suono, inghiottita dal profondo baratro dell’Ade, lo fece desistere. Decise d’attendere che le braccia di lei lo stringessero, che le sue mani gentili lo accarezzassero e che le sue labbra morbide lo baciassero, cancellando definitivamente quell’incubo che era stato costretto a vivere.

Hermione provò a muovere un passo, ma sarebbe irrimediabilmente crollata al suolo se non fosse stato per la rapida presa di Ginny, più forte e scattante di lei, la quale la sorresse premurosa e preoccupata.

In quell’istante, un oggetto luminoso scivolò lontano dalla pelle del seno della Granger, adagiandosi, con un piccolo balzò, sulla camicetta sporca di sangue. Lo riconobbe subito, nonostante da mesi non vi facesse più caso. Quello, immutato nell’aspetto esteriore, era l’anello che Drew le aveva detto di indossare sempre in cambio delle loro lezioni private. Ricordava ancora quelle parole, che il tempo aveva sommerso tra altre migliaia, spegnendo l’interesse da lei nutrito a riguardo.

E, infine, la settima condizione: da oggi in poi, non dovrai mai più separati da quest’anello.

Aveva ubbidito. Aveva allacciato quella catenina d’oro, in cui l’anello era infilato, attorno al proprio collo, trasformando quell’azione insolita in una usuale abitudine. Si era dimenticata di chiedersi il perché, accontentandosi di mantenere ad ogni condizione la propria promessa, che, prima o poi, le avrebbe permesso di difendersi dagli attacchi Oscuri di Voldemort e dei suoi Mangiamorte. Osservò l’oggetto con maggior cura, venendo subita attratta dalla gemma incastonata nel metallo.

Lo zaffiro, infatti, solitamente dello stesso blu profondo degli occhi di Drew, sembrava essere illuminato da un’accesa luce cremisi, che tingeva le numerose facce del corindone di volubili sfumature violacee. All’interno, poi, il nome della proprietaria di quell’oggetto prezioso era cambiato.

Ora, al posto di quello della signora Bright, vi era il suo.

Si guardò intorno, incontrando molti sguardi basiti.

Ginny e Ron continuarono a guardare la catenina per alcuni istanti, per poi inchiodare vicendevolmente i loro occhi azzurri, come se così facendo potessero riempire il silenzio di infinite parole elegantemente vergate e miniate da un abile amanuense. Neville, intanto, parlottava con Luna, la quale sembrava raggiungere una sconvolgente consapevolezza ad ogni parola del ragazzo. Daphne aveva spalancato la bocca, in un’espressione decisamente poco elegante e fine, quindi particolarmente insolita sul suo viso, e Draco, unico tra tutti, dopo un iniziale stupore, aveva preso a scuotere la testa con un sorriso sulle labbra.

L’agghiacciante risata di Alecto Carrow saturò l’aria stantia della biblioteca.

-E così tu sei un’Impura?- gracchiò, affogando nell’ennesimo sghignazzo – Quando il Signore Oscuro lo saprà vorrà averti nelle sue file ad ogni costo!-

Nessuno ebbe il tempo di comprendere il peso di quelle parole, perché le ante della porta della stanza si spalancarono con un tonfo.

Lupin, con la bacchetta puntata dove fino a pochi istanti prima il legno, ora frantumato al suolo, stava celando il duello impari tra i ragazzi e i Mangiamorte, era pronto a dare battaglia, fiancheggiato da Bill Weasley e Drew Kennan.

 

La scena mutò rapidamente.

Due gatti, spuntati da dietro le spalle dei tre uomini, si era lanciati in corsa all’interno della biblioteca e, dopo aver scavalcato i servi di Voldemort saltando sulle loro teste, si erano subito messi a difesa di Draco e Daphne. In un battere di ciglia, l’aspetto di quei felini era cambiato, lasciando due donne al posto di quegli animali. La rapida metamorfosi aveva riportato Minerva McGranitt al suo usuale aspetto, abbandonando le vesta del soriano con un particolarissimo segno squadrato attorno agli occhi. Mentre l’anziana professoressa si sistemava gli occhiali dalla forma tanto similare sul naso, al suo fianco l’arruffato randagio dallo sbiadito pelo color grigio topo, che ricopriva tutto il suo corpo sinuoso tranne le zampe, tinteggiate di un’improponibile fucsia brillante, ritornò ad essere la solita Ninfadora Tonks, la quale era decisamente elettrizzata dalla situazione.

Il primo a muovere la bacchetta, troppo veloce per ognuno dei Mangiamorte lì presenti, fu Drew, che, dopo essersi rimboccato le maniche dell’ampia felpa blu, aveva fatto fuoriuscire dalla punta della propria arma un fascio luminoso rossastro, che, come animato di vita propria, si strinse al collo di Amycus Carrow, togliendogli il respiro. Non appena il ragazzo tirò la frusta magica, l’uomo, pur essendo tarchiato e molto saldo nella propria posizione, fu sollevato da terra e sbattuto al suolo oltre i confini della biblioteca. Bill e Lupin, intanto, non erano rimasti fermi a guardare. Il primo aveva ingaggiato un duello molto ravvicinato con Thorfinn e, dopo essergli girato attorno, era riuscito, con un paio di affondi, a spingerlo verso il corridoio da cui si aveva accesso a quella stanza. Per Remus, invece, le cose furono molto più semplici: non appena lo vide, Fenrir, il licantropo che molti anni prima l’aveva maledetto conficcando le proprie zanne nella sua carne, gli si buttò addosso, mirando al collo dell’ex professore di Difesa contro le Arti Oscure.

Poi, fu il turno della Metamorfomagus che in pochi istanti ebbe la meglio su Gibbon, ancora intontito dal rapido cambiamento degli eventi.

Infine, quando nella stanza erano rimaste solamente la McGranitt e Alecto Carrow, la prima si curò di rassicurare l’altra.

-Avete poche possibilità di scappare da Hogwarts, stasera- disse con un sorriso appena accennato sulle labbra – Drew è a dir poco furioso, sa? Questi che avete cercato di assassinare, senza riuscirci, sono i suoi studenti … -

E così dicendo, senza dare all’altra neppure il tempo di mettersi in posizione difensiva, la bacchetta della Vicepreside si trovava appoggiata al petto dell’altra.

- Depulso – disse tranquillamente Minerva McGranitt, scagliando ad almeno tre metri di distanza la sua avversaria.

Con un cenno della bacchetta, le ante della porta, distrutte da Remus, ritornarono al loro posto, perfettamente sigillate dall’ennesimo incantesimo della Direttrice Gryffindor, la quale, svolti i suoi compiti più imminenti si voltò verso i ragazzi.

-So che non è il momento ideale, ma comunque credo sia il caso di rendervi merito per ciò che avete fatto- dichiarò severa, osservando prima Draco e poi Daphne – Signorina Greengrass, Signor Malfoy, venti punti a testa per Slytherin, visto che avete continuato a combattere nonostante i vostri compagni non fossero in grado di farlo- concluse, sorridendo ad entrambi.

 

Minerva McGranitt si era solo rapidamente accertata delle condizioni di Draco ed Hermione, gli unici feriti, se esclusi i lividi di Daphne, Neville, Luna e Ginny. La ferita sulla gamba del ragazzo era abbastanza profonda, ma era stata già bendata dalla Greengrass non appena questa ne aveva avuto la possibilità durante la scontro con i Mangiamorte. La Granger, invece, con buona probabilità aveva preso una brutta storta alla caviglia sinistra e, a causa del pesante urto con il suolo, si ritrovava un taglio poco sopra la nuca. Fortunatamente, sembrava essere superficiale.

Dopo aver fatto comparire dal nulla un panno che la Weasley avrebbe dovuto premere sulla lesione, l’anziana donna diede solo una rapida occhiata all’anello un tempo appartenuto alla madre di Drew, ma sul suo viso imperscrutabile non vi fu alcuna inflessione.

-Ora, ragazzi, dovrete seguirmi- annunciò finito il veloce controllo – Signor Zabini, credo che ora possa tranquillamente uscire dal suo nascondiglio e aiutare la signorina Greengrass a reggere il suo compagno-

A quelle parole, Blaise, rimasto fino a quell’istante nascosto dietro ad alcuni scaffali, uscì allo scoperto.

Il suo passo era tranquillo, il suo sguardo fisso sul pavimento.

-Non potevo … - provò a scusarsi, venendo subito interrotto dalla McGranitt, che gli posò gentilmente una mano sul braccio.

-Conosco perfettamente la sua situazione, non si preoccupi-

Puntò la bacchetta contro il ragazzo e lanciò un incantesimo non verbale.

Il suo aspetto esteriore mutò. Il suo fisico si irrobustì, i capelli si accorciarono e si tinsero di nero, gli occhi, non più celati, divennero d’un verde sbiadito e lo stemma degli Slytherin sui suoi abiti divenne quello rosso ed oro dei Gryffindor.

-Così, nessuno dovrebbe riconoscerla- concluse soddisfatta la donna dopo un’ultima occhiata.

Zabini, con una voce più allegra della sua, la ringraziò.

-Sono una Gryffindor, ma resto comunque in grado di riconoscere un’azione giudiziosa ed una scelta intelligente-.

Non diede il tempo a nessuno di controbattere e, invitandoli a tenere il passo, si mosse lungo il corridoio dedicato ai libri di Trasfigurazione. Nonostante la situazione, la Vicepreside sembrava essere pienamente in grado di controllare la situazione. Forse, come molti di loro, dubitava che, prima d’andare a dormire, avrebbe dovuto sguainare la bacchetta e intraprendere un duello, tant’è che aveva già indossato la sua vestaglia in stile scozzese. Per riparare il suo corpo dal freddo, poi, si era gettata sulle spalle un pesante mantello verde, il quale rendeva la sua figura fluttuante e leggera. A completare il ritratto di quella grande strega, poi, la lunga treccia, con cui aveva ordinato i suoi capelli un tempo corvini, che le ricadeva dolcemente sulla spalla.

Percorse l’androne nella sua interezza e, giunta al termine di questo, si fermò davanti ad un grande quadro addossato alla parete. Ambientato in una piccola radura, nei cui pressi scorreva un fiumiciattolo dall’acqua cristallina, l’effige raffigurava un piccolo cerbiatto che si abbeverava.

-Buonasera, signora Fickle – disse la McGranitt.

Immediatamente, l’animale ritratto voltò il muso gentile e, allontanandosi dalla fonte, si avvicinò ad un ciliegio in fiore dipinto in primo piano. Nel correre la sua posizione si era fatta eretta, il viso era divenuto umano e il pelo morbido era stato sostituito da un semplice abito bianco.

-Minerva!- esclamò la fanciulla dai fluenti capelli castani che le incorniciavano il volto – Hai deciso di rimettere in uso il tuo passaggio segreto?-

A quella domanda, gli studenti della donna sbiancarono e spalancarono la bocca.

- Hogwarts è sotto attacco, signora Fickle, devo mettere al sicuro questi ragazzi il prima possibile-

La ragazza annuì in risposta e, ruotando su dei cardini presenti solamente su un lato del quadro, si discostò dalla parete.

Ciò che gli studenti videro gli stupì. Di fronte a loro, c’era solamente una cosa: il muro.

-Professoressa, credo che il suo passaggio segreto sia stato chiuso- si arrischiò Ron.

-Oh no, signor Weasley, in realtà è solo ben nascosto- gli rispose quella, picchiettando su una delle mattonelle che componevano il muro.

In pochi istanti, si aprì una porta che dava sul corridoio opposto a quello in cui Drew e gli altri stavano combattendo.

-Non sapevo dell’esistenza di quest’entrata secondaria!- esclamò Hermione, infervorata dalla notizia.

-In realtà, solo il professor Silente, quando all’epoca occupava la cattedra di Trasfigurazione, si accorse di questo piccolo buchetto che avevo aperto nella parete per poter venire a studiare in biblioteca anche di notte- rispose la McGranitt ridacchiando entusiasta.

-Chi le dice che il suo “buchetto” sarebbe sufficiente per far passare una mandria di centauri?- chiese Daphne a Draco, il quale alzò le spalle, troppo sconvolto dall’aver scoperto che quella donna, la Severità personificata, gli aveva fatto fare un tour della Foresta Proibita, con Voldemort a piede libero e con quel troglodita di Hagrid come unico difensore, solo perché era uscito dalla scuola fuori dall’orario concesso, quando lei, ai suoi tempi, lo faceva molto più spesso di lui.

 

Fu lei, la Direttrice della Casa Gryffindor, ad uscire per prima da quella porta celata dalla magia. Poi, non appena si fu assicurata che il corridoio fosse scombro, spronò i ragazzi a velocizzare i loro movimenti.

-Andate in infermeria da Madama Chips, è già stata avvisata del vostro arrivo- spiegò rapidamente loro, troppo presa dai rumori della battaglia che, a pochi metri da loro, si stava svolgendo – Signor Zabini, visto il momentaneo infortunio della signorina Granger, lascio a lei il comando. Nel caso sia necessario, la prego di arrivare ad usare la forza, pur di non permettere ai suoi compagni di compiere qualche sciocchezza. Quando vi sarete messi al sicuro, poi, le sarei grata se sciogliesse il mio incantesimo di Trasfigurazione, in quanto questi incantesimi, a lunga distanza, diventano veramente difficili da controllare senza disperdere eccessivamente l’energia di colui che li lancia-

Il ragazzo aveva mosso impercettibilmente la testa, la bacchetta stretta nel pugno. L’anziana donna voltò loro le spalle, pronta a dare man forte ai suoi compagni. Pronta a combattere.

Tra i Gryffindor lì presenti, molti si chiedevano per quale motivo la loro Direttrice avesse lasciato il comando ad uno Slytherin, ma i loro dubbi si acquietarono quando capirono che Hermione, nonostante le ferite, era ancora pienamente in grado di controllare la situazione con la sua innata razionalità.

-Avanti, Blaise, il comando è nelle tue mani, decidi cosa fare- disse, infatti, quella.

Il ragazzo, nonostante il suo inusuale aspetto, sembrava essere scivolato in uno dei suoi soliti silenzi. Stava pensando, scartando i percorsi meno rapidi per raggiungere l’infermeria e badando a non attraversare strade solitamente molto trafficate, per evitare in ogni modo Marcus Belby. Perché non era un’ipotesi da scartare che il ragazzo convocasse niente meno che il Signore Oscuro, ora che era riuscito a far introdurre tanti Mangiamorte ad Hogwarts. Se solo avesse saputo qual’era la missione che era stata affidata al Ravenclaw da Voldemort, avrebbe potuto supporre dove fosse diretto e, di conseguenza, allontanarsi il più possibile.

- Weasley, Paciock, reggete Draco –

Con quella frase si era attirato un’occhiata incredula da Daphne, che lo stava aiutando a reggere il biondo, il quale, a causa della ferita alla gamba, faticava a camminare. L’espressione schifata dello Slytherin, quando si ritrovò stretto da quei due Gryffindor, fu memorabile.

- Denise, lascia che siano Luna e Ginny a portare la Granger –

Stupita, la Millay, dopo aver aiutato la compagna di Casa a caricarsi in spalla il minuto peso di Hermione, raggiunse Zabini.

-Perché … - provò a dire la Greengrass, venendo interrotta dal capogruppo che, dopo quest’ultima frase rimase silenzioso fino al raggiungimento della meta.

-Preferisco essere fiancheggiato dalla persona più preparata- disse indicando Denise – e da quella di cui mi fido di più- concluse, inchiodando il suo sguardo a quello di lei.

 

Reggeva la vestaglia tra le mani, mai state salde e sicure nella presa della propria bacchetta come in quel momento. Spettava a lei, Vicepreside di Hogwarts, difendere la scuola in assenza di Silente.

I suoi passi rapidi, ben presto divennero una corsa leggera e, poi, la rappresentazione di un ardente desiderio di agire. Perché lì, in quel corpo che si era ingracilito irrimediabilmente dopo gli eventi sventurati a cui la donna aveva dovuto assistere, un animo Gryffindor, pulsante di coraggio, combatteva senza sosta contro una vecchiaia percepita solo negli acciacchi del fisico, ma non nello spirito.

Questo era Minerva McGranitt: una delle streghe più potenti in circolazione che aveva avuto la sfortuna d’assistere alla formazione del Signore Oscuro, di soli due anni più giovane di lei, e che, grazie alle proprie capacità, era sopravissuta alla prima guerra contro colui che era stato Tom Riddle. Tanto sangue era stato versato e molti dei suoi studenti erano caduti, ma lei non si era mai fermata, perché anche una brevissima sosta avrebbe causato l’allontanamento di quel futuro migliore da lei tanto bramato.

Quando svoltò l’angolo, la scena che vide fu raccapricciante. Bill Weasley, sopraffatto dal proprio avversario, giaceva al suolo in una pozza di sangue. Sul suo corpo, ghignante per la piacevole consumazione, il Mangiamorte Fenrir si preparava ad un ennesimo affondo, nonostante la sua forma fosse ancora umana e, quindi, avesse il pieno controllo sulle proprie azioni. Una goccia scarlatta scivolò lungo il mento barbuto dell’uomo, dando un inequivocabile significato alle profonde ferite sul viso di Bill.

La voce della donna, trasfigurata dall’ira, risuonò chiara, facendo gioire i Membri dell’Ordine della Fenice.

-Non osare toccarlo, bestia!-

Il lupo mannaro le rivolse un ghignò tremendo. Tra i denti, scarlatti per i morsi inferti al ragazzo, vi erano brani di pelle e di carne.

Il primo attacco fu della donna.

Una possente onda d’urto sbalzò Fenrir di qualche metro. Subito la McGranitt infierì con un altro incantesimo, il quale, però, venne intercettato e bloccato dall’altro. Presto, i due furono di nuovo pronti a fronteggiarsi. Mentre i colpi del Mangiamorte, però, erano principalmente Maledizioni Senza Perdono, la Vicepreside rispondeva con il solo scopo di mettere temporaneamente fuori gioco l’avversario, cosicché successivamente potesse essere interrogato, processato e rinchiuso ad Azkaban.

Fu quando lei fu costretta a piegarsi di lato per schivare un Avada Kedavra che la situazione volse in suo vantaggio. Da quella posizione, infatti, approfittò del fianco scoperto dell’avversario e lo colpì. Pesanti catene di metallo gli bloccarono i movimenti, impedendogli di difendersi a causa del grosso collare e delle cinghie attorno agli arti. Con un urlò di liberazione, lo lanciò contro il muro, dove le marmoree braccia di una statua lo chiusero in un abbraccio stritolante. Dopo averlo facilmente disarmato, lo Schiantò, eliminandolo dalla battaglia.

Affaticata, la donna si guardò intorno. Remus e Ninfadora stavano fronteggiando i fratelli Carrow senza incontrare in questo grosse difficoltà.

Drew, invece, era stretto nel gioco di due Mangiamorte dal capo velato.

No, non avrebbe permesso che anche il sangue del figlio che non aveva mai potuto avere venisse versato per tracciare il percorso di un folle.

 

Non appena Minerva si introdusse in quel rapido ballo in cui tutti mettevano in gioco la propria vita, Drew non poté non trarre un sospiro di sollievo. Avrebbe potuto sovrastarli e sconfiggerli entrambi in poco tempo se non fosse stato per il fatto che uno dei suoi avversari continuava a lanciare Maledizioni in modo quasi casuale ed estremamente disordinato. Non c’era tattica nei suoi movimenti, non c’era alcun progetto dietro alle sue decisioni. Si limitava, con dispiacere anche del suo collega, a sparare al buio, augurandosi di mandare qualcuno dei nemici all’altro mondo. Così, ogni volta che Drew aveva usato la Legilimanzia su di lui, si era solo affaticato inutilmente senza aver ricavato alcun guadagno degno di nota. Conseguenza di questa tattica tanto banale era che il ragazzo, dovendo far attenzione a schivare tutti quegli Avada Kedavra, non riusciva a concentrarsi neppure sull’altro Mangiamorte, il quale, ovviamente, stava approfittando della situazione per sfoderare tutti gli incantesimi Oscuri di cui era a conoscenza.

Percepire il corpo di quella donna poggiato sulla sua schiena gli aveva dato una sicurezza che poche volte nella sua vita aveva provato. Perché Minerva McGranitt era stata l’unico punto di luce della sua infanzia, dopo la morte di sua madre Sheila, e perché lei, nonostante non fosse stato un alunno della propria Casa, aveva avuto per lui sempre un particolare occhio di riguardo, anche quando oramai lui era già divenuto un giovane uomo. Per lui aveva riservato la dolcezza di una madre premurosa e la severità di un genitore coscienzioso.

Le loro bacchette si muovevano all’unisono, allontanando gli avversari e difendendo entrambi dai loro attacchi. La loro vittoria, però, fu sancita da una buona dose di fortuna e dall’ingenuità di coloro che stavano combattendo. Minerva era appena riuscita ad Impastoiare il Mangiamorte con cui si stava divertendo, quando Drew, per evitare una delle tante Maledizione lanciate casualmente dall’altro, si gettò a terra. Il raggio verde percorse la breve distanza che lo separava dalla professoressa di Trasfigurazione, la quale sfruttò la propria abilità di Animagus e divenne un gatto, evitandolo in completa tranquillità. Così non fu per Gibbon, che, essendo pietrificato, fu colpito in pieno petto.

Dopo una bestemmia colorita, Thorfinn Rowle, l’omicida, ricominciò a battersi. Gli attacchi incrociati dei due, però, ben presto lo misero con le spalle al muro e con due bacchette a premere sulla carne del suo collo.

 

***

 

Aveva assistito immobile a tutta la scena: Silente aveva lanciato la propria ultima magia per proteggerlo. Si era ritrovato obbligato ad essere spettatore della caduta del più grande mago che aveva avuto l’onore di conoscere, Impastoiato contro il muro e celato dal proprio Mantello dell’Invisibilità.

E in quell’istante, quando l’incantesimo che lo costringeva all'immobilità si sciolse, confermandogli la morte del Preside, la sua mente stava ripercorrendo gli atroci momenti di quell’uccisione ingiusta.

Belby era entrato proprio dalla porta che lui stava per aprire per andare a cercare aiuto. Silente era debole, avvelenato da una pozione messa da Voldemort a protezione dell’Horcrux, lurido frammento della sua anima immonda. Nonostante ciò, quando aveva visto risplendere nel cielo di Hogwarts il Marchio Nero, firma del Signore Oscuro, una forza assente fino a quell’istante gli aveva ridato vigore. Lo aveva mandato a chiedere a chiunque un qualsiasi mezzo di trasporto per raggiungere la scuola e lui aveva obbedito. Lui, Harry Potter, aveva bussato alla porta di Madama Rosmerta fino a quando questa, svegliata nel pieno della notte, gli aveva aperto, indossando una vestaglia di seta ricamata con draghi orientali e con ai piedi un paio di ciabattine soffici e dai tacchi vertiginosi. L’aveva implorata di seguirlo, portando delle scope. Lei aveva acconsentito dopo che era stato costretto ad indicarle il Marchio.

Alla vista dello stato pietoso di Silente aveva squittito spaventata e, dopo aver aiutato il ragazzo ad alzare il vecchio sulla scopa, aveva augurato loro buona fortuna, affrettandosi in casa per comunicare l’accaduto al Ministero. Il viaggio in scopa era stato breve e, contemporaneamente, troppo lungo. Aveva seguito perennemente con lo sguardo il suo mentore, il quale si stringeva con forza al manico del proprio mezzo su cui era completamente chino. La lunga e fluente barba bianca svolazzava dietro la sua imponente figura, tanto fragile in quell’istante da sembrare sul punto di spezzarsi a metà. Aveva percepito la sua voce, ridotta ad un sussurro rauco, sciogliere le barriere che proteggevano Hogwarts per permettere loro di passare, mentre i suoi occhi venivano catturati dai bagliori verdastri di quel teschio maledetto che sembrava sminuire la luna con la propria luminosità. Erano atterrati oltre i bastioni merlati e, poco dopo, la fine aveva trovato il suo inizio.

Belby, ignorando la presenza di Harry, aveva disarmato Silente. La bacchetta dell’uomo volò verso il vuoto e cadde, come poco dopo sarebbe toccato anche al suo legittimo proprietario. Il Mangiamorte gli aveva svelato che aveva lasciato tutti i suoi inseguitori, che Potter conosceva bene, in compagnia di sei servi del Signore Oscuro. Aveva assicurato all’uomo, dandogli un ultimo grande dispiacere, che Voldemort aveva dato loro il compito di uccidere tutti coloro che avrebbero incontrato e che, quindi, molti dei suoi amati studenti, a quel punto della nottata, lo aveva già preceduto nel regno dei Morti. Il Preside non si era scomposto ma, anzi, sembrò interessato a come Belby era riuscito ad eludere la sorveglianza di Hogwarts. Sembrò essere la domanda giusta, perché il ragazzo, affogato nel proprio ego, descrisse tutto ciò che aveva fatto senza tralasciare alcuna minuzia.

Quella maledetta porta, però, sbatté ancora quella notte. Harry vide Piton entrare, trafelato ed affannato. Nessun sentimento attraversò il suo volto quando alzò la sua bacchetta contro l’anziano uomo che lo aveva sempre difeso. I suoi occhi, però, sembravano vomitare disprezzo. Lui, che tra tutti gli esseri impuri era il più squallido, stava denigrando un uomo debole e disarmato prima di ucciderlo.

Un raggio verde colpì Silente in pieno petto, alzando dal suolo le sue membra esili. Per un istante solo, Harry sperò che quell’uomo avesse un ultimo asso nella manica. Poi, vi fu solo la caduta.

Sentì Belby insultare Piton per aver ucciso quell’uomo al suo posto, ma non lo ascoltò veramente: nella sua testa vi era un’improvvisa e dolorosa solitudine. I suoi pensieri, ora, erano di nuovo solamente suoi.

 

***

 

Procedettero rapidamente, senza incontrare alcuna difficoltà. Ad ogni angolo, Blaise si assicurava personalmente che nessuno li stesse seguendo o fosse pronto a far loro un’imboscata. Presto, quando i metri aumentarono tra loro e il campo di battaglia, i rumori si acquietarono. Il silenzio, mai come in quel momento, lo spaventava.

Perché Marcus Belby era ancora libero d’agire indisturbato nella scuola, con la possibilità, quindi, di adempiere in totale tranquillità ai compiti che Voldemort gli aveva dato. Zabini, mentre procedeva con il gruppo che gli era stato affidato, non riusciva a non pensare a quale missione fosse stata data dal Signore Oscuro al proprio tirapiedi e questa mancanza di controllo lo agitava. Scegliere la strada sbagliata in quell’istante, avrebbe potuto causare la morte di tutti loro. E lui, non poteva permetterlo, perché tra la moltitudine di quei visi c’era anche quello grazioso di Daphne. Commettere una sola disattenzione, ora che lei aveva sfidato così apertamente il proprio padre, opponendosi a lui e al suo Padrone, l’avrebbe condotta ad un ingiusta dipartita. Mai avrebbe potuto accettare che la sua splendida farfalla cadesse quando così poco la divideva dallo spalancare per la prima volta le sue ali colorate. I suoi sensi erano in allerta, i suoi muscoli tesi e pronti a scattare, la sua mente concentrata sul più piccolo spostamento d’aria.

Quando arrivarono davanti alla porta dell’infermeria, la professoressa Sprite e Lumacorno stavano facendo la guardia a quell’ingresso. Entrambi lo fissarono come avrebbero guardato un redivivo. Daphne posò la propria bacchetta sul braccio di lui.

-Finite Incantatem – sussurrò.

Immediatamente, il suo aspetto tornò ad essere quello usuale e non appena i due insegnanti compresero la situazione, sembrarono trarre un sospiro di sollievo.

-Signor Zabini, è lei!- esclamò subito il professore di Pozioni, sorridendo sornione e avvicinandosi al ragazzo.

La mano della donna si parò immediatamente davanti al viso del signore grassoccio, fermandolo. Hufflepuff, certo, ma non per questo una sprovveduta.

- Neville, dove siamo stati domenica mattina?- domandò, rivolgendosi al Gryffindor che stava sorreggendo Malfoy assieme a Ron.

L’interrogato la guardò stupito. Inizialmente pensò che la donna avesse battuto la testa, ma quando vide la severità del suo sguardo, celato appena dall’ampio cappello giallo canarino pieno di rattoppi, si convinse di dover rispondere senza provare a protestare.

-Durante la notte tra sabato e domenica c’è stato il plenilunio, quindi abbiamo sfruttato l’occasione per andare a raccogliere Funghi Saltellanti nella Foresta Proibita, perché, come lei sa, questi prolificano durante le nottate di luna piena- rispose sicuro, ottenendo da Pomona Sprite un sorriso rassicurante.

-Ok, entrate- disse loro, dopo aver scambiato un paio di parole con il collega.

Non appena Madama Chips li vide, disordinati, arruffati e, nel migliore dei casi, coperti di lividi, si lasciò scappare una risatina isterica. Fece sedere Draco ed Hermione sullo stesso lettino, uno di fianco all’altra, mentre con un gesto invitava gli altri, feriti in modo più lieve, ad accomodarsi dove volevano, promettendo loro che li avrebbe visitati il prima possibile. Valutò con espressione esperta i due, soffermandosi principalmente sul taglio alla testa della Gryffindor e sullo squarcio dello Slytherin.

- Malfoy, per favore, tenga tamponata la lacerazione della signorina Granger, mentre io mi occupo di lei- disse, dopo aver preso deciso chi dei due avesse la precedenza.

Inutili furono i cavallereschi tentativi del biondo di cedere il posto alla fidanzata, affermando di sentirsi nel pieno delle proprie energie.

-Chi è qui quella con la laurea in Medimagia, signor Malfoy?- domandò Poppy tingendosi di una preoccupante tinta paonazza.

-Lei, signora Chips - rispose con un filo di voce Draco, realmente spaventato per la salute fisica e mentale della donna.

-Corretto! Quindi mi faccia il piacere di non contestare più le mie decisioni, ha capito?-

Ammutolito, si voltò verso Hermione. Gli stava sorridendo, mentre con una mano gli porgeva un panno sporco di sangue e con l’altra si reggeva i capelli ricci e spettinati sopra la nuca. Sul polso sottile, il braccialetto brillava alla luce delle candele che illuminavano a giorno quella stanza. Su di lei, c’era l’iniziale del suo nome, che lei aveva deciso di indossare. Su di lei, come sul suo petto, c’era il simbolo del loro amore.

Prese l’oggetto che le stava offrendo, invitandola a girarsi un po’ per facilitarlo. Lei lo fece, presentando alla vista di lui le linee armoniose del suo collo perlaceo, che tante volte aveva baciato. Se chiudeva appena gli occhi, poteva ancora percepire la consistenza della sua pelle sotto le labbra e il profumo alla vaniglia di lei che tanto lo inebriava.

-Non ti fa schifo il mio sangue?- domandò all’improvviso Hermione.

La domanda lo stupì, nonostante da tempo sapesse che, prima o poi, gliel’avrebbe posta. La eluse, come sapeva fare benissimo.

-Perché dovrebbe?-

-I miei genitori erano Babbani – rispose sicura lei.

-Mio padre è un assassino rinchiuso ad Azkaban, mi lascerai per questo?- le chiese ancora lui.

-No-

Lui sorrise. Quella negazione, per lui, valeva più di mille altre conferme.

-Stanne certa, Granger: non ti libererai mai di me!-

 

***

 

Era stata l’assenza di quella presenza, tanto delicata e continua da divenire un’abitudine, a smuoverlo. Era stata la rabbia per quell’uccisione ingiusta a motivarlo.

Si alzò, gettando a terra il Mantello dell’Invisibilità. Da quanto tempo quei due aveva lasciato il luogo in cui Silente era stato ucciso? Per quanto tempo era rimasto immobile, sperando di svegliarsi da quell’incubo tanto doloroso? Troppo, si disse, prima di lanciarsi all’inseguimento. Potevano essere lontani, potevano aver già raggiunto i confini di Hogwarts, dove avrebbero potuto attuare una Smaterializzazione.

Doveva impedirlo, in memoria del grande mago che, quella notte, era caduto.

Percorse rapidamente gli scalini della scala a chiocciola, celata dietro la porta da cui quei due Mangiamorte erano fuggiti. Saltò, evitando un paio di gradini, e atterrando con un piccolo tonfo. Poi, corse.

Senza fermarsi per prendere fiato, senza concedersi una pausa. Nell’aria percepiva l’odore del sangue e i rumori della battaglia.

Si, qualcuno stava combattendo quella notte, qualcuno era morto.

Nick-Quasi-Senza-Testa tentò di fermare la sua corsa, ma senza alcun riguardo Potter lo attraversò, rabbrividendo a causa della terribile freddezza del trapasso.

Alla fine, raggiunse la battaglia. Nessuno osava avvicinarsi, anche a causa della muraglia di professori che impediva il passaggio. Non appena lo vide, però, il centauro Fiorenzo gli cedette il passo. Un piccolo spiraglio tra il muro e il suo corpo equino che il ragazzo non tardò ad utilizzare.

Vide Piton, lontano dagli scontri, e Belby, di pochi passi più avanti a lui.

Il terreno di battaglia era stato pesantemente danneggiato: tutte le finestre giacevano in frammenti colorati sui fili d’erba del cortile interno, i muri erano ricoperti di bruciature e distrutti in più punti e le rovine di una grande statua avevano trovato riposo sul gelido pavimento.

Drew stava cercando di impedire a Fenrir di fuggire, ma il licantropo trovò il supporto dei Mangiamorte superstiti, i quali, fino a quell’istante prima, si stavano battendo con Lupin, Tonks e la McGranitt. Fu proprio quest’ultima a notare il suo arrivo, ma, a differenza delle sue aspettative, non gli ordinò di andarsene.

-Prendilo!- urlò la professoressa, indicandogli l’angolo dietro cui Piton era sparito.

Mai, come in quel momento, fu felice di obbedire alla sua Direttrice. Corse, mentre dietro di lui la situazione stava precipitando.

Due dei Mangiamorte con cui i professori e i membri dell’Ordine stavano combattendo, decisero di rimanere indietro per dare agli altri tre, il Licantropo e i due Carrow, la possibilità di fuggire. Ninfadora, caduta in errore, venne Schiantata e perse i sensi.

Quando Harry attraversò la porta d’ingresso di Hogwarts, si rese conto di essere circondato dai nemici. Una fattura lo colpì alla schiena, facendolo gridare per il dolore: i suoi inseguitori lo aveva già raggiunto. Si voltò. Doveva fermarli, così da potersi concentrare solo sul raggiungimento dei suoi avversari.

Tre contro uno.

- Impedimenta!-

Quella voce ebbe il potere di riempirlo di speranze: Drew era venuto in suo aiuto.

-Corri, Harry!- gli disse l’uomo prima d’ingaggiare una lotta cruenta e rapida con i tre Mangiamorte.

Harry ripartì all’inseguimento.

 

Drew, preso dal combattimento, notò appena Harry che lanciava incantesimi contro Piton, il quale, dopo averli vanificati senza la minima difficoltà, rispondeva al fuoco del ragazzo. Capì immediatamente la situazione, per quanto molteplici carenze gli impedissero d’avere una visione completa, ma non potendo raggiungere Potter prima di aver sconfitto i tre Mangiamorte con cui stava combattendo, fu costretto a desistere. Il trio avversario, fortunatamente, sembrava non essere molto in sincronia e fu proprio sfruttando ciò che riuscì a sopraffarli.

Concentrò i suoi affondi mentali su Fenrir, che aveva perso gran parte delle proprie capacità in Occlumanzia a causa della lenta fusione della sua natura umana con quella da Licantropo. Al terzo assalto, l’uomo cadde al suolo, prendendo a rotolare mentre con le mani si teneva la testa. I Carrow, intimoriti dalle urla di dolore del compagno, alzarono subito le proprie barriere, sperando che fossero sufficienti per inibire le abilità di Legilimente di Drew. La donna, però, la quale non era molto preparata in questo ambito, smise di prestare attenzione agli attacchi fisici del professor Kennan. Costui, infatti, dopo aver puntato la bacchetta su Amycus, ruotò rapidamente il polso, colpendo Alecto con la propria fattura.

-Ottenebro!-

L’incanto la colpì in pieno volto, sbalzandola indietro. Quando si rialzò, tastando il suolo attorno al proprio corpo, le iridi dei suoi occhi erano divenute nere, lasciandola completamente cieca.

-Ma questa è Magia Oscura di alto livello!- esclamò sconvolta non appena comprese la gravità della situazione.

-Oscuri mezzi per un candido obbiettivo- rispose il ragazzo, pronta a colpirla nuovamente.

Non sapendo da quale direzione provenissero gli attacchi nemici, Alecto fu presto Disarmata e Impastoiata.

-Sorella!- urlò Amycus, prima di rimettersi immediatamente sulla difensiva, pronto a proteggersi da Drew.

Dopo i primi incantesimi, che a stento il Mangiamorte riuscì ad evitare, questo cominciò ad implorare pietà.

-Sei così vile da non riuscire neppure ad essere sconfitto in silenzio, Carrow?- gli domandò il ragazzo. Nei suoi occhi blu, gelidi e luminosi in quella nottata buia, vi era un disgusto che solo poco volte Drew aveva provato.

- Umbras Oppugno- concluse gelido, cominciando subito a correre verso Harry, il quale, a sua volta, rincorreva Piton e Belby. Spettrali figure senza volume circondarono il Mangiamorte e si avvolsero attorno al suo corpo, come una tela preziosa avrebbe fatto con le membra di una dolce fanciulla. Le sue urla, presto, furono soffocate da quelle ombre nere come il buio dell’Ade.

A pochi metri da Potter, Drew interruppe la sua corsa. Il ragazzo, probabilmente, non se ne era neppure accorto, ma, sul limitare della Foresta, la casa di Hagrid stava andando a fuoco. Ad appiccare l’incendio era stato Belby, il quale precedeva il professore di Difesa contro le Arti Oscure di una decina di metri. Quest’ultimo, infatti, sembrava voler duellare con colui che lo stava pedinando. Kennan osservò la scena in silenzio, deciso a prendere la decisione che gli sembrava più giusta.

Lo avrebbe lasciato solo, così che potesse combattere la propria battaglia. Velocemente, raggiunse la rustica capanna del guardiacaccia. Poco dopo, il mezzo gigante uscì dalla porta di legno bruciacchiata, reggendo sulla schiena il suo cane Thor. Entrambi sembravano stare bene.

- Drew! Per Merlino, questa si che è fortuna!- esclamò Hagrid non appena lo vide.

Con un paio di “Aguamenti” ben lanciati, ovviamente solo da parte del più giovane, l’acqua che comparì fu sufficiente a spegnere il rogo.

Quando si decise ad osservare il duello in corso tra Severus e Harry, il secondo era steso a terra, in balia dell’altro che, con il viso trasfigurato dalla rabbia, lo sovrastava. Distinse chiaramente la mano di Piton alzarsi, pronta a lanciare una maledizione.

Agì, irrompendo nella mente di quell’uomo. Tentare di oltrepassare le sue difese avrebbe richiesto troppo tempo e fatica, se mai queste fossero potute cadere. Si limitò, dunque, ad alcune immagini.

Gli occhi neri del Principe Mezzosangue perlustrarono l’ampio giardino fino a quando non incontrarono i suoi. Il suo viso era impassibile, ma le magie che lanciò non furono atte a ferire Harry. Si concentrò, infatti, sullo scioglimento di quelle che Drew aveva lanciato contro i Mangiamorte.

Presto i loro tetri mantelli neri, superati i confini di Hogwarts, svanirono nel turbinio di affrettate Smaterializzazioni.

 

***

 

Madama Chips, in quel momento, si stava prendendo cura di Daphne, la quale aveva cercato in ogni modo di evitare quel controllo. Come era prevedibile, infatti, la grande quantità di incantesimi Dissimulanti non passò inosservata e l’infermiera le chiese di scioglierli, così che potesse controllare la sua vera pelle e non quella creata mediante una magia. La ragazza, ovviamente, si oppose, ma nulla poté quando alla donna si aggiunsero anche il professor Lumacorno e la Sprite. I numerosi lividi ebbero il potere di spaventare la povera Poppy che prese ad armeggiare con tutti i suoi medicamenti per alleviare quella sofferenza alla ragazza. Tutte le domande che la professoressa di Erbologia le fece vennero abilmente schivate o evitate con scuse fantasiose ma credibili.

-E questa bruciatura vicino alla caviglia, te la sei fatta sempre cadendo?- insistette la signora Chips.

-A dire il vero, quell’abrasione pesa sulla mia coscienza. Non dovevo proprio obbligarti a salire su quella moto … stupidi trabiccoli Babbani!- si intromise Blaise, salvando la situazione e ottenendo un’occhiata riconoscente dalla fidanzata.

Per Draco ed Hermione, tutto sommato, il controllo e la medicazione erano state più rapide. Il primo, dopo aver dovuto stringere i denti a causa delle gocce d’essenza di Dittamo che la donna aveva versato sul suo taglio profondo, era stato fasciato minuziosamente, con l’incontrovertibile prescrizione d’evitare ogni sforzo eccessivo. La Granger, invece, non aveva avuto alcun problema con la sua ferita alla testa, ma, in compenso, aveva urlato di dolore quando l’infermiera le aveva riassestato la caviglia malandata con una spinta leggermente ruotata di lato. Il povero Draco, che si era offerto di darle la mano durante quell’operazione, se ne era immediatamente pentito, rendendosi conto che, in quel modo, si era quasi guadagnato anche la frattura di un paio di dita. Quando anche il piede della Gryffindor fu spalmato abbondantemente di unguento e, poi, bendato, i due furono liberi di rilassarsi su quel letto di infermeria, luogo da cui nessuno aveva la concessione di uscire fino a quando qualcuno non sarebbe venuto a dire loro che la battaglia era finita.

Per precauzione, gli ingressi di tutte le Sale Comuni erano stati sigillati con la magia e ogni fantasma era stato messo a guardia della soglia della propria Casa. Un’intricata rete di comunicazione basata sul passaggio di notizie da quadro a quadro, poi, portava le informazioni fino all’interno dell’Infermeria, dove un dipinto di Dylis Derwent, gemello a quello presente al San Mungo e nell’ufficio del Preside, teneva ogni ora un dettagliato rapporto su ciò che stava accadendo. Purtroppo, spesso gli eventi venivano ingigantiti.

Petardi Cinesi liberi di scorazzare per i corridoi esclusi, comunque, l’ex Preside di Hogwarts sembrava essere certa che qualcuno dei “buoni” era disteso a terra. Lo scorrere del tempo, dunque, era divenuto una insopportabile attesa dell’arrivo di qualcuno ferito o, nel peggiore delle ipotesi, morto.

-Dovresti cercare di dormire- disse Draco ad Hermione.

Sapeva benissimo che la ragazza non gli avrebbe mai dato ascolto, ma non preoccuparsi per lei, lo avrebbe fatto soffrire più dei suoi rifiuti.

-Anche se lo volessi, non riuscirei a farlo. Stiamo tutti aspettando la stessa cosa, qui-

Malfoy si guardò attorno.

Ron e Ginny, stretti in un angolo, sembravano non voler rivolgere la parola a nessuno, tant’è che il ragazzo rifiutò persino il tè caldo preparato con le foglie secche di una delle piante della Sprite che Denise gli porse. Entrambi, evidentemente, sembravano essere in ansia per Harry, amico e fidanzato, e per un certo Bill, che Draco comprese essere loro fratello maggiore. Neville e Luna, intanto, si limitavano a guardare fuori dalla finestra, nella speranza di vedere chissà quale animale immaginario. Daphne, obbligata a letto, si limava nervosamente le unghie e Blaise, invece, seduto sulla sponda del letto della fidanzata, teneva gli occhi chiusi, spalancandoli ad ogni minimo rumore. I professori, infine, parlottavano piano tra loro: i loro volti erano mesti, le loro espressione tetre e le loro conversazioni appena bisbigliate.

No, non c’erano buone nuove in arrivo.

Hermione posò la testa sulla spalla di lui.

-Sei preoccupata per Potter?- le domandò il biondo.

-È con Silente, perché dovrei esserlo?- gli rispose lei, con un’altra domanda.

-Non lo so, dimmelo tu. Non sono io quello che guarda ogni dieci secondi la porta, sperando che qualcuno entri-

La ragazza rimase in silenzio.

-E se ci fossi io oltre quella porta?- insistette Draco.

Lei, questa volta, non ebbe dubbi sulla propria risposta.

-Io sarei al tuo fianco-

 

La porta si spalancò.

La prima ad entrare fu Minerva McGranitt. Scompigliata e con qualche strappo sulla vestaglia, ma salda nella sua autorità e nel suo portamento elegante. Solo il viso, affaticato e stanco, era segnato da un velo di preoccupazione. Si era fatta strada in quella stanza, senza badare a mezzi termini per entrare.

Subito i suoi colleghi accorsero, ma li fermò, scostandosi di lato e indicando chi la seguiva con un cenno. Remus Lupin, infatti, reggeva Bill Weasley, il quale era privo di sensi. Lungo la strada che avevano percorso, una scia di gocce di sangue, scivolate dal suo viso sfregiato, segnava la via verso quel luogo.

-Madama Chips, la prego, si occupi del ragazzo- disse sicura la donna, con quella che nella forma era una richiesta, ma che nei toni non poteva che essere ritenuto un ordine. L’infermiera annuì e, dopo aver indicato un letto a Lupin su cui l’uomo potesse posare il ferito, si mise all’opera. Non ebbe bisogno di più d’un rapido sguardo per riconoscere le tracce di un Licantropo.

-Un Mangiamorte è stato ucciso da una Maledizione Senza Perdono lanciata da un suo compagno, che abbiamo catturato assieme ad un altro. Tre, però, ci sono sfuggiti. Severus, Harry e Drew li hanno inseguiti- sintetizzò la donna, massaggiandosi le braccia doloranti – Pomona, Horace, avete visto Filius? Era andato a svegliare Severus, ma solo quest’ultimo ci ha raggiunti in battaglia-

I due interpellati negarono con la testa. Minerva fu felice di aver mandato Ninfadora a cercare l’uomo.

Alle fine, però, giunse loro quella notizia che mai nessuno avrebbe preveduto.

- Albus Silente è morto- disse Dylis dal suo quadro.

 

***

 

Tutti in silenzio, stretti attorno al capezzale di Bill Weasley, sperando che le sue ferite non gli fossero mortali e che, nello sventurato caso in cui lo fossero, Molly riuscisse a dire addio al proprio figlio, prima che questo si lasciasse scivolare nel Limbo. Ginny, nel frattempo, piangeva sulla spalla del fratello. Mai, prima, Hermione l’aveva vista così fragile. Vederla così la impietosi a tal punto da toglierle la forza di consolarla.

Si ritirò lontana da quel letto, trascinandosi dietro Draco, che la seguiva senza fiatare. Si tenevano la mano, forse troppo rispettosi per la situazione in cui si trovavano per cercare un contatto più ravvicinato. Il ragazzo non dovette impegnarsi troppo per rivedere nei comportamenti di lei quelli che avevano riempito le ore successive alla morte dei coniugi Granger.

-Usciamo un attimo- le sussurrò, pronto a prenderla in braccio pur di trascinarla fuori da quel posto.

Stranamente, lei obbedì senza fiatare.

Ebbero solo il tempo di percorre un corridoio, zoppicando entrambi, prima che la ragazza si fermasse, gettandosi tra le braccia dell’altro e afferrandosi alla sua schiena. Nascose il viso sul petto di lui, trattenendo a stento i singhiozzi.

-Se solo non fossi stata così cocciuta, se solo avessimo fatto rinchiudere Belby ad Azkaban prima che accadesse tutto questo- ripeteva, con le gote rigate dalle lacrime.

Draco si limitava ad ascoltarla, a farla sfogare, facendole sentire che lui era con lei.

Alla fine, dopo averle dato il tempo di argomentare quelle che erano le sue tesi, la costrinse ad ascoltare.

-Silente era vecchio, sarebbe morto comunque. Certamente, non sei stata tu la causa del suo decesso- controbatté Malfoy, accarezzandole i capelli – Per quanto riguarda Bill, è cosa risaputa che i Weasley sono difficili da estirpare, figurati se un paio di graffi lo uccideranno. E Lupin è stato chiaro: non sappiamo quanti aspetti dell’essere Licantropo erediterà, visto che Fenrir era in forma umana-

La lasciò riflettere per pochi istanti su ciò che aveva detto, in modo che fosse in grado solo di riconoscere la veridicità delle sue affermazioni, senza, però, che avesse la possibilità di trovare una argomentazione contraria.

-Ok?- le chiese.

Lei annuì piano, prima di mormorare un ringraziamento. Lui, in compenso, esigette un bacio.

Quando le loro labbra si separarono, Draco sorrise.

-Ora che ne ho la possibilità, posso farti una domanda?-

Hermione annuì.

-Perché diavolo non hai dato un segno di vita mentre eri distesa in biblioteca? Ho creduto che fossi morta! E mi sono pure lanciato contro sei Mangiamorte, rischiando la pelle per nulla!-

Lei rimase basita.

-Ero svenuta, come facevo a dirti che ero viva?- domandò, sconvolta per il genere di discussione che stavano intrattenendo, ma fondamentalmente divertita – E, comunque, dove era finita la tua nobile cavalleria? Quando sono rinvenuta tu avresti dovuto già aver vendicato la mia morte o essere caduto durante l’impresa!-

Interdetto, l’altro non si fece pregare per darle una risposta.

-Ma hai visto lo squarcio sulla mia gamba?-

-Lo “squarcio” sarebbe forse quel graffietto per cui hai urlato come un bambino quando Madama Chips ci ha messo due gocce d’essenza di Dittamo?- gli rispose, con l’ennesima domanda.

-Si, esattamente quello. E, sentiamo, se io fossi morto per vendicarti, poi tu mi avresti seguito con un romantico suicido d’amore?- la interrogò Draco, ritornando all’attacco.

-Assolutamente no!- esclamò sicura Hermione – Io sono la damigella indifesa, mi sarei limitata a compiangerti per il resto della mia vita e a ricordarti in qualche preghiera-

Lo Slytherin scoppiò a ridere.

-Tu una damigella indifesa? Tu sei più pericolosa di un’Orca armata di clava!-

Nel silenzio innaturale che opprimeva Hogwarts, l’insulto della Granger sembrò ancora più sprezzante.

-Stronzo!-

Lui la obbligò a baciarlo.

-È per questo che mi ami, no?-

 

***

 

Quando avevano fatto ritorno all’infermeria, Harry e Drew li avevano preceduti. Oltre a loro, anche i coniugi Weasley, accompagnati da Fleur, si erano riuniti a loro figlio. Bill, fortunatamente, sembrava stare meglio, anche perché, su richiesta della McGranitt, Drew aveva arginato il più possibile la diffusione della maledizione del Licantropo. La cosa si era dimostrata piuttosto semplice, in quanto Fenrir, quando aveva assalito il ragazzo, si trovava in forma umana.

Unendo i diversi punti di vista di quella serata, i professori, Harry e i ragazzi presenti in quella stanza erano riusciti a ricucire le diverse trame formando un unico drappeggio. Si scoprì così, tra lo stupore di tutti, che colui che aveva assassinato Silente non era Belby ma Piton.

Piton, per cui l’ormai deceduto Preside sembrava nutrire una completa fiducia e che nessuno, compresa la professoressa di Trasfigurazione, aveva pensato di fermare quando lo videro correre dietro al Mangiamorte che aveva ordito tutto ciò. Quello che parve loro un inseguimento, purtroppo, si era rivelato come una fuga. Harry, troppo scosso per riuscire a non farsi prendere dalla rabbia, non ebbe che parole rancorose per Piton, ma tacque completamente sulla missione fallimentare che aveva intrapreso con il proprio mentore. Perché a breve distanza dal corpo dell’anziano, che giaceva scomposto sull’erba, circondato da curiosi sconvolti, vi era il medaglione protetto dalla pozione che aveva tanto indebolito l’uomo, ma sulla superficie aurea di questo non vi era traccia dell’elaborata S, simbolo della Casa Slytherin, e all’interno Potter aveva trovato solo un biglietto firmato con un acronimo di tre lettere.

“R.A.B.”

Tra lo scompiglio generale, accresciuto dal tradimento di Piton, Molly e Fleur, unite come mai prima a causa del dolore comune, continuavano a spalmare con un unguento acre le ferite sul viso di Bill. Ron e Ginny, la quale era rimasta vicina al fidanzato fino a quel momento, si avvicinarono al letto dove il fratello giaceva, accompagnati dal padre che cercava di tranquillizzarli. Quando Harry fu solo, Hermione lasciò la mano di Draco, che continuava a stringere nonostante il ragazzo la tenesse stretta al proprio corpo, e lo raggiunse per abbracciarlo. I due, vittime entrambi dei propri sensi di colpa, cercarono di confortarsi a vicenda.

Lontano dalla Granger, Malfoy notò che l’infermeria si era decisamente svuotata. Non vi era più traccia, infatti, né di Neville, Luna e Denise né di Blaise e Daphne.

Scusandosi, chiese spiegazioni agli insegnanti.

-Prima di venire qui, dopo che siamo riusciti a sopraffare i due Mangiamorte che non erano scappati, siamo andati a riaprire i dormitori. Così, vista l’ora tarda, Minerva ha invitato tutti coloro che non erano legati al ferito – si intromise Lupin, così che la McGranitt e i suoi colleghi potessero continuare a discutere – ad andare a letto. Credo sia il caso, Malfoy, che lo faccia anche tu-

Il biondo annuì.

Si diresse verso l’ingresso dell’infermeria, quando la porta si spalancò per l’ennesima volta. Trafelata, Ninfadora entrò reggendo tra le braccia il piccolo professor Vitious svenuto, che, poco dopo, depose su uno dei letti liberi. I presenti non impiegarono molto tempo a capire che era stato messo fuori gioco da Piton, visto che l’uomo era stato rinvenuto nei pressi della camera di quest’ultimo.

Prima che il trambusto dato dai nuovi arrivati scemasse, la mano di Draco spinse la maniglia e permise al ragazzo di uscire da quella stanza.

-Te ne vai senza salutare la tua fidanzata?- gli chiese Hermione, la quale, ovviamente, lo raggiunse subito.

Si voltò con un sorriso vittorioso sulle labbra.

-Buonanotte, Hermione –

Lo rincorse e, evitando di cadere a causa della propria caviglia fasciata, lo afferrò per la manica della camicia, costringendolo a baciarla.

-Buonanotte, Draco – lo punzecchiò, sciogliendo il bacio.

Immediatamente, le labbra di lui furono di nuovo attaccate alle sue, passionali e calde.

-Perché non vieni nella mia camera? Con tutto questo trambusto, nessuno si accorgerebbe di una Gryffindor intrufolata sotto le coperte del mio letto … - disse lui, esplicitando con il suo respiro caldo molte cose non dette.

Hermione, in risposta, che non avrebbe mai accettato di scendere in quel sotterraneo buio e pieno di serpi e che aveva decisamente troppi nodi da sciogliere nella propria testa, declinò l’invito, anche se con un certo dispiacere.

Lui non sembrò troppo colpito dalla risposta di lei.

-Vai e colpisci, allora- concluse, infatti – Domani voglio essere informato su tutto ciò che Drew ti dirà, ok?-

Avevano parlato molto di quell’anello che, oramai era ovvio, l’aveva salvata da una morte certa. Chiacchierando, poi, avevano scoperto che Malfoy sembrava sapere di cosa si trattasse, sebbene rispondesse ad ogni domanda con un “credo che dovresti chiederlo a Drew”. Così, lei aveva deciso di dargli ascolto.

-Domani mattina, in Sala Grande, potrei essere disponibile a farti un resoconto completo- rispose Hermione.

-Domattina? Ma sai che ore sono?- domandò lui turbato.

-Prendere o lasciare, Malfoy – insistette lei.

Lui borbottò qualche insulto al buon vecchio Merlino, ma alla fine gliela diede vinta anche questa volta.

-Prendo- concluse, avvicinando di nuovo i loro visi e baciandola ancora – Buonanotte –

Lei lo vide infilarsi le mani nelle tasche dei pantaloni e sparire dietro l’angolo alla fine del corridoio.

Buonanotte.

 

***

 

Soli, nell’ufficio di Drew. Lui aveva fatto comparire due tazzine e una brocca piena di tè fumante, sufficiente per scaldare entrambi. Fuori dalla finestra, la notte era padrona. Poche ore prima avevano cominciato il loro duello con i Mangiamorte e lei era quasi morta. Quel quasi stonava, perché un Avada Kedavra andato a segno non da speranze di un ritorno dal mondo dei defunti.

-Non ho molto tempo, la professoressa McGranitt vuole parlare con noi professori per prendere una decisione sul destino di questa scuola- cominciò il ragazzo, mettendo subito in crisi Hermione.

Le era bastato quel pensiero per mandare in tilt il suo sistema nervoso e questo non le faceva sperare in una reazione controllata quando avrebbe finalmente capito cosa portava legato al collo.

-Chiuderete Hogwarts?- domandò preoccupata.

-Può essere- rispose lui, scuotendo piano la testa preda dello sconforto – Affinché una scuola possa essere definita tale, ci devono essere un Preside, degli insegnanti, ma, soprattutto, degli studenti. Posto che nel giro di una sola estate riusciremo a trovare tutti i sostituti necessari, se a settembre il numero di iscrizioni non sarà sufficiente, i portoni di questo edificio resteranno chiusi, il prossimo anno –

La Gryffindor bevve un sorso del proprio liquido ambrato, che scivolò piano nella sua gola, donando un piacevole calore alle proprie membra. Il tono di Drew sembrava essere quasi rassicurante, quindi la ragazza decise di porre questo problema in secondo piano, almeno fino a quando non avrebbe risolto i problemi che lei riteneva più urgenti.

- Cos’è questo?- gli chiese, tirando la catenina e svelando l’anello celato dai suoi abiti.

-L’anello che ti ho chiesto di indossare sempre alcuni mesi fa- replicò lui tranquillo.

-Questo lo so. Cos’altro è?- perseverò Hermione.

Drew cambiò subito espressione, facendosi più serio.

-Si è illuminato?- le domandò, senza rispondere alla domanda che lei le aveva posto.

La sua allieva mosse il capo in segno affermativo.

-Quello che indossi è un oggetto appartenente alla famiglia di mia madre, i Bright. Purtroppo, per uno strano scherzo del destino, questo casato è stata caratterizzato da una grande quantità di nascituri del gentil sesso e, per questo motivo, molte volte è caduto in rovina. Io, per esempio, sono il primo maschio a nascere dal grembo di una Bright da almeno tre generazioni, ma, ovviamente, ho ereditato il cognome da mio padre- le spiegò Drew, prima di focalizzarsi su quella che era l’effettiva risposta alla domanda della ragazza – Quell’anello è da sempre stato il simbolo dell’appartenenza a questo lignaggio e della sua sfortuna. Era tradizione, infatti, che ogni madre, in punto di morte, donasse questo gioiello alla propria primogenita, la quale, da quel momento in poi, sarebbe divenuta la Matriarca della famiglia Bright –

-Ma com’è possibile? Sono certa di non aver mai letto in alcun libro di manufatti tanto potenti da riportare in vita i morti e, nel caso in cui questi esistessero, sono certa che esisterebbero interi tomi in cui vengono descritti fin nei minimi particolari-

Drew le rivolse uno dei suoi soliti sorrisi.

-Ti sbagli, Hermione, quell’oggetto non ti ha riportato in vita- la corresse, prima di cominciare con un’altra spiegazione - Quell’anello risale all’epoca in cui fu forgiata la spada di Godric Gryffindor. Si, quello che tieni tra le mani è frutto della miglior manifattura folletta. Ma l’aspetto più interessante di quell’oggetto è che, in realtà, si tratta di una specie di arcaica bacchetta, di cui il metallo è l’involucro esterno e lo zaffiro, invece, è l’anima. Quell’anello, quindi, non ha fatto altro che azionarsi al posto della tua bacchetta quando non sei riuscita ad usarla. Se tu non avessi conosciuto gli incantesimi per difenderti dalle Maledizioni Senza Perdono e se tu non avessi voluto difenderti da quell’attacco, saresti morta. In conclusione, non è stato l’oggetto che porti al collo a salvarti, ma la tua volontà-

La ragazza lo guardò poco convinta.

-È la bacchetta che sceglie il proprio proprietario, lo dice il vecchio Olivander ad ogni giovane mago che va a fare acquisti nella sua bottega- disse improvvisamente Drew – Scommetto che non c’è più il nome di mia madre, inciso all’interno-

Hermione non ebbe bisogno di controllare. Proprio quella sera, tra lo stupore generale, lei aveva letto il suo nome su quell’anello.

-Quindi, se un giorno un Mangiamorte dovesse attaccarmi alle spalle e io non me ne accorgessi … - provò la ragazza, vedendo il ragazzo che, con un certo dispiacere, portava a termine la sua frase.

-Tu moriresti. Il potere di quel manufatto sta solo nell’abilità di chi lo usa-

Tutte quelle informazioni stavano per farle scoppiare la testa, ma, nonostante ciò, voleva sapere ancora.

-Perché l’hai dato a me?- domandò, infatti.

Drew rimase in silenzio, portandosi le mani incrociate sotto al mento.

-Quando non riuscii a salvare i tuoi genitori, Hermione, mi sentii colpevole e credevo che, in futuro, avresti potuto aver bisogno di una certezza economica che un’orfana non può avere- le disse lui, guardandola negli occhi.

Altre mille domande si composero nella sua testa, tutte bramanti una risposta che solo una persona poteva dar loro.

-Cosa sono gli Impuri?-

Il viso di Drew, solo per un brevissimo istante, fu attraversato da un’ira profonda e mai dimenticata.

-È l’aggettivo con cui vengono identificati i Mezzosangue e i Nati Babbani che entrano a far parte di una nobile famiglia Sanguepuro. In passato erano figure molto diffuse visto che spesso i matrimoni dell’aristocrazia si tenevano tra consanguinei. Questo, infatti, portava alla nascita di neonati deboli e, spesso, affetti da malattie genetiche, i quali se ne andavano prima ancora di poter donare un erede alla propria casata. Così, tutti coloro nati da genitori Non Maghi, dotati di particolari abilità magiche, venivano addottati e ricoperti con un cognome che, il più delle volte, non avevano mai cercato. I Bright, proprio per queste intere generazioni di figlie femmine, lo facevano spesso, ma con il passare degli anni questa pratica è divenuta desueta, anche a causa della nascita di famiglie come i Lestrange e i Malfoy, le quali hanno sempre fatto della “purezza” del proprio sangue un motivo di vanto- le chiarì, prima di concludere il proprio pensiero – Attualmente, credo tu sia una delle poche persone a rientrare in questa categoria-

La notizia, per lei che mai aveva fatto dei genitori da cui era nata un confine limitante od ostacolante, le scivolò addosso. In fondo, rimaneva pur sempre Hermione Granger, nonostante il mondo Magico la ritenesse una quasi Purosangue.

Un piccolo particolare, però, non le tornava. C’era qualcosa di strano in quello che Drew le aveva detto e lei, non se l’era fatto sfuggire.

-Mi hai detto che tu sei il primo maschio dopo tre generazioni di sole donne – cominciò, ponderando bene le proprie parole – ma, allora, come è possibile che tua madre avesse il cognome dei Bright?-

Il ragazzo sfoderò ancora una volta quel suo strano sorriso.

-Intelligente come al solito, Hermione - si complimentò – Quello che sto per dirti l’ho protetto con un incanto Fidelius, quindi non potrai mai rivelarlo: in realtà, mia madre era una Mezzosangue e … -

 

***

 

La Sala Grande, quel giorno, era gremita di studenti e tutti, nessuno escluso, indossavano abiti da cerimonia. Nonostante la grande quantità di persone che riempivano quella stanza, il silenzio era interrotto solo da alcuni rari sussurri al tavolo dei professori e dai rumori delle posate che cozzavano contro i piatti. Nell’ampio tavolo posto trasversalmente rispetto ai quattro occupati dagli studenti delle Case di Hogwarts, gli insegnanti avevano lasciato vuoto l’alto trono al centro, dove Silente soleva sedere. La McGranitt e Drew sedevano vicini, entrambi elegantissimi per la cerimonia, ma, diversamente dalle loro abitudini, i due non si scambiarono neppure una parola. Il Preside, però, non era l’unico assente: Hagrid, infatti, sembrava non essere riuscito ad affrontare la colazione, mentre la sedia Piton era stata occupata da Rufus Scrimgeour, il Primo Ministro. Tra i vari servi di costui, come ebbe il dispiacere di notare Ron, vi era anche suo fratello Percy, il quale non si era minimamente preoccupato della salute di Bill.

Hermione, come richiesto dal protocollo che Drew non aveva tardato a spiegarle, aveva indossato l’anello un tempo appartenuto a Sheila Bright e, ad ogni boccone che riusciva ad inghiottire, si guardava attorno triste e pensierosa. Perché Silente aveva una strana aurea benigna quasi avvolgente e la sua mancanza, era impossibile negarlo, incupiva gli animi di tutti i presenti, Slytherin compresi. Fu proprio su alcune delle persone su questa tavolata che il suo sguardo si soffermò: il primo fu Blaise, stranamente ordinato, forse anche grazie a Daphne, la quale, bellissima come sempre, continuava a curare i minimi dettagli dell’aspetto del ragazzo. Infine, osservò Draco, a lungo.

Non appena lui capì d’essere osservato, alzò gli occhi e, dopo averli incatenati a quelli di lei, sorrise. Hermione gli aveva raccontato tutto ciò che le era permesso divulgare della sua conversazione con Drew e Malfoy aveva preso la notizia molto bene.

“Ora che sei una Purosangue” le aveva detto “devi capire che un matrimonio con uno del tuo rango, magari proveniente da due delle famiglie più importanti di tutta l’Inghilterra, quali casualmente sono i Black e i Malfoy, è la cosa migliore per una giovane donna come te. Quindi, eccomi pronto al sacrificio”. Lei, offesa, aveva precisato d’essere un Impura, non una Purosangue, e gli aveva detto anche che fino al giorno prima lei era ritenuta una Sanguesporco e che sposarla sarebbe stato un gesto sconveniente.

“Hermione, io sono Draco Malfoy! Io posso tutto, soprattutto rendere mia moglie la persona che amo”. Visto che l’argomento si faceva troppo serio per la Gryffindor, concluse dicendo che lei non aveva intenzione di convogliare a nozze fino a quando non fosse diventata una trentenne in carriera, magari con un bel ufficio al Ministero.

Il loro scambio di sguardi fu interrotto dalla McGranitt, che si era alzata mettendo fine ad ogni funereo mormorio.

- È quasi ora- annunciò – Per favore, seguite i Direttori delle vostre Case nel Parco. Gryffindor, dietro di me-

A capo della colonna di Ravenclaw, il piccolo Vitious, ammaccato ma vivo, si sistemava la piccola giacca e Pomona Sprite, pulita ed ordinata come mai prima Hermione l’aveva vista, guidava gli Hufflepuff. Piton, invece, era stato sostituito da Lumacorno, il quale, pavoneggiandosi per la veste verde smeraldo ricamata d’argento che indossava, era divenuto il nuovo Direttore degli Slytherin. Infine, con incedere solenne, Minerva McGranitt si era messa a capo dei Gryffindor.

Gli altri professori, tra cui vi era anche Drew, si accodarono a queste file ordinate e, quando raggiunsero la Sala d’Ingresso, vennero presto raggiunti da Madama Pince, finalmente libera dall’Imperius, e Gazza, prigioniero di un antiquato completo con la cravatta.

Raggiunsero rapidamente il lago, dove centinaia di sedie erano state disposte in modo che fossero rivolte verso una grande tavola di marmo. Molte erano già state occupate, ma comunque, liberi dalla divisione tra Case, i ragazzi riuscirono a trovare posti per tutti loro. Draco ed Hermione sedevano vicini.

Tra tutti i presenti, solo alcuni vennero riconosciuti da quest’ultima: principalmente si trattava di componenti dell’Ordine della Fenice e abitanti di Hogsmeade.

Qualcuno, quando tutti gli invitati arrivarono, cominciò a parlare, ma, nonostante i tentativi della ragazza, questa non riuscì a sentirne che piccoli brani. Da quelle poche parole che le giunsero, comunque, non sembrava un discorso di particolare profondità, quando più un freddo riconoscimento dei meriti di quel grande uomo e una pomposa espressione del proprio cordoglio.

Trascinando i piedi, Hagrid attraversò la navata centrale, portando tra le braccia un drappo di velluto viola, trapunto di piccole stelle dorate, dentro cui era stato avvolto il gracile corpo di Silente. Gli occhi del Guardiacaccia era gonfi di lacrime, come quelli di Hermione non appena lo vide arrivare. Draco le strinse la mano più forte. Anche Ginny, come lei, stava singhiozzando, mentre gli altri, più composti e forti, si limitavano a tendere i muscoli del viso per trattenere il pianto.

Nascosti sotto un leggero velo di acqua verde, un coro di sirene e tritoni cantavano in una lingua incomprensibile. I loro visi increspati erano circondati da corone di capelli violetti. Con questo sottofondo, che parlava di perdita e disperazione, il corpo di Silente fu poggiato dolcemente sulla tavola di marmo.

Non vi furono altri stupidi discorsi quel giorno. Qualcuno urlò e bianche fiamme frementi e luminescenti crebbero attorno a quelle gelide spoglie, divenendo sempre più alte e maestose. Quel fuoco magico produsse un fumo corposo e candido come la neve, che salì in alte spirali, tracciando strane forme. Ne era certa, tra tutte quelle che vennero a crearsi, quella che raffigurava una fenice dalle ali spiegate era la più bella. Infine, quando tutto ciò si concluse, un sarcofago niveo aveva preso il posto del tessuto viola.

Una pioggia di frecce planò nell’aria, andando a conficcarsi nel suolo ad alcuni metri di distanza dalla folla, la quale, però, vide quel gesto dei centauri, nascosti tra gli alberi della foresta, non come un tributo ma come un tentativo di boicottaggio. Poche grida, comunque, che si spensero subito.

Quando la cerimonia finì, Harry radunò tutti i ragazzi in un luogo silenzioso e descrisse brevemente a tutti coloro che non ne erano informati, quale missione gli aveva lasciato Silente.

Lo sguardo di Potter si fermò su tutti coloro che lo stavano ascoltando: Ginny, Ron, Denise, Daphne, Blaise, Draco ed Hermione.

-Silente mi disse di parlarne con i miei amici e di accettare il loro aiuto, nel caso in cui questi si offrissero volontari. Io l’ho fatto. Ritornerò qui a settembre, se ci sarà un luogo in cui rincasare. Poi, però, partirò per trovare gli Horcrux. Non vi chiedo di partire con me, ma non nego d’aver bisogno d’aiuto-

 

***

 

Tutti gli esami erano stati rimandati, tutte le lezioni sospese. Il treno per Londra stava per partire e loro stavano per separarsi. Ron e Ginny sarebbero ritornati alla Tana con la loro famiglia e Bill, finalmente in piedi. Daphne non aveva avuto il tempo di salutare nessuno, invece, perché suo padre, afferrandola per un polso, l’aveva trascinata via con la forza. Blaise, dopo la scena a cui aveva dovuto assistere, rimase in silenzio, forse troppo sconvolto dall’aver visto la propria fidanzata malmenata pubblicamente. Denise ed Harry, invece, erano saliti sul treno, dove presto Hermione li avrebbe raggiunti.

La Granger, infatti, aveva deciso che avrebbe passato l’estate nella casa in cui un tempo avevano abitato i suoi genitori. Viceversa, Draco, scortato da Drew e da Narcissa, che aveva voluto a tutti i costi assistere al funerale di Silente, sarebbe andato nell’attico dove, da alcuni mesi, viveva sua madre.

Quel luogo, dunque, sarebbe stato dove le loro strade si sarebbero divise.

-Posso salutare un attimo Hermione, madre?- chiese Draco, rivolgendosi educatamente alla donna dai capelli biondi che, fino a quell’istante, aveva amabilmente chiacchierato con la fidanzata del figlio.

-Certamente, Draco. Io e Drew ti aspettiamo nella Sala d’Ingresso- rispose gentile la donna, per poi rivolgersi alla Granger – Hermione è stato un piacere parlare con te. Potresti venirci a trovare quest’estate, no?-

La Gryffindor aveva accettato l’invito e, in seguito, le due si erano salutate definitivamente.

-Scrivimi- le disse Draco, mentre la stringeva al petto – Anche ogni giorno, se vuoi-

-Farò il possibile- rispose lei, cercando le sue labbra per un ultimo bacio.

-Se mi tradisci lo verrò a sapere- la ammonì lui, prima d’accontentarla.

-Se lo fai tu, pure. Ma soprattutto, lo saprai tu, perché i tuoi amichetti la sotto- rispose lei a tono, indicando la zona tra le gambe di Draco – si ritroverebbero in un vaso putrido di Magie Sinister prima che tu riesca a mormorare la parola “perdono”-. Detto ciò, i due si scambiarono un lungo bacio.

Infine, si separarono, continuando a voltarsi per vedere l’altro e scoppiando ogni volta in risate sommesse.

 

Seduta vicino a Denise, con Harry che, di fronte a lei, continuava a guardare il paesaggio fuori dal finestrino, Hermione ne sentiva già la mancanza. Si, gli avrebbe scritto non appena avrebbe potuto posare le proprie valige.

Sul suo petto l’anello della famiglia Bright.

Nella sua mente il riecheggio delle parole di Drew.

Nel suo cuore, solo il ghigno di Draco e quell’ultima frase che le aveva detto.

“Solo tu ed io, un giorno”

 

The End

Note dell’Autore

Un anno fa, quando comincia You and Me, decisi che avrebbe narrato gli eventi fino alla fine de “Il Principe Mezzosangue” e, quindi, fino alla morte di Silente. Oggi, con un certo dispiacere, posso dire d’essere almeno riuscito a mantenere questo proposito. Lo avrete capito sicuramente, quel “The End”, in realtà, altro non dovrebbe essere che un “To be continued”. I misteri lasciati tali sono molti e gli eventi da narrare ancora molteplici. Al momento attuale, comunque, dubito che ci sarà un sequel. Non so se qualcuno ne rimarrà dispiaciuto, ma, ahimè, Jerry è volubile e si stanca facilmente.

Così, prima che tutto diventi troppo opprimente e che la scrittura diventi un dovere, mi fermo io, che ho già percorso questa strada e che ne sono uscito sempre sconfitto.

Un finale tronco e meglio di una storia interrotta e incompleta, no?

Con questo, non dico addio al mondo delle fanfiction, anzi. Resterò nascosto nella mia solita ombra, uscendo ogni tanto con qualche recensione troppo lunga e ritornando immediatamente da dove sono venuto.

Ho in testa di scrivere la storia di Oscar, il padre di Blaise, ma credo che, pur rimanendo per ovvi motivi nel mondo della fantastica zia Row, di magico ci sarà ben poco. Quando lo farò? Non lo so, ma, se volete, vi terrò informate.

È questo dunque il momento, di lasciare i miei recapiti.

Il metodo più semplice è quello di mettere un “mi piace” sulla mia pagina Facebook, così, con un semplice click, sarete certe di aver un metodo rapidissimo per entrare in contatto con la mia persona. Questo è il link: Jerry93's Stories

La seconda modalità è quella di controllare assiduamente la mia pagina autore qui su Efp.

Ovviamente, sono sempre qui, quindi, se volete, contattami, vi risponderò appena mi sarà possibile.

 

Ringraziamenti

Ho immaginato spesso questo momento, quando finalmente avrei concluso un mio racconto e avrei potuto scrivere alla fine i miei Ringraziamenti. Ci ho pesato così tanto che, con un po’ di forza di volontà, potrei arrivare a scrivere un libro solo per dire “grazie”. Perché per quelli come me, per quelli che fino a poco tempo fa potevano definirsi “novellini”, ogni percorso è estremamente impervio e ogni consiglio, ogni critica e ogni complimento un rifugio più o meno accogliente in cui rifocillarsi.

Lo so per certo, se fossi stato così metodico e paziente da tenere un diario di bordo, ora non avrei paura di dimenticare qualcuno e procederei a passo spedito, senza perdermi in riflessioni profonde come pozzanghere. Ovviamente, non lo fatto, quindi il timore di dimenticare qualcuno mi assilla.

Il primo “grazie” va a chi sopporta il me nascosto dietro Jerry93, ovvero chi è prossimo ad ottenere almeno la beatificazione. Quindi grazie alla mia famiglia, che, pur andandoci molto vicino, non mi ha ancora fatto rinchiudere in un manicomio, dove almeno potrebbe vedermi per più di quindici minuti al giorno, senza venirmi a cercare nel mio “locus amenus” (noto anche come antro, caverna, luogo di clausura, tana dell’animale in letargo e, per gli estranei, camera del sottoscritto). Poi, grazie a tutti i miei amici, quelli del cinema, quelli della colazione al Santo, quelli delle feste e quelli con cui ho maledetto e insultato ogni professore che mi ha pestato i piedi. In generale, i Soliti. Ma siccome sono logorroico, non intendo essere così breve. Grazie a Luca, per aver avuto la pazienza di spiegarmi come diavolo creare una pagina Facebook e che presto renderò co-amministratore perché non ci capisco niente, grazie a Laura, per aver acceso in me il fuoco della passione per Harry Potter (che ancora non si è spento e che non si spegnerà facilmente), e grazie a Caterina, per le sue uscite imprevedibili, per le sue recensioni via sms da svenimento e per gli infiniti discorsi che teniamo via cellulare. Infine, grazie a Lady Annette, per un’infinità di buoni motivi: perché per prima ha creduto in me, perché ha condiviso con me le gioie e i dolori di una storia sofferta e bruscamente interrotta, perché ha provato a sopportarmi nell’ideazione di una storia mai andata in porto, perché mi ha sbattuto in faccia il mondo delle Fanfiction, perché per prima ha letto tutto ciò che ho scritto, trovando gli errori, analizzando le frasi e annotando particolari, perché ha fondato il Drew Kennan Fan Club, pretendendo di ricevere il professore in carne ed ossa (e in accappatoio), perché ha combattuto, astutamente e di nascosto, per la coppia Daphne e Blaise, perché un po’ ha cominciato a sopportare Draco, perché alla fine ha sempre accettato ogni mia scelta (qualche volta dandomi ragione, ma solo dopo molto tempo), perché ha accettato la mia follia, perché sta catalogando le mie molteplici personalità, perché sopporta la mia paranoia e, infine, perché non ha mai capito come comportarsi con me e di cosa ho veramente bisogno.

Ve l’avevo detto, no, che sarei stato prolisso?

Passiamo, finalmente, a tutti i ringraziamenti di Jerry.

I primi due sono piuttosto controversi, ma ritengo sia il caso di metterli, visto che sono stati la causa della prima lettera della prima parola scritta in questo universo alternativo.

Grazie a Lady Thepesh, prima vera autrice di cui abbia mai letto una fanfiction. Non posso negarlo, sono stato decisamente fortunato. Riporto le parole (anche se le ho prese da due mail diverse per renderle più chiare) che mi scrisse, tempo fa, parlandomi di questo sito “… Efp è un po’ un campo da ginnastica per me … Perché non pubblichi qualcosa su Efp? Potrebbe essere un buon allenamento, credimi …”. Devo dirlo? Si, Lady, ti ho creduto e non posso che dirti grazie per questo consiglio. Messaggio personale politicamente scorretto: ogni buon servo continua a portare a termine i propri incarichi e doveri anche in assenza della propria Padrona, fino a quando questa non lo pregherà di congedarsi definitivamente. Non voglio litigare con nessuno, né richiedere aggiornamenti, ma spero che la Nostra Signora si ricordi ancora che qui, nella dimora che lei ha costruito per noi, molti la aspettano ancora. Intanto, chino il capo e torno a spolverare la porcellana per il tè e a lucidare l’argenteria.

Il secondo grazie, va ad un vero e proprio mostro sacro, Savannah/Virginia de Winter. Mai, prima delle Sue storie, avevo osato immaginare Draco ed Hermione assieme e, proprio leggendo Lei, è spuntata nel mio cervellino bacato la voglia di dire la mia, di esprimermi. Quindi, Savannah, grazie perché tu, almeno quanto la Rowling, hai dato nuovo impulso al mondo dei libri, avvicinando giovani e adulti alla scrittura, e perché continui ad essere per me quel obbiettivo prefissato che mai raggiungerò. Il “tendere a” sarà sempre per me una piacevole forma d’apprendere. Messaggio promozionale: sosteniamo i buoni libri e le grandi penne, andiamo tutti in libreria e compriamo i libri della serie di Black Friars (andiamo, quante copie ha venduto Moccia? La Domina Virginia ne merita almeno il quadruplo!!!).

Approfitto del momento per ringraziare le altre grandi fanwriter di Dramioni, a cui guardo con una certa invidia, ma, soprattutto, con grande stima: Mirya (grazie anche per aver riacceso in me la speranza di trovare una prof di italiano che scriva fanfiction e per il grande coraggio, sinonimo di una grande donna, con cui affronti tutte le rogne che questo destino ingiusto ti appioppa), Lhoss e poison spring.

Infine (per davvero stavolta), grazie a tutte le persone che hanno letto questa storia, che l’hanno messa tra le ricordate, seguite e preferite (e che mi hanno messo tra gli autori preferiti). Grazie a chi ha messo mi piace sui capitoli e sulla mia pagina Facebook. Grazie a chi ha recensito, di cuore.

Grazie a tutte le mie coetanee con cui ho potuto avere spesso un confronto (SweetTaiga, detta “il Mignolo”, e libera_di_sognare, in particolare) e a tutte le ragazze/signore leggermente più “navigate” che hanno saputo trovare per me le parole più dolci e gentili, le quali non smetterò mai di ringraziare per la loro bontà. Perché non lo nego, sono un bambinone e qui, su Efp, ho trovato l’affetto di molte “mamme”.

Grazie a chi mi segue dal primo capitolo, a chi ha recensito ogni capitolo, a chi ha sopportato i miei aggiornamenti sregolati, a chi ha trovato da poco questa storia e l’ha letta tutta in poco tempo e a chi vorrà lasciare un commento a quest’ultimo capitolo.

Ma soprattutto, grazie alla mitica J.K. Rowling, senza la quale tutto questo non sarebbe mai esistito e a cui appartengono tutti questi personaggi (ovviamente esclusi quelli inventati da me, che appartengono ... a me). You and Me, infatti, è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Detto ciò, che mi spettava di dovere, mi ritiro.
Come al solito, spero a presto,

Vostro, Jerry

   
 
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