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Autore: SLAPPYplatypus    03/08/2011    1 recensioni
Non riusciva quasi a crederci: sembrava davvero di essere intrappolata in un film dell'orrore di quart'ordine. Le nubi oscurarono il sole pallido, facendole accapponare la pelle.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga, Contesto generale/vago
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Sono una twilighter di vecchia data e, in quanto tale, non sopporto quasi tutto ciò che ha seguito: film, merchandising, commercializzazioni, playlist, guide ai mondi fatati e tutto il resto. Diciamo che sono una purista.
Quindi: non pensate a niente in particolare. Non immaginate Robert Pattinson, ma immaginate il vostro Edward, il vostro Edward personale; lo stesso per Bella e tutti quanti.
E' la prima fanfic su Twilight che scrivo, quindi se fa schifo sentitemi liberissimi di lasciarmelo scritto, in linguaggio educato o meno (ovviamente l'invito è valido anche nel caso opposto).
Credo che questo sia tutto quello che ho da dire, al momento, per lo meno.
Grazie in anticipo per leggere, grazie davvero; non sapete quanto io apprezzi questo.
Baci baci :)






Brittany si strinse nello scialle, rabbrividendo nel tubino nero; i cimiteri le avevano sempre fatto venire la pelle d'oca. Le lapidi marmoree e granitiche, quei nomi incisi freddamente sopra. Non una parola sprecata, non una lacrima: disumano.
Eleanor, sussurrava quella più vicino a lei, sulla quale fissava lo sguardo da più di mezz'ora. Nessun cognome, nessuna data; non era di nessuna pietra particolare, ma di uno strano miscuglio di scarti. Le scappò un risolino, pensando che sembrava un bizzarro monumento ai Beatles, edificato da una mente affilata e maliziosamente sarcastica.*
Sbuffò e si sistemò dietro all'orecchio i capelli, scompigliati dalla fredda brezza di inizio ottobre.
- Brit? - sentì sua madre chiamare, pur non vedendo nessuno. Alzò la testa, camminando velocemente verso il cancello arrugginito che delimitava il camposanto.
Chiuso.
Non riusciva quasi a crederci: sembrava davvero di essere intrappolata in un film dell'orrore di quart'ordine. Le nubi oscurarono il sole pallido, facendole accapponare la pelle.
In caso di emergenza, premere qui: il custode arriverà il prima possibile, diceva un cartellino giallastro appena sopra un pulsante di un rosso brillante.
Brittany lo schiacciò senza pensarci due volte: avrebbe fatto qualunque cosa, pur di andarsene da quella prigione gotica e spaventosa. La ragazza guardò il cielo, in attesa dell'arrivo del resposabile, cercando disperatamente di trasportare la mente in un altro luogo, in un qualsiasi altro posto.
- E' stata lei, a suonare? - chiese brusco l'omone con la voce roca, camminando pesantemente avanti e indietro dall'altra parte della grata e scrutandola attentamente, come se avesse paura di perdere il minimo dettaglio.
- Veramente, sì. Credo di essere stata chiusa dentro, sa, e ho una paura matta dei cimiteri, quindi... ho pensato di suonare. Sono desolata per il disturbo. - rispose la ragazza con un filo di voce, abbassando lo sguardo imbarazzata.
- Nessun disturbo. - sorrise l'uomo, aprendo la cancellata con uno schiocco e un cigolio acuto. - Venga pure, deve essere infreddolita, con quel vestitino. -  disse maliziosamente, facendole strada verso una casetta in legno poco distante.
- La ringrazio moltissimo, ma davvero non posso accettare. I miei saranno preoccupati, non ho nemmeno il cellulare con me...
- Potrà usare il mio telefono. Su, venga, le preparo un the caldo.
Con un sorrisino debole e imbarazzato, Brittany seguì l'uomo, che chiuse la porticina alle sue spalle.
- Faccia come se fosse a casa sua. - sussurrò, lo sguardo fisso sulle gambe della ragazza.
Lasciò che lo superasse e si guardasse intorno, stringendosi nelle spalle. Con un solo movimento la prese per i fianchi e la sollevò, costrindola contro il muro e bloccandole entrambe le braccia con una sola mano.
- Bene bene bene, eccoci qui. - alitò, e un forte odore di cognac riempì la stanzetta.
- Ma cosa sta facendo? - balbettò sottovoce lei. - Mi lasci andare, subito! - cercava con tutte le sue forze di liberarsi, ma poco poteva il suo corpicino gracile contro quell'uomo così grande in confronto a lei.
- Su su, non fare storie, renderai tutto solo più brutto. - ridacchiò, alzandole le braccia dalla pelle diafana e abbassando la zip del vestito.
- Mi lasci, la prego, mi lasci - ripeteva Brittany mentre le lacrime rigavano il suo volto, tracciando strisce nere di mascara sulle sue guance.
- Smettila! - strillò, colpendola con uno schiaffo e facendole sanguinare copiosamente labbro inferiore e naso. - Adesso io ti lascerò, e tu farai la brava bambina, non è vero?
Non appena le sue mani furono libere, la ragazza corse verso l'uscio, ma il custode fu più veloce di lei, e sprangò la porta giusto un istante prima che lei potesse sfiorarla.
- No no no, così non va bene. - schioccò l'uomo con aria di disappunto. - Credevo che avresti fatto la brava, ora dovrò punirti.- sussurrò, avvicinandosi con passi lenti e scrocchiandosi le nocche.
Brittany strisciò più lontano che potè, fermandosi contro la parete. Chiuse gli occhi con tutte le sue forze, come se non vedere niente di ciò che succedeva fosse sufficiente a limitare ed arginare il dolore che sentiva stava per arrivare.
Una forza enorme la sollevò dal terreno, lanciandola dall'altra parte della stanza: la sua vista iniziava ad annebbiarsi, riusciva a distinguere solo vagamente le forme ed una grande macchia scarlatta che si allargava sulla sua anca destra.
La porta si aprì sbattendo contro il muro, e una figura slanciata comparve sulla soglia.
Con un movimento fluido ed incredibilmente rapido, colpì l'omone sul capo e lo scaraventò a terra, accanendosi su di lui fino a che non perse i sensi, sdraiato a terra perdendo sangue dalla giugulare.
Tutto ciò che la circondava parve bloccarsi per qualche secondo, come se qualcuno avesse messo in pausa la scena di un film.
- Non avere paura. - sussurrò dolcemente una voce che sapeva di miele e di campi fioriti in estate, avvicinandosi a Brit porgendole una mano.
- No. - pianse la ragazza. - Voglio solo andare a casa. Lasciami, ti prego, lasciami.
- Vieni con me. Non avere paura. - ripeté quel giovane così aggraziato e bello, con un tono incredibilmente gentile, troppo gentile perchè non ci fosse qualcosa sotto. - Non ti farò del male, vieni.
La ragazza cercò di premersi il più possibile contro la parete, ma lui continuava ad avanzare.
- Brittany, so che hai paura. Ne hai tutte le ragioni. - riprese lui con lo sguardo penetrante di chi sa di sapere. - Vieni con me. Non ti succederà niente di male, te lo posso garantire. Io e la mia famiglia ci prenderemo cura di te.
- Lasciami. - supplicava la ragazza, abbassando lo sguardo e facendo del suo meglio per alzarsi, ma rendendosi conto sempre più chiaramente di non esserne in grado.
- Brit, hai una gamba ed il menisco rotti, le arterie gravemente danneggiate e perdi molto sangue dal viso. Hai bisogno di cure. Vieni con me, e non appena starai bene, hai la mia parola che potrai andare dove più ti piacerà. Te lo giuro sul mio onore.
La ragazza annuì debolmente, ed un sorriso illuminò il volto del giovane, facendolo sembrare un angelo. Si avvicinò sempre più a lei e la prese in braccio.
- Mi chiamo Edward.


- Pensavo che Bella fosse l'ultima. - sibilò Rosalie quando Edward varcò la soglia di casa Cullen, pur senza muovere lo sguardo dal delicato abito che stava esaminando.
- Rose, non essere così aggressiva. - ridacchiò Emmett, abbracciando la bionda da dietro e schioccandole un bacio sul collo.
Carlisle scese velocemente le scale, mentre Jasper e Alice liberavano in fretta il tavolo, posando tutto ciò che sosteneva sul pavimento. Esme teneva per mano Bella.
- Cosa è successo? - chiese quest'ultima, con la voce impregnata di ansia e preoccupazione.
Carlisle e Edward posarono con delicatezza la ragazza sul tavolo, strappando ciò che rimaneva del suo vestito con movimenti precisi e studiati.
- Ero a caccia. Sono passato davanti alla capanna del custode di un cimitero a qualche chilometro da qui, e ho sentito. Ho sentito le sue urla, ho sentito i suoi pensieri; non potevo stare lì senza fare niente o ignorare tutto. - rispose, lanciando una frecciatina alla sorella.
- Come si è ferita in questo modo, figliolo? - sussurrò Carlisle preoccupato, tastando le sue ferite mentre Jasper si irrigidiva e si rannichiava in un angolo.
- Ce la puoi fare, Jazz. Sei migliorato, lo sai. - bisbigliò piano Alice.
- Quell'uomo, quella creatura orribile... è stato lui, lei stava cercando di liberarsi, ma non ce la poteva fare da sola.
- E' grave, Ed, molto più di quanto non sembri. Non c'è quasi più sangue nella gamba destra, l'aorta è recisa, qualche costola rotta. Morirà dissanguata in venti minuti al massimo. - disse il medico con un tono tecnico ma non senza il dolore nella voce; quel dolore che è impossibile evitare sapendo che un paziente non ha possibilità di vita.
- La portiamo all'ospedale. - disse Emmett, sbrigativo.
- Non ce la farebbe. - sussurrò Carlisle
- C'è una sola possibilità, dico bene? - chiese Edward, posando il suo sguardo sul padre.
- Oh, ma che strano. - brontolò Rosalie, sarcastica.
- Dovresti sentirti più vicina a lei di tutti quanti noi, Rose. - disse Esme, che non aveva aperto bocca fino a quel momento.
- Se lei sapesse a cosa sta andando incontro, si lascerebbe morire. - sibilò la bionda, voltando le spalle ed uscendo dalla stanza.
- Ci parlo io. - rassicurò Emmett, seguendola.
Il corpo di Brittany ebbe uno spasmo, e i suoi occhi si girarono: il sangue sgorgava sempre più rapidamente.
- Jasper, prendi bella e portala da qualche parte. Un posto sicuro. - disse Edward, guardando il padre. - Lo faccio io o lo fai tu?
- Lo facciamo insieme. - rispose lui con un mezzo sorriso, tuffando il volto sul collo e sulle braccia della ragazza.






* Eleanor Rigby, canzone dei Beatles, parla di una donna perennemente sola, della cui morte nessuno si cura: di qui la mancanza di cognome e date.
   
 
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