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Autore: Nyss    03/08/2011    3 recensioni
Amore, si sa, è affetto da sempre da carenza dell'autostima, ma come tutti gli altri dèi è orgoglioso e non tiene conto della sofferenza che causa a chi gli sta intorno pur di soddisfare il loro ego e la loro voglia di vendetta. Questa volta i malcapitati sono Apollo e Dafne.
La fanfiction è ispirata alla scultura del Bernini, "Apollo e Dafne".
Spero che questa storia vi piaccia e che lasciate un commentino!
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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 Storie di archi e di frecce e di come Amore possa risultare terribile

Apollo era un bellissimo uomo, di questo Eros era consapevole.
Aveva dei bei riccioli biondi, un corpo atletico e le sue parole incantavano chi lo stava ad ascoltare, tanto che in molti si erano persi nelle sue poesie.
Ma Eros non riusciva a sopportarlo.
Dette di nuovo uno sguardo verso i grandi divani fatti d’oro e foderati di stoffa. Era stato Efesto a regalarli alla dimora sull’Olimpo e non sarebbe certo stato contento del loro utilizzo.
Atena, che tutti pensano vergine ma che di fatto non lo è, faceva il verso alla sua civetta. La stoffa che le copriva la spalla era caduta di lato, rivelando un seno e lei nemmeno se ne accorgeva. Teneva in mano un calice pieno di nettare rosso che le dava letteralmente alla testa.
Demetra, con il suo abito color vinaccia, stava completamente distesa e contemplava il viso del giovane davanti a lei.
E Afrodite, si, moglie del sopra citato Efesto e decisamente infedele, teneva sulle cosce la testa del dio, che stava comodamente appoggiato a lei, mentre gli veniva fatto il solletico sotto la gola e mangiava uva matura e dolcissima.
Era appena tornato dalla sua impresa. Aveva ucciso Pitone ed era tornato sull’Olimpo coperto di ferite. Avrebbe benissimo potuto bere ambrosia per rimettersi in sesto, ma non avrebbe l’avrebbe mai fatto. Quei tagli attiravano donne come il miele attira un bimbo goloso.
Eros guardava la scenetta contrariato, affilando le sue frecce d’oro e di piombo e tendendo l’arco.
-Si, e poi ho preso l’arco e sono scappato sulla roccia. Pitone era ancora intontito e l’ho colpito. Una, due, tre frecce. L’ultima gli ha trapassato il cranio e finalmente è morto. È stato terribile- concluse la storia con un sospiro afflitto.
-Già, il mio arco però è veramente malridotto. Era così efficace, poverino. Efesto l’ha fatto con il migliore oro in circolazione e Artemide mi ha regalato un tendine di una delle sue prede. Credo che anche l’arco di Eros sia stato fatto da Efesto, non è vero Eros?- ecco qui, cominciava a prenderlo di mira, ma il suo visetto dolce ingannava tutti.
 
Un’ora dopo Eros vagava sulla terra, dando piccoli calci ai sassi che intralciavano il suo cammino. Apollo l’aveva preso in giro di nuovo, perché preferiva l’aspetto di giovinetto che di uomo atletico, perché il suo arco non infliggeva le terribili ferite che infliggeva il suo e cose così.
Il silenzio era totale fino a che un grido di vittoria non giunse alle sue orecchie.
Eros, incuriosito, non poté fare a meno di levarsi in volo sopra gli alberi, per vedere cosa stava succedendo. Il suo sguardo vagò per qualche secondo in cerca della fonte di quel suono. Poi, come una visione apparve dal folto, sbucando in una radura d’erba più verde degli smeraldi. Una donna si stava rimettendo in spalla un arco del colore della luna.
“È bellissima e perfetta” pensò Eros, che cominciò a studiarla meglio, mentre un piano di vendetta andava delineandosi nella sua divina mente.
Aveva i capelli folti e di un colore bizzarro, che giocava con la luce del sole, divertendosi a diventare color mogano e poi cambiare, tramutandosi in rossiccio. La pelle non era candida, ma di un perfetto color bronzo, o almeno così sembrava, perché era coperta di terra e foglie, che non minavano in alcun modo la sua bellezza, solo, la nascondevano. Indossava un vestito corto e comodo, che lasciava intravedere le gambe lunghe e muscolose.
Come aveva fatto il Sole a non accorgersi di quella bellezza?
La ragazza si avvicinò ad un corpo trafitto, peloso e zannuto, ed estrasse la freccia, ripulendola e riponendola insieme alle sue compagne.
Amore non era mai stato molto coraggioso, ma quel giorno era la voglia di vendetta a spingerlo. Si tramutò in un moribondo e scese di quota. Ora era un vecchio con la barba bianca e coperto di stracci.
-Pietà di me, dea!- esclamò con la voce roca.
-Non sono una dea, signore- lo corresse Dafne, che gli girava le spalle e non poteva vederlo. Eros fece in modo che guardasse nella sua direzione.
-Per tutti gli déi dell’Olimpo! State bene?- corse da Eros e gli passò un braccio sotto le ascelle, per sostenerlo.
-No mia cara, oramai sono consapevole che Ade mi chiama a sé. Io non posso fare altro che godermi gli ultimi istanti di vita. Rimanete con me, dea dai crini ramati!-
La cacciatrice lo depositò a terra e si sedette vicino a lui, carezzandogli il dorso della mano.
-Sapete, ero un esploratore. Ho visto molto nella mia vita e molti tesori ho raccolto. Credo di aver vissuto bene, ma ora la cosa più preziosa che possiedo verrà dimenticata...- Eros tossì sangue, tanto per rendere ancora più drammatica la scena.
-Donna! Prendete voi questa ampolla come ringraziamento. Ciò che contiene esprimerà ogni vostro desiderio. Usatela, non aspettate di diventare vecchia e morire senza aver avuto l’ardire di usare questa sostanza-
Il vecchio trasse il suo ultimo respiro tremolante e spirò.
Dafne, così si chiamava la ragazza, scavò una buca e vi depose il corpo del viandante. Se diceva il vero, le aveva fatto un grande regalo e lei avrebbe onorato quell’uomo tanto gentile.
Dopo aver pregato Persefone che lo trattasse con tutti i riguardi, si mise in spalla il cinghiale morto e si incamminò vero il tempio di Gea.
 
I giorni successivi Dafne stette ore in camera sua, a contemplare quella boccetta di liquido color metallo. Cosa fare? Lei un desiderio ce l’avrebbe avuto, ma esprimerlo valeva la pena? Leucippo avrebbe imparato la lezione o sarebbe morto di nuovo? Il quarto giorno si decise. Lei voleva bene a quel ragazzo, non nel modo in cui avrebbe voluto lui, ma era sua amica, e come tale l’avrebbe riportato in vita.
Afferrò l’ampolla e trangugiò quella miscela di profumi e gusti diversi, pensando intensamente al suo desiderio.
Leucippo... Leucippo... Leucip... Leu... Leu...
Eros, nascosto sotto la finestra sussultò dalla gioia. Finalmente! Erano giorni che attendeva. Ma una vendetta, si sa, è un piatto che va servito freddo, e lui era disposto ad aspettare anche fino alla fine del mondo.
Prese Dafne assopita tra le braccia e la trasportò fino alla radura nella quale si erano incontrati e la depositò su una roccia.
E poi partì, diretto all’Olimpo.
 
Fu facile addormentare anche Apollo.
Ebe, la coppiera degli dèi, era sempre stata attratta dal dio dell’amore e acconsentiva ad ogni sua richiesta, anche la più stramba. Così, quella sera, quando tutti gli Olimpi furono riuniti intorno al tavolo, Eros si era avvicinato ad Ebe di soppiatto, accostando le labbra al suo orecchio e sussurrando:
-Lascia che porti io le coppe del vino al banchetto. Non vorrei mai che le tue morbide mani si indurissero per colpa dei calli-
Ebe, un po’ intontita dalla gentilezza inaspettata, si era lasciata sfilare il vassoio con le coppe dalle mani ed Eros si era diretto alla sala dei banchetti.
I musici suonavano delle canzoni esotiche e bellissime e il dio cominciò a servire il vino agli Olimpi. Quando fu il turno di Apollo, quello lo guardò di sotto in su, ignaro del potente sonnifero che Eros aveva versato nel suo calice. Afferrò il suo bicchiere e trangugiò ciò che c’era dentro, poi continuò la sua serata. Solo a banchetto finito l’intruglio cominciò a sortire i suoi effetti.
Apollo salutò sonnolento la sorella che si preparava a partire per una notte di caccia, mentre lui andava a riposarsi.
La camera di Apollo era bellissima e riccamente decorata. I mobili, gli affreschi, le piastrelle, tutto era costoso secondo i canoni mortali. Apollo scostò le tende semitrasparenti del suo baldacchino e si coricò, sfinito e felice di potersi addormentare.
 
Il sole non era ancora soro quel giorno, era ancora addormentato. I raggi della sorella luna morente giocavano tra i suoi riccioli.
Non aveva fatto un sussulto quando Eros aveva scoccato su di lui una freccia d’oro, mentre Dafne era trasalita nel sonno quando la punta di piombo le aveva passato il cuore. Eos però non aveva intenzione di aspettare che il Sole la seguisse, e sorse da sola. I raggi dolci della stella all’alba sfiorarono i visi degli addormentati. Non sapevano che avrebbero assistito ad una tragedia.
Apollo e Dafne si svegliarono a causa del sole mattutino che giocava sui loro volti uno dopo l’altra e si squadrarono.
Dopo un istante di esitazione gli occhi del dio si riempirono di amore assoluto, mentre Dafne pareva terrorizzata. Si scrutavano l’animo vicendevolmente e, se uno vedeva solo bellezza e positività, l’altra non riusciva ad andare oltre la meschinità, la crudeltà e l’egoismo delle azioni dell’uomo.
Dafne, senza un ripensamenti, si mise a correre. Ecate vegliava su di lei in modo che il bosco non le intralciasse il cammino e fece in modo che Apollo trovasse pericolo sulla via. Non le piaceva il modo in cui Sole stregava dee e umane e gliel’avrebbe fatto capire una volta per tutte.
Ma Apollo bruciava tutto con il suo sguardo di fuoco e poi passava sulle ceneri sfrigolanti. Dafne era davanti a lui, pochi metri e l’avrebbe raggiuta. Corsero per quelli che parvero anni anche ad Apollo, che non percepiva il tempo nel modo comune, essendo immortale.
La ragazza invece era disperata, saltava, correva e piangeva. Il Sole l’aveva quasi raggiunta e lei non voleva che un mostro così provasse anche solo a sfiorarla.
Cadde in ginocchio, tanto che Apollo, sorpreso, si arrestò immediatamente.
Sentivale lacrime che la sua amata stava versando e vedeva la sua schiena squassata dai singhiozzi.
-Amata Gea- mormorò –Ho consacrato a te tutta la mia vita e per te ho lasciato la casa di mio padre. Se ti sono stata fedele tutto questo tempo, ti prego, aiutami. Non voglio stare con quest’uomo orribile!- il cuore di Apollo si frantumò come vetro al sentire quelle parole.
Ma fu un attimo, perché Dafne aveva preso a contorcersi in preda agli spasmi. Le sue braccia si allungarono e si irrobustirono, le dita si moltiplicarono e cominciarono a germogliare. Le gambe si unirono e i piedi affondarono nel terreno. In poco non rimase quasi nulla della povera Dafne.
Apollo, impaurito dalla prospettiva di non poterla riavere indietro, corse da lei e, un attimo prima che anche il capo e i suoi meravigliosi capelli si tramutassero in legno, Apollo riuscì a depositare un bacio sulle labbra morbide di lei.
 
Apollo incendiò la boscaglia che fioriva attorno all’alloro e chiese ad Ecate di far crescere erba ancora più rigogliosa di quella della radura dove si era svegliato e la dea, impietosita, glielo concesse.
Il dio tornò sull’Olimpo per implorare Eros di essere scusato e affermò che le sue frecce erano più potenti di quelle di chiunque altro.
Il Sole non sorse per parecchi giorni e così i greci vissero sotto lo sguardo indulgente di Alba e Tramonto. Il dio sfortunato si consolò con Erato, ma non mancò di rendere l’alloro sempreverde, perché tutti potessero ammirare la bellezza di quella pianta mentre passavano per la radura rigogliosa e fece dei suoi rami le corone dei vincenti.
Il suo bacio dimora ancora marchiato a fuoco sulla corteccia dell’Alloro di Dafne e rifulge dell’amore di un dio.

 
NdA - Note d'Autrice

Salve! Finalmente sono tornata a postare qualcosa. È un sacco di tempo che sto cercando di portare a termine una long che mi piace veramente. Il problema è che non riesco a decidere un particolare senza prima cambiarlo cinquanta volte. Che incubo! Comunque, questa è la mia prima fanfiction sugli dèi. A mio parere sono tutti malvagi, e Amore non fa eccezione. Di solito lo vediamo raffigurato come bimbo paffuto, ma io credo che sia il più pericoloso tra i divini. Pensate di dover subire i colpi di Ares o la lancia di Atena o le frecce di Artemide. Morirete. E pensate invece a dover soffrire una vita per un amore non corrisposto. Per tutte le folgori, io impazzirei.
Se la storia vi è piaciuta, mi farebbe piacere leggere qualche commento (anche se la storia non vi è piaciuta, beninteso. Fa sempre piacere ascoltare i pareri di chi ha letto la fanfic)
Grazie per essere arrivati alla fine della pagina.

Elenoire Tempesta

  
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