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Autore: Soul Sister    04/08/2011    1 recensioni
Chiara, ragazza venticinquenne solare ed allegra, crede che la sua vita sia perfetta: ha un ragazzo con cui crede di star bene,un lavoro noiosissimo in una rivista per teenager, e delle amiche splendide.
Tutto fila liscio, per lei, finchè una delle sue amiche la invita a passare le vacanze da lei, intenzionata a fare una rimpatriata con le vecchie conoscenze. Di certo, però, non crede di ritrovarsi Lui, il ragazzo che le aveva rubato il cuore e un solo bacio anni prima; lo stesso ragazzo che l'amava, ma che aveva rifiutato perchè ormai non c'era più tempo, perchè era stanca di soffrire.
Ma il cuore, traditore, le batte forte, con Christian al fianco, mentre la sua relazione è sempre più instabile e sfiancante, per lei.
Le amiche di Chiara, a conoscenza di tutta la loro tribolata storia, decidono di mettere insieme l'unica coppia scoppiata della compagnia, che merita finalmente di essere felice. Sarà così?*Estratto del terzo capitolo*
Quando, finita la birra, la accartocciò, Chiara gli riservò l’occhiata più truce che avesse mai lanciato a qualcuno, e lui si aprì in un ghigno soddisfatto. Si allungò e le sfilò il libro di mano, proprio quando lei cercava di recuperare la pazienza e la voglia di leggere quel benedetto libro.
-Ehi!- si lamentò.
Fece per riprenderselo, pronta anche ad una rissa, quando lui le fece il sorriso più furbo e affascinante che le avesse mai rivolto.
-Sei da venti minuti sulla stessa pagina, Chiara.- l’apostrofò, e lei si sentì maledettamente in imbarazzo, perché aveva ragione.
-E’ colpa tua!- sbottò, -Fai casino!- ed era la verità..se non fosse stato che, se al suo fianco ci fosse stato un’altra persona, lei non sarebbe stata così distratta. Era lui, la sua vicinanza, il suo profumo..maledetto lui, e quel suo magnetismo!
Lui ridacchiò, e lanciò la vecchia copia del libro sul tavolino.
-Dato che a casa siamo soli, io e te..- lasciò in sospeso la frase, in un sussurro pieno di doppi sensi. Chiara si sentì arrossire; il suo cervellino era andato in pappa, con pensieri tutt’altro che dovuti per una ragazza già impegnata. –Potremmo parlare.- concluse Christian, con un sorriso divertito e malizioso allo stesso tempo, osservando le reazioni della ragazza al suo fianco.
Parlare..ma chi cavolo vorrebbe solo PARLARE con Christian?!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Estate: Amicizia, divertimento e..AMORE!'
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Incredibilmente, questa storia va molto più velocemente che l'altra...e questo è il seguito, ed è tutto da dire XD
Puahahah ^^ Ma quanto sono felice, ne vado sempre piu orgogliosa, chicos! ** Mi sembra impossibile smettere di scriverla >.<
Comuuunque. Nemmeno in questo capitolo Andy e Jacopo litigheranno u.u W l'amour!
Mentre, direi giustamente ho iniziato con un risveglio TZuccheVoSo per il Tetezco e la futura mamma. u.u
Puhuhuhuhuh ** Cos'altro non ho detto...ah già! L'emarginato PUFF! Mi dimentico persino io, di lui xD che vita insulsa :P
Vabbua, bonne lecture! W l'amour!
Capitolo 3. Priorità: leggere Cime Tempestose!
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Alice si girò su un fianco, acciambellandosi sul petto di Diego, che avendo il sonno leggero e i sensi sempre in allerta, socchiuse gli occhi. Sorrise appena, accarenzando i capelli della fidanzata, pensando che tra poco più di cinque settimane, se tutto fosse andato bene, gli avrebbe dato il suo primogenito.
Kevin. Sì, sarebbe stato perfetto per il loro bambino.
Alice borbottò qualcosa d’indefinito, sbattè le palpebre, e sbadigliò.
-Buongiorno..- bofonchiò, mentre Diego si allungava per baciarle la fronte.
-Ben svegliata, madre di mio figlio..- Lei non potè che sorridere teneramente, davanti a tali parole, dette da niente popò di meno che dall’uomo che amava. Era la cosa più bella che si potesse desiderare. Diego la fece sollevare per due istanti, poi la fece accucciare di schiena sul suo petto, per poter giochicchiare con la pancia della fidanzata. –Ehi, piccolino..sono il papà.- Ad Alice, gli occhi si fecero lucidi. Maledetti ormoni! Non potevano attivarle le lacrime ogni qual volta il suo amato tedesco nominava il loro bambino! –Come va lì dentro? Non vedo l’ora di poterti abbracciare, sai?- Tutti i tentativi di Alice di non piangere si dissolsero in un secondo, perché le lacrime, lente e salate, presero a rigarle le guance. Non le cancellò dal viso, solo per il semplice fatto che erano lacrime di felicità. Perché nascondere il segno di quel sentimento?
Non aveva mai creduto che la sua vita fosse perfetta, Alice, ma in quel momento, abbracciata al suo Diego, incinta del suo primo figlio, non poteva che dire di essere sfacciatamente fortunata. Si sentiva amata, protetta..talmente felice da poter toccare il cielo con un dito.
Lasciò che Diego le carezzasse la pancia per un tempo indefinito, ma che a lui parve sempre troppo poco. Non era mai abbastanza il tempo con suo figlio e con la donna che amava. Per un motivo o per l’altro, i suoi piani di relax totale a base di coccole con Alice non andavano mai in porto. Questa sì, che era vera iella.
-Che ore sono?- mormorò piano Alice. Le sembrava quasi troppo acuta, la sua voce, in quel momento sereno e idilliaco.
Diego si sporse verso la radiosveglia, stringendo ancora dolcemente Alice, e constatò che fossero appena le dieci del mattino. Avevano ancora un po’ di tempo..ma evidentemente per la sua ragazza non era così.
-Così tardi?- esclamò Alice, saltando in piedi allarmata. –Oddio ma che razza di padroni di casa siamo?- il tedesco la guardò basito, non poteva credere che la sua ragazza si preoccupasse di quello che i loro amici.
-Ali, credi che a quest’ora qualcuno sia sveglio?- incalzò lui, con un’aria da so-tutto-io, che fece sbuffare Alice. Lei però ormai era sveglia e nervosa, nonostante il momento di relax di prima, e si alzò dal letto districandosi di dosso le coperte pesanti.
-Tanto devo alzarmi..- disse, agguantando i pantaloni della tuta e una felpa comoda e calda. Si vestì, sotto lo sguardo esasperato di Diego, che dopo qualche altro minuto decise di seguirla di sotto.
Come aveva detto lui, giustamente, nessuno era sveglio così presto. Ma Alice, piuttosto di star ferma a riposarsi come avrebbe dovuto, si avviò in cucina per preparare una torta al cioccolato, chiacchè ne aveva voglia.
-Ali, dovresti stare seduta e rilassarti.- le ricordò il suo fidanzato, accigliato, mentre si avvicinava a lei avvolgendola con le sue braccia calde, carezzando il pancione rigonfio ed evidente. Lei sospirò. Diego giocava sporco, così. Non era giusto. –Diego, ho dormito fino a dieci minuti fa..ho riposato a sufficienza, direi.-ribattè, non riuscendo però a trattenere un sorrisetto. Lui sbuffò, soffiandole sul collo e solleticandolo, per poi sciogliere l’abbraccio e sedersi su una sedia.
-Cosa vuoi preparare?- le domandò. Era inutile insistere con lei, era una testa calda. Da quel che sapeva, l’unico in grado a tenerle testa, per la testardaggine, era Paolo. Però lui, lui era quello che riusciva –a volte- a scioglierla completamente, e di questo andava veramente fiero.
-Torta al cioccolato.- rispose solo, cominciando ad aprire mobili e credenze, tirando fuori gli ingredienti adatti. Si rese conto che con tutto quello che aveva preparato la sera precedente, aveva dimezzato la sua scorta, e la dispensa necessitava di essere riempita al più presto, se non avesse voluto fare la fame con i suoi amici.
In quel momento, entrò in cucina una sbadigliante Andrea, con marito appresso che sembrava lì lì per tornare a russare come un trattore. –Buongiorno.- bofonchiò lui, stropicciandosi gli occhi ed emettendo un sonoro sbadiglio.
-Buongiorno!- trillò Alice, sorridendo agli amici. Andy guardò accigliata la sua amica, -Tu non dovresti riposare? E che combini?- chiese, notando tutti gli arnesi che aveva riposto sull’isola della cucina e la marea di ingredienti seminati in ogni dove. Alice sbuffò. –Faccio una torta, e sì, non devo riposare.-
Diego alzò gli occhi al cielo, invece Jacopo ghignò.
-Diego, ritieniti fortunato! Andrea all’ottavo mese era assolutamente intrattabile. Non le potevi dire nulla che ti tirava dietro i piatti! Però magari Alice deve ancora esplodere.- gli disse, con aria comprensiva. Diego sbiancò, e Andrea riservò un’occhiataccia al marito. Sapeva bene quanto il povero tedesco avesse problemi a gestire la situazione, era già terrorizzato all’idea del parto..di questo passo, avrebbe avuto paura di Alice stessa.
-Non ascoltarlo, Diego. Io tiravo i piatti dietro a Jacopo perché mi faceva incazzare, non perché ne avevo voglia.- Ma l’affermazione, che avrebbe dovuto tranquillazzare il fidanzato di Alice, non ebbe l’effetto sperato, perché Diego deglutì sonoramente angosciato. Alice ridacchiò, e ritornò a dedicarsi all’impasto della sua torta.
-Beh, programmi della giornata?- domandò Andrea, cercando di cambiare il discorso. Meglio non far morire d’ansia il fidanzato di Alice, perché la cara donna in dolce attesa gliel’avrebbe fatta pagare cara, in quel caso. Altro che relax.
Alice assunse un’aria pensierosa. –Ho constatato che la mia dispensa si è svuotata in una sera…pensavo di andare a fare shopping in città, che ne dite?-
Andrea sorrise, mentre Jacopo storse il naso.-E’ un’ottima idea!- esclamò lei.
-Ma non sarà una cosa tutto vestiti,vero?- domandò Jacopo, deglutendo ansiosamente davanti a quella prospettiva.
-No, certo che no! Se avremo tempo, magari.- concesse Alice, voltandosi solo un istante per sorridere all’amica e ammicarle, e tornarsene ad impastare.
I quattro ragazzi sentirono dei rumori provenire dalle scale, e dopo due istanti Giulia e Mirko corsero in cucina, sorridenti. –Buongiorno!- esclamarono, accomodandosi vicini al tavolo.
Andrea guardò stupita il figlio. –Ma tu non stavi dormendo profondamente?-
-Quando avete chiuso la porta, mi sono alzato e ho svegliato Giuly. Francy dorme ancora!- disse risoluto,-Zia Ali, posso bere il latte?-
Lei sorrise, e fece un cenno al fidanzato di alzarsi e servire i piccoli di casa.
-Okay. Mia figlia è sparita!- così esordì Matteo, entrando nella stanza con un’espressione tra il terrorizzato e il sospettoso. Giulia scoppiò a ridere, e gli fece ciao con la manina, mentre Diego le porgeva la tazza di latte fumante che aveva appena scaldato al microonde. Andrea si alzò, e giacchè ieri si era prodigata ad aiutare a cucinare, sapeva approssimativamente dove fossero tutte le cose. Prese dalla credenza un pacco di biscotti al cioccolato, lo aprì e lo mise davanti ai piccoli. Mirko si leccò i baffi, e si buttò a capofitto nei biscotti, seguito immediatamente a ruota dalla sua amichetta.
*
Chiara si svegliò ancor più stanca di quando era andata a letto, più nervosa e con l’assoluta certezza che quella fosse una giornata strana. Se lo sentiva sulla pelle, che ci sarebbero state delle sorprese, brutte o belle che fossero. Quando aveva questa sensazione, poteva star certa che qualcosa capitava. Era così.
Quando si decise a districarsi le coperte di dosso, guardò l’orologio e notò che fosse piuttosto tardi, le undici e mezza. Quelle screanzate: potevano anche svegliarla, sapevano che quando dormiva non si sarebbe mai svegliata presto, o comunque ad un’ora accettabile, da sola. Sbuffò, e si alzò. In quel momento, notò qualcosa che non andava. Marco non c’era nel letto; non era un gran dormiglione, perciò poteva essere già sceso in salotto con gli altri, che sicuramente erano svegli e pimpanti. Tutti forse, tranne Viola. Si strinse nelle spalle, si stiracchiò un po’ gambe e braccia, e sbadigliò rumorosamente. Proprio quando si stava avvicinando alla porta per andare in bagno a lavarsi, quella si aprì e Marco, vestito da lavoro, ne entrò, con un’aria strana. Sospetta.
Lui sospirò. –Sei sveglia..- da come lo disse, pensò Chiara, sembrava un reato!
-Chiara, c’è un problema al lavoro..-
Lei si scurì in volto. Ovvio. Si doveva aspettare che non avrebbe passato tanto tempo col suo ragazzo, perché, ovviamente, il suo lavoro veniva prima di tutto, prima anche di lei. Poco contava che a malapena si vedessero la sera tardi, e molte volte nemmeno in quel momento. Marco tornava tardi, e capitava che Chiara troppo stanca e spossata si addormentasse prima del suo ritorno, e quando la mattina si svegliava, lui aveva già levato le tende per andare in ufficio.
-Lo immaginavo..- disse in un soffio.
Marco ignorò il tono rassegnato della sua voce, o forse nemmeno ci fece caso.
-Cercherò di risolvere tutto al più presto..magari riesco a tornare tra qualche giorno.- Chiara annuì, ma era convinta di tutto il contrario. I problemi si sarebbero moltiplicati, e alla fine lei sarebbe rimasta lì da sola, in mezzo a tutte quelle famiglie felici, senza un compagno. Perché Marco aveva da fare, era importante, nonostante la giovane età di appena ventotto anni. Era maturo e responsabile. Forse troppo, pensò amareggiata Chiara. Lui non capiva che lei non voleva degli investimenti, ma un uomo al suo fianco, un uomo da amare e che l’amasse. Era così preso dall’impresa di famiglia, che nemmeno parlavano più. Sembravano due estranei che abitavano nello stesso appartamento; lui non cercava nemmeno di capire i suoi bisogni, era come se parlassero in due lingue diverse. In quanto a lei, ormai si era arresa a tentar di scovare un ragazzo ancora giovane e allegro, oltre la facciata seria da ultra-quarantenne. Ma non c’era. Marco sembrava cresciuto troppo e troppo in fretta.
-Devo partire ora, per non perdere il primo volo disponibile.- la informò. Sembrava le stesse dicendo che fuori pioveva, e non che se ne sarebbe andato di lì a qualche minuto.
-Okay.- sospirò Chiara. Che altro doveva dire? Non sarebbe valso a nulla.
Lui l’abbracciò, le scoccò un bacio veloce sulle labbra, che a Chiara parve così distaccato e freddo da lasciarle un vuoto nel petto. –A presto.- disse Marco, prendendo la sua valigia e uscendo dalla loro stanza. Chiara lo accompagnò giù, sotto lo sguardo di Viola, che stava uscendo in quel momento dalla sua camera. L’occhiata che lanciò all’amica significava: “ho un bisogno estremo di parlarti”. Marco andò da Alice in cucina, che si accigliò. Lui le spiegò l’impiccio, si scusò e ringraziò dell’ospitalità. Senza degnarsi di salutare in modo più accorato, si sporse per dare un ultimo buffetto a Chiara, che lo salutò in pigiama sul vialetto. Tornò dentro appena l’auto di Marco svoltò dietro l’angolo, e avvisò i suoi amici che si sarebbe fatta una doccia e poi li avrebbe raggiunti in cucina. Loro annuirono, ma non fecero commenti sulla fuga del suo ragazzo. Glielo leggevano in faccia, che non era il momento per battutine e scherzi.
Si lavò velocemente, conscia che nemmeno il getto caldo dell’acqua l’avrebbe rilassata. Si asciugò, e si vestì con una tuta consunta ma che le piaceva tanto. Stava per scendere di sotto, quando incrociò di nuovo Viola sul pianerottolo, che l’aveva aspettata.
-Tutto bene?- le chiese, cauta.
-Sì.- fu la risposta rassegnata di Chiara, che cercò di rivolgere un sorriso stiracchiato all’amica. –Ormai ci sono abituata.- spiegò, stringendosi nelle spalle.
-Non sembra..- le fece notare Viola, ansiosa. La sua amica aveva un’aria depressa, come non l’aveva mai vista. –Sicura di star bene?-
Chiara sospirò di nuovo, e abbassò il capo, tormentandosi le mani. –E’ solo che pensavo che finalmente potessimo passare un po’ di tempo insieme.. è più di un anno che la situazione sfiora l’assurdo.- raccontò, in un filo di voce.- A malapena ci salutiamo la sera, perché lui è sempre al lavoro. Avevo pensato che questa vacanza avrebbe giovato alla nostra relazione..ma come hai potuto vedere, non ho avuto il tempo nemmeno di tentare a ritrovare l’affiatamento.- finì. Viola non sapeva che dirle; era ovvio, le dispiaceva moltissimo. Ma non poteva dirle che la capiva, perché avrebbe fatto la figura dell’ipocrita. Chiara sapeva bene almeno quanto lei, che la storia con Matteo procedeva a gonfie vele e che la scintilla iniziale non andava spegnendosi, ma rimaneva brillante e scoppiettante.
La guardò solamente negli occhi, per farle capire che qualsiasi cosa fosse successa, lei ci sarebbe stata. Chiara recepì il messaggio, le sorrise e l’abbracciò di slancio, cercando di trasmetterle tutta la sua gratitutine.
Scesero di sotto, a Chiara stava tornando il sorriso nonostante il suo ragazzo l’avesse appena lasciata, in un certo senso, sola, per provvedere al suo sacrosantissimo impiego anche nelle vacanze natalizie.
Tutti erano già giù, eccetto Christian, e quando Viola dette voce ai pensieri di Chiara, Diego, ridendo, rispose che da ghiro qual era, stava ancora nel mondo dei sogni.
Mentre Alice, incurante del pancione ingombrante, si spostava agilmente da una parte all’altra della cucina, per controllare il dolce crescere nel forno e il pranzo sui fornelli, Diego e i ragazzi si misero ad apparecchiare. Luca parlava senza sosta a Viola, mettendola al corrente dei pensieri di un bimbo di due anni, mentre Giulia, Francesco e Mirko saltellavano in ogni dove della casa giocando a nascondino. Si stava da Dio, non c’era che dire.
Andrea spedì i bambini, dopo averli scovati dietro ai divani e sotto al tavolo, a chiamare Christian, per informarlo che il pranzo era pronto. Da bravi valletti quali erano, svegliarono il ragazzo saltandogli addosso e facendogli prendere un colpo, poi lo trascinarono senza troppi complimenti a lavarsi le mani.
-Giulia ha grandi possibilità per darsi alla lotta libera.- Così esordì, entrando nella cucina. –E’ potente!-
Tra le risate, pranzarono allegramente. Andrea e Alice scambiarono qualche parola anche con Giselle, che, all’idea di andare al centro commerciale al pomeriggio, sembrava già euforica. Se non si pavoneggiasse e non facesse la civetta, pensò Andy, magari sarebbe potuta essere una ragazza piacevole. Non simpatica, piacevole. Con cui scambiarsi pareri sugli shapoo e i profumi.
Non altro, non era abbastanza profonda per discorsi filosofici.
Christian, quasi alla fine del pasto, si accorse della mancanza di Marco, ma non fu abbastanza sveglio dal capire che era meglio chiedere all’orecchio di Matteo piuttosto che fare la figura della pera cotta.
-Ma dov’è quel carciofo muto?- chiese di getto, pentendosene subito dopo, vista la smorfia sul viso di Chiara.
-E’ dovuto tornare a casa per questioni di lavoro.- fu la risposa concisa della ragazza, senza snocciolare troppe informazioni a Christian. Non voleva lasciar trapelare i suoi pensieri, perciò accennò un finto sorriso orgoglioso. –E’ importante il suo ruolo, nell’impresa di famiglia..- Viola bevve un sorso d’acqua, per non dare nell’occhio con la sua espressione di chi conosceva fin troppo, ma Matteo, comunque, le riservò un’occhiata curiosa che la moglie ignorò.
-Buon per lui.- rispose seccato Christian, per poi chiudersi in un mutismo offeso.
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Chiara aveva sempre pensato che, per quanto riguardava lei, la sfortuna non era mai a sufficienza. E quando la colpirono una serie di fitte alla pancia, da farla piegare in due con le lacrime agli occhi, quel pensiero le tornò subito in mente.
Non bastava solo la sconsolatezza della sua strana situazione amorosa, no. Perché non aggiungerci dolori e ormoni sballati dal ciclo, tanto per peggiorare la situazione e renderla ancor più intrattabile e propensa al pianto isterico? E così fu. Quando Alice le illustrò i piani del pomeriggio, cercò di non essere troppo scontrosa, e sorridendole dispiaciuta, declinò gentilmente l’offerta, dicendo che non stava molto bene, e che sarebbe stata tranquilla a casa a riposare dopo essersi presa un Oky. Alice si strinse nelle spalle e sorrise comprensiva.
-Sicura che non vuoi venire?- incalzò Viola, mentre porgeva il cappottino a Giulia, e la imbacuccava con la sciarpa di lana.
Chiara sorrise appena, e scosse la testa, mostrandole la copia consunta e ingiallita di Cime tempestose: -Questa volta voglio finirlo.-
La sua amica rise, scuotendo la testa. –Dici così da dieci anni, Chià.-
-Appunto!- ribattè, sistemandosi meglio sul divano, e sorridendo alla piccola.
-Giulietta, compra le caramelle, eh!- la bambina s’illuminò e guardò la madre, con degli occhi definibili semplicemente zuccherosi.
-Vero che le prendiamo, mamma?- Viola sorrise, rassegnata e intenerita, e annuì. Una volta ultimata la protezione dal freddo di sua figlia ficcandole in testa una berretta di lana col pon-pon il cima, indossò anche lei il giubbotto.
-Okay, noi andiamo.- disse Alice, afferrando la borsetta dal divano. –Occhio a non demolire nulla, va bene?- aggiunse Diego, con un sorrisetto pieno di sottintesi che fecero accigliare Chiara.
-Demolire?- chiese, confusa.
Alice diede una botta alla nuca del fidanzato, e sorrise in modo strano, colpevole, a Chiara. –Niente, ciao ciao!- detto ciò, sospinse tutti (che ghignavano incomprensibilmente) fuori dalla casa, e chiuse a chiave, come se avessero paura che potesse scappare. Chiara non ci fece caso, e riaprì il libro da dove l’aveva interrotto. Prima o poi ce l’avrebbe fatta a leggerlo tutto.
Fece partire il suo Ipod, e si concentrò sulla lettura, almeno finchè non notò un’ombra che poi si rivelò essere Christian. Lui parve stupito della sua presenza. Non era nella stanza, mentre informava Alice della sua indisposizione fisica, ma comunque pensava che anche lui andasse con loro.
-E tu che ci fai qui?- chiese, sorpreso.
Lei alzò il sopracciglio, e fece un cenno al libro. –Secondo te?-
-Perché non sei uscita con gli altri?- incalzò, sparendo nella cucina adiacente al salotto e tornando qualche istante dopo con una birra tra le mani.
- Non sto bene.- rispose, -Cose da donne.-
Lui annuì, comprensivo, e senza troppi complimenti si spaparanzò al fianco di Chiara, scostandole le gambe poco aggraziatamente dal loro posto. Lei si raggomitolò, sbuffando, per fargli più spazio.
-Com’è che le chiamavate…? Il periods? O qualcosa del genere. Mi ricordo che ci avevate fatto la lezione sugli assorbenti e sui consigli sulla carta!- Christian sorrise, scuotendo il capo. –Mi è rimasto impresso più di tutte le materie di studio a scuola!- Chiara si ritrovò a sorridere. Si ricordava, e ne era felice.
-Mi ricordo anche che, quando hai le tue cose, sei piuttosto antipatica.- la punzecchiò con un ghigno, e lei gli diede un leggero calcio sulla gamba, indignata.
-Tu sei sempre antipatico, anche se non hai il ciclo.- borbottò lei, in risposta. –Ora, se permetti, vorrei leggere il mio libro.-
Christian si strinse nelle spalle, annuì e tornò a concentrare tutte le sue attenzioni sulla lattina di birra che stava aprendo.
Chiara sbuffò, e piantò gli occhi sulla pagina, riprendendo, anzi, cominciando finalmente a leggere. Peccato che la presenza di Christian, quella fastidiosa presenza, le impedisse di rilassarsi e di capire il significato di quelle parole.
Il ragazzo, dal canto suo, continuava far schioccare la lingua, fintamente disinteressato; sapeva che ad ogni rumore o verso lui emettesse, Chiara era un passo più vicina all’esasperarsi e allo sbottare.
Quando, finita la birra, la accartocciò, Chiara gli riservò l’occhiata più truce che avesse mai lanciato a qualcuno, e lui si aprì in un ghigno soddisfatto. Si allungò e le sfilò il libro di mano, proprio quando lei cercava di recuperare la pazienza e la voglia di leggere quel benedetto libro.
-Ehi!- si lamentò.
Fece per riprenderselo, pronta anche ad una rissa, quando lui le fece il sorriso più furbo e affascinante che le avesse mai rivolto.
-Sei da venti minuti sulla stessa pagina, Chiara.- l’apostrofò, e lei si sentì maledettamente in imbarazzo, perché aveva ragione.
-E’ colpa tua!- sbottò, -Fai casino!- ed era la verità..se non fosse stato che, se al suo fianco ci fosse stato un’altra persona, lei non sarebbe stata così distratta. Era lui, la sua vicinanza, il suo profumo..maledetto lui, e quel suo magnetismo!
Lui ridacchiò, e lanciò la vecchia copia del libro sul tavolino.
-Dato che a casa siamo soli, io e te..- lasciò in sospeso la frase, in un sussurro pieno di doppi sensi. Chiara si sentì arrossire; il suo cervellino era andato in pappa, con pensieri tutt’altro che dovuti per una ragazza già impegnata. –Potremmo parlare.- concluse Christian, con un sorriso divertito e malizioso allo stesso tempo, osservando le reazioni della ragazza al suo fianco.
Parlare..ma chi cavolo vorrebbe solo parlare con Christian?!
*
-Okay, si accettano scommesse! Chi è saltatto addosso a chi?- scherzò Jacopo, facendo ridere gli amici. Dopo un primo giro di spese generali, i bambini si erano definiti “morti di fame”, e i genitori avevano decretato che una piccola pausa non avrebbe fatto male a nessuno. Erano seduti attorno a due tavolini del bar di un centro commerciale, Mirko, Giulia e Francesco sgranocchiavano soddisfatti i loro gelati, mentre i genitori se la ridevano alla grande per il loro piano infallibile e geniale per riappacificare Christian e Chiara.
-Io non scherzerei tanto..- disse Matteo, risoluto. –Dopo, quando torniamo a casa, è meglio suonare il campanello. Non vorrei che i bambini si ritrovassero scene scabrose davanti agli occhi!- risero, ma Matteo era davvero, seriamente e intimamente, convinto di quel che diceva.
-Non ce ne sarà bisogno.- borbottò Viola, che, a differenza degli altri, era certa che tra i due non sarebbe successo niente. Se, al loro ritorno, la casa fosse stata ancora integra-e non per i motivi che intendeva Diego-, e Christian non fosse stato impiccato, trucidato o tagliuzzato a fettine, avrebbe ringraziato il cielo.
-E poi, non potrebbero comunque- soggiunse Andrea.
-Oh, andiamo!- bofonchiò Alice, -Un po’ di ottimismo!-
Viola scosse la testa: -Ma ti pare che quando torniamo a casa, avranno fatto pace? Per giunta in quel modo?- era sconvolta dalla poca considerazione che avevano della moralità di Chiara (Christian, ovviamente era un caso a sé).
-E poi, è ancora con Coso.- fece notare Andrea, con aria sconsolata.
-Oddio, possono anche aver patto pace con una stretta di mano!- esclamò Alice, piccata. Lo sapeva anche lei, che non era plausibile la storia del “saltarsi addosso”, però sperava davvero che chiarissero. –L’importante è che chiariscano!-
-Sì, però non c’è divertimento!- al commento di Jacopo, la mano di Andrea partì diretta e potente sulla testa del marito, facendolo quasi sbattere contro la superficie piana del tavolo. I ragazzi risero, tutti a parte il povero Giordani, che si massaggiò il capo con un’espressione dolorante e rammaricata.
-Violenta!- borbottò.
-Stai pur certo, che dopo questa uscita, i modi di far pace cambieranno drasticamente.- lo informò Andrea, con un’aria melliflua, sbattendo le lunghe ciglia. Jacopo sbiancò. –Dimmi che scherzi..- piagnucolò.
-Certo che no! Così impari!- decretò Andrea, senza il minimo risentimento nello sguardo o nel tono.
Anche se la cosa pareva piuttosto assurda agli occhi di tutti. Andrea e Jacopo erano famosi per la loro passionalità estrema, vittime degli ormoni, nonché per la facilità con cui sfornavano figli.
Sì, era decisamente una barzelletta.
Decisero di ricominciare a girare per i negozi, quando una voce familiare richiamò l’attenzione di Alice. Si voltò sorpresa, incontrando lo sguardo di Roberta, stupita quanto lei. –Ali!-
La ragazza misteriosa si buttò tra le braccia di Alice, le sorrise e osservò commossa la pancia prorompente dell’amica.
-Oddio Ali! Sei incinta!-
Alice rise. –Evidentemente..-
-A che mese sei?-chiese, interessata.
-Ottavo..- rispose, felice. –Vieni, Roby.- e la trascinò allegra dagli amici. –Lui è Diego, il mio ragazzo, e loro sono Matteo e Viola, Andrea e Jacopo, Paolo, il mio amico, quello di cui ti parlavo (-Spero bene!- commentò Paul, ridacchiando) e la sua ragazza, Giselle.- Si voltò, indicò i bambini, e presentò anche loro uno a uno. Loro, dietro ai maxi coni gelato, sorrisero timidamente.
-Ragazzi, lei è Roberta.-
*
-Christian, sei un maiale!- sbraitò, all’ennesimo rutto del suo compare, che fregandosene del fatto che ci fosse un altro divano per stravaccarsi, la stava comprimendo contro il bracciolo del sofà.
Lui, di risposta le sorrise in un modo che avrebbe potuto farla liquefare all’istante. Poteva, un sorriso, crearle un tale scompenso cardiaco? Evidentemente, lui ci riusciva.
Ma era sbagliato. Stupido. Insensato. E assolutamente compromettente.
Non c’è mai fine alla mia sfiga, pensò. Sarebbe dovuta seriamente uscire con Viola e le altre, andare a fare shopping e sopportarsi il mal di pancia.
Christian si fece in un attimo pensieroso. –Allora..il Carciofo se n’è andato..-
Chiara, prima che potesse aggiungere altro, lo interruppe: -Tornerà al più presto.- chiarì, con un cipiglio serio. Era più una speranza, che una certezza, quella. Si sistemò meglio, accanto a lui, avvicinando le ginocchia al petto, in modo da non avere la sua figura proprio davanti agli occhi. L’imbarazzo, così, l’avrebbe fermata dal voltarsi ogni secondo per osservarlo.
-Beh, sembra..un bravo ragazzo.- disse Christian, con tono incerto.
Chiara annuì, fissandosi le mani intrecciate sulle ginocchia. –Ma non quello che meriteresti.- concluse. A Chiara, il cuore perse un battito. Come poteva dire certe cose? Con quel tono accorato..dolce..suo.
-Marco è..con lui sto bene.- Voleva dire “perfetto per lei”, ma putroppo non era esattamente ciò che pensava. Non sapeva dire balle a Christian, non con i suoi occhi che la osservavano. Si sentiva creta nelle sue mani. Era certa che se lui le avesse chiesto di sputare il rospo, lei l’avrebbe fatto a ruota libera, senza nemmeno preoccuparsi delle conseguenze. Le era già capitato.
-Ne sei sicura?- incalzò. Chiara alzò lo sguardo, e trovò nei suoi occhi fierezza, arroganza, in un certo senso, come se già sapesse che Marco non la rendeva felice, non abbastanza.
-Certo, perché non dovrei?-
Divenne un attimo incerto, Christian, davanti agli occhi fiammeggianti di Chiara. Aveva messo tutta sé stessa, in quello sguardo, per sembrargli sicura. Una sicurezza che non le apparteneva, che non le era mai appartenuta. L’insicurezza, l’indecisione: erano i caratteri principali di Chiara. E questo, diede un po’ di coraggio a Christian per continuare il suo discorso con una parvenza di fiducia in sé stesso e in quello che credeva. Ovviamente, poteva sbagliarsi; Chiara era cresciuta, il suo carattere era cambiato, e quello che diceva potevano solo essere sciocchezze di un ragazzo ancorato al passato.
-Perché..-mormorò, avvicinandosi ai capelli di Chiara, che stette immobile come il ghiaccio. –francamente, più che fidanzati, mi sembrate un russo e un cinese che cercano di parlarsi, senza tuttavia tentare davvero di capirsi..- Il cuore di Chiara perse un battito. Non poteva essere così evidente.
-Come..come fai a dirlo?- sillabò appena, lei, incrociando i suoi occhi.
Qualsiasi cosa Christian volesse dire, la dimenticò. –Chiara io..- deglutì, allontanandosi col viso da lei, e prese un respiro. –Mi sembra..che non ti conosca per niente. E’ freddo, non..insomma, ti meriti di più, Chià.- concluse, a disagio. Già che c’era le faceva la dichiarazione e le chiedeva di sposarlo! Uno stupido, ecco cos’era. Se in quel pomeriggio, chiacchierando, avevano acquisito una parvenza di amicizia, quella che anni prima non erano riusciti a mantenere, be’..ora, quel mezzo passo verso un rapporto normale era vano, perché ne avevano fatti almeno una ventina indietro in un secondo.
-Marco è un ragazzo di pochi gesti dolci, davanti a chi non conosce.- balbettò Chiara, alzandosi dal divano. Le era tornato il mal di pancia, più forte di prima, e in quel momento le girava pure la testa.
Incespicò fino alle scale, sotto lo sguardo pentito di Christian: quando mai aveva aperto bocca!
E, per assurdo, anche Chiara stava pensando la stessa cosa, chiusa in bagno, appoggiata alla porta per sostenersi. Stupito, stupido Christian, e quel cavolo di spirito d’osservazione!
Quando riscese, provando a mantenere un’aria neutra e il respiro regolare, ebbe la sorpresa di trovarsi tutti i suoi amici nel salotto di Alice. Si sentì improvvisamente felice e rilassata, non doveva passare altro tempo con Christian.
-Ehi Chià! Come ti senti?- chiese subito Alice, sorridendole allegramente. In quel momento, Chiara notò la presenza di una ragazza alle spalle della sua amica, e Ali non aspettò due istanti per le presentazioni. –Roby, Chiara. Chià, lei è Roberta.- fece, accompagnando i gesti veloci con un sorriso da orecchio a orecchio. Le due si strinsero la mano, l’amica di Alice sorridente, Chiara un po’ più impacciata e timida.
-Allora, com’è andato il pomeriggio?- esordì Viò, accomodandosi accanto a Matteo con un’aria fin troppo tranquilla. Chiara si sentiva parecchio soffocare, avrebbe preferito uscire a prendersi una boccata d’aria, piuttosto che raccontare i riscontri, sicuramente disastrosi, di quello scherzo di cattivo gusto. –Hai letto Cime tempestose, finalmente, Chià?- indagò Viola, che era ovviamente sicura che Chiara non aveva nemmeno sfiorato il libro.
-Oh sì- mentì, degludendo. –Tutto il pomeriggio.- Non osava alzare lo sguardo e incrociare quello di Christian.
-Ma dov’è Chri, Chiara?- chiese Matteo, incerto. Chiara alzò immediatamente gli occhi, accigliandosi, non trovando quello sguardo magnetico e perennemente malizioso nella stanza. –Era sul divano, fino a dieci minuti fa!- balbettò, passandosi una mano tra i capelli. Possibile che se ne fosse andato? Ma no, si disse, non avrebbe mai fatto un torto ai suoi amici.
-Sei sicura che non sia successo niente di particolare, mentre eravamo via?- incalzò Paolo, ovviamente bando alla discrezione, era il suo motto. Ma dopotutto, che c’era da nascondere? Marco era lontano, tra l’altro, e francamente, Chiara dubitava che gli importasse qualcosa che Christian fosse una sua, non così vecchia, fiamma.
-No..- mormorò Chiara, arrossendo. Sentiva gli sguardi di tutti addosso, compreso quello dell’amica di Alice, Roberta. Chissà cos’avrebbe pensato. –Noi abbiamo solo..parlato.- Andrea cercò di non contrarre il viso in una smorfia. Sapeva bene, lei, quanto fosse deleterio solamente parlare troppo, quando in realtà le parole da dirsi erano solo tre: “Scusa”e “Ti amo”. Ma Chiara e Christian erano ottusi, testardi, orgogliosi, e soprattutto feriti. Chiara pergiunta stava con quel Coso che nemmeno passava le vacanze con lei, e sprecava momenti preziosi con la sua fidanzata per un lavoro che avrebbe potuto svolgere benissimo qualcun altro nei paraggi.
A quel punto, si ritrovò a pensare amareggiata, sarebbe stato tutto molto meno rovinoso per Chiara se fosse successo davvero qualcosa di “particolare”, come aveva detto Paolo. Anzi, forse li avrebbe fatti svegliare prima.
-Di che cosa?- chiese Matteo, accigliato.
Chiara arrossì ancor di più. –Di ogni cosa..- disse, pensando a tutte le chiacchiere del pomeriggio, ovviamente includendo l’ultimo spinosissimo discorso.
-Avete parlato anche di dieci anni fa?- Andrea fulminò il marito: no, davvero, era irrecuperabile; Jacopo, quando Dio distribuiva il tatto, era al gabinetto.
-Sì..- bisbigliò Chiara, con un filo di voce, -Ma non di quel momento. Abbiamo solo ricordato l’estate in cui ci siamo conosciuti.- snocciolò, in ansia.
Matt si strinse nelle spalle, -Tornerà tra una ventina di minuti, conoscendolo.- disse, sicuro.-Spero solo che torni prima che cominci a piovere, quelle nuvole non preannunciano nulla di buono!-
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Come aveva detto Matteo, appena fuori si scatenò il più brutto temporale degli ultimi tempi, Christian arrivò a casa, e, neanche a dirlo, era riuscito a prendersi la pioggia.
-Brr..si gela fuori!- commentò, passando una mano tra i capelli e strizzandoli e togliendo l’umidità da essi. Si tolse il cappotto, e sorrise, quando Alice gli presentò Roberta.
Intanto, Chiara pensava a tutti gli insulti possibili ed immaginabili da sbraitargli contro, perché non si era mai sentita male come in quell’ora in cui Christian era stato fuori senza avvisare nessuno.
Ah, se solo avesse avuto l’occasione, l’avrebbe strozzato a mani nude, quello stupido!
Peccato che i suoi istinti omicidi svanirono nell’estatto momento in cui Christian si sedette sul tappeto per giocare con Giulia, Mirko e Francesco. Poteva un individio, passare dall’essere il più irritante del mondo, al più dolce dell’universo? Christian ci riusciva, e di questo, Chiara non se ne capacitava. Era solo uno spaccone.
Dopo la cena, verso tardi, Roberta si era dovuta congedare, promettendo ad un’offesa Alice, che sarebbe tornata l’indomani, facendola così esultare euforica.
Chiara era stravolta, a malapena si reggeva in piedi per il sonno, e le palpebre erano lì lì per chiudersi e non aprirsi fino alla mattina seguente. Dai visi dei suoi amici, però, comprese che anche per loro era stata una giornata intensa. Quella sera, infatti, il soggiorno non impiegò molto a svuotarsi e le camere a essere abitate.
Quando anche Jacopo e Andrea si rifugiarono nella loro stanza, rimasero solo Christian e Chiara. Lei l’aveva aspettato, voleva parlargli, nonostante fosse poco lucida. Non era sicura nemmeno di riuscire a formulare una frase di senso compiuto, in quello stato.
-Allora..buonanotte, Chiara.- salutò lui, avviandosi verso le scale.
-Chri..- lo bloccò lei, inseguendolo improvvisamente sveglia e prendendogli il polso. Quella tachicardia inattesa le aveva acceso il cervello, non solo le guance. Lui rimase perplesso, quando Chiara, per mezzo secondo, lo abbracciò. –Sei uno stupido- detto ciò, la ragazza corse su per le scale, lasciando Christian perplesso e impalato con la bocca aperta a guardare il punto in cui si era volatilizzata.
Appena recepì quello che era successo, sorrise e salì tranquillo in camera sua, pronto per dormire.
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-Prima o poi, ci cascheranno.- commentò Jacopo, infilandosi la felpa della tuta che usava per dormire, per poi scuotere la zazzera castana e dargli una non-forma.
Andrea annuì. –Ma a quel punto, ci saranno un sacco di casini, lo sai, vero?-
Il ragazzo sospirò, e si avvicinò al materasso, infilandosi abilmente tra le calde coltri per abbracciare la moglie. –Sì. Per questo dobbiamo essere pronti a dare una botta in testa a entrambi per farli ragionare.- Andrea, a quelle parole, scoppiò a ridere. Si accoccolò meglio contro il petto del suo uomo, e gli scoccò un bacio sul mento, facendolo sorridere beatamente.
-Sai, io ho una fortuna sfacciata.- disse solenne, facendo sorridere divertita Andrea.
-Perché?- incalzò, curiosa.
-Ho una moglie fantastica e due angeli di figli: cosa potrei volere di più dalla vita?-
Andrea assunse un’aria pensierosa. –Un Ferrarino?- Sentì vibrare i muscoli di Jacopo, che soffocò le risate sui suoi capelli per non far troppo baccano e svegliare Mirko e Luca. Sarebbe stata un’impresa, poi, far riaddormentare i bambini: e addio intimità.
-Ti rendi conto che sono quasi quattro anni di matrimonio?- ragionò ad alta voce Andrea, aprendosi in un sorriso. Era impossibile non farlo, a quel pensiero. Era così soddisfatta e beata, che avrebbe sfidato chiunque, a essere più felice e appagata di lei.
Nessuno avrebbe potuto comparare quel senso di appartenenza, di pienezza, che l’avvolgeva quando stava con Jacopo. O solamente quando lui sorrideva; in realtà, le bastava solo che lui respirasse, e Andrea era la donna più felice della Terra.
-I quattro anni più intensi e belli della mia vita.- mormorò, dopo aver appoggiato le labbra su quelle della moglie in un bacio dolcissimo, intriso di tutto l’amore che provavano l’uno per l’altra. –Ti amo, mia scorbutica Andy..-
-Anch’io, Brontolo.-
  
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