Estate:
la
stagione migliore per passare una notte con chi si ama.
Il
mare era
calmo, liscio, come un velo sottile di cielo notturno depositatosi su
quegli
abissi misteriosi governati dal dio Poseidone.
Il
grande,
seppur incredibilmente giovane, re Alessandro stava silenziosamente in
contemplazione di quello spettacolo, affacciato
dal castello di Babilonia, ma non voleva ancora uscire sul
balcone.
Dentro
di sé
sentiva che qualcuno di importante stava per arrivare, qualcuno di
molto più
prezioso di Bagoa, che al momento stava zitto zitto a fissarlo.
E
finalmente
la porta si aprì, lenta, come i passi del nuovo venuto che
si avvicinavano
quasi timorosi a lui.
Alessandro
sorrise
ancor prima di voltarsi: solo lui entrava senza bussare, solo lui non
si
annunciava, non lo chiamava, limitandosi semplicemente ad aspettare che
fosse
lui il primo a chiamarlo.
“Efestione…”
“Falla
venire a Babilonia…” sussurrò lui
avvinandosi al biondo: teneva nella mano
destra un bicchiere di vino ancora intatto e nella sinistra la lettera
di
Olimpiade: “La faresti tanto felice…”
riprese in un sussurro.
Se
fosse
stato qualcun altro Alessandro lo avrebbe già cacciato per
il semplice fatto
che aveva guardato fra le sue cose senza chiedergli il permesso, ma con
Efestione era diverso: condivideva tutto con lui, anche i segreti
più intimi e
proibiti.
Si
fidava
ciecamente di lui e questo sua madre glielo aveva rimproverato fin da
quando
era bambini, ma niente lo avrebbe mai allontanato da lui.
“Guarda
qui…”
sussurrò tristemente Alessandro indicandogli una parte del
testo: “Secondo lei
non mi posso fidare di nessuno… i nemici più
pericolosi si mascherano da amici…”
Cadde
un
attimo di silenzio, interrotto dal generale che disse ridacchiando:
“Però,
guarda qui: “Salvo solo Efestione…” che
madre intelligente hai, Xandrè!”
Risero
entrambi
per quanto ricordassero tutti i tentativi fatti dalla regina per
separarli.
“Resta
con
me stanotte, Efestione.” Disse all’improvviso il
re, una luce speranzosa accesa
nei suoi occhi profondi.
L’altro
si
voltò appena verso Bagoa, intento a fingere di star pulendo
il mobile accanto
al letto quando in realtà sapevano tutti che era stato
immobile tutto il tempo
ad ascoltare il discorso degli altri due, invidioso del loro rapporto.
“Sai
cosa?”
gli occhi di Alessandro brillarono pericolosamente: Efestione conosceva
quell’espressione e di solito anticipava
una qualche idea stravagante del re.
“Oggi
non
mando via lui, no, oggi ce ne andiamo noi.”
Efestione
lo
fissò a bocca aperta, come il servo, che si era aspettato il
solito: “Grazie
Bagoa, puoi andare.”
Alessandro
rise
di fronte all’espressione confusa del suo generale preferito
e lo trascinò
verso la porta, ma lui, prima di uscire, non resistette:
“Pulisci bene, Bagoa!”
lo disse con tono di scherno, quasi perfido, odiava quel servo.
“Sei
stato
cattivo.” Lo rimproverò leggermente Alessandro
allontanandosi dalla porta.
“Lo
so. Ma odio
quel persiano… è incantevole e se penso che ti
gira intorno tutti i giorni…”
Efestione si zittì stringendo violentemente i
pugni, ma Alessandro glieli sciolse subito, mettendosi davanti a lui e
costringendolo dolcemente ad aprire la mani, per poi tenerle fra le
proprie: “Lui
pensa la stessa cosa di te… ma la differenza fra voi
è che lui ha il diritto di
essere geloso, tu no. Lui non mi avrà mai, mentre appartengo
a te fin da quando
siamo bambini. Sei tutto ciò che amo, Efestione.”
Il
generale
lo abbracciò d’istinto, senza curarsi del fatto
che qualcuno avrebbe potuto
vederli, ma aveva bisogno di sentire le braccia del re stringerlo, cosa
che non
gli fu negata.
“Ho
paura
di perderti. Ho paura che gli altri, che questo tuo sogno ti porti via
da me…
io ho bisogno di te Xandrè.” Stava piangendo come
una ragazzina spaventata,
senza ritegno, ma proprio non riusciva a trattenersi, tanta era la
paura.
Alessandro
lo
strinse a sé maggiormente, commosso: “Non mi
perderai mai: se non è riuscita
mia madre a dividerci, che pensi ce la farà? Bagoa? Quel
servetto saltellante e
appiccicoso? Tu temi il mio sogno Efestione, ma il mio sogno non
è nulla senza
di te. Ogni cosa perde valore senza di te… l’altro
giorno ho detto che sto
cercando casa mia, ma mentivo: ho già una casa dove
rifugiarmi quando sono
stanco, dove sentirmi protetto quando ho paura ed è qui, fra
le mie braccia. Sei
il mio mondo Efestione.”
Il
generale
non sapeva se piangere o ridere tanta era la gioia di quel momento:
“E’ la cosa
più bella che avresti potuto dire…”
sussurrò quindi con voce tremante e commossa
lasciandosi cullare dal
respiro dell’altro che si infrangeva contro i suoi lunghi e curati capelli.
Rimasero
così
qualche secondo, senza più parlare, con i cuori che
battevano all’unisono, poi
Efestione si scostò appena per poterlo guardare in faccia e
chiese in un
sussurro giocoso: “Allora, dove andiamo, mio re?”
Alessandro
lo prese per mano ed iniziò a correre trascinandoselo dietro
ed in breve i due
furono finalmente fuori dal palazzo, alla luce della luna che da tempo
aveva
sostituito il caldo sole estivo.
Era
una
notte splendida: le stelle erano luminosissime e punteggiavano il cielo
scuro,
ruotando intorno alla luna, loro dimora, come tanti ragazzini
dispettosi, come
i due uomini che stavano correndo lungo le strade deserte di Babilonia
per poi
fermarsi esausti in riva al mare.
“Aiuto.”
Mormorò
Efestione respirando affannosamente: “Mi scoppiano i
polmoni.”
Si
lasciarono
cadere sulla sabbia chiara, morbida, che si infilò appena
fra le loro dita
intrecciate.
Lo
sciacquio
delle onde faceva da dolce sottofondo ai loro respiri, ai battiti
veloci dei
loro cuori e alle loro parole sommesse.
“Adoro
il
mare.”
“Io
adoro
stare con te… enganga!”
Risero
entrambi rotolandosi lungo la spiaggia fino ad arrivare in mare: si
bagnarono
completamente, gli abiti e i capelli vennero inzuppati e pervasi dal
sapore di
sale e una nuova onda li sommerse.
Enganga:
lo
dicevano sempre da
ragazzini quando
ripetevano uno stesso concetto continuamente.
Quella
parola
li fece sentire vivi e cancellò le guerre, le paure e gli
sbagli che avevano
accumulato crescendo, mentre l’acqua lavava il male che aveva
rischiato di
corroderli: erano tornati puri come quando si conobbero, da bambini, ma
infondo
la purezza non li aveva mai abbandonati, accompagnando la crescita del
loro
amore.
Si
rotolarono,
si rincorsero a lungo ridendo spensierati, fino a quando non si
sdraiarono
sfiniti sulla spiaggia.
“Era
tanto
che non mi divertivo così…”
sussurrò Alessandro avvicinandosi all’altro, che
sorrise: “Era tanto che non ci divertivamo insieme.”
“Ma
noi
staremo sempre insieme.” Fece Efestione voltandosi su un
fianco per guardarlo
negli occhi: “E anche quando saremo lontani ripenseremo al
tempo trascorso
insieme, ci ricorderemo di questa sera e sapremo che siamo troppo
speciali per
non amarci.” Efestione sorrideva: non aveva più
paura e credeva con tutto se
stesso in quello che aveva detto.
Il
biondo
rimase qualche istante a guardarlo affascinato, quindi
sussurrò incantato: “Ti
amo Phai.”
“Lo
so.”
Si
baciarono
lentamente sperando che quel momento potesse durare per sempre e il
sapore di
sale li invase, ma sapevano entrambi che il sole estivo sarebbe sorto
in ogni
caso.
Ma
aveva
ragione Efestione: quella notte sarebbe vissuta per sempre nei loro
cuori
insieme a molti altri momenti.
Per
ora si accontentavano
della certezza che niente e nessuno avrebbe mai potuto spezzare il loro
amore, perché
loro stessi erano stati plasmati in quello stesso amore che avrebbero
difeso
anche dopo la morte.
E le
stelle
stavano a guardare.