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Autore: La Kurapikina    08/08/2011    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se la sera in cui Alessandro ed Efestione si incontrano sul balcone a bibilonia le cose si sarebbero svolte diversamente? Una serata estiva passata al mare...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alessandro il Grande, Efestione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Estate: la stagione migliore per passare una notte con chi si ama.

Il mare era calmo, liscio, come un velo sottile di cielo notturno depositatosi su quegli abissi misteriosi governati dal dio Poseidone.

Il grande, seppur incredibilmente giovane, re Alessandro stava silenziosamente in contemplazione di quello spettacolo, affacciato  dal castello di Babilonia, ma non voleva ancora uscire sul balcone.

Dentro di sé sentiva che qualcuno di importante stava per arrivare, qualcuno di molto più prezioso di Bagoa, che al momento stava zitto zitto a fissarlo.

E finalmente la porta si aprì, lenta, come i passi del nuovo venuto che si avvicinavano quasi timorosi a lui.

Alessandro sorrise ancor prima di voltarsi: solo lui entrava senza bussare, solo lui non si annunciava, non lo chiamava, limitandosi semplicemente ad aspettare che fosse lui il primo a chiamarlo.

“Efestione…”

“Falla venire a Babilonia…” sussurrò lui avvinandosi al biondo: teneva nella mano destra un bicchiere di vino ancora intatto e nella sinistra la lettera di Olimpiade: “La faresti tanto felice…” riprese in un sussurro.

Se fosse stato qualcun altro Alessandro lo avrebbe già cacciato per il semplice fatto che aveva guardato fra le sue cose senza chiedergli il permesso, ma con Efestione era diverso: condivideva tutto con lui, anche i segreti più intimi e proibiti.

Si fidava ciecamente di lui e questo sua madre glielo aveva rimproverato fin da quando era bambini, ma niente lo avrebbe mai allontanato da lui.

“Guarda qui…” sussurrò tristemente Alessandro indicandogli una parte del testo: “Secondo lei non mi posso fidare di nessuno… i nemici più pericolosi si mascherano da amici…”

Cadde un attimo di silenzio, interrotto dal generale che disse ridacchiando: “Però, guarda qui: “Salvo solo Efestione…” che madre intelligente hai, Xandrè!”

Risero entrambi per quanto ricordassero tutti i tentativi fatti dalla regina per separarli.

“Resta con me stanotte, Efestione.” Disse all’improvviso il re, una luce speranzosa accesa nei suoi occhi profondi.

L’altro si voltò appena verso Bagoa, intento a fingere di star pulendo il mobile accanto al letto quando in realtà sapevano tutti che era stato immobile tutto il tempo ad ascoltare il discorso degli altri due, invidioso del loro rapporto.

“Sai cosa?” gli occhi di Alessandro brillarono pericolosamente: Efestione  conosceva quell’espressione e di solito anticipava una qualche idea stravagante del re.

“Oggi non mando via lui, no, oggi ce ne andiamo noi.”

Efestione lo fissò a bocca aperta, come il servo, che si era aspettato il solito: “Grazie Bagoa, puoi andare.”

Alessandro rise di fronte all’espressione confusa del suo generale preferito e lo trascinò verso la porta, ma lui, prima di uscire, non resistette: “Pulisci bene, Bagoa!” lo disse con tono di scherno, quasi perfido, odiava quel servo.

“Sei stato cattivo.” Lo rimproverò leggermente Alessandro allontanandosi dalla porta.

“Lo so. Ma odio quel persiano… è incantevole e se penso che ti gira intorno tutti i giorni…”  Efestione si zittì stringendo violentemente i pugni, ma Alessandro glieli sciolse subito, mettendosi davanti a lui e costringendolo dolcemente ad aprire la mani, per poi tenerle fra le proprie: “Lui pensa la stessa cosa di te… ma la differenza fra voi è che lui ha il diritto di essere geloso, tu no. Lui non mi avrà mai, mentre appartengo a te fin da quando siamo bambini. Sei tutto ciò che amo, Efestione.”

Il generale lo abbracciò d’istinto, senza curarsi del fatto che qualcuno avrebbe potuto vederli, ma aveva bisogno di sentire le braccia del re stringerlo, cosa che non gli fu negata.

“Ho paura di perderti. Ho paura che gli altri, che questo tuo sogno ti porti via da me… io ho bisogno di te Xandrè.” Stava piangendo come una ragazzina spaventata, senza ritegno, ma proprio non riusciva a trattenersi, tanta era la paura.

Alessandro lo strinse a sé maggiormente, commosso: “Non mi perderai mai: se non è riuscita mia madre a dividerci, che pensi ce la farà? Bagoa? Quel servetto saltellante e appiccicoso? Tu temi il mio sogno Efestione, ma il mio sogno non è nulla senza di te. Ogni cosa perde valore senza di te… l’altro giorno ho detto che sto cercando casa mia, ma mentivo: ho già una casa dove rifugiarmi quando sono stanco, dove sentirmi protetto quando ho paura ed è qui, fra le mie braccia. Sei il mio mondo Efestione.”

Il generale non sapeva se piangere o ridere tanta era la gioia di quel momento: “E’ la cosa più bella che avresti potuto dire…”  sussurrò quindi con voce tremante e commossa lasciandosi cullare dal respiro dell’altro che si infrangeva contro i suoi lunghi  e curati capelli.

Rimasero così qualche secondo, senza più parlare, con i cuori che battevano all’unisono, poi Efestione si scostò appena per poterlo guardare in faccia e chiese in un sussurro giocoso: “Allora, dove andiamo, mio re?”

Alessandro lo prese per mano ed iniziò a correre trascinandoselo dietro ed in breve i due furono finalmente fuori dal palazzo, alla luce della luna che da tempo aveva sostituito il caldo sole estivo.

Era una notte splendida: le stelle erano luminosissime e punteggiavano il cielo scuro, ruotando intorno alla luna, loro dimora, come tanti ragazzini dispettosi, come i due uomini che stavano correndo lungo le strade deserte di Babilonia per poi fermarsi esausti in riva al mare.

“Aiuto.” Mormorò Efestione respirando affannosamente: “Mi scoppiano i polmoni.”

Si lasciarono cadere sulla sabbia chiara, morbida, che si infilò appena fra le loro dita intrecciate.

Lo sciacquio delle onde faceva da dolce sottofondo ai loro respiri, ai battiti veloci dei loro cuori e alle loro parole sommesse.

“Adoro il mare.”

“Io adoro stare con te… enganga!”

Risero entrambi rotolandosi lungo la spiaggia fino ad arrivare in mare: si bagnarono completamente, gli abiti e i capelli vennero inzuppati e pervasi dal sapore di sale e una nuova onda li sommerse.

Enganga: lo dicevano  sempre da ragazzini quando ripetevano uno stesso concetto continuamente.

Quella parola li fece sentire vivi e cancellò le guerre, le paure e gli sbagli che avevano accumulato crescendo, mentre l’acqua lavava il male che aveva rischiato di corroderli: erano tornati puri come quando si conobbero, da bambini, ma infondo la purezza non li aveva mai abbandonati, accompagnando la crescita del loro amore.

Si rotolarono, si rincorsero a lungo ridendo spensierati, fino a quando non si sdraiarono sfiniti sulla spiaggia.

“Era tanto che non mi divertivo così…” sussurrò Alessandro avvicinandosi all’altro, che sorrise: “Era tanto che non ci divertivamo insieme.”

“Ma noi staremo sempre insieme.” Fece Efestione voltandosi su un fianco per guardarlo negli occhi: “E anche quando saremo lontani ripenseremo al tempo trascorso insieme, ci ricorderemo di questa sera e sapremo che siamo troppo speciali per non amarci.” Efestione sorrideva: non aveva più paura e credeva con tutto se stesso in quello che aveva detto.

Il biondo rimase qualche istante a guardarlo affascinato, quindi sussurrò incantato: “Ti amo Phai.”

“Lo so.”

Si baciarono lentamente sperando che quel momento potesse durare per sempre e il sapore di sale li invase, ma sapevano entrambi che il sole estivo sarebbe sorto in ogni caso.

Ma aveva ragione Efestione: quella notte sarebbe vissuta per sempre nei loro cuori insieme a molti altri momenti.

Per ora si accontentavano della certezza che niente e nessuno avrebbe mai potuto spezzare il loro amore, perché loro stessi erano stati plasmati in quello stesso amore che avrebbero difeso anche dopo la morte.

E le stelle stavano a guardare.

  
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