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Autore: DuediCuori    09/08/2011    2 recensioni
Aprì con eccessiva forza la porta, lasciandola sbattere contro il muro senza dargli alcuna importanza. All’interno dello studio stava Italia, con qualche foglio giallastro in mano.
“B-buon giorno, signor Inghil-“
“Cosa credi di combinare?!”
La giovane Nazione fu scossa da un singulto, stringendo più forte i fogli in mano, fin quasi a stropicciarli.

Cavour era così sicuro della sua preparazione alla guerra che, in una lettera, pare scrisse “dell’Inghilterra non mi importa nulla”.
Genere: Generale, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'UkIta - In my fantasy, fabolous world'
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*Autore: Prof
*Titolo: Alla guerra
*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: Inghilterra, Italia
*Genere: storico
*Rating:  verde
*Conteggio Parole: 415
*Avvertimenti: /
*Prompt-Subject: Terza Prova. Scrivere una drabble ambientata in un periodo storico. Scritta per la community it100.
*Note dell’Autore: Vigilia della Seconda Guerra di Indipendenza italiana, voluta fortemente da Cavour. Ad un certo punto, parve che l’Impero Britannico non vedesse di buon occhio il muoversi del Regno italiano in questo senso. Ma Cavour era così sicuro della sua preparazione a tale guerra che, in una lettera, pare che scrisse che “dell’Inghilterra non gli importava nulla”.





Questa era proprio, proprio bella. Ma cosa si era messo in testa di fare quel bamboccio? Non gli bastava aver preso la batosta di giusto una decina di anni fa? Gli piaceva tanto fare quelle ridicole “guerre di indipendenza”?
Inghilterra sbuffò. Aveva già altri problemi, ben più gravi e importanti. Non aveva voglia di occuparsi anche dei colpi di testa di un nanerottolo come Italia.

Oh, ma sapeva di chi era la colpa. Di Francia. Di quel cretino di Francia. Ma come gli era saltato in testa di far un accordo con quello scherzo della politica? Uno staterello che sarebbe durato sì e no un respiro. E solo perché Inghilterra non aveva, per ora, alcun interesse a buttarlo giù come un castello di carte.

Italia era pavido, inadatto al comando, frignone e stupido. Non sarebbe mai diventato un Regno degno di mettersi al suo pari. Quindi, tanto valeva metterlo subito in riga. Le Nazioni giovani erano di facili entusiasmi;  meglio stroncarle sul nascere.

Aprì con eccessiva forza la porta, lasciandola sbattere contro il muro senza dargli alcuna importanza. All’interno dello studio stava Italia, con qualche foglio giallastro in mano.
“B-buon giorno, signor Inghil-“
“Cosa credi di combinare?!”
La giovane Nazione fu scossa da un singulto, stringendo più forte i fogli in mano, fin quasi a stropicciarli.

Inghilterra sogghignò, avvicinandosi a grandi passi. Altre due paroline, e quello sciocco sarebbe scappato a piangere dal suo re.
“Non mi piace per niente la piega che stanno prendendo gli eventi, qui.”

Italia deglutì a vuoto, continuando a tremare come una foglia. Inghilterra aspettava solo il momento in cui sarebbe scoppiato a piangere, dimostrandosi l’inetto che era.
Invece, quel momento non arrivò.
Italia tirò su con il naso, tirò su la testa e strinse i pugni lungo i fianchi, accartocciando tutti i fogli che aveva in mano. Lo guardò dritto negli occhi, come non aveva mai fatto prima.
“Al punto in cui siamo, non ci interessa cosa pensa l’Inghilterra! Al punto in cui siamo, l’Inghilterra può andare anche a quel paese!”

Inghilterra sbatté uno, due volte le palpebre.
 Italia non abbassava lo sguardo. Tremava tutto, da capo a piedi, ma non abbassava gli occhi, nemmeno di fronte a lui. “L’ha detto il mio ministro” aggiunse poi, il tono più basso e calmo.
“Bene,” soffiò Inghilterra, pieno di stizza. “se è questo quello che pensi… Buona fortuna! Cerca solo di non farti ammazzare troppo presto!”
E senza aspettare risposta, voltò i tacchi e abbandonò lo studio.

 

   
 
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