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Autore: sheswanderlust    09/08/2011    8 recensioni
Mark compose velocemente il numero sulla tastiera del telefono. Dopo sette squilli a vuoto interruppe la chiamata e lanciò il cordless sul divano. Si passò la mano sul viso, il cuore sempre più pesante. Non sapeva se essere arrabbiato o tremendamente preoccupato per quell'idiota che sembrava sparito nel nulla. Guardò fuori dalla finestra: pioveva, da giorni ormai tutto lo stato di Washington era in allerta meteo e la gente si preparava per una possibile alluvione. E quell'idiota, quell'emerito coglione si era volatilizzato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buried Alive (titolo provvisorio?)

Buried Alive

Mark compose velocemente il numero sulla tastiera del telefono. Dopo sette squilli a vuoto interruppe la chiamata e lanciò il cordless sul divano. Si passò la mano sul viso, il cuore sempre più pesante. Non sapeva se essere arrabbiato o tremendamente preoccupato per quell'idiota che sembrava sparito nel nulla. Guardò fuori dalla finestra: pioveva, da giorni ormai tutto lo stato di Washington era in allerta meteo e la gente si preparava per una possibile alluvione. E quell'idiota, quell'emerito coglione si era volatilizzato.

Era dalla sera prima che lo chiamava di continuo, da quando aveva lanciato a terra la chitarra ed era uscito dalla sala prove sbattendo la porta. Aveva tentato di seguirlo, ma Brian l'aveva trattenuto. << Ha bisogno di stare un po' da solo >>

"Da solo un cazzo..." pensò Mark, sedendosi sul divano e prendendosi la testa fra le mani.

Lo conosceva bene. Era la persona più tranquilla del mondo, ma era anche troppo, troppo emotivo e impulsivo... E quando scoppiava tendeva a perdere davvero il controllo.

Lo squillo del telefono lo fece sobbalzare. Afferrò velocemente il ricevitore.

<< Myles? >>

<< Mark, sono Brian... >>

<< L'hai sentito? >>

<< No, ho provato a chiamarlo prima ma non risponde... Però davvero, secondo me dovresti calmarti, è normale che abbia bisogno di stare solo, visto tutto ciò che sta succedendo... >>

<< Brian, lo conosci anche tu >> ribattè Mark, sbuffando. << Hai visto come sta, sai com'è fatto... Ho paura che possa fare cazzate. >>

<< Myles ha la testa sulle spalle, lo sai... Se non ha menato quel tipo che faceva commenti a quel conc... >>

<< A quel concerto non era fuori di sè! >> lo interruppe Mark. ­

Brian rimase per qualche secondo in silenzio.

<< Facciamo una cosa. Lasciamogli questa serata, poi se domani mattina ancora non risponde al telefono andiamo a casa sua  ­­a cercarlo, ok? >>

<< Ok, va bene >> acconsentì Mark controvoglia, annuendo come se l'amico potesse vederlo.

<< Ora stacco che devo sentire Scott... Ci sentiamo domani Mark. Cerca di non agitarti troppo per questa storia, va bene? >>

Mark rispose con un mugugno e chiuse la chiamata.

Maledetto Myles.

Era successo tutto all'improvviso, ancora faticava a rendersene conto. Giusto la mattina precedente aveva aperto la porta ad un Myles stravolto. Il cantante era entrato in casa senza parlare e gli aveva dato dei fogli stampati.

<< Hai scritto qualche nuovo testo? >> aveva esclamato entusiasta lui, sorridendo.

Il sorriso però gli era morto sul volto quando aveva notato che quelle carte provenivano dall'ospedale. Acufene. Rumori o fischi che vengono uditi dal paziente da un orecchio o da entrambi. Le cause possono essere molteplici. Non vi sono reali cure.

<< Oh >> era riuscito solo a dire.

<< Già >> aveva mormorato Myles, lo sguardo basso.

Mark non aveva saputo fare altro che abbracciarlo.

Non voleva chiedersi cosa sarebbe successo da quel momento. Ne aveva troppa paura.

 

 

21.06.

21.47.

22.14.

22.49.

23.05.

Mark imprecò tra sè e si alzò di scatto dal divano. Brian aveva detto di aspettare fino alla mattina dopo, ma andiamo, erano le undici e non si era ancora fatto sentire! Che probabilità c'erano che sarebbe ricomparso di notte?

Uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle. Entrò in macchina, mise in moto e si diresse verso la casa di Myles. A causa del traffico del sabato sera ci mise mezz'ora. Non abitavano molto vicini e più volte Mark aveva detto a Myles di trasferirsi nella casa accanto alla sua, ma il cantante aveva sempre rifiutato. Era troppo legato a quell'appartamentino al terzo piano, non sarebbe riuscito a separarsene. "Andiamo Mark, so cavarmela anche da solo" rideva, con gli occhi che brillavano, ogni volta che Mark accennava all'argomento. E Mark arrossiva, maledicendosi da solo e ripetendosi che forse era davvero troppo protettivo nei confronti dell'amico.

Finalmente parcheggiò davanti all'edificio; uscì dall'auto e salì rapidamente le scale. Arrivato alla porta dell'appartamento bussò. Come si aspettava nessuna risposta.

<< Myles! Myles, sono io, apri! >>

Ancora niente.

Provò a chiamarlo nuovamente, poi non ricevendo risposta tirò fuori dalla tasca il mazzo di chiavi; le provò tutte e alla fine trovò quella giusta. Myles gliel’aveva data secoli fa, da usare in caso di bisogno. Finalmente la porta si aprì con uno scatto secco.

L'appartamento era buio, eccezione fatta per la luce della luna che entrava dalla finestra e illuminava fiocamente il pavimento di legno e qualche foglio sparso sul divano. Mark si chiuse la porta alle spalle.

<< Myles, ci sei? >>

Il chitarrista si avviò lentamente verso la camera da letto. Spinse la porta socchiusa. Una figura nera era distesa nel letto sfatto, la testa sepolta sotto ad un cuscino. Sul pavimento c'erano dei fogli appallottolati. Mark si chinò e ne prese uno. Totalmente bianco.

Sospirò e salì sul letto, avvicinandosi a carponi all'amico. Gli posò una mano sulla schiena esile coperta da una maglietta nera che si sollevava lievemente al ritmo del suo respiro.

<< Myles, ascoltami... >> mormorò, spostando il cuscino, nonostante le resistenze di Myles che, vistosi privare del suo scudo, nascose il volto nella coperta. Mark lo strattonò dolcemente e lo fece girare.

Gli occhi dell'amico erano arrossati e contrastavano pesantemente con la pelle più pallida del solito. Il suo sguardo era fuggente. Mark sospirò per l'ennesima volta in quella giornata, sentendosi schifosamente impotente. Si lasciò cadere accanto all'amico, in silenzio. Rimasero in quella posizione per un tempo indefinibile, immobili a guardare il soffitto bianco. Tutto sembrava lontano quella notte, tutto, anche ciò che era spaventosamente vicino. Anche ciò che bruciava. Eppure era come essere sull'orlo del baratro, a domandarsi se tutto ciò che si era costruito fino a quel punto fosse reale, fosse davvero importante, fosse davvero definitivo.

<< Hai mai l'impressione di essere solo uno strumento nelle mani della musica? >>. Fu la voce malinconica di Myles a spezzare il silenzio.

Mark ci pensò su un attimo. << A volte >> ammise, lo sguardo fisso sul soffitto.

<< Io sempre >>. Le labbra di Myles si piegarono in un sorriso triste e Mark si voltò a guardarlo. Gli occhi azzurri e lucidi risplendevano alla luce della luna.

<< Nessuno mi ha mai costretto a prendere questa strada, anzi, per la mia famiglia sarebbe stato meglio se fossi diventato... Che ne so, un avvocato, un insegnante, un prete. Non hanno mai visto di buon occhio la musica, tanto meno questo genere, e per seguire la mia passione sono andato contro di loro, contro... Tutti >>.

Chiuse per un attimo gli occhi, per poi riaprirli.

<< Però, nonostante questo, non riesco a pensare alla mia vita come qualcosa di... completamente mio. Tutte le mie scelte, tutte le mie azioni, tutte le mie decisioni sono state... Obbligate. Non avrei potuto essere in altro modo, perchè c'è sempre stato qualcosa a legarmi alla musica, qualcosa a... ad obbligarmi a diventare ciò che sono. Non lo dico in senso negativo, dico solo che anche volendo... Anche volendo non sarei riuscito a sfuggire a tutto questo. >>

Mark si trovò ad annuire, pur sapendo che Myles non lo stava guardando.

Il cantante fece una breve risata. << E' come quando qualcuno mi chiede perchè canto. Io non so perchè lo faccio, so solo che non potrei non farlo. E' qualcosa di... Essenziale. Obbligato. E' come se... >>

<< ...come se non fossi capace di vivere senza farlo >> concluse per lui il chitarrista.

Myles lo guardò per qualche istante, poi annuì.

Il silenzio tornò a regnare per qualche minuto.

<< E' frustrante sapere che non potrò sentire ciò che sentivo prima. Le note della mia chitarra, una voce, il soffio del vento, il crepitio del fuoco... Sarà tutto offuscato da questo fruscio continuo. Per sempre. E ho una maledetta paura che un giorno qualcuno mi dica che non dovrò più cantare e suonare per non peggiorare ulteriormente la situazione. Non credo ce la farei... Morirei, semplicemente. >>

Mark si bagnò le labbra, prima di parlare.

<< Myles, io non credo che qualcuno ti dirà di smettere. Forse dovrai solo stare più attento, non dovrai ascoltare musica a volume troppo alto... Ma andrà tutto bene. Credimi. La musica è soprattutto qui dentro >> così dicendo posò una mano sul petto del cantante, all'altezza del cuore. << E da qui nessuno la potrà portare via. Non c'è malattia, nè medico, nè difficoltà che regga >> concluse, cercando di trasmettere qualche sensazione positiva all'amico.

Myles rimase in silenzio per qualche secondo, poi annuì e sorrise lievemente.

 Il silenzio calò nuovamente fra loro, confortevole come una coperta calda. Fuori dalla finestra la pioggia aveva smesso di cadere. La timida luce della luna faceva capolino da dietro ad una nuvola.

Secondi, minuti, ore.

Mark aprì gli occhi a fatica e si guardò attorno confuso; un istante dopo ricordò dove si trovava. Guardo accanto a sé. Myles era addormentato accanto a lui. La testa era voltata nella sua direzione e le ciocche di capelli scuri che gli coprivano il volto non impedirono a Mark di notare l’espressione rilassata e tranquilla dell’amico. Accanto alla sua mano giaceva una penna, poco più lontano un foglio. Scritto.

Mark lo afferrò e si mise seduto. Cominciò a leggere.

" I twist and turn
In the darkest space 
Can't find my worth

As I numb the pain
Glass to the sky
With a black tooth grin
This whiskey smile
Takes me down again

I'm cold
And I'm so afraid
That I'm too weak
And I can't change


I've been buried alive 
And I don't want to be here anymore

Reached out a thousand times
For a hand to pull me from below
I've been buried alive
In a world of constant sorrow
Reach down tonight and set me free
Save tomorrow

Another shot
Slip into the haze
Another night
Soaked in my disgrace
So sooth the lie
I raise my glass and run
A wasted life
What have I become

I'd to pull me from below
I've been bu
I've been buried alive
And I don't want to be here anymore
Reached out a thousand times
For a han
ried alive
In a world of constant sorrow
Reach down tonight and set me free
Save tomorrow

Save tomorrow
Save tomorrow

Let me breathe again
And show me where I begin
To find the will to change
Before I lose everything

Before I lose everything

I've been buried alive 
And I don't want to be here anymore
Reached out a thousand times
For a hand to pull me from below
I've been buried alive
In a world of constant sorrow
Reach down tonight and set me free
And I will follow "

MySpace

L'idea per questa storia mi è venuta dopo aver letto i problemi che Myles ha avuto con l'acufene.  Se ho scritto qualcosa di insensato dal punto di vista medico chiedo scusa, così come chiedo scusa per il "time-messing"... Da quanto ho capito Myles ha scoperto di avere l'acufene verso il 2001-2002 e all'epoca gli Alter Bridge non erano ancora nati... Ma alla fine esiste la licenza poetica no? (;

E' la prima storia che scrivo sugli Alter Bridge, spero che sia piaciuta a qualcuno e spero anche di trovare qualche recensione (: 

Grazie anche a chi legge, ovviamente!

Mars

  
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