Fanfic scritta in
venti minuti esatti per una sfida con Noth e vincitrice.
Aveva
perso. Per sempre.
James
aveva incontrato Sirius lo stesso giorno in cui era partito per Hogwarts.
Non aveva
avuto dubbi, sin dal primo momento, dell’affidabilità del ragazzo; nonostante
provenisse da una famiglia di Serpeverde, era certo che sarebbe stato Smistato
a Grifondoro. E così era stato.
Tutti i
momenti che avevano passato insieme da quel giorno, James se li ricordava
benissimo. Era il suo migliore amico, il suo Malandrino preferito.
Un
fratello, per lui.
La vita li
aveva uniti, e sentivano che il loro era un legame indissolubile, diverso da
tutti gli altri.
Insieme
riuscivano a fare tutto. Si sentivano più vivi,
pronti a spaccare il mondo e a ridurlo in piccoli frammenti.
James e Sirius.
Sirius e James.
Erano
inconfondibili. Facce della stessa anima, pronte a lottare per difendersi, e a
schernire chiunque arrivasse loro sotto tiro.
Eppure, la
loro, non era solo amicizia.
Se ne
resero conto quando era troppo tardi per tornare indietro. Quando, rimanendo
soli a guardare il Lago Nero durante la notte, dopo aver scherzato a lungo su
cosa avrebbe fatto loro Gazza se li avesse trovati, si erano addormentati,
l’uno abbracciato all’altro.
Così,
dolcemente, e non si erano nemmeno accorti di tenersi per mano.
Al loro
risveglio si erano guardati, e non avevano potuto fare a meno di prendersi in
giro, con la loro solita spigliatezza.
E poi,
d’un tratto, si erano avvicinati sempre di più, fino a rendere sottile come uno
spillo la distanza tra le loro labbra. Era stato un bacio di passione, un bacio
che non aveva paragoni. La loro amicizia aveva nascosto un amore ben più
profondo di quanto avessero mai potuto immaginare.
E, da
allora, ogni momento libero lo avevano passato a viversi, a condividersi, più di quanto avessero
fatto in precedenza.
Finalmente
era loro chiaro cosa li distingueva da tutti gli altri amici. Il loro continuo
ricercarsi, il bisogno di sapere di essere l’uno il punto di riferimento
dell’altro aveva finalmente un senso, per loro.
« James ».
La voce di
Sirius era poco più di un sussurro, lanciato nel cuore della notte.
L’aria
gelida gli graffiava il volto e lo costringeva a serrare gli occhi, che
continuavano a riempirsi di lacrime.
L’amore,
alla fine, non era bastato per tenerli saldi e uniti per sempre.
Perché
James era morto. James se n’era andato, e nessuno sarebbe più riuscito a
portarlo da Sirius. Aveva perso. Per sempre.
E cosa
poteva fare allora, se non urlare contro la notte?
Un nome,
un nome pieno di sentimenti, che l’aveva accompagnato in tutti quegli anni.
« James! »
Un grido
inutile, distante.
L’amore
non era nulla, confronto al dolore.
E, nella
cella di Azkaban, per il tempo restante, continuò a sognare quel volto.
Quei
capelli corvini che non era mai riuscito a domare, che non erano mai riusciti a domare.
Quelle
emozioni che solo lui sapeva dargli, con i suoi baci e le sue carezze proibite,
lasciate ad ogni ora rubata allo studio.
Quelle
mani che tanto aveva carezzato, torturato, fino a farle diventare sue.
Quegli
occhi in cui aveva amato perdersi, ogni volta che lo faceva suo, perché gli
dichiaravano tutto il suo amore.
Aveva
perso tutto quello.
Che senso
aveva vivere? Azkaban era un luogo perfetto per lui.
Un luogo
senza felicità, un posto dove non poteva far altro che ripensare ai suoi
rimorsi.
Non
sarebbe più stato felice, senza la sua metà.
James.