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Autore: Shomer    11/08/2011    5 recensioni
"E' strano", disse, rompendo il silenzio. Mi risvegliai da una specie di trance. "Eri la mia migliore amica", contunuò. "Io non ti amo neanche un po'."
"Probabilmente se ci amassimo sarebbe più facile", mormorai.
"Sarebbe più facile se tu fossi diversa.", ribattè lui, con una punta di ostilità nella voce.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Storia di una storia mai cominciata.

Don't hold yourself like that
You'll hurt your knees
I kissed your mouth and back
But that's all I need
Don't build your world around volcanoes melt you down

Sarà stato il vento straniero, l'atmosfera nostalgica, o il mare, il maledettissimo mare. Sapevo che un'improvvisa ondata di ricordi non poteva bastare, ma per me non era cambiato niente.
L'albergo era squallido. Più squallido di quello in cui eravamo stati in passato.
Anche noi eravamo squallidi, ma lui lo era più di me. Stava appoggiato allo stipite della porta e guardava fuori dalla finestra, che era sul muro di fronte a noi. Fuori, c'era un'infinita distesa di case e poi c'era il mare. Non avevo mai visto un mare così blu.
Avrebbe potuto essere lo stesso blu dei suoi occhi. Se solo avessi avuto il coraggio, li avrei guardati per confrontarlo.
Giocava distrattamente con la maniglia della porta e ogni tanto sentivo il suo sugardo perforarmi la testa.
Ero seduta per terra e avevo la schiena appoggiata al muro. Avrei voluto dirgli mille cose ma le parole erano bloccate da qualche parte e non riuscivo proprio a tirarle fuori.
Il tempo passava, o non passava, non riuscivo a stabilirlo: era come se un secondo durasse cento anni, o come se cento anni fossero già passati da tempo e noi fossimo stati lì, zitti e immobili, da un'infinità di tempo.
La storia di una storia mai cominciata, ecco che cos'è questa. La storia di una storia che non ha avuto un inizio e che non avrà mai una fine, l'unica storia che vorrei non fosse mai esistita.
Non capisco ancora come sia successo, non capisco chi abbia iniziato, nè chi per primo abbia desiderato con tutto il suo cuore che finisse.
Non capisco perchè non potevamo stare insieme e non capisco neanche come sia possibile che riuscivamo a stare insieme.
Non capisco perchè ci avvicinavamo e respingevamo in continuazione, non capisco perchè lui venisse da me nonostante avesse lei, non capisco perchè me ne andavo e poi ritornavo e non capisco perchè e basta.
"E' strano", disse, rompendo il silenzio. Mi risvegliai da una specie di trans, ma non risposi. "Eri la mia migliore amica", contunuò. "Io non ti amo neanche un po'."
"Probabilmente se ci amassimo sarebbe più facile", mormorai.
"Sarebbe più facile se tu fossi diversa.", ribattè lui, con una punta di ostilità nella voce.
Non risposi. Avevo smesso da tempo di ribattere alle sue affermazioni. Avevo smesso di fare in modo che mi importasse qualcosa.
Sarebbe stato più facile. In un'altra vita, magari, ci saremmo incontrati di nuovo. O non ci saremmo mai conosciuti.
Mi sembrava di essere cullata dalle onde del mare, credevo di poter sentire il rumore da chilometri di distanza. Mi accesi una sigaretta e guardai il fumo salire piano. Immaginai di alzarmi lentamente, guardarlo negli occhi e abbracciarlo, come se niente fosse successo, come se avssimo ancora qualche legame. Per un attimo mi sentii a casa.
"Io non cambierò mai", sussurrai alla fine, stringendomi le ginocchia al petto. "E neanche tu cambierai."
"E' l'ultimo anno di scuola. Dopodichè non ci vedremo più. Saremo ai due capi opposti del paese."
"Forse è meglio."
Non sapevo se ero innamorata di lui o non lo ero. Probabilmente ero troppo giovane per sapere cosa fosse l'amore, per questo ero confusa.
A diciannove anni ero ancora troppo stupida, troppo superficiale ed egoista per amare qualcuno. Forse per questo non riuscivo a capire quali fossero i miei sentimenti verso di lui.
La cosa che più mi infastidiva, però, era che lui li aveva capiti, eccome. Lui non mi amava. C'era solo qualcosa, chissà cosa, che lo teneva legato a me. Come se io fossi il suo punto di riferimento.
Io non volevo essere un punto di riferimento, io volevo qualcuno che mi assecondasse e ascoltasse. Qualcuno che venisse da me ogni qualvolta ne avessi bisogno. Lui non lo faceva, per questo lo disprezzavo.
Era stato il mio migliore amico. Avrei dato tutto per lui, e in quel momento non riuscivo neanche a guardarlo in faccia. Avrei voluto solo che tutta quella storia finisse, avrei voluto prendere una decisione, avrei voluto avere il coraggio di dirgli "basta, se non vuoi stare con me non devi cercarmi più", ma avevo troppa paura della sua risposta.
Il fumo della sigaretta cotninuava a salire. Io non parlavo.
"Se solo potessi cancellare tutto quello che è successo tra di noi, giuro che lo farei", disse. "Cancellerei tutto, fino alla primavera di tre anni fa, giuro, una volta arrivati a quella sera, non ti bacerei."
"E tu sei sicuro che sia stato solo uno stupidissimo bacio, a farci arrivare a questo punto?" chiesi, un po' inacidita.
"E' tutto cominciato da lì. Ti ho baciata io, quella sera."
"Come fai ad essere sicuro che se anche quella sera non mi avessi baciata, non ti avrei baciato io la sera successiva?"
"Perchè tu non avresti mai rischiato di incontrare un mio rifiuto."
"Ti sbagli", dissi. "Io avevo paura di rovinare l'amicizia. Cosa che a te non è mai importata."
"Tu non hai capito niente", disse. Ed entrò nella stanza, sbattendo la porta.


What I am to you is not real
What I am to you you do not need
What I am to you is not what you mean to me
You give me miles and miles of mountains
And I'll ask for the sea

Uno dei giorni più brutti della mia vita è stato il nove ottobre del duemiladieci. Nella mia mente è così nitido che sembra lo stia vivendo ora. Avevo diciotto anni e i miei erano in viaggio per festeggiare i vent'anni di matrimonio.
Mi risvegliai nel mio letto con adosso la biancheria intima e un suo braccio attorno alla vita. La sera prima avevo pianto talmente tanto che neanche mi ricordavo quando l'avevo chiamato, però tutto il resto della notte ce l'avevo ben chiaro. Il motivo per cui stavo male era un ragazzo, quello che per la prima volta mi fece pensare di essermi innamorata di qualcuno che non fosse lui.
Quando Daniele mi abbracciava mi sentivo al sicuro. E la prima cosa che aveva fatto una volta entrato in casa mia era stata abbracciarmi. Non mi aveva chiesto come mai stessi in quel modo, non mi aveva chiesto niente. Mi aveva solo abbracciato e detto che andava tutto bene, che adesso c'era lui accanto a me e non sarebbe successo nulla.
Mi sembrava quasi che fosse tornato tutto come prima, che non ci fosse niente ad ostacolare la nostra amicizia e poi lui mi baciò. Quella era almeno la centesima volta che mi baciava così, prendendomi alla sprovvista, sempre in occasioni diverse, sempre in posti diversi, e io non ce l'ho fatta.
Non ero capace di resistergli.
La mattina dopo, una volta sveglia, mi girai a guardarlo. Presi la sua mano tra le mie e lo fissai a lungo. Aveva i capelli davanti agli occhi e sentivo il suo respiro regolare. Mi si chiuse lo stomaco.
Non era la prima volta che facevamo sesso, ma non avevamo mai dormito insieme. Era stupendo.
In quel momento, proprio quello che avrei voluto durasse in eterno, il suo cellulare squillò. Erano le sette in punto. Lui aprì piano gli occhi e mi sorrise, poi prese il cellulare dal comodino.
Nell'assoluto silenzio che regnava nella mia stanza riuscii a distinguere le parole che provenivano dall'altro capo del telefono.
"Buongiorno amore," disse una voce che conoscevo fin troppo bene. "Oggi è il nostro anniversario! Vieni a prendermi tra mezz'ora, così facciamo colazione insieme!"
Rimasi paralizzata. Lui rispose in modo così sdolcinato che quasi mi fece vomitare, tale era la nausea che mi stava venendo. Intanto si era alzato e parlava tranquillamente al telefono gironzolando per la mia stanza. Quando riattaccò, cominciò a parlarmi con una tale naturalezza che non credevo possibile.
"Ti dispiace se uso il bagno prima di te?", mi chiese, come se niente fosse. "Ho fretta."
Io mi alzai, andai verso di lui e gli diedi uno schiaffo. E' stata l'unica volta in cui sono riuscita a farlo.
"Ma che ti prende?", sbottò, sinceramente incredulo. "Sei impazzita?"
"Che mi prende?", urlai. "Tu davvero non ti rendi conto di cosa mi prende? Con che coraggio vieni in casa mia, passi la notte con me, la notte dell'anniversario tuo e di quella là, senza dirmelo? E tutto quello che sai dire poi è 'fammi usare il bagno, ho fretta'? Ma per chi mi hai preso, per una bambola?"
"Ti ricordo che sei stata tu a chiamarmi!", disse con un tono di voce alterato. "E ti ricordo che sei tu che mi chiami ogni volta che hai un problema, quasi fossi il tuo cagnolino! Forse dovrei smetterla di correre da te ogni volta che mi fai un cenno, così tu non ti sentiresti una bambola e io non mi sentirei un cane."
"Ma che cosa stai dicendo?", chiesi, sbigottita. "Tu passi la notte a casa mia, vieni a letto con me, la mattina corri a festeggiare con la tua fidanzata e ti permetti anche di dire che io ti tratto come un cagnolino?"
"Tu non capisci e non apprezzi nulla, non apprezzi tutto quello che io faccio per te. Sono corso qui all'una di notte solo perchè stavi piangendo, e il ringraziamento è questo? Ma che cosa vuoi che faccia? Io e te non potremmo mai stare insieme, ci abbiamo provato e non ha funzionato, e poi sai benissimo che ho una ragazza, non hai motivo di arrabbiarti così. E mettiti qualcosa addosso, maledizione!"
Mi misi a piangere e mi infilai sotto le coperte, in posizione fetale.
Lui nel frattempo si vestì e raccolse tutte le sue cose. "Me ne vado", disse.
"Non voglio vederti mai più", risposi.
Sentii solo il rumore della porta che si apriva e chiudeva piano. Piansi per tutta la mattina e non andai a scuola.
Ovviamente, Daniele lo rividi. Non ero ancora capace di resistergli.

Don't throw yourself like that
In front of me
I kissed your mouth your back
Is that all you need?
Don't drag my love around volcanoes melt me down

Dopo aver avuto quella discussione nel corridoio dell'albergo, Daniele non mi rivolse la parola per tutta la giornata.
E io, per tutta quella santissima giornata, avevo cercato il coraggio di andare a parlargli. Era notte e invece di passare la serata a divertirmi con le mie compagne di classe, mi ero preparata un discorso da fargli che, una volta seduta nel posto accanto al suo in autobus, mi ero dimenticata.
"Che cosa significa", cominciai, però. "che io non ho capito niente?"
Dal vetro del bus la città era splendida. Per un attimo immaginai di camminare insieme a lui, in un futuro lontano, su quelle strade. Non in viaggio di istruzione, non con orari, programmi da seguire, ma da soli. Per un attimo mi chiesi come ci si sente ad essere in una città, quando quella città è tua, con l'unica persona che vorresti al tuo fianco. Mi chiesi anche se lui fosse sul serio la persona che volevo al mio fianco.
"Significa che devi andare a sederti da un'altra parte. Ci sono un sacco di posti liberi."
Ignorai la sua stupida battutina e rimasi, ovviamente, seduta nel posto accando al suo. Mi diedi mentalmente della stupida per essermi dimenticata il discorso che volevo fargli e pensai a qualcosa da dire. Non riuscivo sul serio a capire perchè si fosse arrabbiato con me tanto da sbattermi la porta in faccia.
"Non dirmi che ti sei offeso", dissi, seccata, dopo un po'.
"Se ti dico che non ho voglia di parlare con te, te ne vai?", chiese lui, roteando gli occhi.
"No", dissi.
"Chi l'avrebbe mai detto", rispose, girando la testa verso il finestrino.
A questo seguì un lungo silenzio di cui non riuscii ad interpretare la durata. Quando ero con lui perdevo la cognizione del tempo e ogni attimo mi sembrava infinito. Mi chiesi se era uno degli effetti dell'amore e se ero innamorata. Per l'ennesima volta non riuscii a darmi una risposta.
Daniele sembrava agitato. Come se non sapesse cosa dire e se dirla. Alla fine, parlò.
"Non è vero che non mi è mai importato della nostra amicizia", disse, senza guardarmi. "Ero solo convinto di volere qualcosa di più."
"Forse io e te non possiamo avere niente se non questo", mormorai.
"Mi dispiace, Sara", disse. "Mi dispiace sul serio."
"Per cosa?"
"Per tutto", abbassò lo sguardo. "Per quella volta che ti ho lasciato sola al parco sotto la pioggia, o per la volta in cui ti ho detto che sei l'ultima persona che vorrei accanto a me, e anche per la notte dell'anniversario."
"Anche a me dispiace," dissi, senza guardarlo in faccia. "Scusa se quella mattina, mesi fa, ti ho detto che avrei preferito non averti mai incontrato."
Daniele mi prese la mano e me la strinse.
In quel momento pensai che chiedere scusa per gli errori fatti non avrebbe impedito nè a me nè a lui di ricommetterli. E comunque, non erano certo quelle le cose che ci avevano fatto arrivare a quel punto.
Io e Daniele avremmo dovuto chiederci scusa a vicenda per ciò che sentivamo l'uno per l'altro.
Quella sera, una volta arrivati in albergo, mi baciò. Non sarei mai stata capace di resistergli.

 

I kissed your mouth
You do not need me
Volcano - Damien Rice

   
 
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